II
che ha ballato, gioito, pianto e riflettuto sulle note di diversi generi di
musica, ma con una sola costante: la scatola magica che diffondeva
nell’aria quei suoni.
Le pagine che seguono vogliono essere un viaggio nella storia di
un’unione, quella tra la radio e la musica leggera, che ha decretato il
successo di entrambi. Se, infatti, la musica leggera si è sviluppata ed è
diventata industria proprio con l’aiuto del suo amplificatore naturale,
per contro la radio ha trovato una dimensione definitiva proprio
quando ha riempito l’etere di note.
Per comodità di esposizione ogni epoca è stata racchiusa in un
capitolo, prendendo in considerazione i passi fondamentali della
radiofonia in America, Europa (in particolare la Gran Bretagna) ed in
Italia. Per ogni epoca sono stati delineati i tratti fondamentali dei
generi musicali dominanti e della loro influenza sugli stili di
programmazione, i modelli comunicazionali e i feedback con gli
ascoltatori.
Per ogni periodo storico, inoltre, si è tentato di definire le modalità
con le quali la radio ha deciso quali prodotti discografici proporre (e
trasformare in successi) e quali abbandonare ad una fruizione più
sommersa.
III
Le linee guida del percorso storico e delle sue modalità teoriche
sono condizionate dalle indicazioni contenute nelle opere di McLuhan
1
per quando riguarda la definizione delle caratteristiche del mezzo, di
Meyrowitz
2
dal punto di vista delle conseguenze sociali della fruizione
radiofonica e di Adorno
3
per quanto riguarda la classificazione degli
ascoltatori e, di conseguenza, delle specie radiofoniche.
Nella seconda parte del lavoro, quello riguardante le vicende della
radio dagli anni ’70 ai nostri giorni, la ricerca empirica si è rivelata un
utile strumento di approvvigionamento di informazioni, ad
integrazione dell’ancora scarsa letteratura disponibile in materia.
L’epopea della radiofonia privata italiana è stata tracciata attraverso
alcune interviste ai protagonisti del periodo ed all’esposizione di alcuni
case study ricostruiti attraverso testimonianze e analisi di documenti.
A partire dal 1985, l’analisi è integrata dai risultati di un’assidua
osservazione partecipante nel mondo della radiofonia privata italiana,
proprio nel periodo della sua maggiore espansione, quella che ha
portato al raggiungimento dei livelli di crescita poi congelati dalla
Legge Mammì e giunti fino ai nostri giorni.
L’attenzione, specie nella seconda parte del lavoro, è stata posta in
1
McLuhan, M., Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1967;
2
Meyrowitz, J., Oltre il senso del luogo, Bologna, Baskerville, 1995;
3
Adorno, T.W., Introduzione alla sociologia della musica, Torino, Einaudi,
1971
IV
particolare sulle caratteristiche del rapporto tra le dirigenze artistiche
delle emittenti e le case discografiche, per definire le modalità con le
quali si determinano le scelte musicali e per misurare il grado di libertà
delle parti in questo rapporto.
Nel cercare di delineare il più fedelmente possibile il cammino
della scatola musicale verso la forma che ha assunto e che siamo
abituati tutti a vivere nella nostra quotidianità, sono stati sviluppati
alcuni temi a discapito di altri. Questa scelta è stata dettata
dall’attenzione posta sulle radio musicali, che ha indicato la necessità
di trascurare alcuni aspetti pur importanti nell’analisi della radiofonia,
ma che attengono propriamente alle radio “di parola”. Il presente
lavoro ha tentato di sviscerare le caratteristiche peculiari delle radio di
flusso (ma non solo) che hanno scelto la musica quale elemento
fondante della loro programmazione, e quando l’epoca storica non
prevedeva ancora questi sviluppi per le emittenti radiofoniche (come
nel caso dell’Italia del monopolio Eiar/Rai, o l’Inghilterra dei soli 3
canali BBC), analizzando le caratteristiche di singoli (e rari)
programmi imperniati sulla musica.
Mi sento di ringraziare il Prof. Enrico Menduni per avermi dato la
possibilità di concludere il mio ciclo di studi impegnandomi su un
tema che mi è sempre stato particolarmente a cuore e, soprattutto, per
V
la pazienza e la passione con la quale ne ha seguito gli sviluppi;
Giampiero De Stefani, vero maestro di arte radiofonica, per avermi
trasmesso la passione per questo mondo e tutti coloro che in tanti anni
di “carriera” mi hanno permesso di alimentare il mio amore per la
radio e la musica leggera.
