4
INTRODUZIONE
Nella scelta della tematica da trattare come tesi per la fine del ciclo triennale di
studi, sin dall’inizio ho avuto ben chiaro l’ambito e la materia a cui dedicarmi nella ricerca
e nell’approfondimento: la Bioetica.
Non nascondo il particolare interesse durante gli studi di Teologia Morale, diretti
dal prof. Don Antonio Polidoro, sia per l’attualità delle tematiche affrontate sia per il
riscontro pratico che le stesse hanno in parte insistito, in quel preciso periodo, nella
quotidianità della mia vita.
Così, ho fatto subito mia la sfida di approfondire quanto studiato, soffermandomi in
particolar modo sul connubio “Bioetica - Magistero Cattolico”, al fine di presentare un
lavoro dedicato alla tanto attuale tematica sulla difesa della vita umana.
Basilare e fondamentale per lo studio è stato il materiale bibliografico teologico,
antropologico e scientifico cattolico, soprattutto attraverso il magistero del Santo Padre
Giovanni Paolo II - grazie al suo notevolissimo contributo - e del cardinale mons. Elio
Sgreccia, il quale, sulla scia del santo pontefice, ha promosso e promuove tutt’oggi quanto
la Chiesa e la società attendono proprio in quest’ambito.
Partendo dalla presentazione della Bioetica, difatti, come nuova disciplina
aggregante le conoscenze sia biologiche sia etiche al servizio della vita umana proprio
come scienza maieutica, mi sono soffermato successivamente su quanto, parallelamente, il
magistero cattolico ha mirabilmente espresso circa la tematica e, nello specifico, attraverso
l’enciclica più rappresentativa: l’Evangelium Vitae del Santo Pontefice Giovanni Paolo II.
Con la sua riflessione morale prettamente bioetica, infatti, l’enciclica si sofferma
sui problemi etici che vengono dalla biologia e dalla medicina e, in generale, dall’agire
umano nel campo della vita e della cura della salute, stimolando la ricerca di nuove
soluzioni etiche, giuridiche e sociali in sintonia con il valore e la dignità della vita umana,
appellandosi a tutti coloro che amano la vita e chiedendo un impegno fattivo teso a
costruire una nuova cultura della vita umana.
Nella maggiore consapevolezza - acquisita grazie agli studi - delle molteplici sfide
che il nostro tempo deve affrontare nel campo delle scienze della vita e cura della salute,
oltreché a quella annunciata e richiesta dal Vangelo della vita proprio in difesa della stessa,
è sempre più necessario, oggigiorno, incarnare le parole del Santo Pontefice Wojtyla che,
5
proprio attraverso il documento magisteriale, invita tutti a «costruire una nuova cultura
della vita: nuova, perché in grado di affrontare e risolvere gli inediti problemi di oggi
circa la vita dell’uomo».
1
Pertanto, per perseguire tale obbiettivo di lavoro - utilizzando il metodo deduttivo -
ho considerato, nel primo capitolo, principalmente la trattazione della Bioetica,
presentando la disciplina attraverso un iniziale excursus storico, la sua struttura ed i relativi
modelli teorici di riferimento, oltreché il suo processo di istituzionalizzazione avvenuto nel
corso degli anni.
Nel secondo capitolo, invece, ho dato spazio alla voce magisteriale dell’Enciclica
Evangelium Vitae, partendo dalla sua genesi, esponendo la sua struttura ed i suoi contenuti,
approfondendo i principali aspetti teologici ed antropologici costitutivi e presentando le
attuali questioni ancora aperte, a circa vent’anni dalla sua pubblicazione.
Infine, nel terzo ed ultimo capitolo, mi sono soffermato sul tema clou sia per
l’ambito bioetico sia per il magistero della Chiesa, da sempre interrogativo e questione
vitale per l’uomo: “dal problema della sofferenza e della morte alla speranza cristiana
della vita”, analizzando, appunto, la sofferenza e la morte alla luce dell’attuale contesto
socio-culturale e del Magistero della Chiesa, e considerando l’aspetto escatologico
cristiano della risurrezione come speranza e certezza di vita.
