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Cos'è l'identità visiva
1. 1.
Progettare il sistema d'identità visiva di un ente culturale come un museo pone alcune domande sulla natura
di termini quali "identità", "personalità" e "immagine". Si è cominciato a trattare l'argomento in questione
partendo dalle definizioni minime degli aspetti che contribuiscono a definire l'identità visiva nella sua
applicazione in campo grafico. Come riportato dal dizionario "Treccani":
• "Identità: il senso e la consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo; crisi
d’i. (traduz. dell’ingl. identity crisis), conflitto psico-sociale con disturbi del senso dell’identità e della
continuità del proprio io, che si riscontra spesso nell’adolescenza, ma può essere avvertito anche
da persone di altra età e, in forme particolari, persino da gruppi etnici. Con altro sign., crisi dell’i., in
psichiatria, perdita del senso dell’identità, che si riscontra nei deliri schizofrenici."
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• "Personalità: l’insieme di quelle disposizioni e funzioni affettive, volitive e cognitive che si sono
progressivamente combinate nel tempo ad opera di fattori genetici, di dinamiche formative e di influenze
sociali, fino a costituire una struttura relativamente stabile e integrata riconosciuta dall’individuo come
propria, ed espressa di volta in volta nel proprio particolare modo di interagire con l’ambiente, di
determinare i propri scopi, di regolare il proprio comportamento: studio, teoria della p.; classificazione,
tratti distintivi, fattori della p.; p. normale, equilibrata, psicopatica; dinamica e sviluppo della p., disturbi della
personalità. Nell’uso com., avere una p. forte, decisa, una notevole p., avere spiccate doti di temperamento,
intelletto, carattere; al contrario, avere una p. debole, avere poca, scarsa, fiacca p."
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• "Immagine: Rappresentazione alla mente di cosa vera o immaginaria, per opera della memoria o della
fantasia: serbare viva nel cuore l’i. della persona amata; conservare un’i. confusa, scolorita di un luogo; la
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Treccani.it - http://www.treccani.it/vocabolario/identita
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Treccani.it - http://www.treccani.it/vocabolario/personalita
IDENTITÀ VISIVE
sua dolce i. mi segue dappertutto; destare i. soavi; suggerire immagini di dolore, di gioia; quella lettura faceva sorgere
nella sua mente i. torbide; spaventare con l’i. di streghe, di diavoli, dell’inferno; letter., rendere l’i., comunicare in
modo chiaro ad altri il proprio pensiero, il contenuto della propria esperienza o della propria fantasia: non so
se ho reso bene l’i. (più com. rendere l’idea)."
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Partendo dalla definizione essenziale di "identità" è possibile iniziare un discorso organico su tutto quello
che definisce l'identità aziendale, e cioè tutti quegli elementi che concorrono a formare e definire l'immagine
coordinata.
Quando si parla di immagine di un ente si presuppone l'esistenza di un'identità a monte dello stesso, intesa
come l'insieme dei valori o di quei mezzi di cui un soggetto dispone per veicolare e trasmettere una propria
personalità. L'immagine, contrariamente a quanto comunemente si ritiene, non può essere assimilabile
all'identità, in quanto questa è la percezione che un soggetto o un pubblico ha di un determinato ente che la
trasmette. Quando questi due concetti entrano in contatto si parla di "corporate identity".
L'identità di un'impresa è la sua globalità e unicità che la caratterizzano e differenziano dalla concorrenza.
L'identità è il suo essere, nonostante il suo continuo divenire nel mercato. Tutto ciò che un'impresa
è, costituisce dunque la sua identità, dal corpo fabbrica alle persone fisiche che vi lavorano. L'identità di
un'azienda è anche la sua storia, i suoi progetti presenti e futuri, le sue strategie e il suo concept.
"Se s'intende l'immagine aziendale nel senso di corporate, sicuramente questa deve essere il riflesso di
quell'identità aziendale cui si è fatto cenno prima. Una corporate va costruita giorno dopo giorno e da essa
devono poter trasparire le reali potenzialità dell'azienda, le sue politiche e i suoi metodi manageriali."
4
3
Treccani.it - http://www.treccani.it/vocabolario/immagine
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Issuu.com - Ilaria La Magna, Visual Identity Territoriale di un Museo Archeologico, Design del sistema di comunicazione visiva del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi (SR)
- https://issuu.com/theair/docs/tesi_issuu_c34788781c5959
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Elemento costitutivo e veicolo di valore che subito identifica un ente dall'esterno è il marchio.
Simbolo che esprime l'identità di un'azienda, riassume valori, obiettivi e tradizioni in poche linee, forme e
colori e distingue dalla concorrenza dato che, in un'economia caratterizzata dalla crescente competizione,
essere anonimi è uno svantaggio. Figurativi, tipografici, astratti, tridimensionali o monogrammi, i marchi
circondano il mondo odierno immergendo l'utente nella comunicazione e nella pubblicità, settori dove il
marchio gioca un ruolo fondamentale.
