Cap. 2
Terza ondata di democratizzazione ed il caso polacco
2.1 Terza ondata di democratizzazione
In questo capitolo verranno analizzati gli attori che hanno
partecipato ed influito al processo di democratizzazione in
Polonia, riportando precedentemente un breve excursus storico
del suddetto paese per poter capire al meglio il contesto ed
immergersi nei fatti che hanno portato all’avvio democratico.
Questo perché nei paesi qui presi in analisi (Polonia e Ungheria),
il processo di democratizzazione altro non è che un lungo
susseguirsi di eventi precedenti all’Ottantanove, che hanno
permesso un’apertura del sistema comunista, fino a sfociare in una
vera e propria transizione democratica. L’analisi degli attori
partirà dalla spiegazione della terza ondata di democratizzazione
proposta dal politologo statunitense Huntington, soffermandomi
su alcuni punti salienti del fenomeno.
Huntington definì lo sviluppo della terza ondata di
democratizzazione come inatteso e sorprendente; questo perché il
golpe di stato iniziato nella notte del 25 aprile del 1974 in
Portogallo ha poi dato via ad una reazione a catena di
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democratizzazioni impensabile su scala mondiale. Va aggiunto
che “i golpe operati dalle forze armate solitamente non preludono
all’instaurazione di regimi democratici, bensì al loro
rovesciamento”
39
, fatto che rende l’evento portoghese ancora più
unico e straordinario. Analizzando il fenomeno globalmente, dei
venticinque paesi che hanno avviato la transizione, solamente due
(Grenada e Panama) sono stati il risultato di un’imposizione
esterna di democratizzazione, mentre nella maggioranza dei casi
si è stati spettatori di una transizione dovuta alla messa in moto di
tutti quei meccanismi democratici quali negoziati, accordi, la
formazione di un’opposizione, etc.
In particolare, tre fattori quali il compromesso, le elezioni e la non
violenza, hanno generato quello che Huntington definisce come la
“sindrome della terza ondata”
40
. Il primo elemento, cioè il
compromesso tra l’élites politiche al potere, è considerato il punto
principale all’interno del processo qui studiato; i vertici delle forze
politiche e dei gruppi sociali sono arrivati a creare delle soluzioni
accettabili per entrambi gli schieramenti, attraverso il risultato di
accordi e compromessi. Ad oggi, possiamo dire che questi patti
tra potenti si siano sviluppati in modo personale nei singoli paesi
protagonisti della terza ondata; in Polonia, protagonisti di questi
accordi furono Solidarnosc ed il Partito Comunista a partire dal
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Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino.
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1989 nella celebre “tavola rotonda”
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mentre nell’estate dello
stesso anno, in Ungheria il governo e l’opposizione stavano
negoziando i famosi “accordi triangolari”
42
. Nel caso polacco, le
trattative furono solo in parte celebrate alla luce del sole. Di fatti,
in Polonia, come in altri casi, le trattative vennero solo in parte
rese pubbliche mentre i tratti più delicati furono affrontati lontano
dai mass media in colloqui segreti: “i capi dei negoziati (Kiszczak
e Walesa) si presentarono esclusivamente in alcune occasioni ai
colloqui aperti”
43
per riprendere poi le discussioni
successivamente in luoghi indiscreti e appartati. È importante
sottolineare che proprio al di fuori dell’area politica pubblica, fu
dove si crearono gli accordi più rilevanti tra il movimento di
Solidarnosc e il Pc. Gli accordi presi in “segreto” non furono da
subito accettati dai rispettivi sostenitori: entrambi i lati
accusavano i rispettivi esponenti di aver concesso troppi favori
alla parte avversaria
44
. Anche in Ungheria, entrambi i sostenitori
dei due bandi si dichiarano scontenti dei retroscena e degli
sviluppi degli accordi a tal punto di convocare un referendum
pochi mesi dopo i patti triangolari. Nonostante ciò, tornando al
primo caso, si può evincere come la transizione democratica
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Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino.
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“Jaruzelski fu attaccato dai comunisti più oltranzisti per aver concesso troppo all’opposizione abbandonando i
principi fondamentali del comunismo, mentre […] i sostenitori di Solidarnosc criticavano in particolare l’aver
riconosciuto Jaruzelski come presidente della Polonia” Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di
democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino. Pag. 187.
