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Introduzione
L’obiettivo di questo elaborato è quello di dimostrare la valenza che gli oggetti possono
assumere all’interno di una narrazione, in questo caso La Nausée di Jean-Paul Sartre.
I critici Francesco Orlando e Massimo Fusillo, nei loro rispettivi saggi Gli oggetti desueti
nelle immagini della letteratura (1993) e Feticci (2012), affrontano questa tematica e
forniscono diversi esempi di come la letteratura possa valorizzare “le cose”. Il primo saggio
constata che non solo la letteratura lascia spazio agli oggetti, ma sembra privilegiare quelli
caduti in disuso offrendo loro una possibilità di “riscatto”; il secondo invece verte sul feticismo
degli oggetti e sulla loro “animazione” tramite strumenti come la forza mitopoietica o la rêverie.
Nessuno dei due testi è stato pensato per esaminare gli oggetti che compaiono ne La
Nausée, romanzo che Jean-Paul Sartre pubblica nel 1938 sotto forma di diario fittizio.
Ciononostante, la convergenza riscontrata nel confronto tra i due saggi costituisce una griglia
d’analisi utile per approfondire il rapporto che Antoine Roquentin instaura con gli oggetti e le
funzioni che questi ultimi assumono all’interno del romanzo. Non è affatto scontato parlare di
oggetti in un testo del ’38 come La Nausée, sia per la sua natura di impronta filosofica che
generalmente conduce ad uno studio riguardante in primo luogo un aspetto trascendente, sia per
il periodo in cui è stato scritto, ossia precedente agli anni ’60-70 nei quali il boom economico
e l’inizio della cultura consumistica hanno spinto diversi autori – in primis Perec – ad includere
lunghe liste di oggetti nelle proprie opere (pensiamo a Les Choses, ad esempio).
Il presente studio si limita invece al ’38 e al periodo in cui Sartre sperimenta una prima
presa di coscienza dell’assurdo che lo condurrà alla ricerca di una salvezza personale e
all’esistenzialismo individualista riscontrabile nel saggio ontologico L'Être et le Néant (1943).
La tesi è articolata in tre capitoli. Il primo capitolo concerne la parte metodologica, si
sofferma sui due saggi critici e sugli strumenti d’analisi che essi forniscono. Nel secondo
capitolo questi espedienti vengono utilizzati per esaminare concretamente gli oggetti all’interno
de La Nausée e la loro interazione negativa con il personaggio. Infine, nell’ultimo capitolo
viene rilevata una nuova funzione inerente alcuni oggetti che porteranno ad una svolta decisiva
nel viaggio interiore di Antoine Roquentin.
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Capitolo 1
Metodologia
1.1. Gli oggetti nella letteratura
Gli oggetti in letteratura sono meno studiati e spesso sottovalutati rispetto a
macrocategorie come il tempo, lo spazio, ecc. Eppure le “cose” sono in stretto rapporto con gli
uomini sia nella vita quotidiana che all’interno di una narrazione, non di rado rappresentano il
fulcro della descrizione e possono assumere una vera e propria funzione narrativa capace di
dare spinta all’intreccio.
Anche se in maniera diversa, i critici Francesco Orlando e Massimo Fusillo hanno
dedicato due saggi alla tematica degli oggetti in letteratura. Francesco Orlando nel saggio Gli
oggetti desueti nelle immagini della letteratura (1993), dopo aver raccolto numerosi esempi di
oggetti provenienti da diversi testi letterari, scopre che in letteratura esiste una predilezione
quantitativa e qualitativa per la rappresentazione di cose inutili, invecchiate e insolite rispetto a
cose nuove e utili. Inoltre, cataloga e classifica tali oggetti dividendoli in categorie e inserendoli
in un albero semantico basato su opposizioni binarie. Tutte le categorie sono accomunate da
una caratteristica che Orlando definisce corporeità non-funzionale. Ciò implica che gli oggetti
presi in esame dall’autore non sono di natura umana o vivente (corporeità) e hanno perso la
funzione primaria per la quale sono stati creati (non-funzionale).
