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Introduzione
Questa ricerca ha come obiettivo quello di analizzare la relazione tra i bambini e la pubblicità,
attraverso lo studio di alcune campagne pubblicitarie del fotografo Oliviero Toscani. Alcune delle
immagini del creativo vogliono mandare messaggi forti, sono di impatto, fanno a pugni nella mente
di chi osserva poiché contrastano con quelle che sono le immagini “accettabili” dalla società. Mi sono
chiesta cosa possa succedere nella mente di un bambino mentre guarda tali immagini e da qui è nato
l’interesse di approfondire l’argomento, sia consultando libri di psicologia, sia studiando libri inerenti
alla pubblicità.
Questo approfondimento percorre, nei primi capitoli, la storia della pubblicità in generale e la nascita
della censura, dal primo codice di autodisciplina pubblicitaria, all’attuale Istituto dell’Autodisciplina
Pubblicitaria (IAP), definendo le principali caratteristiche e portando esempi concreti del suo
intervento riguardo spot pubblicitari televisivi e web.
Verrà affrontato il modo in cui avviene la costruzione di un messaggio pubblicitario, con particolare
riferimento alla semiotica, scienza dei segni, definita come disciplina che studia i testi, la loro
costruzione interna, il loro funzionamento e il loro senso.
Prima di analizzare le immagini pubblicitarie di alcune campagne di Oliviero Toscani, è importante
focalizzare l’attenzione sulle principali tappe dello sviluppo fisiologico e percettivo nel bambino; la
funzione percettiva infatti, è il tramite diretto attraverso cui egli conosce la realtà.
Una volta definito lo sviluppo del bambino si può passare a capire quali sono le tecniche che la
pubblicità adotta per entrare in relazione con i minori. Un esempio è quello di avvicinare la pubblicità
alla favola: gli adulti attraverso le favole insegnano ai bambini una serie di regole condivise dalla
società, e si può dire che, al giorno d’oggi, la pubblicità rappresenta la versione aggiornata della fiaba,
questo perché i pubblicitari sfruttano il meccanismo favolistico per rendere avvincenti e funzionali
gli spot, in modo che essi, abbiano una finalità rassicurante dal momento che tutto finisce bene e il
male viene sconfitto.
Nel capitolo quarto verranno prese in esame, come detto in precedenza, alcune campagne
pubblicitarie di Oliviero Toscani, in cui è possibile studiare il sovvertimento degli stereotipi e
dell’identità di genere, temi ricorrenti nelle opere del fotografo.
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Sulla base di quanto detto nei capitoli precedenti, cercherò di spiegare l’effetto di queste immagini
sulla mente del bambino.
Nella conclusione della tesi verranno riportate delle soluzioni che genitori, scuola e pubblicitari
possono adottare affinché i minori vengano tutelati di fronte alle immagini pubblicitarie.
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CAPITOLO 1
STORIA DELLA PUBBLICITA’ TELEVISIVA IN ITALIA E
LA NASCITA DELLA CENSURA
1.1 Da Carosello allo spot
I primi anni della televisione italiana si caratterizzano per un intento fortemente pedagogico. Si può
dire che la programmazione televisiva, veniva formata in modo da non alterare i ritmi della vita
quotidiana delle famiglie, ed era strutturata per appuntamenti fissi settimanali: il lunedì dedicato alla
trasmissione di film cinematografici, il martedì allo sceneggiato (giallo), il mercoledì alle rubriche
culturali, il giovedì al telequiz, il venerdì alle rubriche giornalistiche, il sabato al varietà e la domenica
al romanzo sceneggiato.
La pubblicità televisiva fece la sua prima apparizione in Italia tre anni dopo l’inizio delle trasmissioni,
il 3 febbraio 1957 con Carosello, un programma contenente quattro/cinque filmati pubblicitari che
costruivano brevi storie attorno ad un prodotto, utilizzando soprattutto sketch di noti attori o disegni
animati. Questa forma di spettacolo, era molto apprezzata anche dal pubblico dei più piccoli per la
proposta di storie semplici e divertenti.