Non potevo terminare il lavoro senza proporre la straordinaria testimonianza di vita
della santa contemporanea Gianna Beretta Molla, figura emblematica per la Chiesa e
l’intero mondo bioetico cattolico in quanto sublime espressione dell’amore per la Vita e
concreta testimonianza di quanto trattato.
1
GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Evangelium Vitae, 25 marzo 1995, in AAS 87 (1995), p. 509.
6
CAPITOLO 1
ORIGINE, CONTENUTI E FINALITÀ DELLA BIOETICA
A distanza di circa cinquant’anni dalla sua nascita, l’azione interdisciplinare della
Bioetica, coinvolgente settori come la filosofia, la sociologia, la medicina, la biologia, fino
alla giurisprudenza, ha notevolmente segnato il sapere sia nel campo più propriamente
etico sia in quello medico.
Di indubbia peculiarità, infatti, è il contributo che ha dato in risposta alle varie
istanze circa la vita umana divenendo, pian piano, “ponte” tra la cultura scientifica e quella
umanistico-morale, facendo lavoro di adeguata sintesi con le conoscenze dei rispettivi
ambiti.
L’attuale scenario socio-culturale, determinato dall’evidente crisi sociale degli
ultimi decenni - ove principi e valori caratterizzanti epoche passate sono venuti meno - sta
rivalutando sensibilmente l’aspetto etico dell’agire umano. La frammentazione, il
sincretismo, la difficile progettualità la provvisorietà e l’indeterminatezza delle scelte, la
tentazione di abbandonarsi alle emozioni, sono soltanto alcuni dei tratti che
contraddistinguono la cultura occidentale, caratterizzata da una crisi identitaria. Ciò
emerge particolarmente nel settore sanitario, e più in generale in quello biomedico,
interessato da progressi che interrogano il concetto di uomo, la sua dignità e il suo destino
futuro e globale.
2
Per addentrarci, nella tematica proposta, bisogna ovviamente partire dalla disciplina
fondante che è appunto l’etica.
Derivante dal termine greco ἔθος che significa, comportamento - costume, l’etica
abbraccia principalmente tutto quello che riguarda il costume sociale, ovvero l’agire, il
comportamento di una società.
In linea generale, possiamo definire l’etica come «l’insieme dei principi e delle
norme che ispirano l’esistenza concreta di un popolo in una determinata epoca»
3
esprimendo una serie di modelli di comportamento tipici di una popolazione o di un
gruppo sociale. Nel particolare, invece, l’etica evidenzia «ciò che è buono in sé; ciò che va
fatto o evitato ad ogni costo e in ogni caso, a prescindere dai vantaggi personali e sociali
2
Cf. M. CHIODI, Modelli teorici in bioetica, Milano, Franco Angeli, 2012
6
, p. 11.
3
C. M. MARTINI, Viaggio nel vocabolario dell’etica, Casale Monferrato, Piemme, 1993, p. 15.
7
che se ne ricavano; ciò che è assolutamente degno dell’uomo che si oppone a ciò che è
indegno; ciò che non è negoziabile, su cui non si può né discutere né transigere».
4
Nella sua struttura, quando la stessa s’interessa di vari settori d’intervento come,
per esempio, la famiglia, l’economica, la politica, la sanità, essa assume la dicitura di etica
professionale o speciale, riguardando l’agire e il comportamento tipico di una professione,
che, prendendo come riferimento i principi irrinunciabili dell’etica fondamentale, li
sviluppa nei settori particolari. Perciò l’etica, che nel settore biologico e medico assume
l’appellativo di Bioetica, «riguarda tutti coloro che intervengono nel mondo della sanità:
professionisti, amministratori, sanitari, ausiliari, pazienti e parenti. Là dove ci sono
decisioni da prendere, riflessioni da fare, libertà da coinvolgere, c’è etica e - nel mondo
della sanità - la bioetica».
5
1. EXCURSUS STORICO e DEFINIZIONE
È difficile e complesso risalire ad una definizione univoca della bioetica vista la sua
particolare formazione e configurazione come disciplina; in modo facile e semplicistico si
potrebbe inquadrarla come un ambito del più ampio sapere etico oppure una specifica
parte di morale speciale.
