29
3. JERRY A. FODOR
3.1. Fodor e la Macchina di Turing
Jerry A. Fodor rappresenta uno dei promotori di riferimento
dell’ortodossia cognitivista, ma anche il promotore di ipotesi dissonanti
rispetto a tale paradigma teorico. L’obiettivo della scienza cognitiva fu quello
di scoprire le capacità di rappresentazione e di calcolo della mente e la loro
rappresentazione strutturale e funzionale. Rappresentazione e calcolo sono
infatti le due parole chiave del panorama cognitivista che, enfatizzando quello
che avviene all’interno degli individui, segna una netta divisione con il
comportamentismo, paradigma teorico che aveva rappresentato la teoria
ufficiale fino alla metà degli anni Cinquanta e da cui Fodor prende nettamente
le distanze. Secondo Fodor, la tesi comportamentista non riesce a dar conto
della causazione tra stati mentali, la quale però sembra avere un ruolo
primario nell’ambito del mentale (se si considerano i comportamenti come
effetti di catene causali mentali). La critica al comportamentismo è rivolta sia
al comportamentismo psicologico che a quello logico. Il primo è fondato sul
presupposto della riducibilità del mentale al comportamento manifesto e
l’analisi viene condotta sui comportamenti osservabili e verificabili
intersoggettivamente. Il secondo invece poggia sull’idea della traducibilità
delle espressioni mentali in espressioni riguardanti il comportamento.
11
L’alternativa a queste due visioni Fodor la trova nel funzionalismo, il
quale ha come fondamento il “principio della realizzabilità multipla del
mentale”, secondo cui sistemi fisici diversi, per esempio noi ed il computer,
possono condividere lo stesso tipo di stato funzionale a prescindere dal
sistema fisico che lo realizza. Il funzionalismo riconosce che i particolari
mentali possono essere fisici ed è quindi compatibile con l’idea che la
causazione mentale sia una forma di causazione fisica. Sostiene sia che le
proprietà mentali siano definite in termini di relazioni, sia che le interazioni
tra mente e corpo siano causali. Il comportamentismo logico condivide solo
la prima affermazione, il fisicalista solo la seconda. Ne risulta che il
funzionalismo sembra catturare le caratteristiche migliori delle due
alternative materialistiche al dualismo.
12
Questo cesura dai paradigmi teorici precedenti viene caratterizzata
principalmente da due assunti:
11
Fodor rifiuterà, oltre alla tesi comportamentista, anche la cosiddetta teoria dell’identità dei
tipi in quanto essa ha come limite l’incapacità di spiegare come avvenga che sistemi fisici
diversi tra loro possano trovarsi in uno stesso stato mentale. La teoria dell’identità dei tipi è
una forma di riduzionismo che identifica tipi di stati mentali con tipi di stati cerebrali e nega
che sostanze diverse da quelle neuroniche possano produrre stati mentali.
12
F. Ferretti, 2001, p. XV
30
La centralità accordata alle rappresentazioni mentali, in base
all'assunzione che l’agire esterno dell’individuo sia mediato da stati e
processi interni
Il ruolo esplicativo della metafora del calcolatore, secondo cui i
processi del pensiero sono analoghi a processi di calcolo.
13
La tesi che sostiene Fodor è la cosiddetta teoria computazional-
rappresentazionale della mente (TCRM), secondo la quale i processi
cognitivi sono computazioni su rappresentazioni mentali. Per Fodor, il
sistema rappresentazionale della mente è un vero e proprio linguaggio del
pensiero (LdP), nel quale i contenuti del pensiero sono espressi in strutture
simboliche che, per quanto siano più astratte degli enunciati del linguaggio
naturale, devono avere una sintassi e una semantica molto simile alla loro.
Fodor pensa all’uomo come ad una macchina biologica, cioè come un
elaboratore di informazioni i cui meccanismi cognitivi operano nel cervello.
Se si considerano gli stati mentali come strutture simboliche e i processi
mentali come operazioni su queste strutture, allora l’analogia con il
calcolatore risulta essere molto utile per capire la posizione della TCRM,
poiché la mente individuale viene concepita come elaboratore di informazioni
e il calcolatore come metafora per spiegare i processi mentali dell’uomo. I
calcolatori possono, infatti, essere visti, oltre che come strumenti fisici che
agiscono conformemente alle leggi della fisica, come un modello adeguato di
dispositivi che eseguono operazioni su simboli e strutture simboliche e che
agiscono nel rispetto delle leggi della logica, cioè quelle leggi che stanno a
fondamento del pensiero. L’esemplificazione più appropriata dell’idea della
condizione di formalità che sta alla base dei processi mentali come forma di
calcolo, è la Macchina di Turing. «Se le menti sono dispositivi per manipolare
simboli si può pensare alle menti nei termini del modello della macchina di
Turing, poiché le macchine di Turing hanno la stessa generalità di qualsiasi
dispositivo per la manipolazione di simboli».