1
CAPITOLO 1
La nascita della radio
1.1 Gli albori della radio
Quando, nel 1912, il giovane telegrafista David Sarnoff raccolse
l’S.O.S. del transatlantico Titanic che aveva speronato un iceberg a
largo di New York e per diverse ore fu l’unico collegamento tra i
naufraghi ed i soccorritori (e i giornalisti), probabilmente restò
folgorato da quest’esperienza che lo portò ad essere il primo
radiocronista della storia. Sta di fatto che, quattro anni più tardi, nella
nuova veste di responsabile tecnico dell’American Marconi, mise a
punto un’intuizione che chiamò Radio Music Box e che descrisse così
al suo direttore generale:
Ho in mente un piano di sviluppo che farebbe della radio un
“apparecchio d’uso domestico” come lo sono il grammofono o
il pianoforte. L’idea è di portare nelle case la musica
attraverso la radio. Il ricevitore può avere la forma di una
semplice radio music box ed essere fatto in modo da ricevere
un certo numero di lunghezze d’onda diverse con la possibilità
2
di cambiare semplicemente azionando un interruttore o
premendo un bottone.
La scatola musicale avrà un amplificatore e un altoparlante
telefonico incorporati. Eventi di importanza nazionale
potranno essere trasmessi e ricevuti in contemporanea. Si
potranno trasmettere le partite di baseball installando un
apparecchio allo stadio.
Questa soluzione è particolarmente interessante per i contadini
e per chi vive fuori città. Acquistando la “radio music box”
essi potrebbero ascoltare concerti, letture, musica e recital.
1
Oltre all’intuizione riguardante l’utilizzo della radio come mezzo di
comunicazione di massa, queste poche righe scritte da Sarnoff
contengono sia l’identità della radio che nascerà da lì a qualche anno,
sia la forma prevalente di comunicazione radiofonica che si realizzerà
solo dopo diversi anni e che, in sostanza, arriverà fino ai nostri giorni.
Fino a quel momento la “radio” è utilizzata con lo stesso
meccanismo del telegrafo, con una stazione trasmittente ed una
ricevente ed una comunicazione da punto a punto. Il posto che, negli
auspici di Sarnoff, avrebbe dovuto occupare la nuova scatola musicale
nelle case della classe media americana, è occupato dal pianoforte e
1
G.L.Archer, History of radio, New York, 1938
3
dal fonografo. Essi occupano uno spazio fisico strategicamente
importante nei salotti: si trovano al centro dell'arredamento e le
famiglie vi si radunano intorno per trascorrere le loro serate.
L’industria culturale del periodo, sebbene lontana dalla consistenza
che andrà sviluppando di lì a poco, produce spartiti musicali di opere e
sinfonie e registrazioni fonografiche di operette e performance delle
prime orchestrine di jazz.
Il problema che nel 1916 stava più a cuore ai dirigenti della
Marconi e di tutte le altre società di broadcast
2
americane, era lo
sviluppo delle vendite degli apparecchi radioriceventi e lo studio di un
sistema per “tassare” l’ascolto della radio e rientrare così delle spese di
produzione dei programmi. Nel gennaio del 1920 Sarnoff ripropone il
suo progetto di Radio Music Box, integrandolo con notazioni
economiche: i costi di produzione sarebbero stati coperti dal ricavato
delle vendite degli apparecchi radiofonici e dagli abbonamenti al
mensile “Wireless Age”, la rivista che avrebbe pubblicato i palinsesti
della programmazione radiofonica.
Risolvendo così il problema dei costi di produzione, l’American
Marconi iniziò l’anno successivo la trasmissione in radiodiffusione:
non più quindi, un sistema che prevede un punto di trasmissione e uno
di ricezione, ma un sistema con un punto di trasmissione e
2
Società che si occupano della realizzazione e della trasmissione dei programmi radiofonici
4
(potenzialmente) infiniti punti di ricezione. Un sistema broadcast, che
letteralmente vuol dire seminare, spargere, che sarà il concetto base
della nascente cultura di massa. L’intuizione di Sarnoff, oltre ad aprire
un’era di grande diffusione della radio e il conseguente ritorno
all’oralità della comunicazione, sta alla base della forma comunicativa
che la radio assumerà dopo l’avvento della televisione, ovvero la
Radio music box.
Il problema fondamentale del periodo era la produzione e la
diffusione di apparecchi riceventi civili (alcune società americane
avevano realizzato qualcosa di simile, che era stato utilizzato durante
la prima guerra mondiale in Europa) prima ancora della messa a punto
delle stazioni trasmittenti. Si deve innanzitutto alla Westinghouse la
produzione industriale e la commercializzazione, all'inizio degli anni
venti, di apparecchi molto simili all’idea di Sarnoff; ma il merito più
grande della Westinghouse resta quello di essere stata, direttamente o
indirettamente, la prima emittente radiofonica della storia della radio.
