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Capitolo I: Il passato del reporter di guerra (1854-1945)
La guerra, da millenni, è sempre stata considerata inevitabile dal genere umano, affascinato
dalla continua ricerca del potere. Essa può essere definita come uno scontro intrapreso tra due
o più stati, gruppi organizzati, etnici, sociali o religiosi, nella sua forma estrema e cruenta,
quando cioè si sia fatto ricorso alla violenza e alle armi
10
. Con il susseguirsi dei secoli, le
battaglie hanno subito una mutazione, un adattamento, che andava di pari passo con le migliorie
scientifiche, tecniche e umane. Da questo processo evolutivo sono nate così moderne
personalità, sempre pronte ad intraprendere nuovi viaggi, al seguito degli eserciti, alla costante
ricerca della verità. I reporter di guerra. Questi moderni aedi e rapsodi
11
, errabondi come i loro
predecessori, vengono inviati lontano dalle proprie comode redazioni, con lo scopo di
documentare ogni istante.
In questo primo capitolo verrà trattato un periodo storico dalla durata di poco meno di cent’anni,
dal 1854 al 1945. La scelta dell’intervallo temporale in questione non è casuale, poiché proprio
nella seconda parte del diciannovesimo secolo
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nasce e si sviluppa la figura del corrispondente
di guerra con William Russell. In questo contesto si susseguono vicende che hanno come fulcro
centrale soprattutto l’Europa, in particolar modo l’Italia e la Germania. Tali due Stati sono
accomunati da scossoni interni, provocati da diversi tentativi per l’unificazione del territorio.
Inoltre questo è un secolo denso di avvenimenti bellici, come la guerra greco-turca del 1897,
quella russo-giapponese del 1905 e le due guerre mondiali del 1914-1918 e del 1939-1945, in
cui il rapporto informazione-conflitto divenne fondamentale. Nel capitolo quindi, seguiremo le
orme dell’irlandese Russell che nella guerra di Crimea inventò la professione del reporter di
guerra, fino ad arrivare alla perfetta organizzazione di sistemi propagandistici e di censura
attuati dagli stati nel Primo e nel Secondo conflitto mondiale, vedendo come ciò influenza il
lavoro del reporter inviato in zone belliche. Il lettore sarà poi guidato nell’intricato e pericoloso
mondo del giornalismo di guerra al fine di scoprire alcuni dei protagonisti che lo compongono.
Verranno analizzati personaggi di fama mondiale quali il suddetto William Russell, l’inventore
del mestiere e André Friedmann, meglio conosciuto come Robert Capa, uno dei più grandi
10
http://www.treccani.it/vocabolario/guerra/
11
Due figure che nell’antica Grecia declamavano in forma lirica, imprese e avventure realizzate da altri. A
differenza di questi, i corrispondenti di guerra espongono i fatti non più attraverso l’uso della cetra ma con carta e
penna. http://www.treccani.it/enciclopedia/rapsodo/
12
G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma, Laterza, 2008
13
fotoreporter della storia. Questi però sono presenti, come base di partenza, in qualsiasi tesi o
lavoro di ricerca, perciò ho deciso di inserire, in tale sezione iniziale del mio lavoro, anche
alcune figure secondarie, meno conosciute ai più, tutte di origine italiana. Luigi Barzini,
giornalista e uomo carismatico, costantemente vigile e a caccia di scoop in tutto il mondo, viene
annoverato come uno dei maggiori esponenti tra i reporter del nostro bel paese. Comunardo
Braccialarghe e Giulio Rossi sono due anarchici
13
, di cui non si posseggono ancora oggi molte
informazioni, i quali hanno vissuto in prima persona la guerra greco-turca del 1897, partendo
come volontari, aiutanti degli ellenici, e raccontando scontro dopo scontro i fatti. Si passerà poi
all’analisi di Mario Appelius che fu invece un reporter girovago, il quale raccolse dati,
avvenimenti ed emozioni dai campi di battaglia in quasi tutti i continenti tra gli anni ’20-’40
del ‘900, anche se su di lui aleggiano insinuazioni riguardanti il suo effettivo operato. L’ultimo
giornalista di cui tratterò, in questa prima sezione, sarà Arnaldo Cipolla
14
, giornalista che ebbe
una lunga ed importante carriera in testate del calibro de «Il Corriere della Sera», «La Stampa»,
«La Gazzetta del Popolo», «Il Messaggero» e in seguito collaboratore di Mussolini per «Il
Popolo d’Italia»; venne ricordato, oltre per i suoi innumerevoli libri sull’Africa, in particolare
per un inconveniente accadutogli durante la scrittura di un articolo per il Duce
15
. In precedenza
però verranno trattati alcuni temi di importanza fondamentale per qualsiasi reporter di guerra.
