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Capitolo primo
ASPETTI PSICOLOGICI DEL RICOVERO
1.1 La frustrazione e il conflitto
In questo capitolo parleremo dei meccanismi attuati dall’individuo durante un vissuto
conflittuale, quale la malattia e delle reazioni adeguate ed inadeguate che esso può esperire.
La frustrazione è la condizione in cui viene a trovarsi l'organismo quando è ostacolato in
modo temporaneo o permanente nella soddisfazione dei suoi bisogni.
Tutte le indagini di carattere clinico, pedagogico ed antropologico sono concordi nel rilevare
che sin dalla nascita l'ambiente sociale tende ad opporre al bambino delle resistenze, degli
ostacoli all'immediato soddisfacimento dei bisogni. Tali resistenze sono il modo in cui quella
società lo educa, orientandone la personalità secondo le proprie visuali.
In epoche successive della vita, un insuccesso scolastico, il fallimento di un esame, la fine di
una relazione amorosa, l'abbandono etc., sono altrettante occasioni di frustrazione dei bisogni
umani essenziali. Attraverso il superamento di queste o altre situazioni, ed attraverso
l'assimilazione di determinati modi di reagire alle frustrazioni gli individui incorporano i
valori e le regole della società o possono adattarsi ad essa in modo più o meno soddisfacente.
La frustrazione potrà avere conseguenze molto diverse in funzione di diversi fattori: la natura
dell'ostacolo frustrante, la forza della motivazione del comportamento che si trova ad essere
frustrato e, infine, la personalità del soggetto che subisce la frustrazione. È dalla
combinazione di questi fattori che dipenderà la natura e la forma della reazione alla
frustrazione e della ristrutturazione ulteriore della personalità. (Bandura,1973).
Le conseguenze della frustrazione possono avere diverse forme: da un lato possono condurre
l'individuo a cambiamenti cognitivi di tipo creativo e alla ricerca di nuovi migliori modi di
soddisfare i propri bisogni; dall'altro possono innescare gravi sconvolgimenti emotivi,
comportamenti disadattativi e processi di deterioramento della personalità.
Gli ostacoli che bloccano l'uomo sono numerosi, ma possono essere ricondotti a quattro fonti
fondamentali:
derivanti dall'ambiente fisico (le caratteristiche geografiche possono condizionare la
soddisfazione dei bisogni, come ad esempio la distanza eccessiva dell'abitazione dai
centri cittadini);
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derivanti dall'ambiente sociale, cioè dalla presenza e dall'azione di altri individui vicini
a noi;
derivanti da cause familiari: ad esempio un clima rigido, severo, proibitivo.
derivanti da cause personali: ad esempio l'ambivalenza dell'adolescente.
Ognuno di noi reagisce alla frustrazione in maniera diversa; queste diverse reazioni tendono a
far superare l'ostacolo e a permettere il raggiungimento del fine (soddisfazione del bisogno).
In alcuni casi, come in una situazione di ricovero ospedaliero in cui vi sono più fonti
generanti conflitto contemporaneamente attive, l'incapacità di raggiungere lo scopo può far
sorgere sentimenti personali di fallimento o di ansia. Al comportamento diretto alla soluzione
dei problemi e al raggiungimento di uno scopo potrà subentrare un comportamento volto alla
difesa dell'autostima, e tale individuo potrà mettere in atto comportamenti aggressivi, di fuga,
rifiuto degli altri.
Possiamo allora concludere che ci sono reazioni adeguate ed inadeguate nel tentativo di
superare un ostacolo.
Adeguata ed inadeguata non significa però normale o patologica; la reazione inadeguata
assume aspetti patologici quando si ripete in modo fisso di fronte a frustrazioni di per sé lievi.
1.2 Reazioni adeguate
Intensificazione dello sforzo: si intensifica lo sforzo per superare l'ostacolo utilizzando
gli
stessi strumenti ma con un lavoro più intenso: ad es. lo studente.
Riorganizzazione dati: anche se lo sforzo è notevole l'ostacolo può non essere superato
perché le nozioni, gli strumenti e le capacità sono mal impiegati, quindi bisogna
riorganizzarli.
Sostituzione dei fini: modificare il fine sostituendolo con uno similare.
1.3 Reazioni inadeguate
Aggressività: reazione inadeguata che tende alla distruzione, all'allontanamento o a mettere in
difficoltà o in cattiva luce la persona o l'oggetto che è avvertito come causa della frustrazione.
L'aggressività può essere aperta (quando l'impulso viene trasformato in azione) o mascherata
(espressa in forme verbali ammesse dalla società).
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Bisogna ricordare inoltre che l'aggressività non sempre viene rivolta contro un agente esterno;
può essere anche rivolta verso la stessa persona che è vittima della frustrazione (si parla di
auto aggressività).
