CAPITOLO 2
TERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE:
UNA REVIEW SULLE TECNICHE
2.1 Le domande circolari
La circolarità è la capacità del terapeuta di condurre la seduta basandosi
sulle retroazioni della famiglia alle informazioni da lui sollecitate ed è utile
allo sviluppo di un’ipotesi sistemica.
Le domande circolari furono, appunto, introdotte dal primo gruppo
milanese con lo scopo di evidenziare le retroazioni (Selvini Palazzoli, 1980)
e hanno l’importante effetto di porre ogni familiare nella condizione di
osservatore dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti degli altri,
creando così nella terapia una comunità di osservatori.
Le domande circolari sono rivolte a tutti o, a turno, ai singoli membri del
sistema. Si chiede a qualcuno di descrivere la posizione di altri, ad
esempio cosa pensa che gli altri due stiano rimuginando o che cosa sta
succedendo tra loro
8
.
Per mezzo di domande circolari, si sfida l’egocentrismo di ciascuno: ogni
membro della famiglia “è detto” invece di “dire”, ascolta l’opinione
dell’altro su di sé e così ha più possibilità di conoscerlo. Tanto la famiglia
quanto il terapeuta, attraverso le domande, cambiano costantemente sulla
base dell’informazione offerta dell’altro (retroazione del sistema).
8
Bogliolo C. (2008) Manuale di psicoterapia della famiglia. Franco Angeli, Milano.
8
È un modo di procedere finalizzato a far emergere una differenza, o a
determinare meglio una relazione
9
.
L’obiettivo è generare una comprensione contestuale per il terapeuta,
chiarire la situazione nel “hic et nunc” e gli schemi di interazione nei
rapporti.
Le domanda circolari sono poste per orientare il terapeuta sulla situazione
del cliente; si basano su premesse circolari; hanno intento
prevalentemente esplorativo; sono formulate per evidenziare la struttura
che connette persone, oggetti, sentimenti, eventi; spesso sono del tipo
chiedere ad A qualcosa di B.
È possibile individuare alcuni specifici effetti sul paziente alle domande
circolari: capacità di accettare la domanda, senza opporre resistenze,
quindi con maggiore possibilità di risposta che rispecchi realmente il
sentire del paziente in quel momento; possibile effetto liberatorio ovvero,
liberati dalle limitazioni dei loro precedenti punti di vista lineari, i pazienti
riescono ad affrontare le loro difficoltà in una nuova prospettiva.
Le domande circolari tendono ad essere caratterizzate da una generale
curiosità sulle possibili connessioni degli eventi che includono il problema,
piuttosto che da un bisogno specifico di conoscere esattamente le origini
del problema. Se il terapeuta ha un orientamento cibernetico batesoniano
verso i processi mentali ed ha sviluppato una capacità di mantenere la
posizione concettuale dell’ipotizzazione circolare, queste domande
verranno in maniera facile e spontanea
10
.
Due tipi generali di domande circolari, le “domande per differenza” e le
“domande di contesto”, sono stati associati ai modelli fondamentali della
simmetria e della complementarità, ma ne possiamo elencare diversi
sottotipi:
- triadiche, sono domande con le quali si chiede alla persona di
commentare la relazione tra altri due membri della famiglia o su una
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Bogliolo C. (2008) Manuale di psicoterapia della famiglia. Franco Angeli, Milano.
10
Tomm, K. (1988) Intervistare per interventi: Parte Terza. Intendi porre domande lineari,
circolari, strategiche o riflessive? Family Process, 27: 1-15.
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situazione in particolare o sul rapporto tra un membro della famiglia e gli
altri: “Chi ha sofferto di più per il fatto che questo signore è tornato a casa
e ha dovuto lasciare il lavoro?”
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;
- graduatorie dei vari membri della famiglia rispetto a un comportamento
o un’interazione specifica: “Nella sua famiglia d’origine chi pensa sia la
persona più autoritaria?”;
- di indagine diacronica: “Andava d’accordo con i suoi genitori prima della
loro separazione?”;
- domande aperte sul futuro che sfidano la prospettiva immobilistica della
famiglia: “Che cosa pensa che accadrà alla sua famiglia l’anno prossimo?”;
- di differenza, riguardano un comportamento: “Quando lei è assalita dalla
crisi d’ansia, chi si da più da fare, suo marito o suo figlio?”
12
.
Riportiamo una tabella riassuntiva che confronta le caratteristiche delle
possibili forme di domande in terapia
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:
PREMESSE
LINEARI
domande
lineari
domande di
spiegazione
del problema
domande
direttive
domande
strategiche
INTENTO
ORIENTANTE
domande di
definizione
del problema
domande
che creano
un contorno
INTENTO
INFLUENZANTE
domande sugli
effetti
comportamentali
domande
ipotetiche
sul futuro
domande
circolari
domande sulle
differenze
domande sul
punto di vista
dell’osservatore domande
riflessive
PREMESSE
CIRCOLARI
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Bogliolo C. (2008) Manuale di psicoterapia della famiglia. Franco Angeli, Milano.
