Introduzione
Gli anni Sessanta del secolo scorso furono, come sappiamo, un periodo di grandi
trasformazioni politiche e culturali che coinvolsero diversi ambiti della società sia su scala
nazionale che su scala globale. Molti popoli, stimolati da questa ondata rivoluzionaria,
sperimentarono una progressiva presa di coscienza della propria condizione e iniziarono a
mobilitarsi per ottenere i diritti e le libertà che da tempo venivano loro negate dai governi
dei rispettivi paesi. Questo processo di coscientizzazione
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coinvolse soprattutto i paesi del
Terzo mondo, tra cui quelli del continente latinoamericano, i quali avevano raggiunto
l’indipendenza relativamente da poco tempo rispetto al periodo da noi considerato e molti
di essi a seguito di lunghi e sanguinosi conflitti, perciò la maggior parte presentava ancora
governi poco stabili e società poco coese e fortemente disomogenee. È in questo contesto
che cominciarono a svilupparsi i primi movimenti rivoluzionari le cui ideologie, strategie e
tattiche saranno al centro della mia riflessione nei prossimi capitoli. Questi gruppi furono
in gran parte motivati da alcuni eventi catalizzatori
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che si verificarono in quegli anni, tra
cui il più rilevante fu certamente l’esperienza della Rivoluzione cubana che determinò un
sostanziale cambio di rotta nelle modalità di azione collettiva dei gruppi armati attivi nelle
Americhe. I movimenti che prenderemo in considerazione si batterono principalmente per
riconquistare la propria indipendenza, nuovamente minacciata a causa delle continue
incursioni statunitensi negli affari interni dei rispettivi paesi, e per assicurare al proprio
popolo i diritti che venivano loro negati dai regimi militari che gradualmente si stavano
instaurando in diversi stati dell’area, proprio con l’aiuto dei nordamericani.
I metodi con cui i vari movimenti agirono a livello globale differirono l’una dall’altro, c’è
chi scelse la manifestazione pacifica mentre altri preferirono modalità più incisive
ricorrendo spesso alla violenza. È appunto il caso dei gruppi rivoluzionari sudamericani.
Infatti per via della loro oggettiva inferiorità in termini di uomini e di risorse rispetto alle
1 Termine coniato da Paulo Freire (1921-1997), pedagogista brasiliano molto attivo professionalmente
negli anni Sessanta. Con esso si indica la presa di coscienza di fronte a una particolare situazione o
questione, solitamente di iniziale ingiustizia.
2 Martìn Alvarez A., Rey Tristán E., La dimensión transnacional de la izquierda armada, (2018), pp. 15-
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forze armate statali e a causa del carattere altamente repressivo dei propri governi,
reputarono che l’unica via possibile fosse quella della lotta armata e, nello specifico,
optarono per una particolare forma di combattimento irregolare, la guerriglia, le cui
caratteristiche verranno approfondite nel corso dell’elaborato e la cui trasformazione
principale — il passaggio dal terreno rurale a quello urbano — e le conseguenti
ripercussioni di questo mutamento sulle vicende politiche e sociali costituiscono il tema
centrale della mia tesi.
