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Capitolo 3: Il Ruolo del Business Plan nella nascita delle start-up
In questo terzo capitolo presenta e una struttura di Business Plan adatta al caso specifico di
un’impresa nascente.
Il business plan qui descritto sarà, pertanto, sempre un documento di sintesi e pianificazione
strategica, dotato di chiarezza, efficacia, completezza, affidabilità ed attendibilità per poter
razionalizzare le scelte imprenditoriali, ma verrà arricchito da un importante documento di
supporto: il “ Business Model Canvas”.
Entrambi i documenti verranno esaminati nelle loro componenti, evidenziandone sia i punti di
forza che di debolezza e le interrelazioni tra loro esistenti.
Si porrà particolare attenzione sia sulle peculiarità del business plan per una generica start-up
che su quelle delle sempre più diffuse start-up agricole.
3.1 Struttura del Business Plan nelle start-up innovative
L’alta rischiosità legata alle nuove attività intraprese dalle start-up è sempre imperniata da un
elevato rischio di insuccesso, dovuto soprattutto ai contesti dinamici e turbolenti in cui esse
operano.
Redigere un business plan che accerti nel medio -lungo periodo (circa 3-5 anni), la fattibilità
tecnica ed economico- finanziaria dell’dea alla base della nuova iniziativa, sia in termini
qualitativi che quantitativi, permette di ridurre tale incertezza e di definire una pianificazione
strategica di successo.
Il termine start-up, per una sorta di riflesso incondizionato, è infatti spesso associato
all’esigenza di predisporre un business plan, poiché viene naturale pensare che l’avvio di una
nuova attività imprenditoriale debba avvalersi di uno strumento che presenti la propria idea di
business agli investitori ed agli incubatori d’impresa e permetta loro di comprendere e
privilegiare gli aspetti ed i comportamenti che la portino a nascere, crescere e creare valore.
Il business plan non deve però essere confuso con il budget.
Il budget non è un documento strategico, ma previsionale e di responsabilizzazione, che ha
come scopo quello di creare delle linee guida per l’organizzazione aziendale, al fine di
perseguire obiettivi di redditività, efficienza di costo e di ricavo che si basano su dati riferiti ad
esercizi precedenti. A differenza del business plan, basato su ipotesi che, per essere valide,
devono essere contestualizzate, grazie alla sua lettura facile e veloce, questo documento
consente di controllore periodicamente o in tempo reale gli sfasamenti tra i risultati desiderati e
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quelli ottenuti, riducendo ed eliminando i fattori che ostacolano il raggiungimento degli
obiettivi prefissati.
Il budget, inoltre, è uno strumento di breve periodo (12mesi) e quindi poco articolato e
“qualitativo” rispetto al business plan che, invece, presenta informazioni rilevanti per redigere
un budget iniziale e svolgere funzioni di controllo e gestione.
Chiarita tale distinzione, partendo dalla constatazione che una start-up per generare ricavi ed
avere successo deve possedere una value proposition focalizzata sulla risoluzione di un
problema del cliente, possiamo descrivere il processo di formalizzazione del business plan nelle
start-up stesse e soffermarci sulle sue peculiarità.
Lo sviluppo del business plan, anche nelle start-up come per le imprese già esistenti, è un
lavoro progressivo di continua attenzione e affinamento dei dati, la cui stesura è articolata in
sezioni volte a sottolineare gli aspetti specifici della business idea e a dare una visione completa
del progetto e della sua sostenibilità.
Nel caso specifico è, inoltre, rivolto principalmente ai potenziali finanziatori dell’iniziativa e
allo stesso startupper, che in primis deve valutare la bontà della sua idea. Funge, pertanto,
anche qui da “strumento di autoanalisi per dare razionalità strategica ed economica alla propria
idea e trasformarla, se ne esistono i presupposti, in un progetto d’impresa”.
83
Sotto il profilo del procedimento di costruzione del piano, gli elementi che costituiscono il
business plan di una start-up sono pressoché identici a quelli di un business plan di imprese già
esistenti. Vanno, comunque, segnalati alcuni step intermedi.
figura 3.1 :Confronto tra Business plan tradizionale e business plan per una stat-up
Elementi costituenti Business plan tradizionale Elementi costituenti Business plan per le start-up
Strategia in essere o realizzata con i risultati
recenti
La nascita dell’idea imprenditoriale (business
idea)
Intenzioni strategiche o idee imprenditoriali Analisi del settore in cui presumibilmente l’idea
dovrà svilupparsi
Mappa strategica di business con gli obiettivi, i
sub –obiettivi i FCS e I FCR
La definizione del modello di business
Le iniziative strategiche con i piani di azione, con
i relativi progetti
La verifica della sostenibilità del modello di
business
I risultati attesi e i driver da cui essi dipendono L’elaborazione di massima dei risultati attesi
L a mappa strategica
83
Luigi Brusa, pos. 4233 e-book , “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
73
La formulazione dei piani di azione
L’elaborazione definitiva dei risultati attesi
La ricerca dei capitali, la struttura finanziaria
dell’operazione e l’exit startegy
Fonte:Luigi Brusa, pos. 4233, 4254, e-book “Business plan, guida per le imprese sane. Start-up e aziende in
crisi”.