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Bogliolo C. (2008) Manuale di psicoterapia della famiglia. Franco Angeli, Milano.
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Tomm, K. (1988) Intervistare per interventi: Parte Terza. Intendi porre domande lineari,
circolari, strategiche o riflessive? Family Process, 27: 1-15.
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2.2 La ridefinizione
Con il termine ridefinizione si intende indicare la proposta, da parte del
terapeuta, di una lettura della realtà diversa da quella portata dalla
famiglia/coppia. È un atto assertivo, dichiarato (Bogliolo, 1990).
Il terapeuta restituisce quello che è stato detto alla luce di un giudizio
eccessivamente negativo o positivo, non palesemente esplicitato dai
pazienti.
Si offre al sistema un’alternativa: cioè che viene proposto, non è detto che
sia vero. Quanto viene detto può, quindi, essere vero ma anche non
vero
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.
Si tratta di un modo per inserire un altro punto di vista possibile, un
giudizio opinabile, una perturbazione all’interno di un sistema
apparentemente impenetrabile.
Riportiamo un esempio tratto dalla prima e dalla seconda seduta di
psicoterapia con la coppia descritta nel capitolo tre di questa tesi. La
terapeuta tenta invano, per diverse volte, di far esprimere il marito circa i
suoi sentimenti. Dopo aver raccontato alla terapeuta il tradimento di lei,
lui cerca di giustificare il poco tempo dedicato alla moglie, dicendo:
Marito: “Non provo neanche ad esprimere il mio concetto perché so
già che siamo agli antipodi e nascerebbe una discussione... Abbiamo interessi
diversi, lei sta al suo telefono e io sto al mio telefono”.
Terapeuta: “Quindi lei (rivolgendosi al marito) impone il suo
comportamento e lei (rivolgendosi alla moglie) reagisce di conseguenza… Lei
(rivolgendosi al marito) si rivede in questo ruolo di causa di tutto?”
Marito: “Causa di tutto no. Le mie colpe e le sue reazioni hanno portato a
tutto questo”.
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Bogliolo C., (2008) Manuale di psicoterapia della famiglia. Franco Angeli, Milano.
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Già all’inizio della seconda seduta, il marito (solitamente taciturno),
prende la parola per spiegarsi.
Marito: “Ho pensato al fatto che lo scorso incontro è stato detto che la
responsabilità del tradimento è anche mia. Io non sono d’accordo con questo. La
cazzata che hai fatto l’hai fatta tu e va bene. Ma se dici che ti sei sentita
giustificata nel farlo, allora è un’altra cosa. Non è stata casuale ma
intenzionale... Io non lo sapevo che mi dava la responsabilità e ho ripreso
l’argomento… Io non la vedevo così, poi me lo ha fatto capire anche grazie a
quello che si è detto l’altra volta. Ho capito, sono d’accordo. Potevo farlo anche
io, ma non l’ho fatto. Sono scelte”.
Da questo momento in poi, la relazione asimmetrica iniziale, si riassesta.
Il marito non vuole la responsabilità del tradimento della moglie (come
restituito dalla terapeuta) e decide di esprimersi in proposito. Rompe il
silenzio, ammette parte della responsabilità e inizia a mettersi in gioco.
La partecipazione attiva del marito smonta il gioco di potere tra
indifferenza/tradimento e inserisce un cambiamento all'interno del
sistema.
2.3 Il “down”
Il terapeuta, amplificando al massimo la difficoltà della situazione,
scavalca le resistenze proponendo la propria visione, utilizzando il proprio
potere per sostituirsi alla famiglia nella previsione del fallimento.
Questa tecnica è praticabile nelle coppie in disaccordo, dove le accuse
reciproche si accompagnano a dichiarazioni di squalifica della terapia. Non
risulta funzionale quando le persone stanno male o il sistema è
inamovibile.
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Riportiamo questo esempio tratto dalla prima seduta di psicoterapia con la
coppia descritta nel capitolo tre di questa tesi:
Terapeuta: “Avete espresso chiaramente l’intenzione di andare avanti
insieme. Comunque a me sembra una situazione abbastanza grave, la signora
esprime delusione. Come potremmo trovare una via. Avete espresso l’intenzione
di migliorare la relazione ma non ci sono le risorse”.
Marito: “Si, le risorse ci sono e vorremmo fare dei figli. Ma prima
dobbiamo risolvere la crisi”.
Moglie: “Si, io l’ho sempre vista così: lui è mio marito, è come è. L’ho
sposato perché lo voluto, lo amo. L’ho tradito e poi mi sono rinvenuta”.
I coniugi reagiscono difendendosi da questi “attacchi” del terapeuta, si
alleano tra loro per confermare con vigore la volontà di attivare le risorse
personali, parlando di obbiettivi futuri e di amore passato.
