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Introduzione
La nave è uno dei mezzi di trasporto più antichi e ricopre nei secoli un ruolo
estremamente importante in tutti i fattori socioeconomici. Dalle canoe alle galee,
dai velieri ai transatlantici, dai fenici ai crociati, dagli indigeni americani ai ricchi
armatori europei, non esiste comunità civilizzata o meno che non abbia una sua
particolare imbarcazione, spesso riconoscibile a distanza. Ergo: la nave è mezzo
di comunicazione e crea comunicazione tra popoli lontani, spesso sconosciuti, le
cui genti si muovono nel mare alla ricerca dell’ignoto, dell’avventura o, assai più
spesso, di rotte commerciali.
Il viaggio in sé diventa comunicazione. I racconti, i diari e le lettere sono
solamente i primi ad aver impostato una tendenza al resoconto del viaggio, non
solo a livello narrativo ma anche informativo. Da qui, lo stretto collegamento tra
la navigazione e l’informazione giornalistica, che trova nell’invenzione di
Gutenberg la dimensione più appropriata. Prima di ogni altro genere, infatti,
nascono i giornali (o meglio, fogli e avvisi) mercantili. Il nuovo merito di questa
rigogliosa classe sociale di mercanti fu quello di fornire e di cercare quante più
informazioni possibili da terre anche molto lontane. Si pensi alle fiere,
diffusissime in tutta Europa: un buon mercante si informava sul tipo di merci che
sarebbero state vendute, sugli usi e costumi del popolo ospitante, sulla
nazionalità e l’esperienza degli altri commercianti, e così via. Ma informava anche
coloro che lo avrebbero ospitato, sui beni che lui avrebbe portato, dove li aveva
acquistati e ogni tipo di curiosità attinente ai suoi affari. Si viene a creare quella
mentalità dinamica e cosmopolita che poco differenzia il mercante tardo
medievale dall’uomo d’affari di oggi, privo però di smartphone, tablet e ogni altro
tipo di media caratterizzato dalla rapidità di acquisizione di informazioni.
4
Soprattutto in Italia, perno del commercio del Mediterraneo, città come Genova,
Venezia, Trieste, Napoli, Palermo, diventarono i poli principali di questo scambio
di merci e notizie.
Specialmente dopo l’epoca delle grandi esplorazioni intorno al globo, si crearono
alcune grandi compagnie commerciali (ma la figura del mercante, pur
evolvendosi, conservò sempre le caratteristiche originarie: chi intraprendeva
questa – ormai si può dire – carriera, era pronto a ogni pericolo o sventura pur di
far soldi). I viaggi via terra erano lunghi e vincolati dai dazi, quelli via mare erano
più veloci ma imprevedibili: il rischio più grosso di viaggiare in nave era quello di
perdere il carico a causa di tempeste, incendi o pirati, ma il profitto, qualora fosse
giunto a destinazione, era considerevole.
Con i secoli, questo mestiere si trasformò in desiderio di conoscenza, prima per
formazione, poi per svago. Lo sviluppo del trasporto crocieristico è
nell’immaginario odierno strettamente legato al fattore turismo. E, se il viaggio è
comunicazione, anche il turismo è comunicazione. La programmazione di un
itinerario, o anche solo l’idea di intraprendere un viaggio in luoghi vicini o lontani,
necessita di informazioni. I mezzi per rintracciare queste indicazioni sono
diversi. Dal punto di vista giornalistico, le riviste marittime furono le più rilevanti
per conoscere le nuove tecnologie della nautica, gli annunci su arrivi e partenze,
gli innovativi progetti per esterni e interni. Ma furono, e sono, fondamentali anche
le guide di viaggio. Le prime erano “semplici” compilazioni delle mete consigliate
ai viaggiatori; in un periodo fortemente caratterizzato dalla mancanza di
statistiche, non solo risultava difficile realizzare un volume di questo tipo, ma
assumeva – e avrebbe assunto – un ruolo di estrema importanza per lo studio del
fenomeno. Il turismo di massa ha poi accentuato alla massima potenza il ruolo dei
media nelle dinamiche di viaggio: la Tv prima e Internet nella nostra
contemporaneità hanno reso possibile un surplus di informazione in campo
turistico, raggiungendo un apice che non è destinato a rallentare. In un’altra
ottica, invece, le strategie di mercato hanno da subito capito l’importanza della
promozione pubblicitaria. Le autorità, anche private, delle principali località
5
turistiche commissionarono artisti locali o internazionali per creare immagini
efficaci, che persuadessero il cittadino europeo a soggiornare nel “bel paese”.