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polacca sia figlia del compromesso tra le parti oltre che
dell’esperienza passata che aiuta a capire come posizioni troppo
radicali non servano a spingere la situazione verso il risultato
voluto. Proprio l’esperienza del passato ha creato le basi per un
compromesso polacco. Si pensi agli eventi del 1981, dove
Solidarnosc minacciando di rovesciare il regime comunista
ricevette come risposta l’imposizione dall’alto della legge
marziale, dichiarando fuori legge il movimento stesso. Nonostante
la presenza di un malcontento negli schieramenti sia polacchi che
ungheresi, alla fine in entrambi i casi si riuscì a trovare un
compromesso soddisfacente per ambo le parti. Importante lezione
da non dimenticare è che “il radicalismo porta alla repressione e
quest’ultima non dà frutti”
45
, per questo lo scendere a patti è stata
l’unica via possibile da intraprendere verso l’instaurazione
democratica.
Altro fattore importante nei casi di democratizzazione della terza
ondata sono state le elezioni. Queste hanno indeboliti i regimi
autoritari e hanno rappresentato parallelamente mezzo e fine del
processo democratico stesso. In linea di massima sono state le
opposizioni ad indire le elezioni, ma in molti altri casi, queste sono
state volute dai vertici autoritari stessi, consapevoli della loro
situazione precaria e delle maggiori opportunità di rimanere
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Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino.
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protagonisti o comunque soggetti attivi nella vita politica futura
attraverso l’approvazione di un nuovo tipo di regime. Di fatti,
come sostiene Huntington, “con il diminuire della loro
legittimazione e rappresentatività, i capi autoritari venivano
sottoposti a pressioni sempre più forti, finché non sentivano la
necessità di rinnovarsi attraverso le elezioni, credendo di poter
prolungare il proprio regime o quello degli alleati”
46
, anche se i
risultati effettivi non sono stati sempre quelli voluti. Esempio
perfetto, furono le elezioni tenutesi in Polonia nell’estate del 1989;
il movimento di opposizione Solidarnosc ottenne una vittoria
tanto schiacciante quanto inattesa, raggiungendo 99 dei 100 seggi
al Senato e 160 dei 161 seggi alla Camera dei deputati.
Solidarnosc e altre opposizioni della terza ondata, sono state le
protagoniste che hanno sconvolto con la loro partecipazione le
elezioni. Come già accennato precedentemente, in alcuni casi i
capi autoritari promossero le elezioni per cercare di accattivarsi
l’approvazione della popolazione al fine di assicurarsi una
posizione nella futura scena politica, essendo consapevoli della
necessità di un cambiamento e rinnovo del regime; in Polonia,
Jaruzelski tentò un cambio di bando cercando l’appoggio dei capi
dell’opposizione per ricoprire cariche in consigli consultativi, che
però fu rigettato dando vita al processo democratico. La situazione
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Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino.
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fu diversa nel caso magiaro: anche qui l’élites politica promosse
le elezioni, ma con il fine di manometterle o comunque intervenire
nel loro normale procedimento. In questo caso, il governo impose
un’immediata elezione del presidente, concedendo poco tempo
all’opposizione per organizzarsi e formare una proposta elettorale
avvincente. Così facendo, i vertiti comunisti ritennero che il loro
candidato, Imre Pozsgay, avesse una grande visibilità e un’ottima
possibilità di vincere, ma “l’opposizione, temendo che si
realizzasse […] ciò, lottò per un referendum sull’argomento, nel
quale i cittadini si dichiararono a favore di una nomina
parlamentare del primo presidente”
47
riuscendo a capovolgere la
situazione.
Ultimo fattore, sono i bassi livelli di violenza
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registrati nella
terza ondata che per il loro basso livello risultano alquanto
significativi. La storia ci insegna che in ogni tipo di cambiamento
nella struttura politica di un paese, segue un tasso di violenza
superiore a quella registrata normalmente. Nel caso della terza
ondata, così non è stato; tassi di violenza leggermente più elevati
della norma sono stati registrati in casi sporadici, ma per la
maggior parte dei paesi coinvolti così non è stato. La causa di ciò
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Huntington S.P. (1995), La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo. Bologna: il Mulino.
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Studiare il livello di violenza durante una transizione non è un lavoro facile; prima di tutto si parte sulla ricerca di dati
quali le morti avvenute in un lasso di tempo preciso, differenziando le morti considerate non inerenti al processo da
quelle che sono causate dal processo stesso (omicidi avvenuti da parte del governo o da parte dell’opposizione, etc.).
Inoltre, vanno distinti gli omicidi di carattere etnico che spesso sono conseguenza del processo di democratizzazione
dovuto alla liberalizzazione e all’aumento della libertà e dei diritti individuali. Per questi ed altri motivi, misurare il
tasso di violenza durante un processo di democratizzazione risulta oggettivamente parlando un compito molto arduo.