Fu infatti uno dei suoi ingegneri progettisti, Frank Conrad, ad
installare in una stanza della sua casa, una vera e propria stazione
emittente: era il 2 novembre del 1920, siamo a Pittsburgh, ed è il
giorno delle elezioni presidenziali
3
. Cominciano così le trasmissioni
3
P.Flichy, Storia della comunicazione moderna, Bologna, Baskerville, 1994, p.181
5
radiofoniche quotidiane, anche se la ricezione riguarda inizialmente
solo la folta schiera di radioamatori americani.
Intanto la diffusione di apparecchi riceventi conosce un incredibile
successo e nel 1922 nascono altre due stazioni radiofoniche: una a
New York, che si specializzerà nella trasmissione di cronache sportive,
mentre a Chicago nasce la prima radio musicale della storia.
Raccogliendo appieno i suggerimenti di Sarnoff, nascono così anche i
generi di programmazione e, visto lo stato dell’industria culturale
all’inizio degli anni venti, la prima radio musicale della storia
trasmette le opere in cartellone nei teatri di Chicago.
Per quanto riguarda l’Europa si può considerare quale prima
stazione trasmittente quella che iniziò le sue emissioni quotidiane dalla
Tour Eiffel nel Natale del 1921, seguita nel febbraio del ’22 dalle
trasmissioni della Scuola superiore delle PTT, sempre in Francia.
Negli Stati Uniti il 1922 è l’anno del boom della radiofonia: in
quell’anno, le stazioni passarono da 5 a 450, mentre la produzione di
ricevitori domestici non riuscì a soddisfare le richieste del mercato. Un
esercito di radioamatori americani, che fino ad allora era stato
trasmettitore e ascoltatore, divenne dunque, per esperienza e capacità
acquisite nel corso degli anni, il più grande complesso di trasmettitori
radiofonici della storia delle comunicazioni di massa. Il potenziale che
la radio espresse sin dai primi anni della sua esistenza fu dirompente.
6
E’ stato calcolato, ad esempio, che il discorso del presidente Harding
del settembre del 1923, ebbe, attraverso la radio, circa un milione di
ascoltatori
4
. Nessun presidente aveva mai avuto una platea così vasta e
soprattutto, nessun presidente si era fatto ascoltare entrando
direttamente nelle case di un milione di persone. Il nuovo mezzo di
comunicazione abbatteva tutte le barriere, compresa quella
dell’isolamento geografico, ottenendo quindi la sua diffusione ed il suo
sviluppo più imponente proprio negli sterminati Stati Uniti, desiderosi
di creare un solido collegamento tra gli americani sparsi in tutti gli
stati. Inoltre, proprio negli Stati Uniti, a differenza di quanto accadrà in
Europa, la radio adempirà sin da subito alla “profezia di Sarnoff”,
diventando un mezzo di svago e di divertimento.
Frattanto, il dibattito più acceso tra coloro che si occupavano di
radiofonia in America, verteva sulla scelta della base economica sulla
quale sviluppare la diffusione della radio. Se in Europa si era optato
decisamente per la tassazione dell’utente, sia dalla fonte (l’acquisto
dell’apparecchio radio), sia attraverso la quota di abbonamento da
versare allo Stato per il “servizio pubblico”, oltre Oceano, nonostante
la proposta di Sarnoff (che nel frattempo è diventato direttore generale
della RCA) di fissare una tassa sugli apparecchi riceventi, la soluzione
prevalente sarà il ricorso ai messaggi a pagamento. Sebbene nel 1924 il
4
Hind,J and Mosco,S., Rebel radio: the full story of British pirate radio, London and Sidney,
Pluto Press, 1985, p. 22
7
Ministro del Commercio, Hoover, dichiarasse: ”Se si utilizza un
discorso del Presidente come il prosciutto in un sandwich, tra due
pubblicità, cosa resterà della radio?”
