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1.1.1. Sviluppo e caratteristiche dell’Entrepreneurial University.
Non esiste una definizione condivisa di Entrepreneurial University. Nonostante essa
sia stata oggetto d’attenzione del lavoro di molti autori, nessuno di questi ha elaborato
un modello chiaro ed esaustivo a riguardo.
Clark
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sostiene che l’università può essere definita imprenditoriale qualora punti a
massimizzare il potenziale di commercializzazione delle proprie idee e a generare valo-
re per la società, senza considerare questo processo una minaccia per il prestigio acca-
demico. Per Gibb
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alla base vi sta il riconoscimento della necessità di ottenere finan-
ziamenti diversificati, anche da fonti non pubbliche, per un’elevata percentuale del pro-
prio capitale. La visione più completa è quella offerta da Etzkowitz, che teorizza una
“seconda rivoluzione accademica
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”, il cui risultato è stata, appunto, l’Entrepreneurial
University e il suo “atteggiamento proattivo nel porre in uso la conoscenza”. Il modello
accademico di innovazione interattiva fa sì che l’università si concentri sui problemi ri-
scontrati sul mercato e nella società per trovare opportune soluzioni scientifiche, attra-
verso un modello di innovazione lineare che prende il via dalla ricerca fino ad arrivare
alla sua applicazione.
Fig.1.2. Coevoluzione e multilinearità nella relazione università-impresa
Fonte: Etzkowitz (2004)
4
Clark B.R., 2004.
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Gibb A.A., 2005.
6
La prima rivoluzione accademica si è avuta tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX sec., quando alla
tradizionale funzione universitaria di conservazione e divulgazione del sapere si aggiunge la ricerca.
Gruppo di ricerca
(quasi-impresa)
Imprenditore
Flusso di conoscenza
Pubblicazioni
Laureati
(Individui)
Ufficio di collegamento
Consulenza
Ricerca
Contrattazione
Ufficio di trasferi-
mento tecnologico
Proprietà intellettuale
Brevetti
Licenze
Incubatori
Tecnologia
Imprenditore
Creazione di impresa
Laureati
(Organizzazioni)
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Come da grafico, la prima tappa messa in evidenza è l’istituzione degli Uffici di colle-
gamento che servono ad indirizzare l’attività di ricerca di gruppi o dipartimenti verso le
esigenze di mercato. Al fine di traslare conoscenza al di fuori dell’università si creano
interazioni che prendono forma di contratti di consulenza o di presentazioni periodiche
dei risultati di un dipartimento davanti ad un gruppo di imprese, il tutto per dare mag-
giore significato alla produzione di pubblicazioni e alle competenze dei laureati. Con la
seconda tappa la conoscenza diventa tecnologia attraverso gli Uffici di trasferimento
tecnologico (UTT) o l’Industrial Liason Office (ILO). L’UTT identifica la tecnologia
generata all’interno dei gruppi di ricerca e la immette sul mercato tramite meccanismi
quali trasferimento di proprietà intellettuale, brevetti e licenze. La terza tappa consiste
nella creazione dei cosiddetti Incubatori Accademici, organizzazioni formali che per-
mettono la creazione e la localizzazione di imprese all’interno delle strutture universita-
rie. Gli incubatori offrono spazio e assistenza di vario genere alle nuove imprese spin-
off generate dalla ricerca
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, tra cui servizi di segreteria, assistenza al business, contatti per
accesso al capitale, network di relazioni. Si crea dunque, attraverso questi tre passaggi,
un processo interattivo in cui gli Uffici di collegamento portano le problematiche all’
interno dell’università, gli UTT traslano la conoscenza al di fuori di esse, e gli incubato-
ri esemplificano questa dinamica. Per attuare tale processo è necessaria una configura-
zione flessibile e dinamica dell’università, che deve riuscire a cogliere immediatamente
i segnali dell’ambiente esterno e adeguarvisi. A proposito della struttura che
l’organizzazione universitaria deve assumere, Clark
8
propone la presenza di un forte
nucleo direzionale autonomo le cui decisioni attraversano trasversalmente tutti i dipar-
timenti. Etzkowitz, invece, sottolinea l’importanza sia dell’indipendenza delle università
dall’ambiente esterno sia della creazione di solidi vincoli di collaborazione con imprese
e istituzioni governative.