Il pericolo, che accompagna in ogni viaggio il giornalista, può manifestarsi sotto diverse forme
a seconda delle zone in cui opera. Nel capitolo iniziale vedremo come la difficoltà maggiore
sarà rappresentata dal meteo e non dalle forze militari che si fronteggiano a viso aperto, come
invece ci si potrebbe aspettare. Duranti gli scontri, in passato, i reporter stavano distanti dai
campi di battaglia, nei luoghi in cui il Comando Supremo permetteva loro di restare. Per questo
motivo il lavoro era più sicuro rispetto ai giorni nostri, anche se le fonti di informazione in tal
modo scarseggiavano. Il clima invece è una vera e propria incognita poiché nonostante ci si
preparasse per tempo, esso variava molto e poteva diventare una delle insidie maggiori. Un
altro punto centrale è sicuramente rappresentato dalla lotta per il vero. In guerra la prima cosa
a sparire è la verità, in quanto l’informazione è un potere enorme nelle mani di ogni Stato e
l’obiettivo è quello di sviare il nemico. Il compito dei corrispondenti è quello di riuscire a
spostare il velo che protegge la realtà, in modo tale da poterla diffondere. L’evoluzione dei
mezzi di comunicazione ha sicuramente reso più facile l’elaborazione e la propagazione dei dati
ma ha anche permesso un maggior controllo, provocando la censura in modo particolare in
13
M. Antonioli, Sentinelle Perdute: gli anarchici, la morte, la guerra, Pisa, BFS edizioni, 2009, p. 29-30
14
http://www.treccani.it/enciclopedia/arnaldo-cipolla_(Dizionario-Biografico)/
15
I. Montanelli, Prefazione a R. de Felice in Mussolini Giornalista, Milano, BUR, 2001, p. II
14
tempo di guerra. Proprio attraverso l’analisi dei primi mezzi di comunicazione, partirà il mio
elaborato.
1.1 I mezzi di comunicazione
Nel periodo compreso tra gli anni 1854 e 1945 si ebbe un incremento del numero delle
invenzioni scientifiche ed un notevole sviluppo tecnologico, in tutti i settori, specialmente in
quelli legati alla comunicazione e ai trasporti. Queste innovazioni saranno decisamente utili
nella professione del reporter, in quanto faciliteranno gli spostamenti, diminuiranno i tempi di
stesura dei reportage e faciliteranno le trasmissioni di notizie tra l’inviato e la sede della testata.
La statalizzazione delle ferrovie garantì un vantaggio per i rapidi spostamenti dei reporter,
sempre pronti a prendere la palla al balzo con il fine di anticipare le testate concorrenti. Si
potevano raggiungere in questo modo, zone in precedenza impraticabili, avendo la possibilità
di ritornare alle redazioni in tempo utile per la consegna del reportage. Altro mezzo di
locomozione che ha modificato radicalmente la vita delle persone, non soltanto dei
corrispondenti, fu l’invenzione della macchina a vapore. Tale marchingegno assicurò una
navigazione in tutta sicurezza, venendo utilizzata in particolar modo dagli inviati, finanziati dai
rispettivi giornali. Che il terreno di sfida sia in Italia o in un’altra parte del mondo poco importa:
quando si tratta di battere un foglio concorrente, questo tipo di competizione dimentica il fair
play. Regole, correttezza, tutto ciò viene spazzato via con indifferenza, ottiene la vittoria
soltanto il più furbo. Un esempio molto interessante e famoso a riguardo, vide l’irlandese
William Russell in trasferta a Dublino a caccia di uno scoop riguardo ad un caso giudiziario per
il «Times»
16
. Russell però non era il solo inviato. La testata rivale, il «Morning Herald», aveva
spedito in missione uno dei suoi più brillanti reporter. I due non si davano respiro l’un l’altro.
