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INTRODUZIONE
La pressocolata di leghe leggere è una tecnologia in grado di realizzare un rateo
produttivo estremamente elevato, ma allo stesso tempo risulta essere molto complessa e
governata da numerosi parametri di processo a causa anche delle alte temperature
raggiunte che evolvono in tempi ridotti provocando severi gradienti termici. La gestione
termica degli stampi e dei suoi componenti è oggetto di numerosi studi volti
all’ottimizzazione dei tempi di ciclo, all’eliminazione dei difetti prodotti nei getti ed
all’allungamento della vita utile del costoso impianto e delle sue parti. Il presente lavoro
si concentra su un componente dello stampo, ovvero su un inserto (uno dei sei che sono
presenti nel modello) che realizza un canale di discesa dell’olio in un blocco motore a cui
è demandato il compito di raffreddare in maniera uniforme le diverse zone del getto per
prevenire difettosità, ritiri localizzati e distorsioni causate da punti caldi. Quest’inserto è
oggetto di frequenti sostituzioni per colpa delle sollecitazioni cicliche di natura sia
termica che meccanica che insieme generano affaticamento termo-meccanico con
conseguente inevitabile rottura.
Per effettuare una verifica a fatica di un componente soggetto ad una simile sollecitazione,
c’è bisogno della conoscenza delle sollecitazioni di origine termica, in particolare è
necessario studiare i transitori termici di riscaldamento e raffreddamento per generare una
mappa delle temperature. Deve poi seguire un’analisi strutturale avendo il campo di
temperature precedentemente ricavato come parametro di carico più eventuali carichi di
origine meccanica da sovrapporgli. In questo lavoro saranno condotte analisi termo-
strutturali agli elementi finiti con lo scopo di fornire i parametri necessari per un’analisi
a fatica. Nel primo capitolo viene presentata la tecnica di pressofusione a partire dalle sue
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origini storiche fino ai più recenti sviluppi, come la pressocolata in semi-solido con
particolare attenzione alla pressocolata di leghe leggere. Nel secondo capitolo vengono
descritti gli stampi e gli inserti, le loro caratteristiche di montaggio, i materiali impiegati,
i difetti tipici e viene approfondito il fenomeno della fatica termica che li interessa. Nel
terzo capitolo l’attenzione si concentra sulla termica degli stampi: dopo aver esposto le
fasi di un ciclo di pressocolata se ne fa un’analisi termica basata sui fondamenti della
trasmissione di calore. Il capitolo si conclude con una panoramica sui sistemi di
raffreddamento comunemente impiegati. Il quarto capitolo vuole approfondire il
fenomeno della fatica termomeccanica, sia dal punto di vista teorico, esponendo i
principali metodi di calcolo, sia dal punto di vista della simulazione, attraverso la
presentazione del modello di fatica basato sulla teoria del professore H.Sehitoglu adottato
da alcuni software commerciali. Il quinto ed il sesto capitolo rappresentano il cuore di
questo lavoro, questi contengono i risultati delle analisi termostrutturali condotte
sull’inserto. In particolare, nel sesto ed ultimo capitolo, le analisi vengono ripetute su uno
stesso inserto realizzato in additive manufacturing che presenta dei canali di
raffreddamento conformati con lo scopo di mettere a confronto questi risultati con quelli
precedentemente ricavati sull’inserto realizzato attraverso tecnologie convenzionali. Si
metteranno in luce le profonde differenze dal punto di vista dello smaltimento del calore
e dei tempi di ciclo; differenze che si ripercuotono sulla riuscita dei getti e sulla durata
dell’inserto.
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Capitolo 1
Pressocolata
1.1 – Cenni storici
La pressocolata rientra nei processi di fonderia in forma permanente in cui il metallo fuso
viene iniettato ad alta pressione all’interno dello stampo metallico. La comparsa di questa
tecnica risale alla prima metà del 1800, fu brevettata nel 1849 ed utilizzata
prevalentemente per la realizzazione di tasti per macchina da scrivere. Bisognerà
attendere il 1892 per lo sviluppo in settori commerciali e solo i primi del ‘900 per vedere
la tecnologia applicata alla produzione di massa di un gran numero di componenti. Negli
anni il numero di leghe applicabili a questa tecnologia è aumentato; a partire dalle
primissime leghe di stagno e piombo, poi superate nel 1914 dalle leghe di zinco ed
alluminio, fino a quelle di rame e magnesio comparse per la prima volta negli anni ’30.
In ogni caso la pressocolata si estende ad un numero limitato di materiali a bassa o media
temperatura di fusione. Nel 1904 iniziarono ad essere prodotti dall’azienda H.H. Franklin
Company diversi componenti destinati alla fiorente industria automobilistica, risale al
1905 una delle prime macchine per la produzione di componenti in lega di zinco
brevettata da Herman H.Doehler. Nel 1920 compare la macchina per pressocolata a
camera calda in grado di contenere metallo fuso a sufficienza per diversi cicli, ma che per
questo si applicava solo alle leghe a bassa temperatura di fusione e non per quelle
medio/alto-fondenti le quali, date le elevate temperature richieste, ed il contatto
prolungato con le pareti della camera di iniezione, sarebbero sicuramente risultate
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inquinate dal metallo costituente la camera stessa. Con l’intento di estendere la tecnologia
all’ottone, segue la macchina ad iniezione verticale a camera fredda di Josef Polak del
1927, nella quale il metallo fuso viene colato manualmente in un canale di iniezione. La
stessa si dimostrò essere particolarmente adatta alla pressocolata dell’alluminio. Nel
Dicembre del 1955 la tecnologia viene per la prima volta sperimentata per la realizzazione
di un blocco cilindri in lega di alluminio: fu progettato uno stampo per un motore a 6
cilindri ad uso della Kaiser Corporation avente un peso di 25 tonnellate e testato su una
macchina di 2000 tonnellate. I risultati di questa sperimentazione furono ripresi più tardi,
nel 1960, per la messa in produzione della Rambler dell’American Motors Corporation.
