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INTRODUZIONE
Questo progetto di tesi intende analizzare il linguaggio della moda e, in
particolare, le tecniche di traduzione che vengono utilizzate nei testi di moda.
Essendo il linguaggio della moda e la traduzione per la moda discipline
ancora “giovani” e poco trattate, si tenterà di proporre uno studio basandosi
in primis sull’opera di Barthes (The Fashion System, 1983), il quale è stato il
primo ad analizzare il linguaggio della moda, caratterizzato da due elementi:
descrizione e immagine. Se da un lato, infatti, è possibile trovare l’indumento
fotografato o disegnato, dall’altro si ritroverà lo stesso capo, ma descritto,
vale a dire trasformato in linguaggio.
Analizzando così le caratteristiche dei generi pubblicitari messe in
luce da Bhatia (2004), secondo il quale il genere si riferisce sostanzialmente
all’utilizzo del linguaggio in un contesto comunicativo convenzionale, al fine
di dare espressione ad un insieme specifico di obiettivi comunicativi di
un'istituzione disciplinare o sociale, e il fenomeno della multi-modalità
(termine coniato per indicare i diversi mezzi con cui le persone creano un
significato) proposto da Jewitt, Bezemer e O’Halloran (2016), capiremo
come funziona il linguaggio della moda e come questa agisce in campo
pubblicitario. Successivamente si tratteranno le diverse funzioni di questo
tipo di linguaggio: siccome il significato di un’immagine non è mai sicuro,
grazie alla descrizione l’incertezza viene eliminata poiché, sostiene Barthes
(1983, p.13), “thus, every written word has a function of authority insofar as
it chooses instead of the eye”. La descrizione di moda, infatti, possiede anche
una funzione di conoscenza (aggiunge informazioni che la fotografia non
fornisce) e di enfasi. Quest’ultima ha due obiettivi: permette di rinnovare
l'informazione generale trasmessa dalla fotografia e orienta la percezione
dell'immagine.
Nel secondo capitolo, invece, ci si addentrerà nel campo della
traduzione attraverso le opere di Eco (2003) e Binelli (2006) e, in particolare,
si cercherà di capire come tradurre i culture-bound terms, ossia tutti quei
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termini collegati a una determinata cultura che pongono seri problemi ai
traduttori. Si studieranno nel dettaglio le principali tecniche di traduzione
proposte da Vinay, Darbelnet e Malone
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e verranno riportate le osservazioni
generali proposte da Binelli (2006) sulla traduzione e l’analisi contrastiva
dell’italiano e dell’inglese, con un focus sulla traduzione degli
advertisements. Successivamente si analizzerà con Ondelli (2015) e Pattison
(2018) la terminologia della moda, la quale è caratterizzata da un forte
utilizzo di forestierismi e, in particolare, di anglicismi, anche se tuttora
svariati termini francesi vengono ancora utilizzati. Infine, verrà costatato che,
sebbene la moda possa sembrare un mondo affascinante e la traduzione facile
a prima vista, come ogni altra specializzazione richiede competenze e qualità
particolari da parte dei traduttori. Tra le tipologie di testi che si possono
tradurre per la moda verranno menzionate le campagne pubblicitarie, i
comunicati stampa, le descrizioni di prodotti, i social media, i glossari e la
documentazione legale.
Nel terzo e ultimo capitolo spiegheremo brevemente la nascita del
marchio Chanel e il suo sviluppo fino ai giorni nostri. In seguito,
analizzeremo come il brand, assieme agli altri colossi del lusso, si è esteso
negli anni sui social media e vedremo quali sono le nuove strategie di
marketing dei brand di lusso, tra cui la Social Media Strategy messa in atto
dal marchio francese. Infine, raccoglieremo 9 estratti dal sito internet Chanel
riguardanti le categorie di moda, profumi e mondo beauty in francese (lingua
originale) e analizzeremo quali strategie di traduzione sono state messe in
atto nella versione inglese (americana) e in quella italiana. L’elaborato
terminerà con le conclusioni, in cui verrà riassunto il lavoro svolto e riportate
alcune riflessioni finali.