Affermando che questo percorso di psicoterapia di coppia è fermo, che le
risorse per andare avanti non sono presenti, la terapeuta rimette la
decisione di proseguire ai coniugi stessi e offre loro la possibilità di dirlo,
con vigore e convinzione.
Applicando questa manovra in una psicoterapia di coppia, entrambi i
membri vengono responsabilizzati sulla psicoterapia stessa.
Il terapeuta lascia intendere che la terapia potrebbe concludersi
immediatamente se le sue supposizioni ricevessero conferma. Al contrario,
se i partner smentiscono la visione negativa del terapeuta, si può dare
inizio a una nuova fase della psicoterapia. I coniugi “scelgono di nuovo” la
psicoterapia, con meno delega allo psicoterapeuta, che può proseguire
chiedendo nuovamente quali sono gli obiettivi che vogliono raggiungere e
quali le risorse a disposizione.
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Viene indotta nei coniugi la scelta di essere dalla stessa parte, contro il
parere del terapeuta. L’aspetto paradossale sta proprio qui: per continuare
la psicoterapia di coppia, i coniugi devono sentirsi uniti (che è uno degli
aspetti che mancano, secondo loro).
L’attivazione dei pazienti attraverso un down psicoterapeutico è una
tecnica raffinata e di non facile acquisizione. Occorre capire bene il punto
in cui è impantanata la psicoterapia e non avere paura di segnalarlo in
modo molto chiaro.
2.4 La prescrizione
Il cambiamento discusso e affrontato in seduta deve essere esteso anche
fuori dallo studio del terapeuta. Per facilitare questo cambiamento, il
terapeuta potrà assegnare dei “compiti a casa” sotto forma di prescrizione
terapeutica.
La prescrizione consiste nell’assegnare dei compiti (piccoli gesti, frasi,
azioni) in seduta che il paziente/la coppia/la famiglia dovrà svolgere a
casa, ogni giorno fino alla seduta successiva. Il contenuto dei compiti
assegnati deve emergere organicamente dalla seduta e sarà strutturato in
collaborazione con i pazienti stessi. Il terapeuta definisce, insieme alla
coppia, il tempo, la durata, la frequenza e il luogo.
L’obbiettivo è quello di inserire un cambiamento, modificare lo schema
quotidiano. Questa tecnica permette anche di verificare le reali
risorse/intenzioni dei pazienti: l’adesione ai lavori assegnati a casa è un
buon indicatore del relativo impegno verso il cambiamento.
Il valore dei compiti comportamentali esterni alla seduta è stato
riconosciuto da decenni di terapia di coppia (Scheldon e Ackerman, 1974).
L’interpretazione, l’analisi e a riflessione, parti integranti della terapia
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individuale, sono insufficienti come mezzi risolutivi dei problemi quotidiani
che gran parte delle coppie e delle famiglie è obbligata ad affrontare.
Secondo L’Abate (1986) ed Andolfi (1980), il terapeuta deve svolgere un
ruolo attivo e direttivo sia durante l’ora di terapia che nelle deleghe di
lavori assegnati a casa. I clienti imparano facendo (modifichiamo lo stato
d'animo attraverso la fisiologia) e quindi hanno bisogno dell’opportunità di
praticare ripetutamente nuovi comportamenti e di elaborare le loro
conseguenze allo scopo di sviluppare atteggiamenti, cognizioni,
comportamenti e sentimenti alternativi e più funzionali
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.
Di fondamentale importanza, al fine di una efficace prescrizione, sarà il
rapporto tra paziente e terapeuta: il terapeuta deve avere il giusto potere,
fondato sulla fiducia, per poter ricevere il consenso necessario
all’esplicazione dei “compiti a casa”.
La letteratura sulle prescrizioni non fornisce indicazioni specifiche ed
univoche.
Riportiamo uno spezzone tratto dalla seconda seduta di psicoterapia con la
coppia descritta nel capitolo tre di questa tesi, come esempio di una
prescrizione funzionale. La terapeuta parte dall’individuazione di un
sentimento comune (il dispiacere nei confronti della situazione attuale) per
chiedere ai coniugi un semplice gesto quotidiano che vorrebbero ricevere
quale dimostrazione della volontà di risolverlo/dissolverlo.
Terapeuta: “Basandoci su questo sentimento comune, possiamo fare un
tentativo per trovare un punto di incontro? Quale piccolo gesto potrebbe mettere
in atto suo marito per farla stare meglio?”
Moglie: “Potrebbe sforzarsi lui di venire su dopo cena, poi scendere per
portare fuori i cani. È la presenza che richiedo, di averlo affianco”.
Terapeuta: “Quindi potremmo dire che alle 21.30, fino alle 22.30 suo
marito starà in camera da letto con lei. Questo le sembra fattibile? Adesso mi
dica un gesto che sua moglie potrebbe fare per lei, per farla stare meglio”.
Marito: “Uscire?”
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Weeks G. R., Treat S. (1998) Terapia di coppia. Tecniche e strategie per una pratica terapeutica
efficace. Franco Angeli, Milano.
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