Dalla lettura della figura 3.1, la prima più evidente differenza è che nel business plan di una
start-up non si trova un capitolo dedicato alle strategie attese, poiché le start-up devono innanzi
tutto definire il Modello di Business attraverso cui intendono fare impresa e accertarne la
validità strategica. Il concetto di “business model”è stato introdotto per la prima volta da
Alexander Osterwalder, teorico svizzero ed autore del testo “Business Model
Generation”(Creare Modelli di Business) il quale affermava che:
“il business model descrive la logica con la quale un’organizzazione crea, distribuisce e cattura
il valore”.
84
Descrive, cioè, il modo in cui un organizzazione genera o crea valore, ossia risolve
un problema considerato importante dai suoi clienti o realizza un desiderio di questi ultimi o di
altri stakeholder interni o esterni.
L’individuazione di un business model sostenibile è un punto di particolare rilievo nel processo
di redazione del business plan di una start-up, ancora più centrale è il momento connesso al
testare la sua validità, che deve avvenire rapidamente prima dell’esecuzione del piano aziendale
stesso, attivando se del caso gli aggiustamenti necessari o prendendo tempestivamente atto
dell’impraticabilità dell’idea.
La rappresentazione del modello di business, quindi, sarà incluso nella formulazione della
mappa strategica e spiegherà il modo in cui la start-up realizza una proposta di valore per i suoi
clienti, in modo redditizio, usando determinate risorse e processi chiave.
Partendo da questa costatazione, possiamo ora descrivere le fasi che caratterizzano la
formulazione del business plan e che dalla traduzione dell’idea imprenditoriale realizzano un
modello di business validato attraverso la quantificazione dei risultati attesi.
Nello specifico, quindi, potrebbe rilevarsi necessario stilare un business plan iniziale indicato
come studio di fattibilità, finalizzato ad una prima verifica di sostenibilità per poi giungere a
quello definitivo.
Si individuano nove fasi che possono essere schematizzate nella figura 3.2.
84
Alexander Osterwalder & Yves Pingneur, “Business Model Generation”.
74
Figura 3.2 Fasi di elaborazione del business plan di una start-up
Fonte: Luigi Brusa, pos. 4287, “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
La prima fase è quella della nascita dell’idea imprenditoriale, che scaturisce dalla percezione di
un bisogno insoddisfatto o parzialmente soddisfatto che viene usato come “un opportunità cui
dare una risposta di tipo imprenditoriale”
85
, cioè un ipotesi di soluzione al problema.
Questa fase può avere sia durata molto breve che più lunga, origina i presupposti su cui poggia
l’idea imprenditoriale e determina la vision del futuro business model.
Delineata l’idea, si passa all’analisi del settore in cui l’idea potrà essere sviluppata per
comprenderne potenzialità, attori, rischi e opportunità.
Si considerano, cioè, la domanda del mercato in cui si dovrebbe inserire il bene/servizio offerto
dalla nuova iniziativa d’impresa e la struttura competitiva del settore.
Analizzare la domanda di mercato significa evidenziare la dimensione, l’andamento storico e le
prospettive evolutive del settore di interesse e, inoltre, chiarire ai potenziali investitori la
crescita attesa e i suoi trend di sviluppo nei prossimi 3-5 anni.
Le fonti da cui attingere possono derivare da studi realizzati da associazioni di categoria, da
pubblicazioni di enti di ricerca,da indagini di uffici, da studi di istituzioni varie o di organismi
privati specializzati in analisi di mercato e infine, attraverso elaborazioni predisposte o
commissionate dallo stesso imprenditore. In ogni caso devono essere supportate da note
metodologie sulle procedure seguite.
85
Luigi Brusa, pos 4269 e-book, “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
75
Lo studio della struttura competitiva del settore, invece, permette di acquisire informazioni sulla
sua attrattività dalla quale dipenderanno le attese di redditività.
Lo schema di solito seguito in questa analisi è quello del modello delle “Cinque forze di
Porter”, che individua gli attori che influenzano l’attrattività del settore e i fattori che
determinano la forza competitiva dalla quale si genera la redditività del settore specifico di
riferimento.
