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1.1.1. Il movimento cibernetico
Si definisce Cibernetica (dal greco kybernetes, “timoniere”) la scienza del controllo,
inteso come autoregolazione, e della comunicazione nei sistemi naturali e in quelli arti-
ficiali. Il termine viene utilizzato per la prima volta nel 1789 in un contesto tecnico da
James Watt, per descrivere il funzionamento del regolatore centrifugo all’interno del
motore a vapore. Successivamente, nel 1834, Ampère lo riprende nella sua classifica-
zione delle scienze: Cibernètique diviene l’arte del governare.
Il movimento cibernetico vero e proprio nasce durante la Seconda Guerra Mondiale,
ad opera di un gruppo di studiosi appartenenti a diversi campi del sapere, che si riuniva-
no originariamente per analizzare la traiettoria dei veicoli aerei militari con l’obiettivo
di trovare il modo più efficace di abbatterli. Il punto di arrivo di tali incontri fu la pub-
blicazione di un libro, intitolato Introduzione alla Cibernetica, scritto dal matematico
statunitense Robert Wiener nel 1948.
Secondo i cibernetici il mondo è integralmente costituito da sistemi, viventi e non, in
continua interazione tra loro. Possono essere considerati come sistemi: una società,
un'economia, una rete di computer, un macchinario, un’impresa, una cellula, un organi-
smo, e così via dicendo. La teoria cibernetica è sintetizzabile attraverso il riferimento a
tre macro-gruppi di concetti: relazioni di base, processi dinamici di un sistema, strutture
cicliche di controllo e orientamento ad uno scopo.
Le relazioni di base descrivono le dinamiche e le interazioni tra sistemi come serie di
trasformazioni di uno stato al tempo t nello stato successivo al tempo t+1. La trasforma-
zione può essere vista come relazione tra gli stati di uno o più sistemi. Per definire un
sistema è anzitutto necessario andare ad effettuare una chiara distinzione tra esso e
l’ambiente che lo circonda, isolando quelle proprietà che, in base all’osservazione, pos-
siede o meno. L’insieme di tutti i valori delle proprietà di un sistema, identificati in va-
lore continuo o discreto, rappresenta lo stato di un sistema. L’insieme di tutti i possibili
stati è lo spazio degli stati. Il numero dei possibili stati distinti che un sistema può as-
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sumere rappresenta il suo grado di varietà. Se la varietà effettiva di un sistema è minore
della varietà concepibile, il sistema in questione è vincolato. Varietà e vincoli sono lega-
ti tra loro dalla formula di calcolo dell’entropia di un sistema. Se tutti gli stati di un si-
stema sono equiprobabili, allora la sua entropia sarà massima e tenderà a coincidere con
la varietà.
I processi dinamici di sistema comprendono autoorganizzazione, chiusura e retroa-
zione. L’autoorganizzazione di un sistema è la situazione in cui esso tende
all’equilibrio, ovvero in cui la sua dinamica converge verso uno stato di equilibrio o un
sottoinsieme di stati (bacino di attrazione). Se il sistema è formato da diversi sottoin-
siemi, questi tendono ad adattarsi reciprocamente. Se il bacino di attrazione di un siste-
ma coincide con la sua varietà, allora esso risulterà invariante a qualsiasi trasformazione
e, quindi, chiuso.
La retroazione è la possibilità che ha un sistema di modificare la sua tendenza dina-
mica verso lo stato d’equilibrio per aumentarla (retroazione positiva) o correggerla (re-
troazione negativa) in base ad eventuali segnali di errore riscontrati.
Tra le dinamiche di controllo e orientamento sono individuati il meccanismo di feed-
forward, che dà la possibilità al sistema di conoscere, anticipare e modificare la devia-
zione che un certo input potrebbe causare rispetto ad un suo possibile stato finale, e il
meccanismo di buffering, quale assorbimento passivo di una perturbazione.
All’interno del movimento cibernetico sono diverse le visioni sviluppatesi sulla di-
namica dei sistemi e sul loro funzionamento, ma i contributi più interessanti, seppur
contrastanti, sono quelli del già citato Wiener e di Von Neumann.
Per Wiener è impossibile “chiudere” in un unico sistema formale la complessità delle
interrelazioni tra sistema ed ambiente, soprattutto se si tratta di sistemi viventi e proces-
si cognitivi caratterizzati da continui aspetti emergenti non controllabili. Wiener propo-
ne un “uso umano degli esseri umani” e contrappone il suo pensiero alla visione mecca-
nicistica di un altro importante esponente del movimento, l’informatico statunitense
John Von Neumann.