Un altro fattore importante, forse scontato, è l’importanza che il piroscafo ebbe
nel periodo dei flussi migratori oltreoceano. Tra Otto e Novecento milioni di
persone partirono alla ricerca di una condizione migliore, spesso restando delusi.
Il viaggio in nave dei migranti è ben documentato: relazioni, articoli di giornale,
racconti di passeggeri testimoniano gli aspetti della vita a bordo, in attesa di
approdare nei luoghi tanto sognati. L’operato delle agenzie e dei rispettivi agenti
di viaggio fu da tanti criticato, da altri sottovalutato. Soprattutto nei quotidiani,
ogni giorno venivano raccontati episodi di maltrattamento e raggiri, delle (poche)
azioni di sostegno agli emigranti, dei casi di sovrappopolamento delle strutture
dedicate all’accoglienza prima della partenza.
Per questo e per tanti altri motivi la nave ha subito diverse trasformazioni nel
corso dei secoli, sia esteticamente che concettualmente. Il contenuto di questa
ricerca è un’analisi sui vari passaggi che hanno contraddistinto il viaggio in nave,
le opinioni in merito e i concetti chiave. Ritrovare e raccogliere tutti i protagonisti
e le strutture che hanno contribuito a questo cambiamento sarebbe quasi
impossibile, perciò si ritroveranno molti riferimenti al caso italiano e, ancora più
nel particolare, su quello genovese. Il capoluogo ligure è, ancora oggi, rinomato
soprattutto per il suo porto, i suoi traffici di navi dedicati a merci e passeggeri,
per le sue celebri famiglie armatoriali, le grandi società di navigazione e le riviste
marittime.
Nel primo capitolo si farà una breve ricognizione storica sulla nascita e la
diffusione del fenomeno turistico. Si esamineranno le prime forme del viaggio, dai
primi esploratori, curiosi scienziati in cerca di stupefacenti bellezze da osservare
e studiare, ai giovani intellettuali partiti verso l’Italia per accrescere la loro
formazione culturale; fino ad arrivare all’irreversibile turismo di massa, un
fenomeno che, a partire dai viaggi organizzati dell’inglese Thomas Cook, non si è
mai fermato. Si interpreteranno anche le recenti forme di viaggio virtuale, di come
alcuni esperti del Web e accaniti viaggiatori (mi raccomando, non chiamateli
6
turisti) siano riusciti a fare della propria passione, unita a tanta capacità, un vero
e proprio mestiere.
La trasformazione sociale che interessò l’Europa a partire dalla seconda metà
dell’Ottocento si verificò in molte forme. Una qualsiasi organizzazione industriale
e commerciale aveva bisogno, prima di tutto, di una buona comunicazione, sia
interna all’azienda sia per consolidare i rapporti con i fruitori del servizio.
Pertanto il secondo capitolo individuerà le principali strategie di comunicazione
turistica attraverso la letteratura di viaggio. Nel corso del tempo, infatti,
l’immaginario collettivo è cambiato: la letteratura di viaggio è stata in grado di
stimolare un cambiamento socio-culturale che si è manifestato attraverso poesie,
documenti, guide, diari di bordo, riviste specializzate nel settore turistico e
periodici marittimi. La presenza di periodici italiani riguardanti il viaggio e la
navigazione in una città portuale come Genova (ma anche Trieste, Venezia) è
sempre stata consistente e variegata. Alcune riviste, come il Frou-Frou e Sul Mare,
hanno rappresentato (talvolta in pochi anni di pubblicazione) un’epoca intera: la
passione per il mare, l’attenzione alle innovazioni tecnologiche, la spensieratezza
dei racconti dei viaggiatori, la nuova moda dello yachting, le vicende diplomatiche
sono tutti temi ricorrenti nella comunicazione della “società del consumo”.
