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ABSTRACT
Introduzione: Gli infermieri del S.E.T. 118 di Torino e Provincia lavorano
spesso come team leader (in autonomia) sull’ambulanza e si trovano talvolta
nelle condizioni di dover decidere se rianimare e se (e quando) interrompere la
rianimazione di pazienti in arresto cardiaco (A.C.C.).
Obiettivo: Valutare le modalità di gestione dei pazienti in A.C.C in relazione
alle decisioni di fine vita degli infermieri del S.E.T. 118.
Metodologia: È stato creato un questionario semi-strutturato composto da 25
domande, distribuito in forma anonima agli infermieri che lavorano sui mezzi di
soccorso avanzato di base (M.S.A.B) allo scopo di indagare le decisioni di fine
vita attraverso domande tese a esplorare: la formazione, la gestione globale
dell’A.C.C., gli elementi di valutazione per le decisioni di fine vita ed aspetti
organizzativi e medico legali, anche tramite sei casi clinici. Sono state calcolate
frequenze, medie, mode e range.
Risultati: Il questionario è stato compilato da 62 (57%) infermieri su 109 che
svolgono turni sul M.S.A.B.; l’età media è 45 anni ed il titolo prevalente è la
Laurea Triennale (55%); il 98% (61) è in possesso del corso di rianimazione
avanzata (A.L.S.). Il 52% (32) svolge più di 5 (40%) dei propri turni sul
M.S.A.B.; mediamente gli infermieri riferiscono di trattare 2 arresti cardiaci al
mese ciascuno su M.S.A.B. Tra le caratteristiche che influiscono maggiormente
sulla decisione circa la rianimazione vi sono: la patologia oncologica terminale
nota (95%, 58), l’arresto testimoniato (82%, 50), il massaggio cardiaco già in
corso all’arrivo (70%, 43), l’allettamento/disabilità gravi (66%, 40) e l’arresto
occorso da meno di 10 minuti (64%, 39). Per il 65% (40) degli infermieri l’ansia
in tali momenti è limitata (media: 4/10, moda 1) ma la tutela legale è percepita
inadeguata (media: 4/10 moda 1). Gli infermieri si accordano per lo più con il
medico di C.O. (92%, 57) e con i parenti (85%, 53) per sospendere la
rianimazione.
Discussione: Le caratteristiche che influiscono maggiormente sulla decisione
di rianimare appaiono per lo più in linea con la letteratura. Gli infermieri sono
esperti e formati secondo le L.G. A.L.S. e il corso A.B.C.D. 118; ciò nonostante
non sempre si rilevano comportamenti uniformi nelle decisioni di fine vita, si
rileva infatti una difformità/discrepanza media delle risposte del 15% (range:
8%-28%). La normativa nazionale e la letteratura in merito alle decisioni di fine
vita ad opera di personale “non medico” è attualmente poco chiara su alcuni
aspetti; pertanto gli infermieri sentono la necessità di avere protocolli (58%)
nonché un confronto con il medico della C.O. (92%) e con i parenti (85%).
Conclusione: Gli infermieri che operano in autonomia sul S.E.T. 118
assumono talvolta decisioni di fine vita; tuttavia, sarebbero necessari percorsi
condivisi a tutela delle proprie decisioni, nonché percorsi di formazione centrati
sugli aspetti medicolegali e bioetici legati alla propria attività.
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1. INTRODUZIONE
I dati Istat circa le cause di morte indicano, nel 2017, le malattie ischemiche del
cuore come la principale cagione di decesso nel nostro paese
1
.
La portata e la significatività di questi dati, che si dimostrano peraltro perpetrati
nel tempo, non possono che essere all’attenzione di tutti gli operatori sanitari,
tanto più di coloro i quali sono inquadrati in realtà di area critica. In particolare,
tutti gli operatori impiegati nel Servizio di Emergenza Territoriale (S.E.T. 118)
che hanno una notevole probabilità di incontrare e trattare, urgenze
cardiologiche e non solo.
Gli infermieri operano, a seconda delle differenti realtà organizzative, talvolta
anche come unico Sanitario presente a bordo di un mezzo di soccorso del 118
ovvero sui Mezzi di Soccorso Avanzati di Base (M.S.A.B.), così detti “India”.