Per considerare i suoi contenuti, gli obiettivi e poter risalire ad una definizione
quanto più univoca ed esauriente, è necessario tracciare un breve quadro storico circa la
riflessione etica in campo medico-sanitario, prendendo in considerazione alcune tappe
significative che, nel corso del tempo, hanno predisposto e strutturato la disciplina stessa.
1.1 Epoca antica ed Ippocratica*
Nelle scuole dell’antichità, caratteristica fu la “visione sacrale” del medico, ove, in
alcuni contesti, questa figura fu anche divinizzata. Ad esempio, nell’antica Grecia,
troviamo delle professioni improntate al “modello sacerdotale”, che svilupparono la
responsabilità principalmente a livello religioso, ponendo, con un “giuramento”, le divinità
come garanti della rettitudine delle azioni. Nell’antichità, infatti, le malattie erano attribuite
alle forze demoniache, che penetrando nella persona se ne impossessavano; non a caso il
simbolo della medicina era il serpente, animale sacro, ritenuto immune dalle malattie.
4
C. M. MARTINI, Viaggio nel vocabolario dell’etica, op. cit., p. 15.
5
G. DURANT, Introduction générale à la bioéthique. Histoire, concepts et outils, Québec, Fides, 1999, p. 469
* MANUALE DI BIOETICA – ONLINE di Gian Maria Comolli, disponibile all'URL http://
www.gianmariacomolli.it/archivio/wp-content/uploads/2014/01/CAP.-1-TERMINI-FONDAMENTALI-E-
MODELLI-DI-RIFERIMENTO.pdf
8
Ippocrate, però, rifiutò questa impostazione. Con la sua innovativa concezione -
suggellata dal rituale del giuramento richiesto ai suoi allievi - al sofismo e all’empirismo
contrappose “la medicina razionale”, conformandosi al concetto greco di “causa” ed
“effetto”; ed essendo, lo stesso, oltre che un medico anche un metafisico, pose al centro
della sua professione il valore e la dignità della persona.
6
Con il suo famoso Giuramento, infatti, - formato da tre principali parti: una
introduzione caratterizzata da un’invocazione della divinità; una parte centrale riguardante
da un lato il tema dell’impegno ed il rispetto per l’insegnamento e per il maestro, dall’altro
la terapia che obbliga il medico ad escludere azioni quali l'eutanasia, l’aborto procurato,
l’abuso sessuale, il rispetto verso il segreto medico; una conclusione che invoca la divinità
per benedire chi è osservante e maledire chi trasgredisce tale impegno - vediamo come
emerge tutta la visione religiosa della professione, il profondo rispetto della natura e della
concezione unitaria di ogni uomo, il rigoroso rapporto tra etica personale ed etica
professionale, il disinteresse economico nell’esercizio della professione nella trasmissione
della materia medica dai maestri agli allievi.
7
Non si tratta, perciò, di un codice atemporale, ma di un riflesso della filosofia e
cultura del tempo che considerava, appunto, la professione medica in un clima di
trascendenza e di carattere sacrale.
Il Giuramento di Ippocrate ha fondato, quindi, la moralità dell’atto medico sul
“principio di beneficienza e non maleficenza”, ovvero della ricerca del bene del paziente a
cui il medico è custode inappellabile, determinando il cosiddetto paternalismo medico.
8
Il pensiero ippocratico, del resto, è rimasto canonico per tutta la cultura classica e
per tutto il Medioevo, fino a quando con il principio di autonomia del pensiero moderno,
con il liberalismo etico ed in seguito con la formulazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino, si venne a creare un vero e proprio antipaternalismo medico, senza però
cancellare del tutto il principio di beneficienza nel rapporto medico-paziente, fonte, ancora
oggi, della bioetica attuale.
9
6
Cf. E. SGRECCIA, Manuale di Bioetica, Fondamenti ed etica biomedica, Milano, Vita e Pensiero, 2000
1
, p.
15.
7
Ibid.
8
Ibid.
9
Cf. E. SGRECCIA, Manuale di Bioetica, op. cit., p. 16.