Il mix ottimale di elementi per una perfetta Entrepreneurial University è composto
da:
1. Capitalizzazione della conoscenza: la conoscenza creata all’interno
dell’università deve essere trasferita sul mercato;
2. Interdipendenza: l’università crea forti relazioni con le imprese, le istituzioni di
governo e le altre organizzazioni locali;
3. Indipendenza: allo stesso tempo le scelte dell’università non sono influenzate dal
mondo imprenditoriale ed istituzionale;
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Chiesa e Piccaluga (1998) definiscono le imprese spin-off della ricerca “quelle realtà imprenditoriali na-
te per gemmazione da ambienti accademici o istituzioni pubbliche di ricerca”.
8
Clark B.R., 2004.
7
4. Ibridazione: interdipendenza e indipendenza assieme danno vita ad
un’organizzazione ibrida;
5. Riflessività: l’università cambia continuamente in rapporto ai cambiamenti am-
bientali.
1.2. Il modello della Tripla Elica: interazioni tra università, impresa ed istituzioni.
Uno dei modelli più presi a riferimento per l’interpretazione dei suddetti cambiamen-
ti all’interno del sistema universitario è quello della Tripla Elica, elaborato da Etzkowitz
e Leydesdorff nel 1999. Prendendo spunto dal modello biologico del DNA, i due autori
hanno adattato il concetto di caratteri che si mescolano tra di loro al trinomio università-
impresa- istituzioni. La Tripla Elica prende in considerazione le università e gli altri enti
che producono conoscenza, le imprese, tra cui le start up altamente tecnologiche, e le
istituzioni governative ai vari livelli. Come afferma Etzkowitz “mentre l’industria e il
governo sono stati tradizionalmente concettualizzati come sfere istituzionali primarie,
quanto di nuovo è nel modello della tripla elica consiste nel fatto che l’università si po-
ne come una sfera dominante assieme all’industria e al governo”. A differenza di altri
modelli, come quello laissez-faire e socialista, in cui predominano l’economia e la poli-
tica, nel modello della Tripla Elica emerge il ruolo dell’università nella Knowledge E-
conomy: l’università assume un ruolo fondamentale in quanto fonte primaria di capitale
umano. Tra le tre sfere istituzionali si crea una spirale di collegamenti che vengono fuo-
ri a vari livelli del processo innovativo e a lungo andare si creano organizzazioni ibride,
i cui ruoli si intrecciano fino a diventare non chiaramente distinguibili.
Fig.1.3. Dal modello socialista a quello della tripla elica
Triple Helix Model Laissez-Faire Model Socialist
Fonte: Etzkowitz (2002)
Tri-lateral networks and
hybrid organizations
Academia
Industry
State
State
Industry
Acade-
mia
State
Indu-
stry
Aca-
demia
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Partendo da questo modello, Etzkowitz individua quattro fasi del processo trasforma-
tivo che coinvolge il sistema università- impresa- governo e la cui principale conse-
guenza è stata l’emergenza della cultura imprenditoriale all’interno degli ambienti acca-
demici. A ciascuno di essi l’autore associa un corollario.
La prima fase è la Trasformazione Interna di ciascuna delle eliche. L’università cerca
di modificare ed ampliare le proprie funzioni tradizionali, affiancando all’insegnamento
e alla ricerca strumenti pratici che permettano agli studenti di applicare la propria cono-
scenza accademica a situazioni lavorative reali.
La seconda fase dà luogo al cosiddetto Impatto Trans-istituzionale, cioè l’impatto
che ciascuna delle sfere istituzionali prese in considerazione genera sull’altra. Universi-
tà, impresa e governo collaborano tra di loro in un sistema di reciproca interdipendenza,
creando nuovi equilibri istituzionali che si sovrappongono. Le interazioni diventano più
facilmente comprensibili e negoziabili. I contratti di collaborazione sono ormai redatti
secondo formati legali standard dotati di maggiore flessibilità. Il risultato è un livello
più elevato di stabilizzazione.
