PARTE II. LA VALUTAZIONE DEI FALSI RICORDI
3. L’ASCOLTO DEL TESTIMONE
Da quanto detto sino ad ora è chiara l‟importanza che la testimonianza assume
nel contesto giuridico nonché le difficoltà che ne conseguono. L‟assunzione di una
testimonianza richiede infatti un‟adeguata preparazione e conoscenza, è quindi un
ambito rispetto al quale gli psicologi sono in grado di assegnare un contributo
fondamentale in virtù delle loro specifiche conoscenze nell‟ambito della comunicazione
(Gulotta e Ercolin, 2004).
Verranno trattati in questa seconda parte le tecniche e gli strumenti utilizzati
dagli esperti per l‟ascolto del testimone e la valutazione del suo racconto.
3.1. La valutazione della capacità di rendere testimonianza
Si è già parlato nel primo capitolo della valutazione dell‟attendibilità del
testimone, si fa qui ora riferimento invece ad un‟altra valutazione, spesso confusa con
l‟attendibilità del testimone, che è la valutazione della capacità di rendere
testimonianza.
Quando si parla di valutazione della capacità di rendere testimonianza si fa
riferimento alla valutazione dell‟idoneità del soggetto a riferire di un evento del quale è
a conoscenza, è una valutazione di tipo clinico che riguarda le funzioni mentali della
persona. L‟esperto deve cioè valutare se queste funzioni mentali gli permettano di
rievocare un evento che è stato oggetto della sua esperienza (Xibilia e Di Nuovo, 2012).
Fornari afferma che un testimone si può considerare idoneo a rendere
testimonianza quando, analizzando i suoi meccanismi psichici, non si osserva alcun
processo che possa inficiare le caratteristiche della rievocazione quali precisione,
obiettività, serenità di percezione, di conservazione e di rievocazione. Valutare il
testimone come capace di rendere testimonianza non vuol dire sostenere che egli dica la
verità, valutare una testimonianza come vera o meno è una decisione che spetta
esclusivamente al giudice e che riguarda il processo (Fornari, 2015). Infatti la
valutazione della capacità del soggetto di testimoniare fatta dall‟esperto indica
solamente che egli è idoneo e che, se vuole, è in grado di dire la verità. Da ciò ne
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consegue ad esempio che anche uno psicotico, il cui funzionamento mentale
relativamente al fatto narrato è conservato, può essere considerato idoneo a rendere
testimonianza. Detto ciò è facile individuare quando un soggetto non può essere
considerato idoneo a rendere testimonianza ovvero, come descritto sempre da Fornari
nel Trattato di Psichiatria Forense, quando nel suo funzionamento mentale sono presenti
alterazioni patologiche della memoria, del pensiero, della percezione, dell‟affettività e
di altre funzioni psichiche tali da poter inficiare del tutto la sua possibilità di dire il vero.
È importante sottolineare che, in modo particolare quando si ha a che fare con
dei bambini, questa valutazione non deve essere fatta in astratto, ma bisognerà valutare
la capacità di testimoniare su un fatto specifico, l‟idoneità va infatti intesa in relazione
alla complessità del fatto oggetto della narrazione (Stracciari et al., 2010).
Dunque la valutazione della capacità di rendere testimonianza non è semplice, in
particolare perché si ha come oggetto d‟analisi la memoria la quale, come è stato più
volte sottolineato in questo lavoro, è una capacità tanto complessa quanto fragile poiché
facilmente manipolabile. L‟esperto dovrà fornire una valutazione clinica e qualitativa
che si basi su dati empirici facendo ricorso agli strumenti che ha a disposizione.
3.2. L’ascolto del testimone. L’intervista
Dopo aver valutato la capacità del soggetto di rendere testimonianza si passerà
all‟ascolto del testimone.
L‟ascolto del teste avverrà attraverso un colloquio. È importante sottolineare il
fatto che bisognerebbe ricreare un contesto di rievocazione che sia quanto più possibile
simile a quello in cui si è originariamente verificato l‟evento al fine di favorire la
produzione di una narrazione testimoniale quanto più immune alle suggestioni e alle
ricostruzioni post-evento. La testimonianza deve essere raccolta attraverso una
deposizione libera, resa spontaneamente e soprattutto nelle immediate vicinanze dal
fatto (Scardaccione, 1992). Altro elemento importante è che l‟intervista venga svolta da
un esperto che possieda, oltre alle competenze tecniche, caratteristiche quali la stabilità
emotiva che gli permetta di controllare emozioni e impulsi anche in situazioni di
disagio.