Tale fase indica, cioè, “quanta parte dei ricavi del settore si trasforma in valore e quanta parte di
questo valore può essere catturato da un impresa discende dalla struttura competitiva del
settore, cioè dalle forze che vi agiscono per appropriarsi dei valori in gioco”
86
.
Le forze competitive che andranno analizzate saranno, pertanto:
i concorrenti attuali distinti per dimensione (medio-piccoli o grandi), per
differenziazione e in base alle barriere all’entrata;
i concorrenti potenziali e le barriere all’entrata, che permettono di evidenziare se i nuovi
entranti rappresentano una minaccia elevata o meno in base alla facilità d’entrata che
possiedono;
la presenza di prodotti sostitutivi, che se elevata rappresenta una minaccia per il
successo dell’iniziativa;
i clienti e il loro potere d’acquisto, nonché la presenza o meno di switching cost che
rendono difficile o estremamente facile per il cliente rivolgersi a operatori diversi,
determinando pertanto la loro forza contrattuale;
i fornitori e il loro potere contrattuale.
Identificare il settore di riferimento è fondamentale per la definizione del modello di business
che andrà a concretizzare la “business idea”.
La fase successiva è, infatti, costituita dalla definizione del modello di business. In questa
sezione si traduce l’idea imprenditoriale nel modello di business, precisando le fasce dei
potenziali clienti a cui ci si rivolge, il tipo di prodotto offerto, la proposta di valore in esso
incorporata, le strutture necessarie, i processi e le risorse chiave da utilizzare per dar corpo alla
proposta e acquisire i clienti.
Il punto di partenza coincide, quindi, con la capacità di cogliere l’opportunità di risolvere un
bisogno o un’esigenza insoddisfatta (sia parzialmente che totalmente) di determinati soggetti
attraverso la creazione di un’impresa innovativa.
86
Luigi Brusa, pos. 4352 e-book, , “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
76
Dopo aver rilevato il bisogno da soddisfare, si individuano con precisione, attraverso criteri vari
come quelli geografici, demografici, comportamentali …. i soggetti che potrebbero
rappresentare i destinatari della proposta che si sta costituendo, stabilendo di conseguenza la
strategia di segmentazione che si intende perseguire (marketing di massa, marketing di nicchia,
marketing segmentato, marketing personalizzato).
A questo punto, si cerca di delineare la soluzione che permetta di acquisire e fidelizzare i clienti
appartenenti a segmenti target individuati nella fase precedente, si cerca cioè di offrire un
prodotto che dia una risposta adeguata al bisogno che si intende soddisfare e per il quale i clienti
sono disposti a pagare in quanto generatore di valore.
Il bene o servizio offerto non deve essere solo descritto nelle sue caratteristiche tangibili o
meno, ma si devono sottolineare le proposte di valore ad esso connesse che la start-up intende
offrire ai propri potenziali clienti (servizi di consulenza, assistenza, personalizzazione, la
tempestività di risposta e l’insieme degli elementi immateriali generati a supporto della
comunicazione aziendale che ispirano fiducia nel cliente). In altre parole, si devono delineare
sia le caratteristiche qualitative che le proposte di valore incorporate nel bene o servizio offerto
dalle quali dipende la fidelizzazione del cliente, che sarà, pertanto, spinto ad acquistare il
prodotto non solo per il prodotto in se, ma per fare “ un’esperienza d’acquisto”, vivere cioè
“l’acquisto in un contesto che significa appartenenza, esclusività, condivisione”
87
.
Prima di giungere alla definizione del modello di business è necessario un ulteriore tassello:
descrivere i fattori chiave di natura gestionale e organizzativa dai quali scaturisce la modalità di
attuazione dell’intero business model.
Dovranno essere identificati i processi, le attività e le competenze che permettono la
realizzazione concreta dell’ iniziativa e delle proposte di valore in essa incorporate e ad essa
complementari.
Questo processo può essere realizzato attraverso due modalità principali:
utilizzare la mappa strategica tipica del business plan generico che evidenzia, attraverso
due approcci, uno basato sull’eccellenza dei processi e l’altro sullo sviluppo
organizzativo, i principali elementi di un modello di business di un impresa, fungendo
da guida ed aiutando la start-up a “porsi le domande giuste”. La mappa suddivide la
catena del valore del business in quattro macroprocessi: operativi, di gestione, delle
87
Luigi Brusa, pos 4541 e.book, , “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
77
relazioni con i clienti, di innovazione e di supporto generale, individuando le attività
chiave, le risorse e le competenze per attuare la propria value proposition;
avvalersi di un approccio che ha avuto ampia diffusione sia in ambito professionale che
accademico, noto con il nome di “Business Model Canvas”
Prima di descrivere la mappa strategica, è bene soffermarsi sulle caratteristiche del Business
Model Canvas.