14
Brevemente, la macchina di Turing (MT) fu il risultato del tentativo
di Alan Turing di produrre un modello formale dell’attività di un essere
umano che esegue un calcolo. Essa è composta da un’unità di esecuzione, che
esegue le operazioni specificate dallo stato in cui la macchina si trova e dal
simbolo che sta leggendo; da un nastro infinito suddiviso in celle nelle quali
può essere letto o scritto un simbolo; da una testina di lettura/scrittura, che ad
ogni istante è posizionata su una casella del nastro. Oltre a scrivere simboli e
cancellarli, l’unità di esecuzione può spostarsi sul nastro, fermarsi e porsi in
un certo stato interno. Il comportamento della macchina è determinato da una
13
F.Ferretti, 2001, p. VI
14
J. Fodor, 1988, p.71
31
tabella di istruzioni che specifica, per ogni possibile stato
15
in cui si trova la
testina e ogni possibile simbolo presente sulla casella corrente, qual è lo stato
successivo e qual è l’azione da compiere. La capacità operativa di una MT,
quindi, è determinata dalla tavola delle regole condizionali, cioè regole che
definiscono il comportamento della macchina su un nastro di Input-Output
(lettura e scrittura), le quali indicano cosa fare in corrispondenza della
combinazione di stati e di simboli letti sul nastro: se la macchina si trova nello
stato 0 e legge il simbolo A, allora passa allo stato 1 e scrive il simbolo B.
Queste regole consentono alla macchina di produrre in output un certo
risultato, sulla base dell’input opportunamente codificato.
Nonostante la sua semplicità, la MT è in grado di risolvere qualsiasi
problema per il quale esista un algoritmo di soluzione; si tratta solo di
scomporre il problema in passi così elementari da poter essere eseguiti tramite
una delle operazioni alla portata della macchina. Ogni funzione computabile
per mezzo di un algoritmo è, infatti, calcolabile da una MT, e tale capacità è
resa ancora più evidente dal fatto che è possibile una MT universale, cioè una
macchina capace di simulare il comportamento di qualsiasi MT e quindi di
computare qualsiasi funzione calcolabile mediante un algoritmo.
Quindi, per tornare a quanto si diceva, se la MT può eseguire qualsiasi
funzione calcolabile e se il pensiero è una forma di calcolo, allora il computer
è una metafora adeguata dei processi mentali. Fodor è convinto che la mente
umana funzioni come un computer e questa convinzione è strettamente legata
alla necessità di postulare il linguaggio del pensiero, un linguaggio universale,
innato. Egli ritiene che la mente umana sia una MT perché parte dal
presupposto che nel cervello abbiano luogo dei processi fisici che, se solo ne
avessimo una conoscenza adeguata, potremmo descrivere come
trasformazioni di espressioni secondo regole determinate. Questo sistema di
regole che governa i processi di trasformazione – una sorta di algoritmo della
mente – è anch’esso parte del nostro patrimonio biologico, ma la sua
complessità è enorme, quindi è decisamente improbabile che si possa
giungere ad una sua caratterizzazione completa.
Quando si dice che la MT “legge” i simboli contenuti nelle caselle del
nastro, ciò che si vuole dire è che essa ne percepisce la forma grafica, non che
ne colga il significato. Stessa cosa per il cervello, in quanto lavora
15
Non si deve pensare agli stati della macchina come a oggetti ad essa interni, ma come a
forme delle diverse fasi della computazione. Tenere traccia dello stato è indispensabile per
far dipendere l’azione della macchina non solo dal simbolo letto, ma anche dall’istante in cu
viene letto, cioè dalla particolare fase della computazione in cui si trova. Una macchina priva
di stati (cioè, una macchina che si ritrova sempre nel medesimo stato) è capace solo di
rispondere in un certo modo a un certo simbolo e non potrebbe eseguire un procedimento,
che è qualcosa che si dispiega nel tempo. Lo stato è una sorta d memoria cumulativa delle
mosse compite fino a quell’istante.