"Affinché un marchio svolga la propria funzione comunicatrice, questo deve essere capace di differenziarsi
e innovare, comunicare valore e stabilire una relazione virtuosa con l'utenza (creare fiducia, affetto,
attaccamento), deve cioè essere interiorizzato. In questo ordine di idee, l'immagine coordinata rappresenta
un passo cruciale per l'implementazione di un brand. Studiata per un'applicazione pratica su diversi formati,
comunica e veicola la propria identità attraverso aspetti materiali e immateriali."
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Spostando il discorso dall'ambito teorico a quello applicativo è possibile citare alcuni progetti che hanno fatto
la storia della comunicazione d'impresa. Primo tra tutti il lavoro di immagine coordinata progettato da Peter
Behrens tra il 1907 e il 1914 per l'AEG, azienda tedesca attiva nel settore dell'elettricità che, per far fronte alla
concorrenza statunitense, aveva bisogno di dotarsi di un'immagine corporativa forte e competitiva. Così, per
la prima volta, il progettista tedesco studiò una chiara identità aziendale supportata da una visione dell'ente
che necessitava di innovarsi: egli riuscì a pubblicizzare e coordinare visivamente tutti i prodotti dell'azienda,
imprimendo uno stile inconfondibile che andava dal marchio agli edifici, dagli oggetti ai caratteri tipografici,
dall'impaginazione di cataloghi e manifesti ai padiglioni espositivi delle fabbriche. Fece in modo che ogni
elemento diventasse un segno distintivo dell'AEG.
COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
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Ibidem
IDENTITÀ VISIVE
Franz Schwechten, 1896 Otto Eckermann, 1900
Peter Behrens, 1908 Peter Behrens, 1908
Peter Behrens, 1900
Peter Behrens, 1912
Evoluzione del marchio AEG, 1896/1912
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COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
Manifesto AEG Allgemeine Elektrizitats Gesellschaft
Peter Behrens, 1907
Manifesto AEG Metalldraht-Lampe
Peter Behrens, 1910
IDENTITÀ VISIVE
Bollitore elettrico
Peter Behrens, 1909
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COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
"Una prima, famosissima, tensione verso la visione sistemica dell'identità visiva fu data dalla Olivetti. È attorno
alla figura di Adriano Olivetti che, agli inizi degli anni Trenta, si snodarono in maniera estremamente coerente
il nascente disegno industriale, la comunicazione grafica e pubblicitaria, gli allestimenti, la progettazione
architettonica e ambientale degli insediamenti industriali. Dal 1931, con l'avviamento dell'Ufficio Sviluppo
Pubblicità, iniziò ad emergere una precisa connotazione dell'immagine Olivetti. Negli anni Settanta e
Ottanta, Olivetti formalizzò nella propria immagine generale tutte le operatività pratiche in grado di rendere
efficace il profilo culturale e artistico della società. L'inizio della seconda fase dell'immagine Olivetti può
essere considerato il momento della messa a punto del logotipo da parte di Walter Ballmer. Egli, nel 1970,
presentò in un apposito book la sua rigorosissima analisi del logotipo Olivetti, composto da centinaia di
schizzi, fino a giungere all'ormai nota soluzione grafica. Nel corso degli anni Settanta l'azienda affidò ad
alcuni specialisti il progetto dei sistemi di identificazione attraverso una collaborazione continuativa. Tutto
il lavoro di immagine coordinata di Olivetti è consultabile attraverso i "Libri Rossi", curati da Hans von Klier,
direttore del servizio di Corporate Image aziendale di allora, realizzati a cavallo tra il 1971 e il 1977."
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Uno dei più significativi designer della storia dell'Olivetti fu Giovanni Pintori, il quale lavorò per l'azienda dal
1937 per un trentennio diventandone art director. Il suo stile, caratterizzato da una notevole sintesi visuale,
segnò la comunicazione aziendale dell'Olivetti servendo da esempio a Paul Rand per la sua esperienza
all'IBM negli anni Sessanta.
Marchio-logotipo Olivetti
Walter Ballmer, 1971
6
Issuu. com - Nicolò Fabio Banfi, Un manual per gioco, Identità visiva variabile per la comunità assira - https://issuu.com/nicolofabiobanfi/docs/un_manual_per_gioco
IDENTITÀ VISIVE
Manifesto Olivetti Lettera 22
Giovanni Pintori, 1953
Manifesto Olivetti
Giovanni Pintori, 1949
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COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
"Nel 1956 Rand fu incaricato di riformulare la grafica IBM. Per prima cosa si occupò del marchio: non ne
progettò uno ex novo, "ripulì" semplicemente il vecchio. Il "redesign" di Rand, caratterizzato da due quadratini
in negativo e da una certa geometrizzazione aggregante, fu molto simile al vecchio marchio. Solido e
compatto, si declinava in quattro versioni, una piena e tre contornate: tratto spesso, medio e sottile. Soltanto
sei anni più tardi, nel 1962, venne adottata l'arcinota versione a strisce: «nella convinzione che le lettere del
marchio non si legano bene». Secondo Rand, le tre lettere in fila erano viziate da un'incongruenza sequenziale
dallo stretto (I) al largo (M) senza alcun ritmo. Diversamente, le strisce costituivano un legame armonico che
unificava le lettere in modo originale, cioè tendevano a legarle visivamente. Ciò era particolarmente utile
nel raggruppamento IBM, in cui ogni cifra diventava progressivamente più larga in una sequenza sgradevole
e amorfa. Eppure, i dirigenti IBM lo accolsero con molto scetticismo, denunciando una somiglianza tra il
monogramma "zebrato" e l'uniforme di una prigione. Alla fine si affermerà il marchio che tutti conoscono."