3.1.1 Il Business Model Canvas
Il ricercatore svizzero Alexander Osterwalder ritiene che, prima di procedere alla stesura del
Business Plan per una start-up, sia necessaria un analisi qualitativa del business e la sua
validazione, poiché i dati a disposizione per la stima sono troppo aleatori ed è più conveniente
valutarne la coerenza prima di definirli in termini quantitativi.
L’innovatività di questo approccio scaturisce già dal nome che viene adottato per indicarlo:
Business Model Canvas letteralmente significa “la tela per il modello d’impresa”, non si parla
quindi di un “plan” ma di uno schema metodologico, un diagramma che può aiutare gli
aspiranti imprenditori a descrivere il modo in cui fare impresa e come vogliono competere sul
mercato.
In altre parole, “traduce l’idea imprenditoriale, più o meno seducente, in un modello di business
adeguatamente strutturato”
88
.
La formulazione completa di questa analisi è contenuta nella tesi Phd dal titolo “Business
Model Ontology”
89
e la sua struttura e i suoi contenuti sono riportati nella figura 3.3 (parte1) e
(parte 2).
88
Luigi Brusa, pos. 4616 e-book, , “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
89
http://www.hec.unil.ch/aosterwe/Phd/Osterwalder-Phd-DM- ontology.pdf.
78
Figura 3.3: La struttura e i contenuti del Business Model Canvas (parte1)
Partner Chiave
Attività chiave Valore offerto Relazione con i clienti Segmenti di clientela
Risorse chiave Canali
Struttura dei costi Flussi di ricavi
Parte 2 ) i contenuti
Valore offerto
Che tipo di valore forniamo al cliente?
Quale problema dei nostri clienti stiamo
aiutando a risolvere?
Quale pacchetto di prodotti e servizi stiamo
offrendo ai clienti?
Quali bisogni dei clienti stiamo
soddisfacendo?
CARATTERISTICHE
Novità
Prestazioni
Personalizzazione
“Risolvere”
Design
Marca/Status Symbol
Prezzo
Riduzione dei costi
Riduzione dei rischi
Accessibilità
Comodità
Usabilità
Segmenti di clientela
Per chi stiamo creando valore?
Chi sono i nostri clienti più importanti?
Mercato di massa
Mercato di nicchia
Mercato segmentato
Mercato multi-sided
Relazioni con i clienti
Che tipo di relazione si vuole che stabiliamo?
Manteniamo ognuno dei nostri segmenti
cliente?
Quali relazioni abbiamo stabilito?
Come sonno integrati con il resto del nostro
business model?
Quanto costano?
ESEMPI
Assistenza
Assistenza personale dedicata
Self –service
Sistemi automatici
Comunità
Creazione in comune
Canali
Attraverso quali canali vogliono essere
raggiunti i nostri clienti?
In che modo li stiamo raggiungendo?
FASI DEI CANALI
1.Consapevolezza
Come aumentiamo la consapevolezza dei
prodotti e servizi della nostra azienda?
3.Acquisto
Come possono i clienti acquistare prodotti e
servizi della nostra azienda?
4.Consegna
79
Come sono integrati con i nostri canali?
Quali funzionano meglio?
Quali sono più efficienti?
Come li stiamo integrando con le abitudini
dei clienti?
2.Valutazione
Come aiutiamo i nostri clienti a valutare il
valore offerto dalla nostra azienda?
In che modo viene consegnato il valore
offerto ai clienti?
5.Post vendita
Come forniamo assistenza post vendita?
Attività chiave
Quale sono le attività chiave necessarie per il
nostro valore offerto?
Per i nostri canali di distribuzione?
Per le relazioni con i clienti?
Per i ricavi?
CATEGORIE
Produzione
Soluzione di problemi
Piattaforma/rete
Risorse chiave
Quale sono le risorse chiave necessarie per il
nostro valore offerto?
Per i nostri canali di distribuzione?
Per le relazioni con i clienti?
Per i ricavi?
TIPOLOGIA DI RISORSE
Fisiche
Intellettuali(marchi,brevetti, diritti d’autore, dati)
Umane
Finanziarie
Partner chiave
Chi sono i nostri Partner chiave?
Chi sono i nostri fornitori chiave?
Quali Risorse chiave stiamo acquisendo dai
partner?