Il saggio Feticci (2012) di Massimo Fusillo, dal canto suo, mostra come gli oggetti
materiali possano diventare feticci, ovvero essere investiti di valori simbolici, affettivi ed
emotivi fino ad acquisire nuove funzioni. Fusillo nel suo libro afferma che l’oggetto-feticcio
non è che il rovescio della medaglia dell’oggetto desueto di Orlando
1
, vale a dire che i due saggi
appaiono diversi tra loro, ma allo stesso tempo presentano delle convergenze:
È piuttosto evidente che in linea di principio i due temi dell’oggetto-feticcio e dell’oggetto
desueto si pongono abbastanza in antitesi: da un lato la seduzione sensoriale di un oggetto
verso cui si proiettano infiniti significati simbolici, affettivi, erotici, fino a trasformarlo nel
sostituto di una sacralità perduta; dall’altro invece l’attrazione un po’ perversa per la
degradazione degli oggetti, per le rovine, i rifiuti, le robacce e per tutto ciò che sfugge ai
meccanismi implacabili della funzionalità e della finalità. Ciò non toglie ovviamente che
si possano trovare numerose intersezioni: un oggetto non funzionale può diventare senz’
1
M. Fusillo, Feticci. Letteratura, cinema, arti visive, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 30.
12
altro un feticcio, soprattutto dopo che l’estetica del brutto, dell’orrido e dello sporco
inaugurata dal romanticismo ha ampliato di molto i confini dell’arte. Quello che è
interessante mettere in rilievo è il fondo comune tra le due tematizzazioni, che ci spiega
anche il loro successo in epoche e aree così distanti fra di loro: è la fascinazione per
l’inorganico […]
2
.
1.2. Merci, antimerci e funzionalità
Per parlare di oggetti è necessario partire dal concetto di merce. La merce è un bene
prodotto dall’uomo e destinato alla vendita o allo scambio. In linea generale un oggetto può
essere definito merce quando assolve la funzione per la quale è stato creato e rispetta pertanto
quello che Orlando denomina imperativo funzionale. Se tale imperativo viene trasgredito, ad
esempio a causa del tempo che consuma o danneggia le cose rendendole sempre meno
funzionali o addirittura inutili, l’oggetto subisce un processo di de-funzionalizzazione primaria
fino a diventare un’antimerce. L’antimerce, dopo aver perso la funzionalità primaria, può
tuttavia assumere una funzionalità secondaria di recupero. Basti pensare alle rovine di alcuni
edifici e alle chiese sconsacrate che in passato erano state costruite per essere abitate e per
pregare, mentre oggi vengono visitate perché possiedono un valore culturale. In questo caso si
è di fronte ad un ritorno del represso razionalmente e moralmente tollerabile. Se ad esempio
l’antimerce è rappresentata da una casa demolita, è oggettivamente difficile attribuirle una
nuova funzione di recupero. Malgrado ciò la casa demolita potrebbe diventare un oggetto
descritto all’interno di un romanzo. Nel caso in cui un’antimerce viene riscattata solo in ambito
letterario si giunge alla formazione di un compromesso letterario.
Nel Capitale (1867), Marx mostra che l’economia borghese è caratterizzata dalla
produzione di merci e si sofferma sul valore d’uso che quest’ultime devono possedere per essere
considerate utili e di conseguenza acquistate. Il Capitale inizia proprio parlando di merci: “La
ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta
come una immane raccolta di merci […]”
3
. Orlando, aggiungendo alcuni termini e
sostituendone altri, riadatta questa frase al postulato sulla letteratura e alle antimerci: “La
letteratura delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta a
2
Ibid. p. 30-31.
3
K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Ökonomie, in Marx e Engels, Werke, Berlin, Dietz, 1962, t. XXIII,
p. 49.
13
un primo sguardo come una immane raccolta di antimerci […]”
4
.
