1
1. PREMESSA
Il primo stadio di proprietà in Italia arriva nel 1994 a Reggio Emilia dove, data
l’inadeguatezza del vecchio stadio comunale Mirabello, viene concesso a dei soggetti
privati di realizzarne uno nuovo
1
ai margini della periferia nord della città. Si registra un
incremento di questo fenomeno a partire dal 2011 a Torino con lo Juventus Stadium
dell’omonima società calcistica, proseguendo per Udine, che nel 2013 vende lo Stadio
Friuli al principale club della città, fino ad arrivare nel 2017 a Bergamo e Frosinone.
Notiamo come nelle città italiane si tratti di un fenomeno recente, rispetto ad altri Paesi
europei, tant’è che le prime disposizioni giuridiche in materia entrano in vigore il 1°
gennaio 2014 tramite la Legge 147/2013
2
.
Nel frattempo, anche nella Capitale diventa ufficiale la notizia dell’arrivo di uno stadio
privato, quando nel 2012 la società A.S. Roma S.p.a. annuncia di voler realizzare il proprio
impianto di proprietà a Tor di Valle, nel quadrante sud – ovest della città (v. Figura 1).
Questo ha fatto sì che in una città come Roma, in cui l’iniziativa privata di matrice
speculativa ha dominato il panorama urbano degli ultimi decenni, si sia acceso un forte
dibattito di fronte all’avvento di una grande opera privata come quella in oggetto,
vedendo contrapporsi chi la vede come l’ennesima occasione dei privati di speculare ai
danni della collettività e chi, invece, la percepisce come un’opportunità per la Capitale di
potersi confrontare con le più importanti metropoli europee che spesso si distinguono per
la loro abilità di veicolare grossi investimenti di capitali privati verso il conseguimento, in
tempi record, di obiettivi pubblici.
Interventi come quello in esame hanno ricadute considerevoli sull’intera città e di
conseguenza sulla qualità della vita dei suoi abitanti, dunque è più che legittimo, in questi
casi, preoccuparsi che venga perseguito l’interesse pubblico nonostante si tratti di
un’operazione privata. Si prenda come esempio la viabilità: questa tipologia di impianti
implica una particolare attenzione all’assetto del sistema infrastrutturale viario e
ferroviario
3
al fine di garantire l’accessibilità a un enorme massa di persone, andando
spesso a modificare la rete di viabilità nel quadrante di intervento con ripercussioni
sull’intero sistema urbano. Ricordiamo, entrando nel merito del caso in studio, che in
prossimità di Tor di Valle c’è l’Eur, un quartiere in cui lavorano circa 600.000 persone e per
cui se non si fa particolare attenzione a come si va a operare si corre il rischio di mandare
in crisi l’intero sistema socio-economico di quel settore.
1
Stadio Giglio attuale Mapei Stadium – Città del Tricolore.
2
La normativa che regola la costruzione di stadi da parte di soggetti privati è contenuta nei co. 303, 304 e 205, art.1,
L.147/2013 ad oggi ripresa, con alcune modifiche, nel art. 62 del D.L. 50/2017.
3
Ad esempio la realizzazione di una stazione metropolitana, uno svincolo autostradale, ecc.
2
Figura 1. Inquadramento Zona XXXIX – Tor di Valle
Fonte: Google Earth
Dal 2012 a questa parte sono quattro le giunte coinvolte
4
nel processo che dovrebbe
portare alla realizzazione dello stadio e due sono le alternative progettuali
5
alle quali sono
stati riconosciuti gli estremi di pubblico interesse
6
, ma ciononostante ad oggi le sorti
dell’impianto sportivo non sono ancora molto chiare. Inoltre è da precisare che nel caso in
esame parlare di “stadio” risulta riduttivo, in quanto l’operazione che andremo ad
analizzare nel corso di questa tesi riguarda un comprensorio immobiliare composto
principalmente da tre comparti (v. Figura 2):
• Un comparto sportivo (Comparto A1), costituito dallo stadio e attività annesse;
• Un comparto direzionale (Comparto B1), costituito da un complesso di uffici
denominato “Business Park”;
4
Alemanno dal 2012 al 2013, Marino dal 2013 al 2015, Tronca dal 2015 al 2016, Raggi dal 2016 ad oggi.
5
Durante l’amministrazione Marino sono stati riconosciuti gli estremi d’interesse pubblico del progetto attraverso la
delibera A.C. 132/2014 per poi essere ridefinito dall’amministrazione Raggi attraverso la delibera 32/2017.
6
Il riconoscimento del pubblico interesse deve avvenire tramite delibera del Consiglio Comunale come previsto dal co.
304a, art. 1, L. 147/2013 ripreso nel co. 1, art. 62, D.L. 50/2017.
3
• Un comparto commerciale (Comparto C1).
Inoltre, come possiamo notare dalla Tabella 1 in entrambe le versioni progettuali è il
centro direzionale che, in termini di cubature, pesa in maniera significativamente
maggiore sull’intero intervento (oltre il 60%) il quale, inoltre, per essere realizzato,
richiederebbe una Variante Urbanistica che permetta un incremento di edificabilità
dell’area in deroga a quanto previsto del Piano Regolatore Generale
7
, costituendo uno dei
nodi principali intorno cui orbita lo studio svolto in questo elaborato.
Tabella 1. Distribuzione percentuale di Superficie Utile Lorda (SUL) per comparto.