Esistono diverse tecniche che vengono adottate nella fase di ascolto e possiamo
individuare tre tipologie di intervista: strutturata, semi-strutturata e non strutturata.
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L‟intervista strutturata è costituita da una traccia prestabilita, le domande infatti
sono predefinite e vengono poste seguendo un ordine ben preciso. Nel condurre
un‟intervista di questo tipo è importante mettersi in gioco, entrare in uno scambio che è
comunque vis a vis.
L‟intervista semi-strutturata presenta una griglia di riferimento, con delle
domande prefissate, che serve solamente ad orientare l‟intervistatore in modo che
l‟intervista rimanga sull‟argomento che si sta trattando. Questa tipologia di intervista è
più flessibile rispetto all‟intervista strutturata, pur avendo anche qui una griglia
prestabilita, in quanto sia l‟intervistato che l‟intervistatore saranno liberi di muoversi,
quest‟ultimo sarà infatti libero di porre le domande seguendo il flusso della discussione
così da trattare ogni argomento necessario ai fini conoscitivi.
L‟intervista non strutturata, infine, è quella che riguarda più da vicino il lavoro
dello psicologo, in questo caso l‟intervistatore non ha delle domande prefissate e una
griglia da seguire ma solo un argomento (o più) da trattare attraverso delle domande che
lasceranno l‟intervistato libero di parlare. Questa tipologia di intervista consente inoltre
di osservare anche il linguaggio non verbale.
Diverse tecniche, a disposizione dell‟esperto per l‟assunzione della
testimonianza, vengono utilizzate in ambito forense: Intervista Cognitiva, Statement
Validity Analysis, StepwiseInterview, Reality Monitoring e le tecniche oppressive.
3.3. L’intervista cognitiva
Un tipo di intervista molto utilizzata in ambito forense è l‟intervista cognitiva
(Fisher et al., 1987). Questo metodo, validato sperimentalmente, è nato per interrogatori
di adulti testimoni o vittime di reato ed in seguito è stato impiegato anche su minori.
L‟intervista cognitiva si avvale dell'uso di tecniche finalizzate a favorire il recupero o la
rievocazione degli episodi e dei dettagli della vicenda stessa e si fonda sul presupposto
che più sono gli indizi che concorrono al recupero dell'informazione, maggiore sarà la
possibilità di recupero dell'informazione stessa e per fare ciò viene adottata una strategia
di ricostruzione del contesto facendo in modo che il testimone si metta mentalmente
nella situazione da rievocare. Per condurre questa intervista nel migliore dei modi è
opportuno anzitutto che l‟intervistatore sia in grado di sintonizzarsi con l‟intervistato,
utilizzando ad esempio un linguaggio simile al suo, mostrando empatia o anche
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chiamarlo per nome. L‟intervistatore dovrà inoltre mostrarsi calmo e rilassato al fine di
minimizzare l‟ansia. Infine sarà importante dare all‟intervistato l‟impressione di essere
lui a condurre l‟intervista.
L‟intervista cognitiva è strutturata in cinque fasi fondamentali (Mestitz, 2003):
1. Familiarizzazione. È la fase di introduzione in cui si instaura la relazione col
testimone e si crea un‟atmosfera rilassata. Viene fornita una spiegazione dello
scopo dell‟intervista e dell‟importanza che il testimone può assumere nelle
indagini.
2. Racconto libero. In questa seconda fase viene chiesto al testimone di raccontare
tutto ciò che ricorda dell‟evento. È importante lasciare l‟intervistato libero di
parlare, l‟intervistatore invece dovrà essere in grado di raccogliere tutti gli
elementi salienti che verranno poi elaborati in seguito.
3. Richiesta di ulteriori informazioni. A questo punto, sulla base di ciò che il
testimone ha precedentemente raccontato, vengono poste delle domande più
specifiche.
4. Verifica. Viene a questo punto chiesto all‟intervistato di narrare nuovamente
l‟evento. Durante questa quarta fase vengono controllate, insieme al testimone,
le informazioni fornite.
5. Chiusura. Con l‟ultima fase si congeda il testimone ringraziandolo della
disponibilità e mantenendo un rapporto quanto più cordiale possibile al fine di
incentivare future collaborazioni.
3.4. Statement Validity Analysis
Una delle tecniche di validazione dell‟intervista molto utilizzata con i minori è
la Statement Validity Analysis (SVA), questo strumento, che è stato costruito per
stabilire la credibilità di una deposizione, ha avuto origine in seguito alla necessità di
avvalersi del contributo di esperti per determinare l‟attendibilità delle testimonianze
fornite da bambini presunte vittime di violenza sessuale (De Leo et al., 2005). Questa
tecnica si basa sulla raccolta e l‟esame delle informazioni acquisite attraverso le
interviste al minore e include inoltre l‟analisi di altri elementi pertinenti relativi al caso.