Il sistema di Wiener risulta autonomo rispetto all’ambiente di riferimento e dotato di
meccanismi di chiusura operazionale capaci di garantire processi di auto-adattamento. Il
sistema di Von Neumann è, invece, un sistema eteronomo capace di essere “in-formato”
dagli input ambientale che riceve e che ne determinano gli output. Tra ambiente e si-
stema si crea una relazione di tipo istruttivo-rappresentazionale: l’ambiente istruisce il
sistema in modo che questo sia in grado di rappresentarlo.
Tale visione meccanicistica viene applicata da Von Neumann anche all’uomo: la
mente umana viene vista come un elaboratore digitale, una “macchina di carne”, che è
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possibile emulare facilmente attraverso un software sufficientemente articolato. E’ que-
sto il principale punto di distacco tra i due cibernetici: per Wiener le macchine, per
quanto precise, andrebbero inevitabilmente in tilt in presenza di paradossi in quanto agi-
scono in base a feedback predeterminati; l’uomo invece mette l’anima nelle sue scelte
ed è questo che gli permette di superare eventuali loop
5
.
1.1.2. La Teoria Generale dei Sistemi
La Teoria Generale dei Sistemi viene elaborata tra gli anni ’40 e ’50 dal biologo ed
epistemologo austriaco Ludwig Von Bertalanffy. Il nuovo approccio olistico ai fenome-
ni si contrappone alla visione riduzionistica e meccanicistica finora utilizzata, e consen-
te di studiare al meglio l’elevata complessità organizzativa tipica di alcuni di essi. Tra
gli aspetti più significativi del pensiero dello studioso vi sono i concetti di apertura e
chiusura dei sistemi, di omeostasi e autoregolazione, e di equifinalità.
Un sistema si dice aperto se intrattiene con l’ambiente scambi di energia, materia ed
informazioni. Quando non avviene nessuno scambio, il sistema è chiuso. Ne discende
che il funzionamento di un sistema aperto è riconducibile alla successione logica “Input
Trasformazione Output”. Mentre il comportamento dei sistemi chiusi, oggetto di
studio delle fisica e della chimica di quel periodo, è spiegato dalle leggi della termodi-
namica, in base alle quali i fenomeni tendono a passare dall’ordine verso stati di disor-
dine crescente fino ad un massimo che identifica lo stato di equilibrio finale, secondo le
ipotesi di Von Bertalanffy, nei sistemi aperti è possibile che l’entropia o il disordine de-
crescano o si mantengano costanti, grazie all’importazione dall’esterno di materia ed in-
formazioni.
Attraverso gli scambi con l’esterno gli organismi viventi sono in grado di conservare
le loro caratteristiche di vitalità e stabilità anche in condizioni di non equilibrio. Il grado
di apertura è bilanciato tramite il meccanismo dell’omeostasi, una specifica caratteristi-
ca dei sistemi aperti, che negli organismi viventi si basa sull’autoregolazione.
Esistono diversi gradi di apertura di un sistema: da una parte un’eccessiva autode-
terminazione provoca la chiusura del sistema, dall’altra un’eccessiva apertura comporta
il dissolvimento per risonanza
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del sistema nell’ambiente. In questo ultimo caso,
l’ambiente esterno finisce per il coincidere con l’ambiente esterno e viene meno qual-
5
Wiener R., 1964
6
Si tratta del quarto postulato dell’ASV: il sistema non possiede più caratteristiche proprie che per-
mettano di distinguerlo dall’ambiente esterno.
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siasi differenza autopoietica. Attraverso il meccanismo dell’autopoiesi, che negli esseri
umani corrisponde al metabolismo, invece, il sistema è in grado di mantenere il suo
equilibrio interno attraverso l’adattamento all’ambiente esterno, guardando sempre ai
limiti della propria struttura. E’ il meccanismo di autopoiesi che permette, tra l’altro, la
riproduzione del sistema e ne garantisce la continuità.
L’ultimo concetto chiave della Teoria Generale dei Sistemi è quello di equifinalità,
ovvero la tendenza di un sistema aperto a raggiungere un determinato stato indipenden-
temente dalla condizione iniziale e dalle diverse transizioni attraverso le quali passa la
sua evoluzione. Nei sistemi fisici la finalità a cui si tende è espressione diretta dei prin-
cipi e delle leggi di funzionamento della struttura, data la coincidenza tra questa e il si-
stema che ne discende; ciò non vale per i sistemi sociali in cui, invece, viene meno tale
coincidenza e di conseguenza da una stessa struttura possono emergere diversi sistemi e,
allo stesso tempo, un unico sistema può essere basato su strutture diverse.