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Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, Rand si occupò anche del packaging. Ciò che
caratterizzava le scatole erano alcune trovate grafiche molto ingegnose come, ad esempio, il marchio IBM
disposto obliquamente, oppure raffigurato con colorazioni differenti da quelle conosciute.
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Vanni Pasca, Dario Russo, Corporate Image, un secolo d'immagine coordinata dall'AEG alla Nike, 2011
Evoluzione del marchio-logotipo IBM
Paul Rand, 1956/1962
IDENTITÀ VISIVE
Packaging IBM
Paul Rand, 1985/1990
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COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
Un caso straordinario del lavoro di Rand è il manifesto con il rebus del marchio - l'occhio (in inglese, "eye" =
"I"), l'ape (bee = "B") e la "M" ad otto strisce -, i dirigenti dell'IBM, preoccupati che questa "interpretazione"
del marchio possa incoraggiare i designer dell'azienda a disertare la puntuale applicazione degli standard,
si rifiutano di pubblicarlo. Un anno più tardi, il rebus di Rand conoscerà una diffusione internazionale,
contribuendo alla mitizzazione dell'image IBM. Il che dimostra un paradosso: è possibile affermare la propria
identità visuale anche attraverso la "sovversione" grafica. L'applicazione di segni e simboli per comporre
parole (e formare idee) è una pratica diffusissima: si pensi ai progetti di Neville Brody negli anni Ottanta
("The Face") e di David Carson negli anni Novanta ("Ruygan"); e soprattutto al formidabile marchio di Milton
Glaser "I Love New York" (1975). Ma il rebus è anche uno dei più efficaci strumenti grafici, perché stimola
l'interattività spingendo lo spettatore a decifrare le immagini. Il doppio piano di lettura rende le immagini
memorabili, esse divertono e informano nello stesso tempo. In questo caso, la forza visuale del rebus è
acuita dal fondo nero del manifesto insieme a forme semplici e colori brillanti.
(Vanni Pasca, Dario Russo, Corporate Image, un secolo d'immagine coordinata dall'AEG alla Nike, 2011)
Marchio I Love New York
Milton Glaser, 1975
IDENTITÀ VISIVE
Manifesto IBM Eye-Bee-M
Paul Rand, 1981
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COS'È L'IDENTITÀ VISIV A
Un altro autore di notevole importanza è senza dubbio Otl Aicher, docente e progettista grafico della Scuola
di Ulm, interessato nel lavoro d'identità visiva per Lufthansa, i Giochi Olimpici di Monaco del 1972, eccetera.
""Less is more", il celebre motto di Mies van der Rohe, potrebbe essere la trasposizione verbale del marchio
pittografico della Lufthansa, limpido e monocromatico: una stilizzazione concepita come massima rarefazione
iconica. Ideato negli anni Trenta (e poi affinato dai laboratori della Scuola superiore di Ulm), raffigura una
cicogna in volo. Ben visibile nell'intero materiale figurativo della compagnia aerea, è reso evidente dalla
silhouette netta ed essenziale; il cerchio ne accentua l'incisività. In una logica di coordinamento assoluto,
posizione e dimensione del marchio sono calibrate in relazione alle varie scritte, la sagoma delle quali si lega
benissimo al timbro della silhouette. Il carattere tipografico (Helvetica) è anch'esso estremamente lineare. In
versione policroma, il marchio compare in blu e giallo: cicogna e circonferenza blu su cerchio giallo."
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Allo stesso modo, anche l'immagine degli aerei, sia all'esterno sia all'interno, è coerente con l'image
complessiva della compagnia. Marchio e lettering (Lufthansa) sono sempre presenti, parti integranti e
identificative - come del resto tutte le altre - di un coordinamento che persegue l'uniformità per un'infallibile
identificazione. Ma non soltanto il marchio, il carattere tipografico, l'interior e l'exterior design degli aerei:
ogni singolo dettaglio, anche il più piccolo, è immancabilmente conformato all'image complessiva.
Quello della Lufthansa è un chiaro esempio di image "hard": dallo stile fotografico (e pubblicitario) alle
uniformi del personale, al packaging, fino alle bustine dello zucchero, del sale e del pepe, alle posate, ai
tovagliolini, eccetera.
(Vanni Pasca, Dario Russo, Corporate Image, un secolo d'immagine coordinata dall'AEG alla Nike, 2011)
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Ibidem
IDENTITÀ VISIVE
Marchio Lufthansa
Otl Aicher, 1963
Studio del marchio e del lettering Lufthansa
Otl Aicher, 1962