La SACIS
1
aveva stabilito dei criteri che regolavano le modalità di costruzione dei cortometraggi, ad
esempio il nome del prodotto poteva essere ripetuto solo un determinato numero di volte, mentre dal
punto di vista etico, le pubblicità di beni di lusso (crociere, gioielli ecc.) erano vietate e le storie
poliziesche potevano essere rappresentate solo se al reato seguiva subito la condanna. Non si potevano
pronunciare parole sconvenienti come ‘forfora’ e ‘depilazione’, non si potevano rappresentare
ragazze in costume da bagno, reclamizzare biancheria intima e così via.
Nel 1961, con l’inizio delle trasmissioni del secondo canale della RAI, si verificò l’ampliamento
dell’orario dei programmi, da quattro a dodici ore giornaliere. La fascia pomeridiana dedicò quote
più consistenti di programmazione ai ragazzi più grandi, con l’obiettivo di offrire al pubblico
televisivo, la possibilità di scegliere tra programmi con funzione di “intrattenimento-divertimento” e
programmi con funzione di “educazione-informazione”.
1
Società per Azioni Commerciale Iniziative Spettacolo (SACIS) è stata una società per azioni italiana, concessionaria
per la commercializzazione dei prodotti della Rai.
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Con la riforma della RAI, nel 1975
2
, e l’inizio delle trasmissioni del terzo canale, nel 1979, nacquero
nuovi modi per costruire il palinsesto. Alla terza rete venne affidato il compito di proporre una
televisione “colta”, con la trasmissione di programmi di cultura, musica classica, lirica, notiziari oltre
allo sport. Le nuove esigenze commerciali, inoltre, decretarono la fine della pubblicità/spettacolo di
Carosello nel 1977.
Spuntarono poi, le prime televisioni private, la comunicazione pubblicitaria si modificò e i filmati
diventarono più brevi e martellanti: nacque lo spot, da un massimo di 60 secondi scese
progressivamente a tempi più stretti, sviluppando le idee in spazi brevissimi. Accanto allo spot fecero
la loro comparsa anche le telepromozioni e le televendite all’interno dei programmi, i promo dei
programmi stessi e le sovraimpressioni dei brand aziendali.
La programmazione televisiva subì dei cambiamenti, anche per quanto riguarda il palinsesto per i più
giovani, la Rai rinunciò a quella funzione “educatrice” che ne aveva caratterizzato l’offerta e si pose
come obiettivo lo stabilire un rapporto di fedeltà con l’audience.
1.2 L’evoluzione dello spot per bambini
La pubblicità ha subìto delle evoluzioni nel corso del tempo, per quanto riguarda quelle indirizzate ai
bambini, si caratterizzano maggiormente per i cambiamenti riconducibili agli aspetti formali del
registro sonoro e visivo (voce, musica, jingle, frequenza dei cambi di immagine, colore), rispetto ai
contenuti che rimangono di sfondo alla presentazione del prodotto.
Il messaggio tende a valorizzare sempre più l’‘avere’ rispetto al ‘fare’, con la proposta del prodotto
in termini di facile possesso.
Una forma di slogan tipico per bambini, ma non solo, è il jingle
3
, che associa le parole ad una
canzoncina, con ritmo scandito e ritornelli ripetuti, poiché i messaggi pubblicitari associati ad una
canzone sono ricordati meglio, e l’effetto, è maggiore quando il bambino ha l’occasione di
canticchiare più volte la canzone in altri contesti. Inoltre, nel caso di prodotti di abbigliamento o di
accessori per la scuola, i colori utilizzati per la pubblicità richiamano quelli del packaging
4
del
prodotto, per favorire la riconoscibilità di quest’ultimo.