Il terzo capitolo tratterà esclusivamente di stampa quotidiana. Per avere una
panoramica abbastanza parziale, ma senza esagerare con i contenuti, si è deciso
di prendere come punti di riferimento principali i due quotidiani nazionali più
affermati del periodo: La Stampa e il Corriere della Sera. A questo punto, comincia
la ricostruzione dell’opinione pubblica e dell’informazione legata al viaggio
oltreoceano e al turismo in generale. Attraverso le principali tappe cronologiche,
si vedrà, per esempio, come il termine turista sia entrato nel linguaggio
giornalistico, di quanto sia inizialmente un concetto poco chiaro e quanto talvolta
sia inconcepibile pensare, nel viaggio moderno, a una totale mancanza di
formazione, curiosità o sorpresa; ma anche come cambia il fenomeno della
crociera, che da semplice mezzo di traporto militare, utilizzato per definire le
missioni per mare che intraprendeva la Marina Militare, diventa una vera e
propria vacanza a bordo.
7
Il quarto e ultimo capitolo verterà invece sulle strategie della promozione
pubblicitaria presente in Italia, fortemente sostenuta dalle stesse compagnie di
navigazione. Si esaminerà la nuova cultura visiva arrivata sulla penisola grazie a
influenze straniere di spicco; saranno trattate le principali tecniche e soluzioni
grafiche adoperate per promuovere il viaggio nel Mediterraneo e oltreoceano,
dalle monumentali navi dei manifesti di Cassandre alle brochure e ai pieghevoli;
ma anche tramite riviste, guide di viaggio e l’esposizione di dipinti, sculture,
ceramiche e gadget (spesso vere e proprie opere d’arte di importanti artisti
riconosciuto a livello internazionale) a bordo dei grandi transatlantici italiani che
fungevano da propaganda ai gusti, agli stili e alle correnti contemporanee. Era la
divulgazione del cosiddetto Made in Italy, che ancora oggi attira i turisti e
imprenditori da ogni parte del mondo. La sua diffusione nel mondo navale è
evidente in ogni campo. Pensiamo alla scelta della denominazione dei grandi
transatlantici italiani: dopo il lungo periodo di nomi evocativi di potenza
militaresca (Rex, Augustus, Giulio Cesare) arrivò la valorizzazione del
Rinascimento con Raffaello, Michelangelo, Leonardo Da Vinci, mentre alcuni dei
più influenti armatori italiani dedicheranno le proprie navi ai propri familiari
(Federico C., Anna C., Eugenio C.).
Un’appendice finale conterrà una serie di immagini, che faranno riferimento al
testo. Saranno presenti alcune fotografie provenienti dall’Archivio della
Fondazione Ansaldo, locandine promozionali per le località turistiche o per il
lancio di alcune riviste (come quella realizzata da Leonetto Cappiello per il Frou-
Frou), litografie, pannelli decorativi realizzati per l’allestimento d’interni e alcuni
loghi aziendali.
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1. Dal Grand Tour al turismo di massa
Chi va e torna, fa buon viaggio.
1
Lo studio del fenomeno del turismo è materia recente. Solamente cinquant’anni
fa avrebbe destato stupore un libro interamente dedicato al viaggio o un
convegno sui “tourist studies”; era un fenomeno che al massimo interessava il
settore marketing o qualche isolato scrittore
2
. Un fenomeno che oggi, oltre a
essere diventato uno degli svaghi preferiti dalla popolazione mondiale e alla
portata pressoché di tutti, è diventato per alcuni un vero e proprio mestiere.
Tralasciando per il momento le vecchie e nuove agenzie di viaggio, puntiamo lo
sguardo sul mondo virtuale: centinaia di travel blogger sono stati affascinati dal
lavoro di altrettanti scrittori digitali più esperti, che hanno saputo sfruttare la
propria passione per creare nuove realtà. In Italia, individui come Mente
Nomade
3
o Viaggio Ergo Sum
4
sono riuscite a creare un vero e proprio mercato
su Internet, senza escludere la componente “turistica”. Io stessa nel 2017 ho
avuto la possibilità di fare un viaggio con Fabio Liggeri (autore del secondo blog
citato), un viaggio talmente ben organizzato che sicuramente non sarei riuscita a
realizzare autonomamente o con il solo supporto di una agenzia di viaggi. Questo
perché Fabio, prima di portare un gruppo di tredici sconosciuti – poi diventati
amici – alla scoperta del Myanmar in soli undici giorni, era rimasto oltre un mese
alla scoperta di quel magico paese orientale per pianificare ogni mossa del viaggio
di gruppo che resterà a tutti noi nel cuore. Scartò alcuni luoghi più “turistici”, che
per un paese come il Myanmar sono tuttavia ancora (fortunatamente) pochi, e ci
1
E. Celesia, Linguaggio e proverbi marinareschi, Genova, Tipografia del R. Ist. Dei Sordomuti, 1884, p.
102.
