5
Introduzione
La problematica connessa all’abuso di informazioni privilegiate ha suscitato
negli ultimi anni molteplici riflessioni ed analisi non soltanto all’interno del dibattito
giuridico, ma anche in quello politico ed economico. Sembrerebbe, oggi,
prendendo in considerazione i grandi scandali finanziari che recentemente hanno
investito i sistemi economici occidentali, che i reati di market abuse stiano
attraversando una nuova «età dell’oro di proporzioni forse maggiori di quella che
segnò i mercati degli anni ’30: la tentazione di alterare il corso dei valori non solo
non è stata estirpata, ma pare aver trovato un nuovo terreno fertile nei mercati
finanziari».
1
Il presente lavoro si articola in tre capitoli e si pone altrettanti obiettivi. Il
primo, punto di partenza da cui muove la riflessione, è quello di cercare di indagare
e ricostruire le origini storiche del fenomeno di insider trading attraverso l’analisi
dell’esperienza degli Stati Uniti, paese che per primo al mondo nel 1934 ha avuto
l’audacia di emanare una disciplina della materia come reazione alle scandalose
situazioni che si erano formate sul mercato mobiliare.
Solo attraverso l’esame della disciplina nord-americana sull’insider trading e
del relativo iter giurisprudenziale risulta infatti possibile comprendere il successivo
sviluppo del fenomeno in ambito europeo e nazionale.
Dopo aver passato in rassegna le tappe fondamentali dell’evoluzione della
disciplina statunitense, si è poi dedicata l’ultima parte del primo capitolo allo studio
del recentissimo disegno di legge noto come Insider Trading Prohibition Act, il quale
rappresenterà, nell’ipotesi in cui diventi legge, una svolta significativa all’interno
della normativa americana sull’insider trading, portando un po’ di ordine in un sistema
costituito prevalentemente da precedenti giudiziari e che sempre più spesso è stato
criticato per mancanza di determinatezza.
Nel secondo capitolo, invece, si è scelto di sottoporre a disamina la
normativa eurounitaria per capire il percorso che ha condotto l’Unione europea
1
M. VIZZARDI, Manipolazione del mercato: un doppio binario da ripensare? in Rivista italiana di diritto
processuale penale, 2006, p. 707
6
(all’epoca ancora Comunità economica europea) e successivamente l’Italia a
sviluppare una propria disciplina anti-insider trading idonea a fronteggiare un
fenomeno che incominciava ormai a propagarsi anche al di là degli Stati Uniti,
minacciando i mercati europei.
L’analisi si è quindi incentrata sulle fonti comunitarie: dalla prima Direttiva
in materia, la n. 89/592/CEE, per poi passare alla successiva la n. 2003/6/CE ed
infine all’attuale binomio normativo costituito dal Regolamento (UE) n. 596/2014
e dalla Direttiva n. 2014/57/UE.
L’indagine prosegue sul versante domestico, focalizzando l’attenzione sulle
modifiche apportate alla disciplina italiana dell’abuso di informazioni privilegiate
dal controverso Decreto legislativo n. 107/2018. Sul punto, il lavoro mette in luce
le persistenti aporie che tuttora contraddistinguono l’insider trading nazionale
rispetto a quello delineato a livello comunitario.
L’ultima parte, infine, si preoccupa di affrontare la questione più spinosa e
dibattuta di tutta la normativa italiana anti-insider trading: si tratta della sistematica
punitiva degli abusi di mercato caratterizzata da un assetto sanzionatorio
«ipermuscolare» ed efficientista in forza del quale sul medesimo fatto incidono sia
sanzioni penali (irrogate dal giudice penale), sia sanzioni amministrative
(comminate dalla Consob).
Il meccanismo «a doppio binario» sul medesimo fatto è stato da tempo
additato dalla dottrina come difficilmente compatibile con il principio di
proporzionalità ed extrema ratio che dovrebbe orientare il ricorso al diritto criminale.
Ai dubbi di legittimità della disciplina sollevati a livello interno, si sono poi aggiunti
quelli sul piano convenzionale e quelli provenienti dalla Corte di Giustizia
dell’Unione europea.