La terza fase riguarda l’attivazione dei Processi d’Interfaccia, processo che si con-
cretizza con la creazione di collegamenti trilaterali, network e organizzazioni fra le tre
eliche. Gli specialisti d’interfaccia organizzano dibattiti, negoziano contratti, agiscono
come intermediari nelle interazioni tra le controparti e altri potenziali partner governati-
vi e imprenditoriali. Nonostante questi spesso provengano da diverse organizzazioni e
sfere istituzionali, si crea tra di essi un’identità comune che prescinde dal loro datore di
lavoro. Tutto ciò genera all’interno delle università un doppio effetto di centralizzazio-
ne/decentralizzazione. La decentralizzazione emerge dall’assegnazione a docenti e a
personale tecnico del compito di valutare la rilevanza commerciale dell’attività di ricer-
ca e di stimolare l’interazione con partner esterni. La centralizzazione, che assume un
ruolo fondamentale soprattutto nei primi stadi di introduzione del paradigma imprendi-
toriale nell’università e va perdendo importanza man mano che questo viene istituziona-
lizzato, si concretizza, ad esempio, attraverso gli UTT o la creazione di spin-off.
La quarta e ultima fase affidata al modello e al network trilaterale che ne è alla base
considera gli Effetti Ricorsivi da questo generati. L’università sviluppa la capacità di as-
sistere la creazione di nuove organizzazioni tramite l’applicazione della ricerca accade-
mica e la leadership nelle organizzazioni regionali, facendo da collante tra le varie sfere
istituzionali che agiscono assieme con un unico scopo comune: l’innovazione.
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La capitalizzazione della conoscenza diventa sempre più una norm of science
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e i ne-
cessari cambiamenti normativi sono parecchio influenzati dai rapporti che l’università
instaura con l’ambiente esterno, piuttosto che da ciò che avviene al suo interno.
Riccardo Viale, nella sua rielaborazione della Tripla Elica, fa riferimento ai suoi tre
principali protagonisti, università, impresa e governo, definendoli “tre debolezze, che
unendosi, cercano di diventare una forza”. Il modello di convergenza finale dei tre
mondi propostoci dall’autore evidenzia più livelli.
Il primo livello “micro” degli attori è quello dove vengono fuori più in evidenza le
linee evolutive del fenomeno. Gli attori svolgono ruoli e compiono azioni che appaiono
come la risultante di un mix tra più culture, un tempo nettamente separate. Per fare un
esempio, lo scienziato accademico non finalizza più la sua attività al bene comune per-
seguito in maniera disinteressata; la ricerca assorbe i valori utilitaristici dell’impresa e
viene organizzata burocraticamente. I risultati diventano sempre più vincolati alla vo-
lontà dei finanziatori e degli sponsor, per essere poi brevettati e commercializzati, e,
spesso, le pubblicazioni sono a firma congiunta da parte di ricercatori di laboratori pub-
blici e privati.
Il secondo livello è quello “meso” delle istituzioni, che organizzano la produzione e
l’utilizzo della conoscenza tecnologica, e che sono raggruppabili in tre categorie:
- gli agenti ibridi dell’innovazione, ossia le nuove forme ibride di università-
impresa- governo, responsabili diretti della produzione e dell’utilizzo della cono-
scenza;
- le interfacce dell’innovazione, che fanno da intermediario tra impresa e ricerca;
- i coordinatori ibridi dell’innovazione, che coordinano, pianificano e indirizzano
le varie fasi dell’attività innovativa.
Delle ultime due categorie fanno parte le istituzioni pubbliche che cercano di porre
rimedio alla mancanza di coordinamento all’interno degli enti di ricerca tradizionali,
pianificando in modo top-down ciò che non si è riuscito a fare in modo bottom-up.
L’ultimo livello “macro” è quello della normativa pubblica, che rappresenta il carbu-
rante, buono o cattivo a seconda dei casi, che fa muovere la Tripla Elica. Sono varie le
modalità attraverso le quali i governi possono influenzare il processo d’innovazione
tecnologica. Il governo può intervenire sul sistema della ricerca pubblica e universitaria
con legislazioni sui diritti di proprietà intellettuale nei brevetti che vanno a tutelare
l’attività inventiva o con leggi che concedono a queste strutture maggiore autonomia,
costringendole però a rendersi autosufficienti. Il governo può intervenire sul mondo im-
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Cfr. Etzkowitz, 1998