Quando la giuria si ritirò in camera di consiglio per la decisione definitiva, la maggior parte dei
corrispondenti andò al ristorante, aspettandosi una lunga riflessione. Fatto che puntualmente
non si verificò. L’unico che riuscì ad ottenere la soffiata giusta dell’imminente rientro della
giuria fu proprio Russell, il quale ne approfittò per ascoltare il verdetto prima di dirigersi
16
M. Candito, op. cit., cfr. p. 250
15
frettolosamente verso il mezzo di trasporto più vicino per ritornare a Londra con l’articolo
richiesto.
«Saltai su una carrozza e mi feci portare di corsa alla stazione, dove presi un treno che già mi
aspettava. Arrivato a Kingstown, ordinai la partenza dell’”Iron Duke”, che si dondolava in porto:
le sue caldaie raggiunsero la pressione necessaria dopo neanche mezz’ora, e salpai, confortato
dalla vista del battello del “Morning Herald” che se ne stava ancora tranquillamente attraccato al
molo»
17
.
Dopo aver preso un altro treno e una successiva carrozza guidata da un impiegato del «Times»,
si diresse spossato e indolenzito verso la sede del giornale quando
[…] un uomo in maniche di camicia, che presi per un tipografo del “Times”, mi si avvicinò e disse
cordiale: “Sono lieto di vederla arrivare felicemente dopo quella traversata, sir. Dunque lo hanno
dichiarato colpevole, eh?”. “Sì, amico mio, colpevole”, risposi io. Il tipografo curioso in maniche
di camicia era in realtà un uomo del “Morning Herald”, piazzato astutamente all’ingresso del
«Times», giorno e notte. E l’indomani, la notizia della condanna poté leggersi anche sulle pagine
del «Morning Herald», che Russell credeva di aver battuto con la sua frenetica rincorsa alla
Phileas Fogg, via treno-nave-treno.
18
L’astuzia è ancora oggi una dote importante per un reporter che vuole carpire le notizie migliori
prima degli altri, ma come questa storia ci insegna a volte può ritorcersi contro proprio chi, di
quel mestiere, fu l’inventore. Lo sviluppo tecnologico e della comunicazione portò benefici
anche alle sedi delle redazioni delle varie testate mondiali, soprattutto, inizialmente europee.
Macchinari quali la rotativa, prima, la linotype, poi, ed infine il telex
19
, permisero di compiere
il lavoro di impaginazione in un tempo ridotto rispetto al passato, di aumentare il numero delle
pagine e delle sezioni disponibili per le notizie e di inserire spazi utili al confronto diretto con i
17
ivi p. 251
18
ivi p. 151
19
La rotativa era un macchinario, realizzata tra il 1843 e il 1846, per la stampa sia tipografica, sia litografica o in
rotocalco, funzionante sulla base del rotolamento di due cilindri, uno avente la forma inchiostrata, l’altro il foglio
o il nastro di carta.
http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/rotativa/
La linotype era una macchina tipografica, creata nel 1886, scomparsa con l’arrivo della fotocomposizione a fine
‘900, che produceva, per fusione a caldo, blocchetti di lega di piombo di altezza uguale a quella dei caratteri mobili,
ogni sezione era formata da una riga di caratteri e segni tipografici, con il corpo previsto. Con i blocchetti di righe
fusi, assemblati manualmente, si ottiene la forma da stampa desiderata (a una o a più colonne).