COMPARTO
DATI delibera 132/14
[SUL]
PESO DATI delibera 32/17 [SUL] PESO
A1 (Sportivo) 52.500 mq 15% 52.500 mq 25%
B1 (Direzionale) 281.500 mq 79.5% 139.500 mq 66%
C1 (Commerciale) 20.000 mq 5.5% 20.000 mq 9%
TOTALE 354.000mq 100% 212.000 mq 100%
Fonte: EURNOVA s.r.l. - Relazione generale di aggiornamento del Progetto, p.7
L’altro punto su cui verte l’analisi da me svolta riguarda la scelta di Tor di Valle come area
di intervento, che in relazione al suddetto Business Park pone le basi dei principali
dibattiti che si sono creati intorno alla vicenda del futuro stadio della A.S. Roma.
Che a Roma non serva un altro stadio è chiaro anche ai sostenitori della sua costruzione;
infatti il nocciolo della questione non riguarda l’impianto sportivo in sé, ma l’occasione
che l’operazione legata alla sua realizzazione potrebbe rappresentare per una città che ha
l’estremo bisogno di rompere con un passato fatto di mala - urbanistica
8
che ha portato a
generare una serie di innumerevoli disservizi oltre che l’enorme debito
9
che ancora oggi
grava sulle spalle dei romani.
7
L’area oggetto dell’intervento ricade per la maggior parte nella componente “Verde privato attrezzato” del Piano
Regolatore Generale per la quale prevede una capacità edificatoria di circa 112.000 mq di S.U.L. da cui si ricava un
eccesso, rispetto alle previsioni del PRG, di 242.000 mq di S.U.L. (354.000 mq – 112.000 mq) per quanto riguarda la
versione progettuale proposta dalla delibera A.C. 132/2014 e un eccesso di 100.000 mq di S.U.L. (212.000 mq – 112.000
mq) per quanto riguarda l’alternativa avanzata nella delibera A.C. 32/2017.
8
Una delle cause principali dell’enorme debito che grava sul città di Roma è che nell’ultimo ventennio, per il suo
sviluppo, si è ricorso principalmente all’urbanistica negoziata, una pratica in cui una pubblica amministrazione che
necessità di riqualificare una zona, ma che non dispone di abbastanza denaro per farlo, negozia finanziamenti con i
privati in cambio della concessione, a quest’ultimi, di diritti edificatori. Il principale effetto collaterale di questa
consuetudine è che permettendo al privato di costruire ulteriormente sul territorio comunale, l’amministrazione dovrà
prendersi l’onere di portare i servizi nelle nuove zone edificate andando ad indebitarsi ulteriormente.
9
Debito stimato a circa € 13,6 miliardi nel 2016 (La storia del debito di Roma, Panorama 17 giugno 2016).
4
Al fine di aiutare il lettore a riflettere sulla vicenda attraverso l’esame della
documentazione inerente le alternative progettuali proposte
10
e all’analisi delle dinamiche
che hanno portato al riconoscimento del pubblico interesse della prima versione del
progetto
11
fino alla sua ridefinizione
12
, ho ritenuto opportuno intervistare personalmente
due figure di rilevo individuate come rappresentative dei due principali poli di questo
dibattito, che sono:
• l’architetto Giovanni Caudo, assessore alla trasformazione urbana della giunta
Marino, promotore del progetto nella sua versione originale e che ha collaborato in
prima linea per la definizione della pubblica utilità dell’opera;
• l’ingegner Paolo Berdini, ex assessore all’urbanistica della giunta Raggi, noto per il
suo scetticismo in merito allo stadio e per la sua contrarietà nel costruirlo a Tor di
Valle.
I due urbanisti nonostante concordino sul fatto che Roma non abbia bisogno di un nuovo
stadio, possiedono comunque due chiavi di lettura differenti che portano il primo ad
essere favorevole all’operazione in quanto “non si tratta di uno stadio della città, ma di una
società quotata in borsa
13
che ha deciso di realizzare a Roma il suo quartiere generale e attraverso
questo l’amministrazione ha l’occasione di porsi degli obiettivi politici in linea con gli obiettivi
urbanistici contenuti nelle linee programmatiche dell’amministrazione Marino” (v. § 2.3) e il
secondo ad esserne contrario perché a suo parere “si vuol far passare da stadio un’operazione
immobiliare di dimensioni gigantesche, quasi un milione di metri cubi nella prima versione e circa
600mila nell’attuale” aggravata da una “mancanza di visione complessiva della città”.
L’elaborato si pone l’obiettivo di restituire la complessità del caso in studio attraverso
l’analisi dell’intero processo che, a partire dalla scelta dell’area, ha portato
all’approvazione dell’intervento nella sua attuale versione progettuale, mettendo a
confronto le due delibere di riconoscimento del pubblico interesse introducendone
un’analisi critica rispetto ai principali punti di vista rappresentati dai due urbanisti
sopracitati.
Inoltre, si cercherà di impostare il dibattito all’interno di una cornice, che non si riduca
semplicemente alle criticità progettuali e dell’area, ma che si proietti sull’intera città.
L’intento è quello di stimolare una riflessione, che porti a fissare i presupposti per una
pianificazione garante del pubblico interesse, anche quando si prefigurano iniziative
private come quella presa in esame.
10
Rispettivamente dall’amministrazione di Ignazio Marino (del. 132/14) e dall’amministrazione di Virginia Raggi (del.
32/17)
11
Roma Capitale, delibera Assemblea Capitolina n. 132/14.
12
Roma Capitale, delibera Assemblea Capitolina n. 32/17.
13
A.S. Roma dal maggio del 2000 è una società per azioni quotata alla Borsa di Milano.
5
Figura 2. Confronto tra del.132/14 (in alto) e del.32/2017 (in basso)
Fonte: Eurnova s.r.l.