Come è purtroppo noto, una grave evoluzione, è l’insorgenza dell’arresto
cardiaco, ovvero l’interruzione dell’attività meccanica del cuore, confermata
dall’assenza di un polso rilevabile, dalla mancata reattività agli stimoli e dalla
presenza di apnea o di un respiro agonico
2
. Su scala europea si conta che tra
le 55 e le 113 persone ogni 100'000 abitanti (350’000-700'000 persone all’anno)
siano colpite da una sindrome coronarica acuta (S.C.A.) che rapidamente
evolve in fibrillazione ventricolare (F.V.), in tachicardia ventricolare (T.V.)
oppure in asistolia
3
.
La relazione che intercorre tra tali eventi di morte e l’assistenza offerta dalla
figura infermieristica in autonomia, soprattutto in materia di decisioni di fine vita,
è l’oggetto fulcro dell’attenzione di tale elaborato. Si tratta, infatti, di un tema
considerabile attuale sia per la proporzione epidemiologica e etica del
fenomeno, che pone inoltre in rilievo la crescita professionale della figura
infermieristica cui stiamo assistendo negli ultimi due decenni, alla quale è
conseguito il corrispettivo aumento di responsabilità nonché di autonomia
decisionale. Nella dissertazione di simili argomenti, non ci si può sottrarre quindi
dal trattare aspetti legislativi e giurisprudenziali da una parte, e dall’altra, aspetti
bioetici relativi alle scelte di fine vita.
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Per riflettere in modo quanto più possibile completo sugli aspetti che legano gli
Infermieri del Servizio di Emergenza Territoriale alle decisioni di fine vita
nell’ambito dell’emergenza extraospedaliera, si rende necessario anzitutto
ripercorrere brevemente quale sia l’organizzazione del Sistema di Emergenza
Sanitaria in Italia ed in particolare in Regione Piemonte.
Fatta chiarezza circa il background fondamentale entro cui si pone la
dissertazione, il percorso persegue quindi l’obiettivo generale di valutare quali
siano le modalità di gestione dei pazienti colpiti da arresto cardiocircolatorio,
relativamente alla presa di decisioni attuate dagli infermieri del S.E.T. 118 di
Torino e Provincia.
Per seguire dunque la mira enunciata, l’iter intrapreso non può privarsi di
analizzare attentamente e di basare la successiva discussione sulle più recenti
Linee Guida per il trattamento avanzato dell’arresto cardiocircolatorio, facendo
principalmente riferimento ai dettami delle Linee Guida proposte da E.R.C.
(European Resuscitation Council) nel 2015
3
; ciò senza dimenticare le
considerazioni bioetiche insite nella professione e nel contesto specifico.
È proprio da una approfondita revisione della letteratura internazionale che è
scaturita l’attenzione verso un notevole numero di studi che hanno l’obiettivo
comune di definire dei fattori predittivi circa l’esito di una rianimazione
cardiopolmonare; ciò che ha maggiormente attratto interesse è il fatto di aver
potuto constatare che una significativa quantità di queste produzione dedicasse
la propria attenzione all’elaborazione di predictors di merito da dedicare a
personale tecnico del Servizio di Emergenza.
Dalla lettura di questi studi è nata altresì la suggestione di relazionare quanto
proposto in questi studi con l’attuale stato dell’arte da parte di Professionisti
Sanitari adeguatamente formati come gli Infermieri del Servizio di Emergenza
Territoriale.
In relazione a ciò, è necessario ricordare che in Regione Piemonte, allo stato
attuale, non sono presenti dei protocolli operativi standardizzati nei quali
l’infermiere possa trovare tutti gli algoritmi di trattamento del paziente sulla base
della semeiotica e/o patologia, sebbene al momento della stesura dell’elaborato
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siano in fase di elaborazione dei percorsi situazionali; pertanto sono riferimenti
nella pratica da una parte le linee guida, come nel caso del trattamento
dell’arresto cardiaco, dall’altra l’eventuale consulto telefonico con figure esperte
quale può essere il Medico responsabile presente in Centrale Operativa.