http://www.treccani.it/enciclopedia/linotype/
Il telex con sigla tel(eprinter) ex(change) indica un servizio telegrafico, nato e sviluppato negli anni ’30 del
Novecento, che consentiva agli utenti di comunicare tra loro direttamente e temporaneamente per mezzo di
telescriventi, cessando la produzione nel 2001.
http://www.treccani.it/enciclopedia/telex/
16
lettori. La costante diffusione della corrente elettrica, l’introduzione del telegrafo e dei primi
arcaici modelli di telefono, consentirono ai giornalisti la possibilità di comunicare le news
velocemente, in qualunque angolo del mondo essi si trovassero, o meglio, in qualsiasi albergo,
adibito ad ospitarli, in grado di garantire loro un collegamento con la propria redazione. Per il
reporter questo significò un incremento della richiesta di informazioni fresche. Proprio gli hotel
divennero il centro di comando dei corrispondenti, al fine di organizzarsi e attendere il momento
giusto per raggiungere la prima linea; spesso erano scelti per la loro posizione strategica, situati
nelle retrovie e protetti da altri edifici, ma la vera priorità era che fosse installato, solitamente
in un ufficio situato accanto al centralino, il telex. Tale marchingegno consentiva la trascrizione
del reportage anche senza l’utilizzo della linea telefonica, strumento molto conveniente e
pratico, ma non di immediata comprensione, in zone di conflitto.
L’uso del telex non era facile: quella dannata macchina aveva dei tasti per il cambio di codice
quando dalla lettera si passava al numero o alla punteggiatura; e se non eri ben addestrato, ne
veniva fuori un pasticcio illeggibile
20
.
I reporter, dopo aver deciso in quale albergo alloggiare, preferivano sistemarsi nelle camere al
di sotto del settimo piano poiché erano le più sicure in caso di attacchi. I proiettili vaganti infatti,
rappresentavano l’incognita più pericolosa con cui gli inviati speciali avevano a che fare. In tale
condizione di costante stress, scrivere gli articoli, per il circo
21
dei giornalisti, diventava
un’impresa assai ardua. Inoltre, data la situazione critica che si viveva tra lo scoppio di una
bomba e l’altra, spesso si era costretti a restare al buio, dovendo improvvisare, utilizzando tutto
l’ingegno a disposizione per svolgere l’incarico assegnato.
[…] fatta la scoperta che il salone era buio pesto, tornammo giù con le nostre candele. Non ci
mettemmo molto a imparare che il miglior modo di utilizzarle era di far colare un po’ di cera sul
ripiano del telex e poi di incollarvi le due candele, da un lato e dall’altro della tastiera. La luce era
misera, e tremolante; e anche indovinare le lettere da battere sulla tastiera diventava una autentica
angoscia, nella semioscurità di quel baluginio. Ma non avevamo alternative. Uno, uno soltanto, di
noi si salvò da quella fatica snervante: era Dave Kifner, l’inviato del «New York Times», un
anziano giovanotto con gli occhiali e una vaga somiglianza con il primo Woody Allen. Nel salone
accecato e che cristonava contro tutte le dannate bombe di questo mondo, lui passò come un
angelo indifferente: si sedette al tavolo di un telex, e cominciò a scrivere senza fatica. Sulla fronte
aveva una lampadina da minatore, con la batteria nel taschino. Scoppiò un applauso.
22
20
M. Candito, op. cit. p. 192
21
Termine utilizzato dagli addetti ai lavori per indicare la variegata compagnia dei giornalisti, traduttori e autisti
locali, di cui facevano parte professionisti, principianti alle prime armi, truffatori, spiriti generosi e anche qualche
spia, di qualsiasi nazionalità.
22
M. Candito, op. cit. p. 195
17
Sovente le idee migliori sono frutto di un lungo e laborioso ragionamento, altre volte semplici
oggetti di uso quotidiano, quale una lampadina, si rivelano la soluzione più logica per la
risoluzione di un problema. Il corpo dei giornalisti, inteso come l’insieme di questi, è da sempre
caratterizzato da un forte senso di appartenenza, non sempre accompagnato, però, dalla
solidarietà tra colleghi. Sanno bene che il tempo utile per l’arrivo e la stampa dell’articolo è
limitato e qualsiasi espediente è lecito per ritardare gli altri reporter.