Proprio attraverso il raffronto tra le varie evoluzioni interpretative sul tema,
si è quindi cercato di capire se e in che misura l’attuale meccanismo del cumulo
sanzionatorio, penale e amministrativo, degli abusi di mercato sia o meno
compatibile con il principio del ne bis in idem così come interpretato dalla Corte di
Strasburgo e, a livello comunitario, dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
7
CAPITOLO I
Le origini statunitensi dell’istituto
SOMMARIO: 1. Descrizione del fenomeno – 2. Liceità dell’insider trading v. illiceità
dell’insider trading: teorie a confronto – 3. Gli interessi tutelati dalla fattispecie ex art. 184 del
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) – 4. L’etica alla
base della regolamentazione anti-insider trading negli Usa – 5. I primi interventi legislativi negli
Usa: il caso Strong v. Repide e il superamento della majority rule – 6. Il Securities and Exchange
Act: la Section 16 – 7. La Rule 10b-5 della Securities and Exchange Commission: i casi Cady,
Roberts & Co. e S.E.C. v. Texas Gulf Sulphur – 8. United States v. Chiarella e Chiarella v.
United States – 9. Il caso Raymond Dirks – 10. Le criticità della misappropriation theory – 11.
La teoria del temporary insider e il caso S.E.C. v. Tomé – 12. I provvedimenti legislativi più
recenti – 13. L’attuale disciplina e l’Insider Trading Prohibition Act
§ 1. Descrizione del fenomeno
Nel voler ripercorrere l’evoluzione, ormai quasi trentennale, della fattispecie
di insider trading e il ruolo primario che ha assunto all’interno del dibattito giuridico
attuale, non si può prescindere da uno sguardo all’esperienza nord-americana sia
per motivi di ordine storico sia perché tale disciplina ha direttamente influenzato
tutte quelle successivamente introdotte negli altri ordinamenti tra cui quella
dell’Unione europea (all’epoca ancora Comunità economica europea) che, con la
Direttiva n. 89/592 del 1989 si dotò, per la prima volta, di uno strumento giuridico
volto a reprimere tale condotta.
2
Appare però opportuno, prima di analizzare le
tappe più importanti dello sviluppo della normativa statunitense in tema di abuso
di informazioni privilegiate, inquadrare il fenomeno da un punto di vista descrittivo,
per poi focalizzarsi sugli interessi tutelati dalla fattispecie ex art. 184 del Testo unico
delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.).
L’espressione insider trading, di origine statunitense, significa letteralmente
«commercio dell’iniziato» ed indica l’uso di informazioni privilegiate, non ancora
note al pubblico degli investitori, da parte di soggetti che le hanno acquisite o
2
S. SEMINARA, Insider trading e diritto penale, Milano, 1989, p. 91
8
nell’ambito delle proprie mansioni professionali oppure a seguito della
comunicazione indebita da parte di un insider.
3
Infatti, quando si riveste un ruolo all’interno di una società si acquisiscono
informazioni che non sono di dominio pubblico; allo stesso modo, se si svolge
un’attività di controllo fiscale nei confronti di una società (temporary insider) si
entrerà in possesso di dati non pubblici, ma che possono rivelarsi cruciali per
conoscere in anticipo determinate scelte della società che avranno una
ripercussione diretta sulle quotazioni dei titoli dell’ente e sfruttarle in operazioni di
mercato.
4
Emblematica, per cogliere appieno tale fenomeno, la metafora cara alla
dottrina americana, secondo la quale la condotta dell’insider può essere paragonata
a quella di chi piazza una puntata conoscendo in anticipo il nome del cavallo
vincente.
5
Alla base di tale condotta è dunque ravvisabile una nota di slealtà che
deriva dall’abuso di un vantaggio conoscitivo precluso alla generalità degli
investitori.
