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PREMESSA
La ricerca della verità, anche nel terzo millennio del mondo occidentale, resta una
delle massime aspirazioni, spesso frustrata, dell’essere umano; di quella verità che viene
definita “processuale”, cioè indagata attraverso rigide regole procedurali, che danno
garanzia, a parere del legislatore, della dottrina e della scienza del tempo, di una fedele
ricostruzione di fatti criminali, condizione di un’attendibile individuazione del loro
autore. La “scienza delle prove”, cioè la scienza forense, ha seguito di pari passo il
progresso delle sue singole discipline, rendendo l’investigazione e il processo penale più
efficaci e credibili.
Anche la più geniale intuizione investigativa non può mai fare a meno di un
robusto supporto tecnico e scientifico.
La storia di questa scienza è storia di impegno culturale e civile per avvicinare le
due verità, quella reale e quella processuale, in un teatro, l’aula di tribunale, che è tra i
più importanti indicatori del livello di civiltà di un paese.
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INTRODUZIONE
La ricostruzione della dinamica di un evento delittuoso è sempre un momento molto
laborioso in cui bisogna prendere in considerazione, in modo contestuale, gli elementi
della balistica forense e del sopralluogo giudiziario. A questo proposito, la scena del
crimine è una forma di comunicazione tra l’autore del reato e l’inquirente, e l’efficacia
delle indagini al fine di ricostruire i fatti dipende anche dalle capacità di comprensione
del linguaggio non parlato dell’autore del reato.
Lo scopo della presente tesi è indagare sulla balistica forense e sul ruolo che essa ha nel
sopralluogo tecnico giudiziario.
Nel primo capitolo verrà descritto il sopralluogo giudiziario, finalizzato
all’individuazione di tracce fisiche del reato e del suo autore, ove per tracce fisiche si
intendono le classiche tracce di tipo chimico, balistico, ematico, biologico e così via;
tracce, queste, misurabili, opponibili alle parti del processo e presentabili in sede
dibattimentale. Quindi, la scena del crimine diviene, in questo senso, una fonte di
informazioni cruciali per l’indagine.
Gli accertamenti ed i rilievi previsti dall’art. 354 c.p.p. sono riconducibili in genere al
complesso organico di operazioni costituenti il cosiddetto “sopralluogo tecnico”, in cui è
fondamentale il principio di Locard secondo il quale ogni contatto tra criminale e vittima,
o criminale e scena del crimine, comporta un trasferimento di materia: “ogni contatto
lascia una traccia”. Se l’operatore forense è abbastanza scrupoloso, è possibile
individuare la sostanza “scambiata” e stabilire di cosa si tratta ai fini del repertamento.
L’analisi compiuta in sede di sopralluogo tecnico è, in genere, non ripetibile ed i relativi
verbali – insieme alla documentazione visiva – sono inseriti nel fascicolo del dibattimento
ai sensi dell’art. 431 c.p.p., comma 1. La non ripetibilità può essere dipesa dal mutamento
di luoghi, cose e persone per cause indipendenti dall’intervento umano, ma più spesso è
implicita nelle operazioni di ricerca e di prelievo delle tracce e di ogni materialità
pertinente al reato, che provocano una irrimediabile modifica di luoghi e cose.
Nel caso in cui, sulla scena del crimine, sia stata impiegata un’arma da fuoco si fa ricorso
alla perizia balistica che è uno dei mezzi di prova che trovano collocazione in un
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procedimento penale; la balistica forense, infatti, è quel determinato ramo della scienza
forense che si occupa delle indagini che hanno lo scopo di ricostruire la dinamica
dell’evento delittuoso quando è presente un’arma da fuoco; in generale, la balistica studia
il moto di un proietto, cioè un corpo inerte che è sottoposto alla forza di gravità ed
all’attrito viscoso del fluido in cui si muove.