Oggi i telefonini cellulari e i satellitari hanno quasi cancellato ogni rischio d’intasamento nella
trasmissione di un pezzo; ma fino a qualche anno fa il centralino degli alberghi – o l’operatore
internazionale – era il passaggio obbligato per ogni comunicazione telefonica. Centinaia, migliaia
anche, di dollari sono finiti nelle tasche voraci dei centralinisti più scaltri, che ti facevano pesare il
loro potere di decidere sul tuo destino: dalle loro parole e dai loro silenzi non ci mettevi molto a
capire come una tua accorta generosità avrebbe accorciato, in misura risolutiva, i tempi
dell’attesa.
23
Queste invenzioni, come si è notato, sia direttamente che indirettamente, hanno potuto
agevolare molto la vita del reporter. Spesso si pensa però che l’introduzione di nuove tecnologie
faccia da corrispettivo a gravi conseguenze sul piano sociale, provocando la scomparsa dei
vecchi modelli
24
. In realtà ciò non avviene, tranne nel caso del computer (ma di questo si parlerà
più avanti), anche se provoca degli influssi su alcuni aspetti secondari. Con la nascita ad
esempio della radio, la maggior parte delle persone credeva che questo avvenimento potesse
segnare la fine dell’era dei giornali. Tale situazione invece non si verificò poiché i due media
trovarono il modo di convivere tra loro, dandosi anzi nuovi stimoli per migliorare il proprio
prodotto con lo scopo di ottenere più successo del concorrente. La stampa si adattò utilizzando
un tono maggiormente colloquiale ed informale, inserendo nuovi spazi legati al tempo libero,
come ad esempio fumetti o riviste dedicate a hobby differenti. Una conseguenza interessante
legata al telegrafo, al telefono ed ai trasporti, fu l’aumento consistente delle fonti di notizie,
producendo come effetto un più rapido invecchiamento, facendone perciò perdere valore
rapidamente. Questo creò l’inizio della competizione tra giornalisti e testate per gli scoop.
Inoltre il miglioramento dei mezzi di locomozione rese possibile l’invio di reporter in luoghi
meno accessibili, nonostante i tempi lunghi per la spedizione dei propri articoli. In alcuni casi
era necessario attendere fino al giorno seguente per ricevere il lavoro da mandare in stampa.
23
ivi p. 174
24
M. Forno, Informazione e potere, Roma, Laterza, 2012
18
Non in tutte le guerre però il reporter fu in grado di utilizzare le tecnologie che le varie redazione
gli mettono a disposizione, come accadde durante la guerra in Kosovo a metà degli anni ’90 del
1900.
Non è detto che da questa intercambiabilità il lavoro del reporter riceva una spinta di qualità; ma è
una strada senza ritorno, il mestiere del giornalista deve confrontarsi con questo suo futuro.
Appare comunque paradossale che la guerra che ha portato sulla linea del fronte le tecnologie più
avanzate, tecnologie militari ma anche tecnologie dell’informazione, abbia dovuto poi accettare
che la forma più immediata e libera della comunicazione fosse, come ai tempi di Caporetto e
dell’Amba Alagi, la posta.
25
In questo stralcio ci si riferisce al linguaggio e ai diversi media che possono essere utilizzati a
seconda delle occasioni. La vecchia, immortale posta ritorna, rinascendo dalle proprie ceneri,
ad acquistare un valore fondamentale, nonostante sia stata surclassata, a poco a poco, da mezzi
di comunicazione sempre più innovativi.