6
Il tratto caratteristico della fenomeno è dunque rappresentato dal
dislivello informativo nel quale si realizza l’agire offensivo: il disvalore, infatti, si
identifica nella non disponibilità della notizia per il pubblico a cui corrisponde,
specularmente, un sapere maggiore da parte dell’iniziato che comporta
un’asimmetria rispetto alle condizioni di accesso alle operazioni di mercato.
7
3
N. LINCIANO-A. MACCHIATI, Insider trading. Una regolazione difficile, Bologna, 2002, pp. 13 ss.
4
R. ZANNOTTI, Diritto penale dell’economia. Reati societari e reati in materia di mercato finanziario,
Milano, 2017, p. 408
5
S. SEMINARA, Riflessioni in margine al disegno di legge in tema di insider trading, in Rivista italiana di
diritto e procedura penale, 1990, p. 565
6
S. SEMINARA, La tutela penale del mercato finanziario, in C. PEDRAZZI-A. ALESSANDRI-L.
FOFFANI-S. SEMINARA-G. SPAGNOLO, Manuale di diritto penale dell’impresa, Milano, 2000, pp.
620 ss.
7
E. AMATI, Abusi di mercato e sistema penale, Torino, 2012, p. 22 ss.
9
§ 2. Liceità dell’insider trading v. illiceità dell’insider trading: teorie a
confronto
In relazione all’insider trading l’opzione punitiva trova oggi riscontro a livello
globale. Tuttavia, fino al 1990, nei centotre Stati dotati di un mercato borsistico,
una regolamentazione di tale fenomeno era individuabile solo in trentaquattro
paesi, numero salito a ottantasette nel 1998. Per capire la ragione per cui la scelta
repressiva, adottata per la prima volta dagli Stati Uniti nel 1934, sia rimasta per
lungo tempo in uno stato di quiescenza prima di affermarsi sullo scenario mondiale,
occorre focalizzare l’attenzione su due fattori tra loro connessi.
Il primo di essi è rappresentato dalla crescita economica verificatasi nella
seconda metà degli anni ’80 e dalla volontà politica di facilitare il ricorso delle
imprese al capitale di rischio, incrementando così la fiducia degli investitori e dei
risparmiatori rispetto alla solidità del mercato finanziario; il secondo, invece, dalla
volontà della Securities and Exchange Commission statunitense di rafforzare la
repressione dell’abuso di informazioni privilegiate, dal quale derivò poi, in un’ottica
di cooperazione giudiziaria, l’esigenza per gli Stati di adottare una specifica
fattispecie penale. Questa situazione ha portato i vari legislatori nazionali ad
affrontare sul piano punitivo un fenomeno la cui lesività costituisce tuttora un
punto estremamente dibattuto.
8
Perché allora si è giunti a punire l’insider trading? Dove va ricercata l’essenza
pregiudizievole di tale comportamento? Per cercare di rispondere a questi
interrogativi risulta prima opportuno passare criticamente in rassegna le diverse
teorie circa la liceità e l’illiceità dell’insider trading.
La prima teoria a favore del fenomeno di abuso di informazioni privilegiate
è stata elaborata dagli esponenti della scuola liberista di Chicago, Manne in primis,
8
S. SEMINARA, L’evoluzione europea del diritto penale del mercato finanziario nella prospettiva italiana, in
AA. VV., Il diritto penale nella prospettiva europea. Quali politiche criminali per quale Europa, (a cura di)
S. CANESTRARI e L. FOFFANI, A. Giuffrè, Milano, 2005, pp. 223 ss.
10
ed è giunta a sostenere, attraverso considerazioni di analisi economica del diritto,
l’utilità dell’insider trading sotto due aspetti fondamentali.
9
In primo luogo, si afferma che la condotta dell’insider migliori la funzione
allocativa del mercato mobiliare, dal momento che anticipa il successivo corso dei
titoli, velocizzando così il flusso delle informazioni verso gli investitori e ponendoli
nella condizione di comprendere le nuove notizie sfruttate dagli insiders.