2
Cfr. F. La Cecla, Turismo: supponendo sia una cosa divertente, in O. Löfgren, Storia delle vacanze,
Milano, Bruno Mondadori, 2001, Prefazione.
3
Pseudonimo di Edoardo Massimo Del Mastro, fondatore del blog http://mentenomade.com/
4
Pseudonimo di Fabio Liggeri, fondatore del blog http://www.viaggioergosum.com/
10
fece conoscere prospettive autentiche e originali, compresi i mezzi di trasporto
tradizionali: ci siamo spostati attraverso kane (le tipiche imbarcazioni birmane,
ora dotate di motore, prima guidate da un solo remo mosso, in piedi, con una
gamba) o su piccoli carri trainati da asini o cavalli.
Questo tipo di viaggio si inserisce nel discorso dell’antropologo Alessandro
Simonicca sul turismo etnico. Sono viaggi verso luoghi lontani abitati da
popolazioni diverse e da costumi sorprendenti, diversamente dalla situazione
europea che tende a caratterizzarsi per insiemi di pratiche sociali ad alta
condivisione di stili di comportamento
5
.
La ricerca del blogger Fabio Liggeri non sembra oggi molto diversa da quella di
Carlo Linneo o di Carl Jonas Linnerhielm nel XVIII secolo. I due, oltre a una
spiritosa assonanza dei nomi, sono accumunati da un viaggio in Lapponia, vissuto
con spirito e obiettivi diversi. Il botanico venticinquenne Linneo partì nel 1732
da Uppsala, programmando un itinerario alla scoperta delle bellezze
paesaggistiche: nel suo diario annotò riflessioni scientifiche, fisiche e biologiche
e inserì disegni dettagliati di flora e fauna. Mezzo secolo dopo, nel 1787,
Linnerhielm si inoltrò negli stessi paesaggi, ma ne scrisse in maniera del tutto
nuova: egli fu «un collezionista di panorami e stati d’animo»
6
, non uno scienziato
che osserva la natura per studiarla, come affermò esplicitamente
nell’introduzione del primo volume sui suoi scritti di viaggio; egli parla di
emozioni e include sempre dei parametri estetici e, pur seguendo il modello
inglese (di cui si discuterà), affronta il viaggio da un profilo ancor più filosofico.
1.1 Il nuovo gusto del pittoresco
«A dir la verità, la bellezza di Napoli è un po' un inganno. Napoli non è bella, finché
non la guardate da lontano. Da lontano si stende dorata nel sole, il mare è azzurro,
quanto ne avete appena un'idea, qui davanti un bel pino, lì quell'azzurro è Capri, il
Vesuvio soffia un batuffolo di ovatta biancastra, Sorrento splende lontana e netta - Dio,
è bello. E poi scende il crepuscolo, tutto si inazzurra e spuntano le luci, adesso è tutto
un semicerchio di piccole scintille, sul mare si muove una nave e splende di luci verdi,
5
A. Simonicca, Turismo e società complesse: saggi antropologici, Milano, Meltemi Editore, 2004, p.
82.
6
O. Löfgren, Storia delle vacanze, cit., p. 16.
11
azzurre, dorate: Dio, è bello! Ma entra in città, amico mio; cammina per le strade, posa
su tutto i tuoi occhi boemi e goditi quanto puoi il pittoresco di questa vita; tra un po'
ne sarai nauseato […]».
7
Questa “immagine a parole” della città di Napoli è stata scritta da Karel Čapek
(giornalista, scrittore e drammaturgo ceco) nei primi anni del Novecento, quando
il cosiddetto “gusto pittoresco” era già stato culturalmente sorpassato da piaceri
più moderni. Perché parlarne ancora?
La categoria estetica del pittoresco ha origini molto lontane: idilliache descrizioni
di paesaggio si trovano già nelle Epistolae di Plinio il Giovane e i canoni artistici
del Rinascimento italiano non possono che rifarsi alla piacevolezza della natura.