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può essere riscontrata nel fatto che la transizione è avvenuta per
lo più attraverso lo strumento elettorale e quindi di un mezzo
pacifico. Nel caso polacco, come ben noto, non ci sono stati
spargimenti di sangue inerenti al processo democratico. Le cause
possono essere ritrovate nel fatto che il regime non ha mai dato
modo al movimento di posizione Solidarnosc di muovere azioni
violente perché attaccato, portando il movimento a ricorrere
semplicemente a proteste pacifiche. Da non sottovalutare è anche
l’appoggio dell’apparato delle forze dell’ordine; queste si
troveranno in difficoltà ad agire nei casi in cui si rispecchino
maggiormente con i manifestanti, cosicché ci sarà un’azione
repressiva da parte delle ffaa qualora sia sottolineata un’effettiva
differenza (etnica, religiosa, etc.) tra i due bandi. Questo non fu il
caso polacco, che come si approfondirà nelle seguenti pagine,
dalla fine della Seconda guerra mondiale si trovò all’interno dei
confini nazionali una popolazione omogenea sotto il punto di vista
culturale, religioso ed etnico come mai prima nella storia del
paese. In conclusione, i processi di democratizzazione facenti
parte della terza ondata, si sono contraddistinti nella mancata
presenza di violenza, grazie a delle opposizioni pacifiche e
(soprattutto nel caso polacco) al grande ruolo ricoperto dalla
Chiesa cattolica, promotrice di una transizione pacifica volta alla
non violenza.
45
2.2 Caso polacco: premesse e peculiarità
Partendo dall’analisi del caso polacco, lo Stato si formò nel 1945
come conseguenza delle vicissitudini della Seconda guerra
mondiale, trovandosi a vivere un insieme di cambiamenti su tutti
i fronti quale quello sociale, politico e geografico oltre che una
profonda crisi economica ineguagliabile a nessun altro caso
europeo. Infatti, il paese era in ginocchio, si trovava a vivere una
situazione di estrema povertà e disordine causati dalla Seconda
guerra mondiale. Come sottolinea Franco Bertone nel suo libro
L’anomalia polacca:
“La totalità dei danni inflitti dalla guerra […] veniva
valutata in circa 90 miliardi di zloty anteguerra, vale a dire
una somma pari a cinque volte il reddito nazionale. Su
30.000 imprese esistenti nel 1939 ben 19.600 erano state
completamente distrutte; demolito il 40 per cento della
rete ferroviaria e circa il 50 per cento delle stazioni, il 60
per cento dei ponti ferroviari fatto saltare con l’esplosivo
e distrutta più di metà delle locomotive”.
49
A livello di confini, le sorti del paese furono decise nel 1943 dai
tre grandi del momento (Churchill, Roosevelt e Stalin) nella
conferenza di Teheran e successivamente nel 1945 nella
Conferenza di Yalta. Rispetto all’anteguerra, la Polonia perse
circa il 20% dei suoi territori ad est (ceduti all’URSS) acquisendo
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Bertone F. (1981), L’anomalia polacca. I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica. Roma: Editori Riuniti pag.89
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però ad ovest “480 chilometri di litorale lungo il Baltico”
50
sino
alla linea Oder-Neisse, rendendo così il paese più compatto ed
unito sotto il punto di vista culturale, linguistico e religioso.
Inoltre, i territori acquisiti a occidenti, facevano parte dello Stato
tedesco, ed anche se devastati dalla guerra erano molto più ricchi
di risorse rispetto quelli persi ad oriente. Sotto il punto di vista
demografico la situazione era al limite; a causa della guerra,
dell’epidemie, delle carestie e soprattutto per le deportazioni
tedesche, “nel 1946 la nuova Polonia contava solamente 24
milioni di abitanti rispetto ai 35 milioni del 1939”
51
. Oltre al
numero molto elevato di morti, altrettanti erano i feriti di guerra,
gli orfani e chi migrava verso situazioni di vita migliori, creando
così un vuoto produttivo pari ai due quinti della popolazione
totale. Anche l’élites politica e sociale fu considerevolmente
compromessa. Politicamente (e militarmente) parlando, dal 1944
lo stato si trovava sotto il controllo del Comitato di Liberazione
Nazionale (in opposizione al governo polacco rifugiatosi a
Londra) appoggiato dai russi, tanto che le alte cariche politiche
erano tutte nelle mani di esponenti comunisti ed il Ppr, anche se
in fase di consolidamento, aveva già acquisito un certo appoggio
popolare. È a partire dell’immediato secondo post-guerra che la
Polonia vide intraprendendo un processo verso il comunismo;
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Lukowski J. E Zawadzki H. (2012), Polonia, il paese che rinasce, Nova Gorica (Slovenia): Grafika Soca d.o.o.