La finalità di questo elaborato è dunque quella di fornire una panoramica generale della
nascita, dello sviluppo e dell’inevitabile fallimento della guerriglia urbana in America
Latina, fenomeno che ha iniziato a manifestarsi a partire dagli anni Sessanta come diretta
conseguenza del definitivo insuccesso del fochismo di matrice cubana nell’emisfero sud
del continente americano. Nel corso della mia riflessione andrò a definire le cause socio-
politiche e ideologiche che hanno generato tale fenomeno, gli obiettivi che i movimenti
guerriglieri si sono posti e gli strumenti mediante cui raggiungerli. In particolare, nel primo
capitolo verrà data una breve definizione di guerriglia e di come essa si è inserita nel
quadro più ampio della guerra rivoluzionaria, modalità bellica scelta dai guerriglieri
latinoamericani. In seguito, dopo aver chiarito il contesto storico entro cui il fenomeno
oggetto di analisi si è sviluppato e dopo aver delineato il fondamentale passaggio dallo
scontro rurale a quello urbano, procederò con la descrizione dei caratteri specifici della
guerriglia urbana in America Latina quali struttura, organizzazione, strategia e tattiche. Nel
secondo capitolo ho ritenuto estremamente utile concentrarmi sulle riflessioni dei due
principali teorici in materia, l’economista e scrittore Abraham Guillén e il leader
guerrigliero brasiliano Carlos Marighella, in quanto si sono rivelate fondamentali per
inquadrare il reale contesto politico e ideologico così come è stato percepito da chi ha
partecipato attivamente alla lotta al fianco dei guerriglieri o ispirandone le azioni. I due
pensatori hanno elaborato due visioni alquanto divergenti l’una dall’altra ma entrambe
hanno contribuito a tracciare un quadro chiaro ed esaustivo del fenomeno della guerriglia
urbana e di cosa significasse farne parte. Le loro teorie si sono rivolte ai due principali
movimenti guerriglieri rivoluzionari sudamericani, il movimento tupamaro in Uruguay e il
movimento guerrigliero brasiliano, che costituiscono i casi-studio da me presi in
considerazione. Nel corso del secondo capitolo descriverò dunque in breve le origini e le
peculiarità di questi movimenti armati. A questo proposito nel corso della trattazione ho
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ritenuto opportuno fare riferimento a uno scritto in particolare di Guillén, Revalorización
de la guerrilla urbana (1977), che fornisce una lucida analisi a posteriori delle ragioni
dell’insuccesso delle guerriglie urbane sudamericane.
Infine nel terzo capitolo l’attenzione si sposterà sull’analisi della dottrina di contro-
insurrezione, elaborata dai regimi militari latinoamericani con il sostegno degli Stati Uniti,
la cui presenza risultò decisiva per debellare con successo le guerriglie urbane. Nei primi
paragrafi mi focalizzerò sul definire in cosa consistette la dottrina di sicurezza nazionale
che gli U.S. esportarono in tutto il resto del continente con l’obiettivo di contrastare
l’avanzata comunista della controparte sovietica mentre, nei restanti paragrafi, indagherò lo
sviluppo di tale dottrina nella zona del Cono Sud del continente e le modalità pratiche con
cui gli Stati Uniti si insediarono man mano nella politica interna dei paesi latinoamericani,
con particolare riguardo agli strumenti strategico-militari di cui si servirono per contrastare
il fenomeno dei movimenti guerriglieri rivoluzionari.
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Capitolo I
I lineamenti generali della guerriglia urbana in America Latina
1.1 La guerra di guerriglia: una definizione
È tuttora complicato fornire una definizione universalmente valida e completa della
nozione di guerriglia in quanto è un fenomeno che, in un modo o nell’altro, si è
ripresentato in tutte le epoche sin dall’antichità
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e in diverse parti del mondo. Data la
polivalenza del concetto, spesso si è quindi preferito procedere caso per caso.
Nonostante ciò, si possono riscontrare alcuni elementi comuni alle diverse manifestazioni
della guerriglia. Dunque, prima di addentrarmi nella trattazione del tema oggetto della tesi,
ritengo opportuno inquadrare i caratteri essenziali del concetto e come esso si inserisce
nella sfera più ampia della guerra rivoluzionaria, la quale ha ispirato le azioni dei
movimenti guerriglieri latinoamericani che saranno discusse nei capitoli successivi.
L’adozione del termine guerrilla (o “piccola guerra”) è relativamente recente. Esso infatti
fu introdotto per la prima volta con la resistenza spagnola all’occupazione napoleonica
(1808-1813)
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e, in seguito, ebbe grandissima fortuna durante tutto il Novecento.