10
Inoltre,
trasmettendo al mercato gli effetti delle notizie non ancora divulgate, si
impedirebbero brusche oscillazioni del corso dei titoli esercitando quindi una
funzione stabilizzante sul mercato stesso; ciò comporterebbe una diminuzione del
rischio degli investimenti e l’annesso aumento della liquidità delle quote
determinerebbe un incentivo per nuovi investimenti di capitale.
In secondo luogo, ad avviso di Manne, l’insider trading rappresenterebbe
un’adeguata forma di compenso per le abilità innovative dell’imprenditore, la cui
remunerazione non potrebbe, per la diversità delle attività svolte, essere equiparata
alla retribuzione spettante ai managers. Infatti, i compiti espletati da questi ultimi,
proprio per il fatto di integrare una prestazione determinabile oggettivamente,
possono essere stimati e valutati in anticipo, mentre ciò che contraddistingue
l’attività imprenditoriale è l’indeterminatezza dei risultati, da cui discende la
difficoltà di fissare previamente un compenso. L’insider trading, pertanto,
consentendo l’immediata monetizzazione dell’idea dell’imprenditore,
rappresenterebbe il mezzo remunerativo più idoneo, preferibile rispetto ad altri
come, per esempio, le stock options.
11
In definitiva, l’operato dell’insider sarebbe,
secondo tale ricostruzione, l’espressione della più generale libertà di iniziativa
economica privata e in quanto tale non punibile.
12
9
I rappresentanti di questa teoria sono H. MANNE, Insider trading and the Stock Market, New
York, 1966, e H. WU, An Economist Looks at Section 16 of the Securities Exchange Act of 1934, in
Col. Law Rev., 1968, p. 260 ss., i quali sottolineano rispettivamente la funzione di «compenso»
svolta dall’insider trading per i dirigenti societari e il suo contributo all’efficienza allocativa del
mercato mobiliare.
10
H. WU, op. cit., p. 266
11
H. MANNE, op. cit., p. 131 ss.
12
G. CARRIERO, Informazione, mercato, buona fede: il cosiddetto insider trading, Milano, 1992, p. 8
11
Questa teoria, per quanto interessante, non può però essere accolta. Come
sostenuto infatti da autorevole dottrina
13
, il successo nella gestione di una società è
il frutto del contributo di molti dipendenti. Di conseguenza, è assai arduo misurare
l’apporto di ciascuno al fine di determinare un suo «diritto» a utilizzare in borsa le
informazioni prodotte. Inoltre, è stato osservato che l’insider trading, nel significato
teorizzato da Manne, non sarebbe in verità volto a premiare un’efficiente
amministrazione della società, quanto piuttosto il mero possesso di informazioni
riservate, favorevoli o meno rispetto alle prospettive della società stessa. Con il
rischio, pertanto, di incentivare gli imprenditori a manipolare la diffusione delle
informazioni sull’impresa, in modo da produrre la massima reazione nella
quotazione dei titoli così da massimizzare il profitto.
14
In conclusione, le
argomentazioni a difesa della teoria di una liceità dell’insider trading, fondate sull’idea
della capacità remunerativa per un ristretto ceto di dirigenti, non appaiono
sufficienti per dimostrarne una generale utilità.
Contrariamente a quanto sostenuto da Manne, la dottrina prevalente a
livello internazionale sostiene gli aspetti positivi di una disciplina anti-insider trading.
La prima di queste teorie, ricollegabile al c.d. market egalitarianism, si fonda
sul principle of equal access in base al quale tutti gli investitori devono avere un pari
accesso ai dati in grado di influire sulle loro scelte: a nessuno è quindi permesso
effettuare operazioni utilizzando notizie ancora sconosciute alla generalità. Detto
principio postula dunque la necessità della regola, nota come disclose or abstain rule, il
cui scopo consiste proprio nell’equiparare le condizioni di tutti coloro che operano
sul mercato mobiliare, costringendo gli insiders a divulgare le proprie informazioni
prima di sfruttarle o altrimenti ad astenersi dall’operare in borsa. Infatti, qualora il
sistema consentisse l’utilizzazione di notizie riservate o se i risparmiatori
avvertissero la presenza di operatori meglio informati, essi non considererebbero
13
S. SEMINARA, Insider trading e diritto penale, Milano, 1989, pp. 35 ss.
14
G. CORAPI, Inside information e insider trading, in L’informazione societaria, Milano, 1982, p. 695,
che richiama le critiche alla tesi di MANNE formulate in sede di analisi economica del diritto
da R. POSNER, Economic analysis of law, Boston-Toronto, 1972, p. 183.