Ma fu l’Inghilterra del Settecento a coniare pittoresco come aggettivo e, in seguito,
come sostantivo, il pittoresco
8
. L’arte di questo contesto, da cui nacque il
ragionamento estetico, assunse un ruolo guida per insegnare dove e come
guardare il paesaggio. Un primo passo verso quello che Löfgren chiama “sguardo
turistico”: acquisire e comprendere il gusto pittoresco significava saper
individuare luoghi con caratteristiche singolari, individuarli e isolarli dalla
monotonia degli elementi circostanti, per risvegliare i sensi e creare delle
immagini visuali da riprodurre sotto forma di schizzi, acquarelli o parole
9
. Ed è
quello che fecero gli artisti, gli scrittori, gli intellettuali che animarono il periodo
d’oro del Grand Tour. Pratica nata nella seconda metà del Cinquecento e
pienamente diffusa nel Seicento soprattutto tra l’élite del nord Europa, questo
tipo di viaggio consisteva nel raggiungere alcune località di spicco del patrimonio
artistico e culturale. La recente invenzione della stampa creò una foresta di
letteratura di viaggio, che offriva al viaggiatore innumerevoli spunti e
inclinazioni, con titoli in ogni lingua; nella mente del forestiero si creò una mappa
ideologica e morale (non una guida sicura e insostituibile), un primo e sommario
schizzo del Paese reale
10
. Fino al XVIII secolo non fu esattamente il modello di
7
K. Čapek (1890 – 1938), Fogli italiani¸ Málo o mnohém [Poco su molto] , Praha, Aventinum, 1923.
Raccolta di articoli di giornale che Čapek scrisse sugli argomenti più disparati trad. di D. Galdi, Palermo,
Sellerio Editore, 1992, pp. 57-58.
8
T. Calvano, Viaggio nel pittoresco: il giardino inglese tra arte e natura, Roma, Donzelli, 1996, p 4.
9
O. Löfgren, Storia delle vacanze¸ cit., pp. 20-21.
10
Sul Grand Tour vedi: C. De Seta, L’Italia nello specchio del Grand Tour, in Storia d’Italia, Annali 5,
Einaudi, Torino, 1995, pp. 127-263; V.I. Comparato, Viaggiatori inglesi in Italia tra Seicento e
Settecento in Quaderni Storici, n°42, 1979, pp. 850-886.
12
tour di svago o tempo libero, quanto piuttosto dedicato all’istruzione dei giovani
aristocratici europei. L’Italia ebbe sempre il primato di afflusso turistico e per
alcuni periodi ottenne perfino l’esclusività. Si costituì una società di viaggiatori,
un’accademia itinerante e aristocratica, con lo scopo di assimilare conoscenza,
profondità e meraviglia. L’aspettativa del Grand Tour cominciò a cambiare
nell’Inghilterra del Settecento, quando iniziò a delinearsi un turismo moderno.
Un appunto. Non è da confondersi il pittoresco con il sublime, che invece
rappresenta un sentimento del selvaggio e del sorprendente in termini di
sconvolgimento delle passioni riflessi nella natura: il racconto di Linnerhielm
sulle cascate lapponi non era solo “una veduta”, ma un evento, da mettere a fuoco
non solo con gli occhi ma con tutti i sensi
11
. È forse l’unico che in quel periodo le
descrive così: il Grand Tour in Italia offriva spettacoli simili (le cascate di Terni,
per esempio) ma quasi mai si esprimeva la grande ricchezza di emozioni, si
perseguiva uno stile più minuzioso e idilliaco.
1.2 Dal turismo moderno al turismo di massa
Lo svantaggio del pittoresco fu quello di cadere nella routine dell’ovvietà: i troppi
superlativi, esclamativi, l’elenco enfatico dei dettagli, la lunghezza degli scritti
facevano apparire le descrizioni molto simili tra loro, tanto da non tenerle quasi
più in considerazione.
Intanto in Inghilterra, tra fine Settecento e inizio Ottocento, si registrò il primo
vero boom degli investimenti sul settore turistico, se così si può già chiamare. A
Bath, città nel sud-ovest del Regno Unito, attorno alle famose e frequentate terme
romane, furono costruiti i primi stabilimenti dotati di strutture ricreative, come
sale da thè e da lettura. Fu evidente che venne privilegiato lo spazio urbano come
promotore del nuovo settore emergente: furono edificati o rinnovati teatri,
ristoranti, alberghi, cafè e negozi – soprattutto di moda. Sono quindi gli inglesi i
padri di un “turismo moderno” e le motivazioni erano essenzialmente due. Da un
11
O. Löfgren, Storia delle vacanze¸ cit, p.78.