Poco dopo si pose il problema della sicurezza degli operatori, i quali non potevano
trasportare tali quantità di metallo fuso senza essere assistiti, allora iniziarono ad essere
ingegnerizzati nuovi sistemi automatici per il trasporto che si evolsero in sistemi sempre
più complessi e sofisticati che richiesero maggiori competenze per gli addetti, ma
soprattutto la disponibilità di maggior capitale. I principali vantaggi di questa tecnica
innovativa consistono nell’elevato rateo produttivo e nella possibilità di realizzare in
modo semplice getti di piccole dimensioni e/o aventi forme complesse; grazie alla
possibilità di realizzazione di spessori minori e all’automazione del processo sempre più
spinta, i costi di fabbricazione dei pezzi pressofusi grezzi diminuisco progressivamente.
Si contrappone a questo calo dei costi variabili, un aumento importante dei costi fissi da
sostenere per la realizzazione dell’impianto, i quali dovranno quindi essere bilanciati da
un congruo incremento del volume produttivo, intento che appare possibile considerati i
ridottissimi tempi di ciclo dovuti alle elevate velocità di colata delle leghe. La
pressocolata è infatti il sistema che provoca il più rapido raffreddamento del getto sia per
la forte turbolenza indotta nel fuso sia per l’elevata conducibilità termica delle forme
metalliche, ciò rende possibile realizzare alte frequenze di colata.
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1.1 – Pressocolata di leghe leggere
La pressocolata si va rapidamente estendendo nel campo dei metalli non ferrosi come il
processo più rapido per arginare la concorrenza delle materie plastiche, ad esempio per
gli accessori interni delle automobili e per tutte le parti che, se realizzate in metallo,
richiederebbero particolari trattamenti superficiali. La pressocolata oltre che nei
tradizionali impieghi delle leghe di zinco e magnesio, si è ampiamente estesa anche a
quelle di alluminio. La tecnica fusoria di pressocolata si distingue in pressocolata in
camera calda e pressocolata in camera fredda. Nel primo caso il metallo fuso viene
costantemente mantenuto in temperatura all’interno di un serbatoio che è parte integrante
della macchina nel quale si trova anche il sistema di iniezione che spinge il metallo fuso
lungo un condotto detto “a collo d’anatra”. Nel caso della pressocolata in camera fredda,
la lega da colare viene mantenuta a temperatura in forni fusori separati e trasportata da
una siviera attraverso la quale sarà colata all’interno della camera di iniezione. La
sostanziale differenza tra i due sistemi sta nella temperatura di fusione della lega: leghe
aventi basso punto di fusione, come le leghe di zinco o piombo, ben si prestano alla colata
in camera calda, mentre le leghe aventi più alto punto di fusione, come quelle di magnesio
e di alluminio, devono necessariamente essere impiegate per la colata in camera fredda.
La motivazione risiede nel fatto che nella pressocolata in camera calda il serbatoio
contenente il fuso deve essere mantenuto costantemente ad una temperatura superiore a
quella di fusione di lega, circostanza che nel tempo danneggerebbe le pareti dello stesso
serbatoio inquinando il bagno fuso. In basso sono mostrati gli schemi relativi al processo
di colata in camera calda ed in camera fredda.
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Le leghe di alluminio, grazie alle loro caratteristiche di leggerezza, resistenza meccanica
e alla corrosione, trovano largo impiego in numerosi ambiti dell’ingegneria.
Caratteristiche quali la buona duttilità e la bassa temperatura di fusione di questi materiali
rendono convenienti tecnologie di deformazione plastica e di fonderia non praticabili con
altri metalli. L’alluminio puro è caratterizzato da ottime proprietà quali conducibilità
termica ed elettrica, ma da scarse proprietà meccaniche; per questa ed altre ragioni, tra
cui ad esempio la necessità di aumentarne la fluidità, viene utilizzato in lega con altri
elementi.
Il minerale da cui si parte per la produzione dell'alluminio è la bauxite, un ossido idrato
dell'alluminio che contiene dal 50 al 60 % di Al2O3 (allumina), dall' 1 al 20 % di Fe2O3
(ematite), dall'1 al 10 % di SiO2 (silice), minori quantità di titanio, zirconio, vanadio ed
altri minerali contenenti gli ossidi dei metalli di transizione, con un contenuto di acqua
che varia dal 20 al 30 %. La bauxite è purificata con il processo Bayer dal quale si ricava
ossido di alluminio e successivamente, tramite il processo elettrolitico Hall-Héroult, si
ottiene l’alluminio puro caratterizzato da una purezza che si aggira intorno al 99,5%. Si è
stimato che per realizzare una tonnellata di alluminio puro sono necessarie 4 tonnellate
di bauxite le quali produrranno 2 tonnellate di ossido di alluminio, nel processo vengono
Figura 1.1 – Schema di una macchina per pressocolata a
camera calda (a) e a camera fredda (b)
a) b)