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In Binelli, 2006
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CAPITOLO I
Il linguaggio della moda
Come afferma Barthes (1983, p.3), aprendo una rivista di moda lo stesso
vestito viene visto in due modi differenti: da un lato troviamo il vestito
fotografato o disegnato, dall’altro lato vediamo lo stesso vestito, ma descritto,
ovvero trasformato in linguaggio. L’immagine di un vestito sulla destra
diventa “a leather belt, with a rose stuck in it, worn above the waist, on a soft
shetland dress” sulla sinistra (Barthes, 1983, p.3).
Come sostiene Barthes (1983, p.3), sebbene l’immagine e la sua
descrizione si riferiscano allo stesso indumento, tuttavia non hanno la stessa
struttura perché non sono fatte della stessa sostanza. L’immagine è
caratterizzata da forme, linee, superfici e colori, mentre la descrizione è
formata da parole. Nonostante possa sembrare che il vestito fotografato o
riprodotto derivi dalla fotografia e il vestito descritto dal linguaggio, in realtà
non è così. Secondo Barthes (1983, p.4), la fotografia di moda forma un
linguaggio specifico che possiede il proprio lessico e la propria sintassi.
Secondo O. Vosper-Woghiren (2013, p.2):
“The fashion director creates the concept for the fashion spread while the
editor strategically places the textual caption on the photograph without
obscuring the image. The stylist for the fashion spreads is typically the fashion
editor. The fashion editor usually writes the captions. Captions reinforce the
image usually providing information about the designer, brand, or purchasing
location but can incorporate more”.
Allo stesso modo, la struttura del vestito scritto non può essere identificata
con la struttura di una semplice frase in quanto nel discorso, se viene
cambiato un termine, a sua volta si modifica il discorso stesso. Al contrario,
“a magazine can state: “Wear shantung in summer” as easily as “Shantung
goes with summer”, without fundamentally affecting the information
transmitted to its readership”. Per questo motivo, “written clothing is carried
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by language, but also resists it, and is created by this interplay” (Barthes,
1983, p.4).
1.1 Un tipo particolare di written discourse
Come sostiene Bhatia (2004, p.3) con il termine discorso si fa riferimento in
senso generico al linguaggio utilizzato in un contesto istituzionale,
professionale o, in generale, ad altri contesti sociali.
“As a general term, discourse analysis therefore can focus on lexico-
grammatical and other textual properties, on regularities of organization of
language use, on situated language use in institutional, professional or
organizational contexts, or on language use in a variety of broadly configured
social contexts, often highlighting social relations and identities, power
asymmetry and social struggle”.
1.1.2 Discorso e genres
A seguito dell’interesse verso l’analisi delle strutture del discorso, come
afferma Bhatia (2004, p.11), il discorso scritto venne studiato come tipo di
genere, le cui strutture servivano a scopi comunicativi, “relating discourse
structures to communicative purposes the genres in question served”.
Queste strutture, prosegue Bhatia (2004, p.10), sono state
interpretate non solo in termini di modelli schematici dei singoli lettori ma,
in senso più stretto, in termini di modelli socio-cognitivi che la maggior parte
dei membri di una comunità professionale utilizza per costruire e interpretare
i discorsi specifici delle loro culture professionali.
Riguardo alla teoria sul genere, Bhatia (2004, p.26) riporta una serie
di fattori comuni, che vengono riassunti nei punti seguenti:
1) I generi sono eventi comunicativi riconoscibili, caratterizzati da un
insieme di scopi comunicativi individuati e compresi reciprocamente
dai membri della comunità professionale o accademica in cui si
manifestano regolarmente.
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2) I generi sono costrutti altamente strutturati e convenzionalizzati.