1.1.3. Il Viable System Model
Il Viable System Model (VSM) è un modello di struttura organizzativa sviluppato sul-
la scia del funzionamento del sistema nervoso umano dal teorico di ricerca operativa e
cibernetico Stafford Beer nel suo libro The brain of the firm del 1972. Il modello funge
da strumento concettuale a sostegno delle funzioni decisionali e organizzative del ma-
nagement di un’impresa e definisce un sistema vitale caratterizzato da specializzazione
funzionale e da sinergie generate dalla coesione intra-organizzativa tra le sue compo-
nenti.
La caratteristica principale che il VSM attribuisce ai sistemi è la ricorsività. Ogni si-
stema vitale di ordine L contiene al suo interno altri sub-sistemi vitali di ordine L-1 ed è
contenuto a sua volta in sovra-sistemi vitali di ordine L+1 (isomorfismo cibernetico).
Il sistema definito dal VSM è capace di mantenere un’esistenza separata dai sovra-
sistemi in cui è inserito. E’ un sistema che sopravvive, rimane unito ed è integrale
nell’ottica del principio di equifinalità. E’ un sistema omeostaticamente equilibrato sia
internamente che esternamente. Ha la capacità di crescere e apprendere, per svilupparsi
e adattarsi.
In generale i sub-sistemi che compongono la struttura organizzativa di un sistema
sono cinque. Tra questi, i sub-sistemi 1, 2 e 3 riguardano l’“here and now” delle attività
operative dell’organizzazione, il sub-sistema 4 il “there and then”, le risposte strategi-
che dell’organizzazione agli input esterni, ambientali e della domanda futura, mentre il
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sub-sistema 5 bilancia le due sfere attraverso le direttive di policy necessarie a mantene-
re la vitalità del sistema.
Fig.1: Il VSM di Stafford Beer
Fonte: Dominici G., 2013
Il sub-sistema 1 - Operations contiene le diverse attività svolte a livello operativo.
Ciascuna di queste attività a sua volta rappresenta un sistema vitale sottostante a causa
della tipica struttura ricorsiva. Si tratta delle funzioni che implementano i processi orga-
nizzativi di trasformazione.
Il sub-sistema 2 – Regulation & Tactical Planning rappresenta il canale di trasmis-
sione di informazioni che permette ai livelli operativi di comunicare tra loro e consente
al sub-sistema 3 di monitorare e coordinare le attività assieme al sub-sistema 1. Permet-
te la programmazione delle risorse condivise ed utilizzate nelle attività operative. Dalla
sua efficienza dipende il grado di coesione organizzativa dell’impresa.
Il sub-sistema 3 – Operations Planning & Control comprende le azioni di monito-
raggio e controllo messe in atto nei confronti del funzionamento del sub-sistema 1 e dei
processi operativi attivati al suo interno. Le informazioni ricavate sono poi trasmesse ai
sub-sistemi 4 e 5.
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Il sub-sistema 4 – Intelligence si occupa del monitoraggio dell’ambiente futuro attra-
verso le funzioni di Marketing e Ricerca e Sviluppo. L’adattamento all’ambientale è
fondamentale per mantenere la vitalità del sistema.
Al sub-sistema 5 - Policy sono demandate le politiche decisionali necessarie a bilan-
ciare le esigenze delle diverse parti dell’organizzazione e a guidare l’organizzazione
nella sua interezza verso un unico obiettivo.
In aggiunta ai sub-sistemi appena elencati, nel modello trova spazio anche la rappre-
sentazione dell’ambiente. La sua presenza è necessaria per individuare il dominio delle
azioni del sistema e senza di esso non sarebbe possibile contestualizzare e dare fonda-
mento alle interazioni interne che avvengono al suo interno.
Il VSM di Stafford Beer risulta un modello descrittivo prevalentemente statico, che si
focalizza sull’analisi delle singole componenti dell’organizzazione piuttosto che sulle
interazioni attivabili tra di esse; su queste ultime, invece, si concentra l’analisi dell’ASV
che, come si vedrà di seguito, getta le sue fondamenta sulla dicotomia struttura-sistema
e sulla convivenza tra approccio riduzionistico e approccio olistico.
1.2. Lineamenti distintivi di un sistema vitale
L’applicazione dell’Approccio Sistemico Vitale quale schema concettuale per la de-
scrizione funzionale ed operativa dei diversi modelli organizzativi, siano essi imprese,
enti, istituzioni o sistemi territoriali, passa per l’individuazione e la piena comprensione
dei pilastri portanti alla base della sua elaborazione: il passaggio da struttura a sistema, i
concetti di risonanza, consonanza e competitività intersistemica, il ruolo svolto dalle sue
due macro-componenti essenziali, ossia l’Organo di Governo e la Struttura Operativa, e
i confini entro i quali la loro azione si muove.