Altre reazioni alla frustrazione come la razionalizzazione, la regressione, la proiezione etc.
sono state descritte da Freud in termini di meccanismi di difesa in quanto hanno lo scopo di
evitare l'ansia e di mantenere integra la personalità e la stima di sé. (Dollard,1957)
1.4 Il conflitto
L'altra categoria in grado di generare reazioni inadeguate o patologiche nel paziente è il
conflitto, definibile come una situazione in cui nell'esistenza di un individuo coesistano due
pulsioni (spinte, motivazioni, tendenze, aspirazioni) che entrano in competizione tra loro.
Il conflitto genera angoscia e gli obiettivi desiderati e temuti sono detti ambivalenti.
Possiamo analizzare tre situazioni in cui l'individuo si trova in conflitto:
Conflitto tra due tendenze attrattive:
il soggetto si trova a dover scegliere tra due obiettivi positivi desiderabili. E in genere il
conflitto più innocuo, secondo alcuni non si può nemmeno parlare di conflitto. Dopo aver
fatto la scelta può succedere che le situazioni tralasciate sembrino migliori, oppure si assiste
all'esaltazione dell'obiettivo scelto è alla svalutazione di quello tralasciato.
Conflitto tra una tendenza attrattiva ed una avversiva:
sono in genere quelle situazioni in cui il soddisfacimento di un bisogno è condizionato dal
pagamento di un prezzo elevato, da uno sforzo considerevole o da una punizione.
Conflitto tra due tendenze avversive: è il tipico caso in cui si impone la scelta del male
minore.
L'individuo ha a sua disposizione dei meccanismi difensivi che gli permettono di risolvere i
conflitti per evitare la scissione della sua personalità e l'angoscia derivante dall'essere lacerato
da due possibilità incompatibili.
Situazioni di conflitto e di frustrazione possono generare ansia, ma sono indispensabili per la
maturazione della personalità.
Si entra nel campo della patologia quando la frustrazione e i conflitti sono troppo intensi o
numerosi per essere affrontati e risolti, oppure quando la personalità dell'individuo non ha le
risorse necessarie per affrontarli.
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1.5 I meccanismi di difesa
I meccanismi di difesa possono essere definiti come delle operazioni di protezione messi in
gioco dall'Io per garantirsi la propria sicurezza di fronte ad eventi stressanti quali la malattia e
l'ospedalizzazione. Anna Freud (1936) li definisce "attività dell'Io destinata a proteggere il
soggetto da un'esigenza pulsionale troppo grande. I meccanismi di difesa sono inconsci ed
agiscono per ridurre la sofferenza e l'ansia; quindi la loro funzione principale è di proteggere
l'Io, mantenendo integra la personalità e l'autostima personale.
Hanno una doppia funzione: adattativa se vengono utilizzati in modo occasionale e senza
impedire una valutazione corretta dei problemi, possono aiutare la persona per il tempo
necessario finché non trovi la soluzione adeguata e realistica dei problemi; difensiva se
vengono utilizzati in modo massiccio da generare autoinganni, negazione degli impulsi e
mascheramento delle proprie motivazioni. L'esito psicopatologico è inevitabile. I meccanismi
di difesa sono molteplici e possono entrare in azione singolarmente o contemporaneamente
modificando il comportamento dell'individuo.
Negazioni alla realtà
In questo caso la persona nega la malattia stessa. La negazione della realtà è certamente uno dei
più comuni ed importanti meccanismi di difesa che si riscontrano nella pratica medica; può avere
riflessi sul comportamento di richiesta di aiuto e sul comportamento dell'equipe assistenziale,
influenzando il corso della malattia stessa. La negazione può essere anche soltanto parziale ed in
tal caso il paziente dichiarerà di soffrire di una forma più benigna (uno stato influenzale anziché
un tumore al polmone); negherà in buona fede le informazioni precise che gli sono state date.
Rimozione
S. Freud (1896) considera la rimozione la "regina di tutte le difese". È uno dei meccanismi
psichici che più spesso entrano in azione in caso di conflitto; è indispensabile per la
semplificazione della nostra vita e non implica ogni volta un presupposto patologico.
Quando entra in gioco in maniera patologica si suppone si tratti di organizzazioni nevrotiche o
di sistemi difensivi di modalità nevrotica. È legato alla nozione di inconscio perché elimina
dalla consapevolezza, dalla coscienza dei desideri, fantasie o sentimenti inaccettabili (intere
isole della nostra vita affettiva profonda).
Quando l'individuo si trova di fronte ad una situazione penosa o angosciante o ad obiettivi
considerati intollerabili o ad una realtà considerata intollerabile, "scaccia l'idea", ossia
rimuove inconsciamente dal campo della coscienza il contenuto dannoso.
Repressione