Ciò che caratterizzò maggiormente la figura del primo corrispondente di guerra fu il modo in
cui si cercò di procurare le notizie. Nella seconda metà dell’800 telefoni, videocamere,
automobili, erano strumenti ancora troppo acerbi per essere utilizzati o addirittura soltanto idee,
perciò doveva servirsi di altro. L’elemento indispensabile a sua disposizione era senza ombra
di dubbio la memoria, in modo tale da poter scrivere l’articolo in tutta tranquillità durante il
viaggio di ritorno, diretto verso la redazione da cui si era stati assoldati, per anticipare la
concorrenza. Ci si serviva di un comodo e pratico taccuino, oggetto di fondamentale
importanza, per prendere rapidi e stringati appunti, attraverso l’uso del metodo stenografico. Il
block notes diventa parte integrante del vestiario e dell’oggettistica, un tutt’uno con la persona
fisica, nel quale vengono inseriti i recapiti dei colleghi, di volti noti della politica internazionale
e di alcuni hotel, sempre utili per ogni evenienza.
Per l’inviato di un giornale, se ha faccia tosta e sufficiente sangue freddo non è impresa
impossibile infilarsi dentro i varchi di anonimato che sempre si aprono nella routine della vita
quotidiana d’un Paese in guerra. Gli unici strumenti dei quali lui abbia bisogno sono comunque
irrilevanti per un poliziotto: gli basta spirito d’osservazione, e discreta memoria (mai tirare fuori
dalla tasca il taccuino, quando si viaggia clandestini).
26
25
M. Candito, op. cit. p. 160-161
26
ivi p. 162
19
Spesso il pericolo è un compagno di viaggio scomodo. Anche un semplice gesto, quale
l’afferrare rapidamente il taccuino d’ordinanza al fine di scrivere di getto delle informazioni
appena reperite da una fonte locale, può provocare spiacevoli inconvenienti.
Il media che si distinse maggiormente dagli altri, dopo la sua invenzione ed il suo progressivo
sviluppo dalla fine dell’800 in avanti, fu sicuramente la radio. Tale strumento innovativo,
permise di diffondere messaggi, entrando nella mente dei cittadini in qualsiasi posto adibito alla
ricezione. Bar, tavole calde, scuole, furono i primi luoghi pubblici nei quali vennero inserite.
Questo evento epocale permise un controllo più attivo sugli ascoltatori. I maggiori governi, tra
cui quello italiano guidato da Mussolini, che approfittò dello sviluppo tecnologico, diffondendo
la propria ideologia attraverso i giornali, il cinema e appunto la radio, ne compresero subito la
grande potenzialità, divenendo protagonista indiscussa, in particolar modo, nel periodo
compreso tra la I e la II guerra mondiale.
Ma il completo trionfo la radio lo ebbe poi nello sbarco in Normandia, il 6 giugno ’44. Mentre i
corrispondenti della stampa si dannavano ancora l’anima a cogliere il senso reale di quanto stava
avvenendo su quel fronte senza fine, e poi con quella partecipazione pazzesca, incalcolabile, di
uomini e di mezzi, i radiocronisti invece se ne andavano ormai diritti come un treno e potevano già
raccontare, alle orecchie di tutto il mondo, la storia dettagliata del giorno più lungo della loro
vita
27
.
La stampa era sempre stata in difficoltà, essendo costantemente controllata e pesantemente
censurata, e nelle poche occasioni in cui la censura stessa allentava la sua morsa, i giornali si
sentivano spaesati, non in grado di reperire le informazioni utili, in breve tempo, da diffondere.
Protagonisti furono in questo modo gli innumerevoli radiocronisti impiegati a descrivere uno
dei momenti storici di maggior rilievo, lo sbarco in Normandia.
L’esercito di radiocronisti inglesi fu spedito a coprire ogni buco che fosse possibile scovare sulla
faccia della Terra, tra la latitudine delle bianche scogliere e quella delle spiagge normanne. I
magnifici cinquanta furono dovunque: ne potevi incontrare uno sulle navi, uno tra le truppe che
sbarcavano, uno sui blindati degli anfibi, uno con gli aerei che stavano spianando il terreno; c’era
anche, com’è ovvio, nella sede del comando supremo degli Alleati, ma ce n’era uno anche a bordo
di un aliante che si librava sopra il primo cielo di Francia
28
.
27
ivi p. 418-419
28
ibidem