3) I membri affermati di una particolare comunità professionale avranno
una conoscenza e una comprensione molto maggiore dell'uso e dello
sfruttamento dei generi rispetto a quelli che sono apprendisti, nuovi
membri o estranei alla compagnia.
4) Sebbene i generi siano visti come costrutti convenzionali, i membri
esperti delle comunità disciplinari e professionali spesso sfruttano
risorse generiche per esprimere non solo intenzioni "private" ma
anche organizzative all'interno dei costrutti.
5) I generi sono il riflesso di culture disciplinari e organizzative e, in
questo senso, si concentrano su azioni sociali inserite all'interno di
pratiche disciplinari, professionali e altre pratiche istituzionali.
6) Tutti i generi disciplinari e professionali hanno una propria integrità,
che spesso viene identificata con riferimento ad una combinazione di
fattori testuali, discorsivi e contestuali.
Da questi punti possiamo notare
2
come il genere si riferisca essenzialmente
all'uso del linguaggio in un contesto comunicativo convenzionale, al fine di
dare espressione ad un insieme specifico di obiettivi comunicativi di
un'istituzione disciplinare o sociale, che consentono di passare a forme
strutturali stabili imponendo vincoli all'uso di risorse lessico-grammaticali e
discorsive. Ad ogni modo, anche se i generi sono tipicamente associati a
contesti retorici ricorrenti e sono identificati sulla base di un insieme
condiviso di scopi comunicativi con vincoli nell'uso di forme lessico-
grammaticali e discorsive, essi non sono statici
3
. Secondo Berkenkotter and
Huckin (1995, p.6)
4
:
“. . . genres are inherently dynamic rhetorical structures that can
be manipulated according to conditions of use, and that genre
2
Bhatia, 2004, p.27
3
Bhatia, 2004, p.27
4
In Bhatia, 2004, p.27
6
knowledge is therefore best conceptualized as a form of situated
cognition embedded in disciplinary cultures”.
1.1.3 Promotional genres
Come evidenzia Bhatia (2004, p.67), i generi sono essenzialmente identificati
in base agli scopi comunicativi a cui servono. Questi scopi possono essere
caratterizzati da vari livelli di generalizzazione, e allo stesso tempo realizzati
in termini di combinazione di atti retorici, ovvero generic values (narrazioni,
descrizioni, spiegazioni etc.). Bhatia preferisce questo termine piuttosto che
basic forms
5
o primary speech genres
6
poiché i generic values possono essere
utilizzati in svariate combinazioni per dare forma a molteplici generi
professionali, come i generi pubblicitari (descrizioni e valutazioni), i
reporting genres (narrazioni, argomenti e descrizioni) o le introduzioni
(descrizioni, narrazioni, etc.). Nel caso dei generi pubblicitari, questi possono
essere raggruppati in categorie come straight-line advertisements, picture-
caption reminder advertisements, image-building advertisements,
testimonials, embedded genres, etc. Qualunque sia la sottocategoria, tutti
questi annunci perseguono lo stesso insieme di scopi comunicativi, anche se
la maggior parte di essi utilizza strategie diverse per promuovere il prodotto
o il servizio
7
. Ad esempio, spiega Bhatia (2004, p.70), gli straight-line
advertisements utilizzano maggiormente la "valutazione del prodotto" come
principale strategia persuasiva, mentre gli image-building advertisements si
basano maggiormente sulla raccolta di credenziali come fonte principale di
persuasione.
Ancora una volta, prosegue Bhatia (2004, p.70), è possibile
differenziare ulteriormente, ad esempio, gli straight-line advertisements, sia
in termini di utilizzo delle caratteristiche linguistiche per la valutazione dei
5
Werlich 1982 in Bhatia, 2004, p.68
6
Bakhtin 1986 in Bhatia, 2004, p.68
7
Bhatia, 2004, p.69