12
più il mercato come un’istituzione integra e si orienterebbero verso altre forme di
allocazione dei loro surplus monetari.
15
Tuttavia, l’idea secondo cui la parità conoscitiva degli investitori guidi il
mercato verso una piena efficienza e costituisca il fondamento del divieto di insider
trading, per quanto suggestiva sul piano teorico, è smentita da dati empirici.
Il principio dell’equal access è infatti inattuabile nel moderno mercato
mobiliare: l’intervento degli analisti finanziari insieme alla disponibilità di tecniche
computerizzate sempre più complesse e all’avanguardia per l’elaborazione dei dati,
permette un servizio di raccolta e di valutazione delle informazioni a cui i
risparmiatori possono accedere, dietro pagamento di un corrispettivo, ma che non
è personalmente realizzabile dalla media di essi.
16
Inoltre, un mercato così
regolamentato, e cioè perfettamente trasparente, in quanto idoneo a porre
immediatamente tutti i dati rilevanti a disposizione di tutti gli investitori,
costituirebbe la negazione del mercato stesso: verrebbe infatti meno ogni incentivo
alla speculazione poiché, per definizione, sarebbe impossibile trarre profitto dalle
proprie informazioni.
17
Né va ignorato che l’idea di quanti vedono nell’eliminazione di ogni
differenza informativa la condizione idonea ad assicurare l’uguaglianza tra gli
investitori, sconta il vizio logico di accomunare l’informazione privata a quella
privilegiata e dunque di congelare gli scambi e di togliere ai prezzi il loro ruolo
informativo.
18
Fine della disciplina dell’insider trading non è infatti quello di punire
una posizione di vantaggio sul piano dell’informazione, bensì lo sfruttamento di
una posizione di vantaggio illecitamente acquisita. In altri termini, come affermato
da Bartalena nel saggio “L’abuso di informazioni privilegiate”: «il gioco è sleale
quando le carte sono truccate, non quando uno dei giocatori è oggettivamente più
abile degli altri». Conseguentemente, basarsi su un approccio come quello ispirato
15
A. BARTALENA, La problematica dell’insider trading nel diritto inglese alla luce di un recente disegno di
legge, in Rivista delle società, 1980, p. 614
16
S. SEMINARA, Insider trading e diritto penale, Milano, 1989, p. 81
17
F. D’ALESSANDRO, L’attività di sollecitazione al pubblico risparmio, in AA. VV., Sistema finanziario
e controlli dall’impresa al mercato, Milano 1986, p. 95
18
S. BARSELLA, Insider trading e obblighi di divulgazione delle informazioni sui mercati finanziari, in
Quaderni di finanza della Consob, Roma, 1990, p. 14
13
al principle of equal access vuol dire pregiudicare lo svolgimento delle attività ritenute
utili per lo stesso buon funzionamento del mercato, ma fondate su una posizione
di vantaggio, dal punto di vista dell’informazione, non per forza illecita.
19
In
definitiva, le situazioni di asimmetria informativa rappresentano un connotato
fisiologico del mercato e dunque una caratteristica non eliminabile.
20
Nemmeno la teoria del market egalitarianism può dunque considerarsi uno
strumento in grado di valutare aprioristicamente l’illiceità del fenomeno, né
permette di capire quale sia la ratio dell’incriminazione o il bene giuridico protetto
dalla disciplina anti-insider trading.
§ 3. Gli interessi tutelati dalla fattispecie ex art. 184 del Testo unico delle
disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF)
La precisa individuazione del bene giuridico tutelato dalla fattispecie di
insider trading ha da sempre impegnato la dottrina.