Rispetto al mondo reale, la letteratura appare più indulgente e pronta ad accogliere le
antimerci. Il sonetto che il poeta francese Charles Cros pone come prefazione alla propria
raccolta di poesie Le Coffret de Santal (1879) è esplicativo:
Bibelots d’emplois incertains,
Fleurs mortes au sein des almées,
Cheveux, dons de vierges charmées,
Crêpons arrachés aux catins,
Tableaux sombres et bleus lointains,
Pastels effacés, durs camées,
Fioles encore parfumées,
Bijoux, chiffons, hochets, pantins,
Quel encombrement dans ce coffre !
Je vends tout. Accepte mon offre,
Lecteur. Peut-être quelque émoi,
Pleurs ou rire, à ces vieilles choses
Te prendra. Tu paieras, et moi
J’achèterai de fraîches roses
5
.
Il verso con cui Cros esordisce: “Gingilli dagli impieghi incerti” innesca un dubbio sulla
possibilità e sul modo di utilizzare gli oggetti indicati e rappresenta perfettamente il momento
in cui una merce perde la propria funzionalità. Fiori morti, capelli, quadri, pastelli, gioielli,
cenci… vengono elencati e costituiscono un ingombro all’interno di uno scrigno. L’elenco e il
termine “ingombro” intensificano la de-funzionalizzazione primaria delle cose nominate.
Questi oggetti sembrano inutili, quasi di troppo. Eppure il poeta, in modo ironico e compiaciuto,
sostiene che li venderà al lettore e con il ricavato comprerà delle rose fresche.
4
F. Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati
e tesori nascosti, Torino, Einaudi, 1993, p. 19.
5
Ch. Cros e T. Corbière, Œuvres complètes, « Bibliothèque de la Pléiade », 1970, p. 47.
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Sul piano immediato le cose qui elencate rappresentano se stesse, mentre sul piano metaforico
equivalgono alla letteratura. Di conseguenza nasce un’ambivalenza tra merce e antimerce che
sfocia in un paradosso: le antimerci in questione sono oggetti apparentemente inutili che non
solo rappresentano la letteratura, ma diventano merci in quanto vanno a creare delle poesie
destinate alla vendita.
Il sonetto di Cros sottolinea la “benevolenza” della letteratura nei confronti delle
antimerci e mostra che persino un oggetto inutile dopo aver subito un processo di de-
funzionalizzazione può essere recuperato e valorizzato.
1.3. Da antimerci a feticci
Il cambiamento della funzione primaria degli oggetti e la successiva valorizzazione
segnano esattamente il punto di convergenza tra i saggi di Orlando e Fusillo. Ne consegue che
quando si parla di antimerci spesso si ha a che fare con oggetti feticci. Il saggio di Fusillo è
intriso di feticismo, ma questo termine non possiede un’accezione puramente negativa che
rimanda alla perversione e all’ossessione. La psicanalisi si concentra soprattutto sulla natura
sessuale del feticismo. Freud nell’articolo Feticismo (1927) sostiene che l’oggetto feticcio sia
riconducibile alla ricerca di un sostituto del fallo materno (assente) da parte del bambino. Il
bambino, o più in generale il feticista, ricerca un oggetto che sia in grado di colmare una perdita
o una mancanza e di farlo sentire appagato. L’aspetto più importante è rappresentato dalla
considerazione che un oggetto feticcio può ottenere grazie all’uomo. Freud nel testo sopra citato
spiega che un feticista non crede di avere un problema, ma è soddisfatto del feticcio da lui
ammirato fino a decantarlo:
Negli ultimi anni ho avuto occasione di studiare analiticamente un certo numero di uomini
la cui scelta oggettuale era dominata da un feticcio. Non bisogna certo aspettarsi che queste
persone si rivolgano all’analisi a causa del feticcio; i suoi seguaci lo riconoscono certo
come qualcosa forse fuori dalla norma, ma solo in rari casi lo percepiscono come un
sintomo di sofferenza; perlopiù sono pienamente soddisfatti del loro feticcio, e addirittura
esaltano le agevolazioni che offre alla vita amorosa
6
.
Il fulcro della questione è che il feticista riesce dunque a modificare la funzione
6
S. Freud, Fetichismus, in Gesammelte Werke, vol. XXVI, Frankfurt, Fischer, 1948, p. 311.