Sebbene sia stata sempre praticata nel corso dei secoli, fu solo dalla fine del XVIII secolo
con importanti avvenimenti quali la guerra d’indipendenza americana e la Rivoluzione
francese che la guerriglia iniziò a manifestarsi nella sua forma moderna, ossia come fattore
politico, sociale ed economico, e non solo tattico-militare come era stata considerata nelle
epoche precedenti, capace di influenzare le istanze popolari e le spinte rivoluzionarie di
3 La prima fonte documentata sulla guerriglia sarebbe contenuta nel Papiro di Anastasio, una pergamena
ittita del XV secolo a.C., in cui il re ittita Mursilis descrive attacchi irregolari ai danni delle sue truppe;
in Cecchini, E., Storia della guerriglia, (1990), p. 9.
4 Schmitt, C., Teoria del partigiano, (1981), pp. 2-4; Hahlweg, W., Storia della guerriglia, (1973), II, pp.
45-52.
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una società in continua trasformazione
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. Fu infatti durante questo periodo che diversi
studiosi di arte militare iniziarono ad interessarsi sempre di più al fenomeno, fra tutti
Clausewitz che, nella sua opera più importante
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, ha dedicato un intero passaggio alla
“guerra di popolo” (Landsturm) sia come importante strumento di sostegno alle truppe
regolari dell’esercito prima di una battaglia decisiva, sia soprattutto come estremo mezzo
di difesa della propria patria contro il nemico invasore dopo una battaglia.
Tutte queste esperienze hanno fatto sì che nel corso del Novecento la guerriglia, nelle sue
varie forme, sia stata una delle modalità di lotta più praticate perché individuata come una
delle più efficaci per mettere pressione sui governi al fine di ottenere obiettivi politici ed
economici rilevanti a livello sia nazionale che globale. Il ricorso alla guerriglia è stato di
particolare importanza dalla fine della seconda guerra mondiale in poi con la diffusione
delle lotte per l’indipendenza nelle varie parti del mondo, inasprite da quel fenomeno
peculiare che è stato la Guerra Fredda.
La guerriglia è in genere definita come un particolare tipo di operazione militare condotta
da esigue unità armate contro un nemico di norma più forte e numericamente superiore.
Come tale possiede proprie strategie, tattiche e tecniche che variano, come vedremo, a
seconda di chi la pratica (forze regolari o irregolari) o a seconda dell’ambiente in cui si
svolge (rurale o urbano). Si inserisce nella tipologia di guerra irregolare perché utilizza
tecniche diverse da quelle belliche convenzionali, come ad esempio attacchi hit and run
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,
imboscate, interruzione dei trasporti e delle comunicazioni, incursioni notturne che
sfruttano la componente spaziale con lo scopo di cogliere di sorpresa il nemico e di
disperderne le risorse materiali e morali. La guerriglia è anche definita come una tattica di
combattimento asimmetrica di cui, come detto in precedenza, solitamente si serve il più
debole che non ha la possibilità di affrontare l’avversario in un contrasto diretto. In questo
tipo di operazioni è quindi essenziale la componente temporale per prolungare il più a
lungo possibile la lotta al fine di riequilibrare, se non rovesciare, i rapporti di forza. Lo
scopo ultimo della guerriglia non sarà dunque quello di annientare l’avversario come nella
guerra convenzionale in uno scontro rapido e decisivo
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, ma quello di svilire il nemico per
indurlo ad abbandonare il conflitto. Tutti questi aspetti sono efficacemente riassunti nella
5 Hahlweg, W. (1973), II.
6 V on Clausewitz, K., Della guerra, (1997), VI, pp. 630-37.
7 Il ‘mordi e fuggi’ alla Guevara che consiste nell’infliggere continuamente al nemico militarmente
superiore una serie di piccoli colpi e subito dopo battere in ritirata, con l’obiettivo di spossare
l’avversario. In Guevara, E., La guerra di guerriglia, (1967).
8 V on Clausewitz, K. (1997), I, II, III.
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