La SVA si articola in cinque fasi (Xibilia, 2012):
1. Studio e analisi delle fonti e degli atti. Durante questa prima fase viene effettuato
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un attento esame delle informazioni che si hanno relativamente al caso.
2. Intervista semi-strutturata. Questa intervista si basa sull‟ascolto e la raccolta di
un racconto libero da parte del bambino attraverso domande aperte. L‟intervista
deve essere condotta da un esperto e nel rispetto delle capacità cognitive,
linguistiche e mnestiche del minore, per poter ottenere un‟esposizione il più
accurata possibile (De Leo et al., 2005). Infine sarà importante riepilogare e
verificare che il bambino abbia compreso le risposte che ha dato.
3. Analisi del contenuto (CBCA: Criteria-based Content Analysis). La CBCA è
uno strumento creato per valutare in maniera sistematica la qualità del resoconto
prodotto dal bambino durante l‟intervista, si basa sull‟ipotesi di Undeutsch,
ovvero sul fatto che un racconto derivato dal ricordo di un evento reale differisce
nel contenuto da un altro basato sull‟invenzione o sull‟immaginazione
(Tomasino at al., 2008). Questa analisi viene condotta seguendo diciannove
criteri che furono messi a punto da Steller e Koehnken nel 1989, la presenza di
ogni criterio rafforza l‟ipotesi che il resoconto sia basato su esperienze
realmente vissute. I 19 criteri della CBCA sono:
1) Struttura logica
2) Produzione non strutturata
3) Quantità di dettagli
4) Contestualizzazione
5) Descrizioni di interazioni
6) Riproduzioni di conversazioni
7) Complicazioni inaspettate durante l‟incidente
8) Dettagli inusuali
9) Dettagli superflui
10) Dettagli incompresi ma riportati accuratamente
11) Associazioni esterne collegate
12) Descrizione di stati mentali dell‟accusato
13) Attribuzione di uno stato mentale all‟accusato
14) Correzioni spontanee
15) Ammissione di vuoti di memoria
16) Dubbi sulla propria testimonianza
17) Auto-deprecazione
18) Perdono verso il colpevole
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19) Elementi specifici e dettagli peculiari del reato
Nella CBCA, per ognuno di questi diciannove criteri, vengono assegnati
dei punteggi da 0 a 1 (0 assenza di criterio, 1 presenza di criterio, 2 marcata
presenza di criterio), tanto è più alto il punteggio ottenuto maggiore è la
probabilità di veridicità della dichiarazione.
4. Verifica della validità delle informazioni assunte da altre persone interessate al
caso.
5. Riepilogo critico dei risultati della CBCA e della verifica.
La SVA è uno strumento molto valido e molto utilizzato nell‟ambito
processuale che mira ad ottenere, quanto più possibile, un alto livello di imparzialità
nella valutazione di resoconto elaborati da bambini chiamati a testimoniare. È
opportuno che questa intervista venga condotta da una sola persona che cerchi di creare
una relazione positiva col bambino. È importante infine sottolineare che questo
strumento è uno strumento rigido, ovvero ha valore solo se applicato per intero e nei
modi previsti (Xibilia, 2012).
3.5. Stepwise Interview
La Stepwise Interview (Yuille 1988; 1989; 2002; 2009) è un protocollo di
intervista semi-strutturata utilizzata con minori vittime di abuso.
Combina conoscenze di psicologia evolutiva e tecniche di stimolazione della
memoria che possono aiutare il bambino a rievocare gli eventi collegati ad un presunto
abuso sessuale. Può essere utilizzata anche con bambini molto piccoli, dai tre anni in su.
Questa tipologia di intervistasi pone tra gli obiettivi quello di ridurre al minimo le
audizioni del minore così da ridurre a sua volta il trauma dell‟investigazione, viene
inoltre minimizzato il rischio di contaminazione nei confronti del bambino e della sua
memoria cercando di ottenere il massimo di informazioni sull‟evento e massimizzata
invece la quantità di informazioni corrette che possono essere ottenute dal bambino.
Questo protocollo prevede delle fasi ben precise, ogni fase deve essere affrontata
con gradualità. Le fasi che compongono la Stepwise Interview sono:
1. Introduzione. L‟intervistatore durante questa fase iniziale definisce se stesso e il
ruolo che assume.
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