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sotto il profilo economico si era progettata un’economia mista con
l’avvio, nel 1946, di una graduale nazionalizzazione di tutte quelle
imprese industriali che soddisfacevano alcuni requisiti minimi,
oltre che delle miniere e delle nuove terre occidentali. Anche nel
settore artistico e culturale iniziava a diffondersi a macchia d’olio
un controllo da parte dell’alto, attraverso lo strumento della
censura ed il controllo delle pubblicazioni e trasmissioni, anche se
ancora non si parlava una reale “revisione ideologica”
52
.
Nonostante la Polonia non apparisse definitivamente schierata
verso il fronte sovietico, molto forti furono le pressioni per la
amministrazione del potere politico e militare. Questi disaccordi
per la gestione del potere e per il bando da seguire crebbero di
intensità, tanto da avere i tratti di una vera e propria guerra civile,
dove da una parte era schierato lo Stato provvisorio (spalleggiato
dall’URSS) e dall’altra gruppi di resistenza anticomunisti
(denominati battaglioni delle foreste) i quali resistettero fino il
1947, anno in cui anche gli ultimi gruppi vennero sterminati e
parallelamente morì la speranza di una ritirata sovietica su
territorio polacco.
Politicamente parlando, la grande influenza sovietica fece sì che
il partito comunista locale prendesse gradualmente la direzione
totale del paese fino ad arrivare al grande broglio elettorale del
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Lukowski J. E Zawadzki H. (2012), Polonia, il paese che rinasce, Nova Gorica (Slovenia): Grafika Soca d.o.o.
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referendum del 1946, dove attraverso il controllo serrato delle
commissioni, i comunisti riuscirono ad ottenere una “vittoria”
schiacciate e di conseguenza a trasformare la Polonia in un paese
satellite di Mosca. Si formò così, nel 1947, il nuovo governo
filocomunista guidato da Cyrankiewicz (rimasto al potere fino al
1970). Ultimo e definitivo passo che convertì la Polonia in un
paese comunista, fu nel 1952, quando Stalin emanò in prima
persona la nuova Costituzione in cui “la classe operaia fu definita
‘la classe sociale dominante’ e venne proclamata la Repubblica
popolare di Polonia”
53
. L’intero paese fu riorganizzato sotto i
principi dello Stalinismo: si avviò un’economia pianificata, fu
istituito un apparato di sicurezza e polizia esteso e repressivo oltre
che ad un forte controllo sulla popolazione civile.
Solo con la morte di Stalin nel 1953 e l’avvio al processo di
destalinizzazione (avviato da Khrushchev), in Polonia inizia a
svilupparsi la speranza di una maggiore autonomia politica e
nazionale rispetto il potere centrale sovietico, con la conseguente
creazione di un comunismo polacco, più vicino alle necessità della
popolazione. Nel paese, difatti, il sistema produttivo era
principalmente improntato sull’industria pesante senza
l’inversione in industrie per prodotti primarie. Inoltre, il sistema
primario, tipico di un paese comunista, era incentrato sulla
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Lukowski J. E Zawadzki H. (2012), Polonia, il paese che rinasce, Nova Gorica (Slovenia): Grafika Soca d.o.o.
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collettivizzazione di terre attraverso l’esistenza di cooperazioni
agricole; questo sistema si scontrava con quello tradizionale
polacco in cui le terre erano divise tra piccoli proprietari terrieri.
Alla morte di Stalin, la Polonia viveva una situazione critica:
condizioni lavorative al limite, infrastrutture fatiscenti, sistema
produttivo inadeguato. Con questo background alle spalle, a
partire dell’ottobre del 1956, gli operai iniziano dapprima
assemblee che successivamente si trasformano in manifestazioni
e scioperi per ottenere una maggiore libertà politica, economica e
sociale. Il popolo polacco non voleva assolutamente uscite dal
patto di Varsavia, ma cercava una via nazionale al comunismo che
potesse inglobare la realtà cattolica e adattarsi ad un sistema
produttivo adatto al territorio. La reazione dell’URSS sarà simile
in tutti i territori satelliti e sintetizzabile con il concetto di
normalizzazione
54
.
2.3 Attori nel processo democratizzazione polacco
La transizione polacca, come accennato nella premessa iniziale
del capitolo, è il risultato di eventi previ il crollo del muro di
Berlino, riconducibili per lo meno a partire dal 1980.
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Con questo concetto si intende l’intervento armato sui territori in cui è presente una minaccia al comunismo, con lo
scopo finale di “riappacificare” militarmente le mobilitazioni, tornando alla situazione anteriore di calma e pace.
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