Proprio nel secondo capitolo, verranno approfondite le varie branche della balistica
forense, che sono le seguenti:
- Balistica interna, che si occupa di tutto ciò che accade all’interno della canna
dell’arma, dal momento in cui si accende la carica di lancio fino a quando la palla
esce dal vivo di volata;
- Balistica esterna, che studia il moto di un proiettile lanciato nello spazio, il quale
una volta uscito dalla canna trova una serie di forze fisiche che agiscono
contemporaneamente su di esso. Infatti, la resistenza dell’aria, ad esempio, crea
l’attrito che tende a frenare la palla;
- Balistica terminale, che si occupa di tutto ciò che accade a partire da un istante
prima che la palla colpisca il bersaglio fino a quando essa ha scaricato tutta la sua
energia, o una parte di essa, all’interno del bersaglio;
- Balistica comparativa, studia uno dei più frequenti quesiti che vengono posti al
perito balistico, ossia quello di identificare un’arma analizzando i requisiti
rinvenuti sulla scena del crimine, e confrontarli con quelli delle proprie prove
sperimentali effettuando comparazioni macro e micro su bossoli e proiettili. A
questo proposito, di rilevante importanza è il sistema IBIS dotato di un
microscopio standardizzato in grado di acquisire le immagini dei bossoli e dei
proiettili confrontandoli automaticamente tra di loro.
Nel terzo, ed ultimo, capitolo si approfondirà l’identificazione e la classificazione delle
armi da fuoco, nonché le caratteristiche di classe e sottoclasse di bossoli e proiettili
esplosi.
Lo stato in divenire delle ricerche investigative, si riflette nell’adozione da parte dei
maggiori laboratori forensi di scale valutative che lasciano ancora molto spazio alla
6
soggettività dell’esperto balistico. In Europa, per quanto riguarda la balistica
identificativa, in ambito ENFSI (European Network of Forensic Science Institutes), è in
vigore una scala valutativa a 6 livelli, spaziante dalla identificazione all’impossibilità del
confronto.
In ultimo, un accenno sarà fatto circa le fonti normative che riguardano le armi, che nel
nostro ordinamento giuridico sono appunto suddivise in diverse categorie e
dall’appartenenza all’una piuttosto che all’altra derivano importanti conseguenze sia sotto
l’aspetto amministrativo che per quanto concerne i profili di rilevanza penale e
procedurale.
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CAPITOLO I
IL SOPRALLUOGO GIUDIZIARIO EX ART. 354 C.P.P.
1.1 Accesso agli ambienti: il principio di interscambio di Locard
I luoghi dove è avvenuto un reato, nonché le persone coinvolte, sono depositari di
informazioni che, se tempestivamente e correttamente ricercate e acquisite, possono
essere la base perché un problema di natura penale sia risolto in modo positivo. Quindi,
il sopralluogo è il più delle volte il punto di partenza dell’attività dell’autorità giudiziaria,
e tale importanza è pienamente recepita nel codice di procedura penale che identifica i
mezzi di ricerca – Titolo III – nelle ispezioni – Capo I – e nella fattispecie nella ispezione
di luoghi o cose, ed altresì nella ispezione personale
1
.
Il sopralluogo giudiziario individuato nell’art. 354 c.p.p., rubricato “Accertamenti urgenti
sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro”, risulta così essere il momento più
delicato dell’intervento per la ricostruzione un delitto, il cui fine è fornire e conservare –
cosiddetta “catena di custodia” – in modo idoneo gli elementi di prova secondo la
definizione latina “res ipsa loquitur”, ossia un reperto deve poter “parlare da solo”.
Secondo Sorrentino, il sopralluogo “deve permettere di ricostruire l’ambiente, di metterlo
cioè nelle condizioni in cui si trovava quando venne descritto”
2
.
Il sopralluogo dovrebbe sempre essere effettuato in casi di omicidio, lesioni personali,
violenza sessuale, poiché in questi casi è fondamentale l’acquisizione di dati sulla scena
del delitto; attività che, in presenza di reati contro la vita o la persona, deve
necessariamente coinvolgere l’esperto in scienze medico forensi. Solo se il sopralluogo
avviene con una corretta metodologia, in modo tempestivo, meticoloso e critico, è
possibile l’acquisizione degli elementi fondamentali per l’esito positivo delle indagini.