21
La problematica maggiore
risiede, a fronte di un reato caratterizzato da una marcata connotazione economica,
nella difficoltà di ridurre interessi di tipo diffuso ad una concreta dimensione di
lesività.
22
Infatti, a causa dell’inafferrabilità del bene giuridico, vi è il rischio di
confondere l’oggetto della tutela con lo scopo della norma.
23
Anzitutto, nel tentativo di individuare il bene socialmente rilevante ritenuto
meritevole di protezione, non si potrà non prendere le mosse da quell’opinione,
ricollegabile alla matrice teorica del market egalitarianism, che individua il fulcro della
tutela nella trasparenza societaria, assumendo che la divulgazione di informazioni
sia elemento essenziale per il funzionamento di un sistema economico libero ed
19
Ivi, p. 89
20
F. MUCCIARELLI, Speculazione mobiliare e diritto penale, Milano, 1995, p. 7
21
S. SEMINARA, La tutela penale del mercato finanziario, in C. PEDRAZZI-A. ALESSANDRI-L.
FOFFANI-S. SEMINARA-G. SPAGNOLO, Manuale di diritto penale dell’impresa, Milano, 2000, pp.
620 ss.
22
C. PEDRAZZI, Diritto penale III. Scritti di diritto penale dell’economia, Milano, 2003 p. 306
23
F. BRICOLA, Scritti di diritto penale, II, Milano, 1997, pp. 3425 ss.
14
equo.
24
A quest’impostazione, oltre alle altre critiche già esaminate nel paragrafo
precedente, si è però obiettato come tale concetto di trasparenza sia giuridicamente
indeterminato, così da non poter elevarsi al rango di bene oggetto di tutela; inoltre
l’insider trading non di rado concerne conoscenze non ancora divulgabili da parte
degli emittenti e si può realizzare anche mediante informazioni provenienti da fonti
esterne agli emittenti stessi.
25
Non è nemmeno accoglibile la tesi secondo la quale la repressione dello
sfruttamento di una inside information miri a tutelare il diritto alla riservatezza della
società, inteso come diritto al riserbo afferente ai dati non oggetto di obbligo di
pubblicità. L’insider infatti, salvo casi particolari, non lede la sfera di riservatezza
della società, bensì utilizza a proprio vantaggio informazioni non ancora
pubblicizzate acquisite in forza del proprio ruolo funzionale. Per questo, la
violazione della sfera del segreto o della riservatezza è meramente accidentale, tanto
che già anteriormente alla l. 157/1991 la dottrina era unanime nel sostenere che
disposizioni quali l’articolo 622 c.p. o l’articolo 2622 c.c., nel testo allora vigente (in
tema di divulgazione di notizie sociali riservate) fossero adatte a tutelare il diritto
alla riservatezza in ambito societario. Peraltro, nel dettato normativo non si trova
alcun elemento di abusivismo relativo al momento dell’acquisizione della notizia, il
che sancisce l’irrilevanza di possibili violazioni di obblighi di riservatezza o di un
rapporto fiduciario da parte del possessore dell’informazione.
26
Non si vuole, dunque, realizzare una tutela intrinseca della notizia ma evitare
che l’uso anticipato della medesima possa nuocere al corretto funzionamento del
mercato.
27
È proprio il mercato azionario, nel senso della sua efficienza e della sua
liquidità, che costituisce l’oggetto della tutela della normativa anti-insider trading. Si
afferma, infatti, che lo scopo della normativa è quello di evitare che la fiducia dei
risparmiatori nel mercato, e di conseguenza la decisione di far confluire in esso il
24
C. PEDRAZZI, op. cit., pp. 129 ss.
25
S. SEMINARA, Diritto penale commerciale. Il diritto penale del mercato mobiliare, vol. III, Torino,
2018, p. 73
26
F. MUCCIARELLI, L’insider trading nella nuova disciplina del d.lgs. 58/98, in Rivista trimestrale di
diritto penale dell’economia, 2000, p. 946
27
F. SGUBBI, Abusi di mercato, in Enciclopedia del diritto. Annali, vol. II, p. 4