INTRODUZIONE
Dopo la morte di James Cook nel 1779, la Royal Society coniò, a un solo anno
dalla morte, una medaglia commemorativa: era già nata la leggenda del più
“intrepido investigatore” degli oceani. Sul retro di quella medaglia non
a caso era scritto: Nil Intentatum Nostri Liquere (i nostri uomini non hanno
lasciato nulla di intentato).
Andrew Kippis pubblicò la prima monografia sulla vita e sulle
scoperte di Cook nel 1788 ‒ tradotta subito in francese nel 1789, anno
della “rivoluzione” ‒ riservando al Capitano un tributo poetico e
riconoscendolo come un esempio di genialità, intraprendenza e
inventiva
1
.
Nel corso dei secoli, l’immagine di Cook è stata più volte oggetto di
studio e di approfondimento rivelando, in tutta la cultura britannica, la
presenza di un’ammirazione senza precedenti per le sue gesta. In
quest’ottica il Capitano Cook finisce per rappresentare, de facto,
un’illustre fonte di illuminazione.
Dal punto di vista letterario tutto ciò ha sicuramente stimolato
l’interesse già insito nella tradizione inglese per la biografia, intesa come una
componente importante nella costruzione di figure celebri, dove le
precedenti prospettive agiografiche si fondevano progressivamente con
un’attenzione secolare e riflessiva sulla verosimiglianza.
Ma, soprattutto, le avventure di Cook paiono aver influito
notevolmente nell’ambito della diffusione di una crescente attenzione per
un genere narrativo, quello della Travel Literature già consolidatosi ‒
nell’ambito immaginifico e fantastico ‒, come genere di successo nel
Cfr., A. Kippis, The life of Captain James Cook, Basil, J.J. Tourneisen,
1
1788.
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1726, anno in cui fu pubblicato l’ultimo libro dei Viaggi di Gulliver di
Jonathan Swift.
Nella biografia di Kippis ‒ e in tutte le altre che sarebbero state
dedicate al “Capitano” ‒ si rinviene una felice commistione tra il viaggio
e il viaggiatore (pensati diversamente nel corso degli anni e delle
stagioni della letteratura inglese, si pensi al Grand Tour) che porta a una
interessante sovrapposizione tra l’approccio biografico e la scrittura di
viaggio.
Nelle biografie successive, inoltre, si sostanzia una relazione
ancora più forte tra il viaggiatore e il viaggio, nonché tra vita e scrittura
di viaggio, rispetto a quanto si trova in quella di Kippis.
Il punto di incontro in cui si origina tale sovrapposizione è una
particolare forma di racconto che proprio Cook ha contribuito in modo
determinante a far diventare una vera e propria fonte non solo e non più
storico-scientifica, bensì anche e soprattutto letteraria: il Giornale di
bordo.
Sono infatti i suoi diari minuziosamente compilati nel corso dei
suoi tre viaggi a rappresentare, ancora oggi, un fertile esempio di
rendicontazione empirica delle scoperte effettuate ma, al contempo,
anche un invidiabile affresco narrativo delle esperienze a margine delle
imprese condotte.
D’altra parte, il caso rappresentato dai diari di Cook è di assoluto
interesse: di solito, infatti, i giornali di bordo erano caratterizzati
solitamente dalle noiose descrizioni dettagliate della vita a bordo che
annoiavano la maggior parte dei lettori e che portavano gli editori a
modificare o abbreviare il testo.
La preoccupazione era che la routine dell’equipaggio fosse
ostativa al favore del grande pubblico. Eppure con i Journals di Cook
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non accade nulla di tutto questo: furono un successo di pubblico e ancora
oggi hanno il pregio di essere testimonianze di prima mano, essi
forniscono indicazioni preziose sui paesi visitati, regalano al lettore
riflessioni personali che rivelano una visione viva, antropologica dei
giorni raccontati dal Capitano.
La pubblicazione dei Giornali fu un successo immediato che rivelò
e confermò l’entusiasmo senza precedenti col quale il pubblico
britannico li attendeva: le 2.000 copie della prima edizione andarono
rapidamente esaurite, poco dopo apparvero una seconda e una terza
edizione, seguite da traduzioni in tedesco e francese e successivamente
in italiano.
Alla base delle fortune degli scritti di Cook, vi è l’essenza delle
sue imprese: egli ha condotto un viaggio tutto suo, affermandosi come
vero e proprio modello di scrittore e esploratore colmando il divario
temporale tra suo il tempo e il nostro.
Cook, infatti, ha cercato di essere non solo un grande navigatore,
ma anche uno scrittore: le sue frasi nel Giornale di bordo del terzo
viaggio, ad esempio, sono più lunghe rispetto a quelle che troviamo nei
primi due.
La maggior parte dei participi passati non è più abbreviata e la
frequenza degli aggettivi aumenta in proporzione.
Il resoconto delle manovre non è più una semplice menzione ma si
trasforma in descrizioni comprensibili ai lettori non familiari col
linguaggio marittimo contribuendo nel diciottesimo secolo a stimolare la
diffusione di un forte desiderio di letteratura di viaggio: per soddisfare la
domanda di un crescente numero di lettori, librai e stampatori curarono
molte edizioni di “libri di viaggio” scritti dagli inglesi che, a margine
delle avventure coloniali, scoprivano e raccontavano il mondo.
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Per quanto riguarda Cook pare ad esempio evidente quanto il
racconto dell’ultimo viaggio ‒ quello che assunse l’obiettivo di scoprire
il mitizzato “passaggio a Nord Ovest” ‒ fosse stato scritto nell’ottica di
una vera e propria “autopubblicazione” che l’uccisione del Comandante
rese impossibile, contribuendo sicuramente a alimentare il mito di Cook
nella società britannica dell’epoca e in quella successiva.