32
analogamente ad un computer. Fodor sostiene che le espressioni del
linguaggio del pensiero debbano sì avere un significato, ma che questo non
svolga nessun ruolo nei processi di trasformazione che coinvolgono le
espressioni. Tali processi sono di natura formale, cioè dipendono solo dalle
loro proprietà sintattiche. Le computazioni sono sensibili solo alle proprietà
formali delle espressioni o simboli del linguaggio del pensiero, non al loro
significato. Questo è l’aspetto per cui l’analogia con la MT è particolarmente
forte. Nella MT la testina di lettura che ispeziona una casella del nastro è
ignara del significato che possiede quel simbolo: ciò che la determina è una
differenza puramente fisica concernente la forma esteriore del simbolo.
Analogamente i processi mentali sono sensibili solo alle proprietà fisiche dei
simboli che manipolano: le espressioni del linguaggio del pensiero sono, per
i processi cognitivi, pure iscrizioni materiali.
3.2. Il Linguaggio del Pensiero
Nel 1975 Fodor pubblicò The Language of Thought, uno dei suoi saggi
più famosi, in cui sostiene che la mente umana dispone di un sistema di
rappresentazioni che ha molte caratteristiche del linguaggio naturale e che lui
chiama, appunto, linguaggio del pensiero. Si postula che il pensiero prenda
posto in un linguaggio mentale e che questo linguaggio consista in un sistema
di rappresentazioni che è fisicamente realizzato nel cervello e che ha una
sintassi e una semantica combinatoria, tali che le operazioni sulle
rappresentazioni sono causalmente sensibili alle proprietà sintattiche delle
rappresentazioni.
In questo saggio, l’autore sviluppa una teoria computazionale e
rappresentazionale della mente secondo la quale la mente è quella
organizzazione funzionale del cervello che, indipendentemente dalla struttura
fisica di questo, è capace di spiegare causalmente il comportamento
dell’organismo: il cervello, simile ad un computer, elabora informazioni che
vengono fornite dagli stimoli sensoriali e li converte in risposte motorie. È la
mente che consente al cervello di svolgere tali operazioni. Le attività mentali
sono per Fodor dei processi computazionali determinati da regole sintattiche
e questi processi sono computazioni, calcoli, cioè una sequenza di operazioni
su rappresentazioni mentali. La teoria della mente ipotizza che esistano
realmente degli stati intenzionali scritti nel cervello, cioè dei simboli dotati di
valore semantico combinabili secondo regole sintattiche. Questi stati
intenzionali sono efficaci causalmente e valutabili semanticamente cioè, da
un lato, le transizioni da uno stato intenzionale all’altro costituiscono una
sequenza causale (un processo in cui ogni stato è causa del successivo) e
dall’altro lato, dato un certo stato intenzionale, saranno le sue proprietà
33
semantiche (il suo contenuto) a determinare quali altri stati seguiranno da
esso. Dunque il contenuto degli stati intenzionali causa altri stati intenzionali.
Essi sono intesi come relazioni fra un organismo e rappresentazioni mentali
e qualsiasi attività mentale risulta essere così una computazione che il
cervello opera manipolando simboli, rappresentazioni che trova dentro di sé
scritte in un linguaggio neurologico, cioè il linguaggio del pensiero (o
mentalese).
Secondo l’autore, quindi, i processi cognitivi sono computazionali e
ad essi viene attribuito un medium, cioè un sistema rappresentazionale nel
quale tali processi vengono compiuti.
16
Ma il sistema rappresentazionale non
può essere concepito come linguaggio naturale: ciò che può essere detto nel
linguaggio naturale, pubblico, è il risultato di precedenti elaborazioni e
computazioni che avvengono in un linguaggio interno (il Mentalese), un
linguaggio che utilizza formule, simboli e regole rigide.
Rappresentazioni e computazioni sono i termini cardine della sua
teoria computazional-rappresentazionale. La TCRM, da una parte, spiega il
modo di codificare l’informazione, che è indispensabile per dar conto dei
processi mentali; essa è un’ipotesi empirica che spiega come funziona una
mente-cervello, per la quale i processi cognitivi devono essere capaci di
elaborare un contenuto e di produrre un comportamento ad esso conforme.
Dall’altra, richiede sistemi rappresentazionali e che i processi di elaborazione
abbiano accesso solo alle proprietà formali dei simboli.
17
Si è già detto che Fodor presuppone che le menti siano dispositivi che
manipolano strutture simboliche. Ciò che i simboli rappresentano è il loro
contenuto ed il contenuto di un simbolo è determinato dal suo ruolo
funzionale, cioè dalle relazioni causali che intercorrono tra quel simbolo e gli
altri simboli all’interno del sistema rappresentazionale. Le relazioni causali
possono infatti venir imitate da quelle sintattico-formali dei simboli ed è
proprio in riferimento a queste ultime proprietà che è possibile dar conto del
contenuto mentale nei termini di relazioni formali che i simboli e le loro parti
intrattengono tra di loro.