Al fine di rendere la persecuzione dell’obiettivo più pregnante e realistica, si è
deciso inoltre di indagare quale sia la realtà contingente e quotidiana, tramite
l’intervista, per mezzo di questionario, rivolta agli infermieri dei Mezzi di
Soccorso presenti sul territorio di Torino e Provincia, relativamente ai
comportamenti assunti di fronte alla decisione di fine vita in assenza della figura
medica sul posto.
1.1 IL SERVIZIO DI EMERGENZA TERRITORIALE (S.E.T.) ED IL RUOLO
DELL’INFERMIERE DEL 118
Il Servizio di Emergenza Territoriale nasce ufficialmente in Italia nel 1992, con
Decreto del Presidente della Repubblica
4
, ed anzitutto la prima grande
innovazione che comporta è l’istituzione del numero unico e gratuito per la
chiamata al soccorso sanitario, rappresentata allora dal numero 118, cui la
risposta viene garantita da una o più centrali operative per ogni regione.
Recentemente questo identificativo telefonico è stato sostituito, soprattutto nel
corso dell’anno 2017, dal Numero Unico di Emergenza 112 (N.U.E.), come da
direttive dell’Unione Europea, il quale è utile a chiamare ogni tipologia di
soccorso
5
.
Oltre all’istituzione del numero 118, il Decreto De Lorenzo prevedeva, come altri
capisaldi, l’integrazione del servizio pubblico con il volontariato, l’identificazione
dell’Infermiere, allora detto “Professionale”, come figura operativa della Centrale
e l’attribuzione della responsabilità ad un medico responsabile nonché
l’identificazione dei tipi e dei tempi d’intervento di soccorso.
Oggigiorno infatti, le differenze tra le varie realtà regionali della penisola sono
evidenti, offrono un momento di riflessione dati quali la percentuale di
medicalizzazione delle ambulanze per ciascun intervento-il medico è presente
nei soccorsi preospedalieri nel 100% dei casi in Molise e nel 20% in Basilicata
6
-
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così come anche la presenza dell’infermiere sulle ambulanze è molto variabile
tra regioni e regioni ed a volte anche in relazione al territorio di riferimento.
Una grande innovazione, a tal proposito, portata dallo storico avvento del
Sistema 118 è stata proprio l’introduzione del Personale Sanitario a bordo dei
mezzi di soccorso, nelle figure sia mediche che infermieristiche, compresenti
oppure in autonomia. Si sono pertanto delineate in base a ciò, differenti
tipologie di Mezzi di Soccorso, sulla base delle professionalità operanti sul
mezzo; pertanto si sono così distinti:
- Mezzi di Soccorso Avanzato (M.S.A.), con figura medica ed infermieristica
- Mezzi di Soccorso Avanzato di Base (M.S.A.B.), su cui opera la figura
infermieristica come responsabile dell’equipe.
- Mezzi di Soccorso di Base (M.S.B.) su cui operano solamente soccorritori
laici
In Piemonte il Servizio di Emergenza Territoriale 118 fu introdotto ufficialmente
il primo gennaio del 1993, mentre nel 1994 vengono inserite le prime
ambulanze medicalizzate, dapprima solo sul territorio della città di Torino,
successivamente su tutto il territorio regionale.
All’interno della Città Metropolitana di Torino si ritrovano, oggigiorno, un numero
pari a 30 M.S.B. in forma continuativa, a cui se ne possono aggiungere 90 in
forma estemporanea, 22 M.S.A. e 7 M.S.A.B. Su questi ultimi, che
rappresentano l’oggetto focale del presente elaborato, la Regione ha previsto
che l’infermiere abbia a disposizione pressoché tutti i dispositivi ed i farmaci in
dotazione al M.S.A. (ad esclusione dei farmaci stupefacenti), (allegato n.3).
1.1.1 ANALISI DEL CONTESTO DELLA REALTA’ DELLA CITTA’
METROPOLITANA DI TORINO
Gli infermieri operanti presso il S.E.T. della Città Metropolitana di Torino e
Provincia sono enumerabili in un totale di 149, suddivisi in sette sedi dislocate
all’interno del territorio; in cinque delle sette sedi è presente almeno un
M.S.A.B. (infermiere come responsabile dell’equipe), mentre in due sedi vi sono
esclusivamente M.S.A. (medico e infermiere a bordo). Nel corso della mensilità