Ciò rese ancora più incisiva la sua influenza sulla Travel
Literature che ancora oggi riscuote, insieme alla biografia, la gran parte
dei favori dei lettori e degli studiosi anglosassoni.
Nel ricostruire e nel contestualizzare la figura di James Cook nel
corso di questo lavoro sono state prese in considerazione le prime
edizioni inglesi dei Journals e delle biografie del Capitano.
Le citazioni tratte da esse sono riportate in lingua originale e
eventuali abbreviazioni dei testi sono opportunamente segnalate
all’interno delle citazioni. Il ricorso alle edizioni in lingua italiana è
motivato solo dalla necessità di analizzare brani non riportati da quelle
inglesi più recenti.
Nel primo capitolo l’analisi muove dal rapporto tra la diaristica e il
racconto di viaggio con un’attenzione specifica riservata alla portata che
gli scritti di Cook ‒ del quale si ripercorre in breve la biografia ‒ hanno
sull’evoluzione della Travel Literature.
In questa parte troveranno spazio anche alcuni cenni biografici sul
Capitano e sul suo modo di intendere la navigazione come missione
prima che come un semplice lavoro.
Nella seconda parte della tesi, invece, l’attenzione viene spostata
sulle valenze letterarie dei brani descrittivi dei Journals utilizzando
come punto di riferimento l’edizione curata da Cawte Beaglehole, uno
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dei più autorevoli studiosi contemporanei di Cook e quelle italiane
laddove riportano brani di interesse non presenti in quella inglese .
2
Ci si soffermerà soprattutto sugli aspetti linguistici dell’opera
complessiva di Cook, proponendo una lettura dei Journals che prenderà
in considerazione l’utilizzo dei termini madrelingua delle popolazioni
indigene che gli equipaggi dell’Endeavour, della Resolution e
dell’Adventure incontreranno nelle tre missioni effettuate.
Questa scansione sperimentale dell’opera di Cook è stata scelta al
fine di proporre un’analisi originale che trascenda dagli approcci
coloniali o post-coloniali che hanno animato le più recenti polemiche
intorno alla figura di Cook: dall’analisi linguistica delle pagine dei
Journals, invece, emerge un inedito modo di intendere le missioni.
Quelle di Cook, infatti, non paiono mai come delle conquiste,
bensì delle scoperte e per questo la conoscenza delle lingue parlate dagli
indigeni hanno un rilievo di tutto rispetto, però spesso trascurato dalla
pubblicistica disponibile sul tema.
Nell’ultima parte del lavoro, infine, si darà conto delle più recenti
letture dell’opera complessiva di Cook e, soprattutto, delle polemiche
che hanno animato il dibattito scientifico intorno alla prematura morte
del Capitano.
Si muoverà dal concetto di straniamento come possibile chiave di
spiegazione di un episodio, quello dell’uccisione di James Cook che
ancora oggi fa discutere e divide gli studiosi tra coloro i quali sostengono
che il Capitano sia stato ucciso poiché percepito come il ritorno
J. Cook, The Journals. Prepared from the original manuscripts by J.C.
2
Beaglehole for the Hakluyt Society, 1955–67, Londra, Penguin, 2003; J. Cook,
Giornali di bordo nei viaggi d’esplorazione, vol. I, Il viaggio dell’«Endeavour»
1768-1771, a cura di J.C. Beaglehole, Milano, TEA, 1994; Cook, J., Giornali di
bordo nei viaggi d’esplorazione, vol. II, Il viaggio della «Resolution» e
dell’«Adventure» 1772-1775, a cura di J.C. Beaglehole, Milano, TEA, 1994.
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imprevisto della divinità haitiana Lono e chi, invece, ne sostiene
l’infondatezza.
La bibliografia contempla l’uso di tutte le fonti letterarie utilizzate
nella redazione del presente lavoro. L’utilizzo dei termini linguistici
delle lingue parlate dagli indigeni è in corsivo tranne nei casi in cui la
citazione diretta dei testi non lo contempli.
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Biografia letteraria di un viaggiatore: James Cook
1. Nascita e evoluzione della letteratura di viaggio
La parola greca ὁδοιπορικός racchiude il significato di ciò che attiene al
viaggio latamente inteso. Anche per questo il genere inteso come
“narrativa di viaggio” si definisce anche come “letteratura odeporica” .
3
Con questi termini si intendono i racconti nei quali il protagonista si
trova in un paese nuovo, “straniero” o inconsueto in conseguenza di un
viaggio esplorativo o esperienziale compiuto per i motivi più diversi
(scientifici, commerciali, emotivi, etc.).
In questi casi le opere narrative si configurano come il frutto del
fertile incontro tra l’audacia dell’esploratore e l’abilità dello scrittore: la
funzione di osservare e vedere cose nuove, quindi, si allinea e si
sovrappone a quella di elaborare in senso narrativo le esperienze vissute.
D’altra parte, da sempre, il rapporto tra il viaggio e la letteratura è
un rapporto molto stretto, un “nesso privilegiato” che ha intrecciato «fin
dalle origini le imprese di viaggio dell’essere umano e l’atto di scriverne,
Sul genere dell’odeporica si rimanda a L. Monga, Travel and travel writing:
3
an historical overview of hodeporics, in «Annali d’Italianistica», vol.14, del 1996,
pp. 6-54 e D. Papotti, Attività odeporica ed impulso scrittorio: la prospettiva
geografica sulla redazione di viaggio, in «Annali d’Italianistica», vol. 21, del 2003,
pp. 393-407.
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CAPITOLO PRIMO