5
, la pubblicità diverrà la base
economica della radiofonia americana, e ne segnerà profondamente
anche il modello di diffusione. Ragionando in termini di ampliamento
del bacino di diffusione del messaggio (pubblicitario), le società di
emissione americane tentarono in tutti i modi di raggiungere il maggior
numero di potenziali ascoltatori possibile, fino ad arrivare al
collegamento delle stazioni e alla creazione dei network. Nascono così
la National Broadcasting Company (NBC) nel 1926, e la Columbia
Broadcasting System (CBS), nel 1927. Entrambe queste società di
emissione hanno un ricco e variegato palinsesto giornaliero, coprono
quasi per intero il territorio nazionale e si finanziano attraverso la
pubblicità. Inutile aggiungere che la continua ricerca di inserzionisti
influisce sulle scelte di programmazione, che risulteranno più popolari
e meno elitarie rispetto al modello europeo. Sin dagli albori, dunque, si
gettano le basi di quel modello radiofonico americano che, con
lievissime variazioni, è giunto fino ai nostri giorni, e che influenzerà in
maniera decisiva il modo di fare radio anche in Europa e, a partire
dalla fine degli anni ’60, anche in Italia.
5
Flichy, P., op. cit., p. 184
8
1.2 La radio in Italia: nascita e Giovinezza
In Italia, nonostante l’inventore della radio fosse un italiano, le
trasmissioni tardarono a partire. Nei primi mesi di vita del regime
fascista ci furono intensi contatti tra Marconi, il suo rappresentante
italiano Luigi Solari e i vertici governativi. Lo stesso Mussolini
ricevette più volte Marconi per discutere dell’opportunità di avviare le
trasmissioni radiofoniche. Il Duce espresse in varie occasioni il suo
interesse per il nuovo mezzo, come nel corso di un incontro tenuto a
Roma nel luglio del 1923 e riportato da Solari: “L’Italia deve mettersi
in condizione di avere il miglior servizio radio. Marconi ha dato prova
di meritare la fiducia del suo paese. Da tempo la società Italiana
Marconi ha presentato un progetto che il ministero delle poste
possiede. Occorre prendere una decisione in merito a tale progetto”
6
.
In realtà Mussolini aveva intenzione di temporeggiare per almeno
due ordini di motivi: per un verso non era del tutto persuaso dell’utilità
e dell’eventuale utilizzo del nuovo mezzo, e dall’altro, c’era da
definire la ripartizione delle partecipazioni azionarie dell’azienda che
avrebbe dovuto gestire il nuovo servizio. Mussolini, infatti, non
6
Monteleone, F., Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia, Marsilio, 1999, p. 15
9
intendeva affidare al solo Marconi la gestione della rete trasmittente e
della programmazione, convinto che un tale potere dovesse essere
ripartito tra diverse entità economiche.
Nell’aprile del 1924, un regio decreto unificò i ministeri delle
Ferrovie, delle Poste e Telegrafi, dei Telefoni e della Marina
mercantile nel nuovo Ministero delle Comunicazioni, con a capo
Costanzo Ciano, che intratteneva rapporti professionali con Marconi e
Solari sin dai tempi dei loro comuni trascorsi in Marina. Ciano
proseguì la serie di esperimenti in collaborazione con l’Ufficio
Marconi, che avevano avuto avvio dal pur fallimentare tentativo di
trasmettere il discorso che Mussolini tenne al Teatro Costanzi di Roma
il 25 marzo 1924, e che possiamo considerare la prima trasmissione
radiofonica italiana.
Marconi intuì che per partecipare all’avviamento della radio in
Italia avrebbe dovuto accettare la condivisione della gestione delle
trasmissioni radiofoniche italiane. Così, il 3 giugno 1924 il Ministero
della Comunicazione rendeva noto che l’esercizio radiofonico sarebbe
stato affidato alla Società Radiofono, ovvero la Marconi, e alla Società
Italiana Radio Audizioni Circolari (SIRAC) che aveva alle spalle la
società americana Western Electric, interessata soprattutto alla
produzione e diffusione degli apparecchi riceventi.
10
Il 27 agosto 1924 nasceva l’Unione Radiofonica Italiana (URI), la
prima società di broadcasting italiana, con capitale sociale di 1.400.000
lire. La prima stazione trasmittente italiana, quella di San Filippo sui
monti Parioli, vicino Roma, iniziò a diffondere le trasmissioni
dell’URI il 1° gennaio 1925, non senza difficoltà di varia natura. Dal
punto di vista strettamente tecnico, le difficoltà nascevano dall’esiguità
e dalla scarsa qualità degli apparecchi trasmittenti per l’emissione in
onde lunghe (AM), e l’inesistenza della produzione e diffusione di
apparecchi riceventi, che fecero si che l’iniziale pubblico della radio
italiana fosse costituito, così come accadde in America, pressoché
esclusivamente da radioamatori. Sul versante della programmazione, la
radio della prima ora dovette combattere l’ostracismo della stampa,
che riscuoteva ancora la predilezione del regime fascista, e l’ostilità
del mondo dello spettacolo dell’epoca, timoroso di essere defraudato
delle proprie prerogative.