Per quanto concerne il ruolo causale degli stati mentali, cioè tanto la
possibilità che avvenga quanto il modo in cui avviene che il contenuto del
nostro pensiero possa causare un certo comportamento, esso rimane una
componente essenziale dell’immagine del linguaggio che Fodor sostiene.
Le rappresentazioni mentali, infatti, influenzano il comportamento in
forza del loro contenuto – ciò rende plausibile che i processi mentali siano
collegati a rappresentazioni mentali – ed esse hanno contenuti distinti solo se
esse hanno anche forme distinte – ciò rende plausibile che i processi mentali
16
Fodor, 1975, p. 27
17
F. Ferretti, 2001, p. XVI
34
siano computazionali. In The Language of Thought (1975) Fodor sostenne
che le computazioni sono esattamente processi in cui le rappresentazioni
hanno conseguenze causali in virtù della loro forma.
18
Che la forma di un
simbolo del linguaggio del pensiero (o Mentalese) sia soggetta a calcoli non
significa però che il contenuto dello stesso simbolo non abbia rilievo: la forma
è tale proprio in quanto veicola quel contenuto.
19
La TCM funziona
indipendentemente dalla questione di come le rappresentazioni siano relate al
mondo. Successivamente – a partire da Psicosemantica (1987) – cambiò idea,
sostenendo, invece, che il contenuto dei simboli del linguaggio del pensiero
deriva dalle loro relazioni causali con il mondo esterno e che, quindi, esso
non coincide più con il loro ruolo funzionale. Riconosce che una concezione
rappresentativa della mente non può più fare a meno di prendere in
considerazione la questione del rapporto tra stati mentali e mondo esterno.
Questo cambiamento di prospettiva non implica però l’abbandono della
principale idea della TCRM, secondo cui il comportamento dell’agente è da
trattare come il risultato di computazioni, i cui calcoli presuppongono un
medium nel quale avvengono questi calcoli, cioè il sistema
rappresentazionale. Gli stati mentali hanno natura rappresentazionale, e
questo significa che essi veicolano informazioni sul mondo, ovvero ce lo
presentano in un certo modo. Essi sono valutabili semanticamente, cioè sono
suscettibili di essere veri o falsi: se io credo che Torino sia a Nord di Roma
significa che io mi rappresento uno stato di cose nella forma di una certa
relazione spaziale tra due “oggetti”. Tale credenza è vera perché c’è un fatto
nel mondo che la rende vera.
20
Essere in uno stato mentale equivale intrattenere una relazione con un
simbolo del linguaggio del pensiero il quale, al pari di un’espressione del
linguaggio naturale, ha sia proprietà causali che proprietà semantiche. Le
proprietà causali sono determinate dalla sua forma, cioè dalle caratteristiche
materiali del simbolo stesso. Le sue proprietà semantiche derivano dal fatto
che il simbolo rappresenta qualcosa, cioè il fatto di essere vero o falso. Il
contenuto semantico di uno stato mentale, per esempio la mia credenza che
fuori piove, è reso vero o falso dalle proprietà semantiche dell’espressione in
mentalese «fuori piove», cioè dalle sue condizioni di verità, il modo in cui il
mondo dev’essere affinché l’espressione in questione sia vera.
Secondo Fodor, è necessario postulare un linguaggio del pensiero
come precondizione di qualsiasi teoria psicologica. Non solo le azioni, ma
18
F. Ferretti, 2001, p. XVII
19
Sotto questo punto di vista, Fodor accetta le analisi della psicologia del senso comune
riguardanti gli atteggiamenti proposizionali, cioè quegli enunciati mentali con i quali ci
riferiamo a qualcosa che ha a che fare con il mondo esterno e con i quali ci rapportiamo nei
modi più disparati.
20
A. Paternoster, 2008, p.35
35
anche l’apprendimento e la percezione devono essere visti come basi dei
processi computazionali. Non c’è computazione senza rappresentazione.
21
Apprendere un linguaggio significa, infatti, apprendere cosa
significano i predicati del linguaggio e questo implica che si possa
comprendere un predicato solo se si conoscono le condizioni sotto le quali le
proposizioni che lo contengono risultano essere vere. Apprendere un
linguaggio vuol dire apprendere le regole di verità dei suoi predicati: S
apprende P se S apprende le regole di verità di P.
22
In altri termini, non si
può apprendere un linguaggio i cui termini esprimono proprietà semantiche
che non sono espresse da termini di un qualche linguaggio che si è già in
grado di utilizzare e non si può apprendere un linguaggio a meno che non si
possieda un sistema capace di rappresentare i predicati e la loro estensione.