2
La nuova disciplina della Radiotelevisione Italiana disposta con l'emanazione della legge 14 aprile 1975, n. 103. Il
provvedimento introdusse nuove norme in materia di diffusione radiotelevisiva in Italia.
3
Utilizzato per spot o radiofonici, consiste nell’affidare il messaggio a una colonna musicale cantata, facile da
ricordare, che dovrebbe contenere il nome del prodotto.
4
Letteralmente “confezione”, oltre alla funzione di proteggere e conservare il prodotto deve garantirgli un valore
aggiunto sul piano estetico comunicando attributi come qualità, affidabilità, ricercatezza.
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1.3 La nascita dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria
Il 1966 è l’anno di nascita dello IAP, Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, fondato dai principali
enti e associazioni di utenti, professionisti e mezzi pubblicitari. L’Autodisciplina agisce attraverso un
Comitato di controllo, che esamina i messaggi pubblicitari, e un Giurì
5
, che ha il potere di vietare che
vengano diffusi, poiché le sue sentenze sono riconosciute e applicate dalle associazioni che hanno
sottoscritto il Codice. Quest’ultimo, viene aggiornato annualmente, in modo da rispettare
l’evoluzione e il cambiamento dei costumi sociali e della realtà pubblicitaria, esso individua standard
uniformi di comportamento, per regolare i rapporti tra gli operatori del settore, ispirati ai principi di
correttezza, lealtà ed onestà e, allo stesso tempo, punta a tutelare i consumatori, in modo che possano
effettuare scelte consapevoli.
Il Comitato di Controllo, costituito da un gruppo di esperti, verifica la correttezza dei messaggi
pubblicitari segnalati dai consumatori, dalle loro associazioni, o rilevati dal monitoraggio svolto dai
componenti del Comitato stesso, e dalla Segreteria dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria. Il
Comitato sottopone al Giurì la pubblicità ritenuta non conforme alle norme del Codice, che tutelano
il consumatore, una volta esaminata la pubblicità sottoposta dal Comitato, o dalle aziende, il Giurì
può stabilire che essa non abbia rispettato il Codice, e invita a bloccarne la trasmissione, se la
disposizione non viene osservata, si pubblica la sentenza e, in caso di inosservanza anche di
quest’ultima, si può optare per rendere pubblica la notizia.
Oltre al Codice di Autodisciplina, in Italia, sono stati redatti più codici e carte deontologiche, come
la Carta Informazione e Pubblicità
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(1988), in cui si stabilisce che i messaggi pubblicitari debbano
essere sempre riconoscibili e separati dall’informazione, quindi, il giornalista non può fare pubblicità
se non a titolo gratuito e senza fini speculativi.
Nel 1995 viene varata la Carta dell’Informazione e della programmazione a garanzia degli utenti e
degli operatori del servizio pubblico radiotelevisivo
7
, per la TV e per la radio.
5
Un collegio presieduto da un alto magistrato e composto da un minimo di nove a un massimo di quattordici membri
scelti tra esperti di diritto, di problemi di consumatori e di comunicazione.
6
Un protocollo d’intesa in cui vengono stabilite delle regole per evitare la commistione tra informazione e pubblicità,
così che l’utente possa distinguere l’identità dell’emittente del messaggio. Fu firmato il 14 aprile 1988 da: Ordine dei
giornalisti, Federazione della stampa italiana, Associazione italiana agenzie pubblicità a servizio completo (AssAP),
Associazione italiana studi di comunicazione (AISSCOM), Associazione agenzie di relazioni pubbliche a servizio
completo (ASSOREL), Federazione relazioni pubbliche italiana (FERPI), Associazione italiana delle organizzazioni
professionali di tecnica pubblicitaria (OTEP) e Associazione italiana tecnici pubblicitari (TP).
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Si vd. http:/www.edizioniets.com/etichecomunicazione/etica_tv/02_Carta_Rai.pdf.