Il modello a cui principalmente si fa riferimento per lo studio di tale approccio meto-
dologico è la matrice concettuale. Tramite essa vengono schematizzate in un percorso a
spirale le fasi che portano la struttura, quale aggregazione di componenti organizzative,
a trasformarsi in sistema vitale.
Nell’ultima parte del presente capitolo, dato l’obiettivo della trattazione, si farà cen-
no alle caratteristiche morfo-evolutive dei sistemi vitali, dalle quale dipende il tratto di-
stintivo più rilevante tra il territorio sistema vitale e le altre organizzazioni, dettata ap-
punto dallo stadio di compimento sistemico raggiunto.
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1.2.1. La dicotomia struttura-sistema
Alla base del paradigma sistemico vitale vi è, in via prioritaria, la distinzione tra
struttura e sistema
7
. La struttura è un insieme di elementi correlati, a ciascuno dei quali
è possibile attribuire una specifica funzione (compiti, ruoli e attività da svolgere). Le
connessioni tra le componenti della struttura sono stabili e realizzate attraverso un col-
legamento diretto oppure indirettamente mediante l’interposizione di altre componenti.
E’ possibile individuare chiaramente un confine fisico tra struttura e ambiente esterno.
Il concetto di struttura differisce dal concetto di accolta e da quello di insieme: men-
tre per accolta si intende una serie di elementi caratterizzati da coesistenza in assenza di
un qualsiasi evidente principio di aggregazione, con il termine insieme si indicano più
elementi connessi da un nesso di omogeneità ben preciso.
Fig. 2: Dalla coesistenza ambientale all’interazione sistemica
Fonte: Barile S., 2011(a)
Il sistema rappresenta “la struttura in azione, ossia la struttura orientata al raggiungi-
mento di un fine comune”
8
. Per il sistema emergente dalla struttura non è possibile più
7
Le prime riflessioni riguardo i rapporti esistenti tra un oggetto e le parti che lo compongono sono
rinvenibili già nella filosofia greca, ad opera di Aristotele e dei primi pitagorici. La dicotomia aristotelica
sostanza-forma individua due condizioni fondamentali dell’esistenza , capaci di attivare la dinamica del
divenire: la condizione materiale (sostanza) e la condizione formale (forma).
8
Golinelli G.M., 2012
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definire un confine fisico, anzi qualsiasi confine, una volta individuato dall’Organo di
Governo, diventa inevitabilmente parte di esso. Le relazioni, intese come connessioni
logiche e fisiche tra le parti che formano la struttura, all’interno di un sistema vengono
attivate facendo emergere reali interazioni sistemiche, sia interne (interazioni intrasi-
stemiche) che esterne (interazioni intersistemiche).
In ottica sistemico vitale ogni sistema fa parte di un sistema più vasto di ordine L+1
o “sovra-sistema” e comprende in sé altri sistemi, o L-1 “unità organizzative”. Il valore
del sistema è sempre maggiore della somma del valore delle singole parti o unità orga-
nizzative.
In particolare, con riferimento all’impresa, essa si qualifica come sistema socio-
tecnico, in quanto:
- sono presenti al suo interno una serie di componenti materiali o immateriali (tecni-
che, finanziarie e umane);
- tali componenti sono poste l’una rispetto all’altra in relazione di interdipendenza e
comunicazione (principio di interdipendenza e comunicazione);
- le relazioni tra le componenti sono attivate in vista del conseguimento
dell’obiettivo unico di sopravvivenza del sistema (principio di comunione verso una
finalità).
1.2.2. I quattro postulati dell’Approccio Sistemico Vitale
La definizione di sistema vitale richiede l’introduzione di quattro postulati, a partire
dai quali è stata elaborata l’intera impostazione dell’ASV. Di essi viene qui proposta
una rilettura focalizzata sulla rappresentazione dell’impresa in chiave sistemica.
Postulato 1 – Un sistema vitale è tale se può sopravvivere in un particolare tipo
d’ambiente.
Il sistema interagisce continuamente con l’ambiente esterno, scambiando energia,
materia ed informazioni. Si tratta, infatti, di un sistema aperto soggetto a continui pro-
cessi di adattamento al contesto in cui è inserito. All’interno del sistema impresa spetta
all’OdG rilevare di volta in volta le aspettative e le pressioni che i sovra-sistemi di rife-
rimento esercitano su di esso e attivare i meccanismi di autoregolazione più idonei a ga-
rantirne la sopravvivenza.