Apprendere un linguaggio implica, dunque, apprendere le proprietà
semantiche dei suoi predicati ed S apprende le proprietà semantiche di P solo
se S apprende una qualche generalizzazione che determina l’estensione di P,
cioè una serie di cose di cui P è vera. Si comprende un predicato solo se si
conoscono le condizioni sotto le quali le proposizioni che li contengono sono
vere. Apprendere le proprietà semantiche di P viene identificato con
l’apprendere le regole di verità di P e non si può apprendere un linguaggio i
cui termini esprimono proprietà semantiche non espresse dai termini di un
linguaggio che si è già in grado di usare.
Apprendere un linguaggio implica apprendere cosa significano i
predicati del linguaggio. Apprendere cosa significano i predicati di
un linguaggio implica apprendere una determinazione
dell’estensione di questi predicati. Apprendere una determinazione
dell’estensione dei predicati implica apprendere che essi ricadono
sotto certe regole (cioè, regole di verità). Ma non si può apprendere
che P ricade sotto certe regole a meno che non si sia già appreso un
linguaggio nel quale P e R possono essere rappresentate. Così, non
si può apprendere un linguaggio a meno che non si abbia già un
linguaggio. In particolare, non si può apprendere un linguaggio a
meno che non si abbia già un sistema capace di rappresentare i
predicati in quel linguaggio e la loro estensione. E quel sistema non
può essere un linguaggio che è stato appreso. Ma i primi linguaggi
sono appresi. Quindi, almeno alcune operazioni cognitive vengono
effettuate in un altro linguaggio rispetto ai linguaggi naturali.
(Fodor, 1975, p. 64)
Quanto detto risulta essere accettabile se ci si impegna nell’assunzione
che l’organismo è capace di apprendere se esso ha precedentemente accesso
21
Fodor, 1975, p.34
22
Fodor, 1975, p. 59
36
ad un qualche sistema rappresentazionale nel quale le proprietà semantiche
dei predicati sono già espresse. Si può apprendere L (= linguaggio naturale)
se si conosce già un linguaggio abbastanza ricco per esprimere l’estensione
di un qualsiasi predicato di L. Detto in altro modo, si può apprendere cosa
sono le proprietà semantiche di un termine solo se già si consce un linguaggio
che contiene un termine che ha le stesse proprietà semantiche. Quindi, non si
può apprendere L a meno che non si conosca già un linguaggio differente da
L ma sufficientemente ricco per esprimere le proprietà semantiche dei
predicati di L. Nulla può essere espresso in L se non può essere
precedentemente espresso nel linguaggio del pensiero. Ciò che viene negato,
quindi, è che si possa apprendere un linguaggio i cui predicati hanno
estensioni non esprimibili dai predicati dal sistema rappresentazionale.
Il fatto che si presupponga un sistema rappresentazionale come base
sulla quale si sviluppa il linguaggio naturale porta a considerare il linguaggio
del pensiero come strutturato e costituito sia di proprietà sintattiche sia di
proprietà semantiche simili a quelle del linguaggio naturale. Tali proprietà
includono (a) avere parti costituenti, che si combinano tra di loro secondo le
regole della sintassi; (b) avere parti atomiche che si riferiscono a cose e a
proprietà del mondo; (c) la composizionalità, ovvero, le proprietà semantiche
di una rappresentazione complessa dipendono dalle proprietà semantiche dei
suoi costituenti atomici e dalle regole di composizione o, anche, nel senso che
il linguaggio del pensiero include un numero infinto di espressioni semplici
che, combinandosi, generano un’infinità potenziale di espressioni complesse.
23
Ricapitolando,
I modelli disponibili dei processi cognitivi si caratterizzano come
computazionali e quindi presuppongono un sistema
rappresentazionale nel quale vengono eseguite le computazioni;
Il sistema rappresentazionale non può essere un linguaggio naturale;
Le proprietà semantiche dei predicati di un linguaggio naturale
devono essere esprimibili prima di tutto nel sistema
rappresentazionale.
Se, dunque, il linguaggio del pensiero non dev’essere inteso come
linguaggio appreso, allora questo dev’essere analizzato come linguaggio già
conosciuto, cioè innato. Il linguaggio del pensiero è già compreso nel senso
che è già disponibile all’uso come veicolo dei processi cognitivi.
24
Fodor nega
che le strutture e i contenuti mentali possano dipendere da processi di
apprendimento e che siano riconducibili all’esperienza. Le rappresentazioni
che costituiscono il linguaggio del pensiero sono, ovviamente, anch’esse
23
D. Marconi, 2008, p. 57
24
Fodor, 1975, p.65