Quali attività chiave svolgono i partner?
MOTIVAZIONI PER LA PARTNERSHIP
Ottimizzazione e risparmio
Riduzione del rischio e dell’incertezza
Acquisizione di particolari risorse e attività
Flussi di ricavi
Per quale valore i nostri clienti vogliono
veramente pagare?
Per che cosa pagano?
In che modo stanno pagando?
Come preferirebbero pagare?
Quanto contribuisce ogni flusso dei ricavi ai
ricavi complessivi?
TIPI PREZZO FISSO PREZZO DINAMICO
Vendita di beni Prezzo di listino Negoziazione
Costo per l’uso Dipendente dalle (contrattazione)
Abbonamento caratteristiche del prodotto
Noleggio/affitto/leasing Dipende dal segmento del cliente Trattazione in tempo reale
Intermediazione dipendente dal volume Mercato in tempo reale
Pubblicità
Struttura dei costi?
Quali sono i costi più importanti del nostro
business model?
Quali delle risorse chiave sono le più costose?
Quali delle Attività chiave sono le più
costose?
LA TUA ATTIVITA’ E’ PIU’ ESEMPI DI CARATTERISITICHE
Orientata al costo (struttura dei costi snella, Costi Fissi (salari, affitti,Utilities)
Valore offerto a basso costo , massima automazione, Costi variabili
Outsourcing spinto)
Orientamento al valore (focalizzato sulla creazione del Economie di scala
valore, valore offerto premium) Economie di gamma
Fonte:Luigi Brusa, pos 4650, 4653, “Business plan, guida per imprese sane, start-up e aziende in crisi”.
La prima parte della figura 3.3 riporta lo schema del Business Model Canvas (BCM), la seconda
parte le indicazioni per compilare le varie sezioni.
Il BMC si presenta sottoforma di lavagna suddivisa in nove blocchi, che rappresentano gli
elementi fondamentali del modello di attività d’impresa, accuratamente descritto prendendo
80
spunto dalle balanced scorecard che si concentrano su quattro aree fondamentali: prodotto,
rapporto con il cliente, gestione dell’infrastruttura e aspetti finanziari.
Le nove aree che costituiscono lo schema sono :
1. i segmenti della clientela: descrivono i differenti gruppi di persone ed organizzazioni
che un’impresa mira a raggiungere e servire, raggruppati per bisogni omogenei e
caratteristiche simili. Devono, perciò, essere classificati in base alle loro esigenze,
agli approcci relazionali che prediligono e ai canali di distribuzione che
preferiscono.
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2. le proposte di valore (value proposition), descrivono l’insieme dei prodotti e servizi
che creano valore per uno specifico segmento di clientela. I clienti sono spinti a
scegliere un’impresa piuttosto che un’altra in base al valore che questa crea per essi.
Deve presentare alcuni elementi per essere in grado di creare valore come: la novità,
deve soddisfare bisogni completamente nuovi non percepiti precedentemente,
apportare miglioramenti alle performance di prodotti già esistenti, personalizzare il
prodotto per ogni segmento di clientela, avere un design accattivante, essere parte di
un brand di valore, avere un buon prezzo, ridurre per i propri clienti rischi e costi
connessi al suo acquisto, rendere accessibile il prodotto a più segmenti di clientela e
rendere il prodotto facile da utilizzare rispetto a quello proposto dalla concorrenza.
3. i canali per raggiungere i clienti (channels): sono il modo con cui un’impresa
comunica e vuole raggiungere i segmenti di clientela. Possono essere diretti e
indiretti, proprietari e condivisi in base alle preferenze della clientela potenziale;
sono fondamentali perché informano i clienti in merito ai prodotti che andranno ad
acquisire aiutandoli nella valutazione della value proposition e offrono servizi post
vendita.
4. le relazioni che si vogliono instaurare con i clienti (costumer relationship):
rappresentano i modi in cui un’impresa stabilisce i contatti con la clientela. Le
principali tipologie sono: assistenza personale per e post-vendita attraverso il
contatto diretto e personale o tramite call center e e-mail; l’assistenza personale
dedicata, una figura specifica si dedica al cliente; il self-service, non c’è alcun
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Quattro sono le tipologie principali di canali di distribuzione: mercato di massa: clientela unica come anche i
canali di credito e la value proposition; mercato di nicchia: sono richiesti approcci specifici per ciascun cliente e
la value proposition, i canali di vendita e l’approccio alla clientela sono targhettizzati per ogni segmento;
segmentazione della clientela: i clienti non sono correlati gli uni con gli altri sia per bisogni che problematiche,
pertanto, la value proposition sarà ampliamente diversificata.