1
De Ferrari Francesco, Palmieri Luigi, Manuale di medicina legale. Per una formazione, per una
conoscenza, Giuffrè, Milano, 2007, pag. 112.
2
Brunetti Georgia et al., Biologia forense, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2014, pag. 44.
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L’attività sulla scena del crimine è gestita in prima battuta dalla polizia giudiziaria che,
secondo quanto statuisce l’art. 55 del c.p.p., deve prendere notizia dei reati, ricercarne gli
autori, raccogliere quanto utile per l’applicazione della legge penale, compiere gli atti
necessari per assicurare le fonti di prova, impedire che i reati vengano portati ad ulteriore
conseguenza. La polizia giudiziaria, quindi, svolge una funzione giudiziaria in quanto
soggetto del procedimento e mai parte processuale, che si realizza essenzialmente in
un’attività di repressione essendo diretta ad accertare le violazioni della legge penale ed
ad impedirne gli ulteriori effetti
3
. La stessa polizia giudiziaria è a disposizione del PM –
pubblico ministero – che può successivamente decidere se far proseguire le indagini ad
essa oppure affidarsi a consulenti od organi esterni che, per legge, non possono rifiutarsi
di svolgere l’attività di consulenza
4
.
Per Ottolenghi, l’attività di sopralluogo consisteva nell’osservare, conservare e fissare ed
essa doveva essere svolta con metodo
5
.
Durante il sopralluogo, la scena del crimine deve essere contaminata il meno possibile.
Prima di tutto vi è una distinzione tra la scena del crimine primaria e quella secondaria:
la prima è quella relativa al luogo o ai luoghi in cui ha avuto origine l’attività criminale,
mentre la seconda è semplicemente collegata in qualche modo al crimine o agli atti
criminosi compiuti, il che tuttavia non significa che sia meno rilevante della prima ai fini
investigativi o dell’analisi forense
6
. La distinzione tra la scena del crimine primaria e
secondaria non si basa sul “come” è stato commesso un reato, ma sul “dove” e sul
“quando” dato che la prima precede la seconda. Sicché, è di fondamentale importanza
cercare di mantenere il più “puro” possibile lo scenario al momento dell’accesso negli
ambienti, impedendo l’accesso a personale non identificato e qualificato, identificando le
persone presenti e soccorrendo i feriti in modo celere e metodico.
3
Delle Fave Claudio, Manuale di polizia giudiziaria, Maggioli editore, Rimini, 2016, pagg. 19-20.
4
Brunetti Georgia et al., ivi, pag. 47.
5
Andrea Giuliano, Salvatore Ottolenghi. Le impronte digitali in Polizia Scientifica e medicina legale,
edizioni minerva medica, Torino, 2018, pag. 60.
6
Turco Mirco, Lodeserto Giuseppe, Bruscella Maria Rosaria, Crime Analyst. Aspetti psicocriminologici e
investigativi, lulu.com, 2016, pag. 12.
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Il valore di un efficiente sopralluogo è inestimabile: le fasi inziali di acquisizione devono
essere osservare, individuare, raccogliere e fissare tutti gli elementi considerati utili alla
ricostruzione del fatto criminoso, per poi farli risalire all’autore
7
.
Il sopralluogo giudiziario è contraddistinto da tre caratteristiche principali: tempestività,
asetticità, oggettività.
La tempestività della polizia giudiziaria è fondamentale poiché la scena del crimine deve
essere analizzata il più celermente possibile in modo che le prove non si degradino, e per
impedire che l’intervento di altre persone possa inficiarle modificando l’ambiente. Tutto
ciò non significa che la polizia deve “aver fretta” di indagare le prova, ma che deve
arrivare sulla scena nel minor tempo possibile.
Fig. 1: Polizia Scientifica sulla scena del crimine intenta nell’attività di repertazione di
presunte tracce di natura biologica
8
L’asetticità si riferisce ai rapporti della polizia scientifica, che devono essere oggettivi in
modo “puro” al momento del ritrovamento della scena del crimine, ossia la descrizione
7
Brunetti Georgia et al., ivi, pag. 48.
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Fonte: www.poliziadistato.it