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Introduzione
«A troppi e troppo gravi episodi di violenza del diritto si è dovuto
assistere, realizzati con decreto legge».
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Queste furono le parole
utilizzate da Gustavo Zagrebelsky per riassumere i lavori del
Convegno annuale dell’Associazione nazionale dei costituzionalisti
svoltosi a Parma nel novembre del 1995. Parole che riassumono bene
lo stato di abuso che ha afflitto il decreto legge sin dalla sua prima
comparsa sulla scena giuridica italiana all’alba dell’Unità di Italia.
Stante, quindi, la frequente intromissione – quasi “inveterata” – del
potere esecutivo negli affari legislativi del Parlamento, sovente senza
rispettare i requisiti prescritti dalla Costituzione per l’esercizio del
potere normativo da parte del Governo, si è ritenuto con questa
modesta ricerca esaminare le origini del decreto legge
nell’ordinamento giuridico italiano e “tornare”, così, al dettato
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G. Zagrebelsky, Editoriale, in Quad. cost., 1996, n. 1, p. 4.
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costituzionale,
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esaminandone il contenuto attraverso
l’approfondimento della dottrina post constitutionem.
In accordo con la tradizionale dottrina costituzionalistica sulla
tripartizione dei poteri risalente allo Spirito delle leggi di
Montesquieu, l’art. 70 della Costituzione – sembra, senza eventualità
di deroga – icasticamente attribuisce la funzione legislativa alle
Camere. Pur tuttavia, agli articoli 76 e, soprattutto per quanto
concerne questa ricerca, 77, la Costituzione pare riconoscere un
potere di legiferazione al Governo. Segnatamente, l’art. 77 disciplina
una sorta di auto-assunzione di facoltà legislative per mano
dell’Esecutivo, contraddicendo apparentemente nel loro nucleo
essenziale le premesse di cui agli artt. 70 e seguenti della
Costituzione stessa. Nel corso dell’esposizione si cercheranno,
dunque, di mettere in luce i nodi principali dei numerosi dibattiti
interpretativi sviluppatisi sin dalla concessione dello Statuto
Albertino fino alla proclamazione della Repubblica italiana e oltre
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Si ricordi il celebre articolo pubblicato sulla rivista Nuova Antologia da Sidney
Sonnino nel lontano 1897 intitolato Torniamo allo Statuto in cui denunciavano le
reciproche ingerenze tra i vari poteri dello Stato.
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intorno alla nozione di decreto legge e sua collocazione nel panorama
delle fonti del diritto italiane.
In particolare, nel primo capitolo si analizzerà l’origine per via di
prassi governativa della decretazione d’urgenza nell’ordinamento
statutario e durante la Grande Guerra per, poi, passare all’esame della
disciplina contenuta nella legge “fascistissima” n. 100 del 1926. Si
cercherà di mettere in luce la congenita tendenza alla proliferazione
del decreto legge, ben nota già alla dottrina del primo Novecento.
Un secondo capitolo sarà dedicato ai problemi correlati ai decreti
legislativi luogotenenziali e alla loro qualificazione giuridica quali
basi su cui instaurare l’ordinamento costituzionale provvisorio,
problemi sostanzialmente collegati alla fonte del potere costituente.
Si cercherà di illustrare il ruolo della decretazione d’urgenza nella
fondazione del nuovo ordinamento costituzionale e, in special modo,
si analizzeranno alcune disposizioni del d. l. l. n. 155 del 1944 – cd.
prima costituzione provvisoria – e del d. l. l. n. 98 del 1946 – cd.
seconda costituzione provvisoria –. Un’attenzione peculiare
involgerà l’enucleazione del significato della XV disposizione
transitoria e finale della Costituzione e dei suoi collegamenti con
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l’ordinamento costituzionale provvisorio precedente. Il secondo
capitolo sarà anche destinato all’esame dei vari orientamenti
dottrinali sviluppatisi in sede di Assemblea Costituente intorno alla
definizione di decreto legge da inserire nella Costituzione. La
domanda fondamentale di questo capitolo esorbiterà in parte dalla
problematica riguardante la decretazione d’urgenza coinvolgendo
anche tematiche riguardanti la continuità o la discontinuità tra il
passato fascista e il nuovo ordinamento repubblicano.
Un terzo capitolo sarà rivolto all’esame della qualificazione
dogmatica del decreto legge, dei suoi presupposti giustificativi, della
“forza” e “valore” da attribuire ad esso e dei limiti precipui posti dalla
Costituzione (e non) al proliferare della decretazione d’urgenza. Un
paragrafo sarà miratamente riservato alla problematica concernente
la possibilità di un Governo dimissionario o in attesa di fiducia di
adottare decreti necessitati ed urgenti. Un quesito farà da sfondo a
questo capitolo: il decreto legge può essere considerato a tutti gli
effetti una fonte del diritto o, piuttosto, la Costituzione con l’art. 77
ha inteso soltanto attribuire efficacia ad atti governativi emessi in via
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d’eccezione alle ordinarie regole di competenza in materia
legislativa?
Un ultimo capitolo sarà, infine, dedicato all’esame della natura e del
contenuto della legge di conversione nel dibattito dottrinario dei
maggiori costituzionalisti italiani. Una specifica attenzione sarà
rivolta all’analisi del significato giuridico-costituzionale da attribuire
ad alcune locuzioni inserite nell’art. 77 in tema di conversione dei
decreti legge nonché alle materie della conversione parziale e della
conversione con emendamenti.
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CAPITOLO PRIMO
Origini della decretazione d’urgenza: dallo Statuto albertino al
regime fascista
1. Premessa
Una riflessione scientifica sulla produzione normativa mediante
decreto legge che tenga conto della rilevanza “quantitativa” e
“qualitativa” assunta da tale strumento di disciplina nell’ambito del
sistema italiano delle fonti del diritto non può prescindere da una
valutazione di stampo prettamente storico circa l’origine e l’utilizzo
che s’è fatto di esso. Storicamente, l’incremento di discussioni
dottrinarie e giurisprudenziali intorno al ruolo svolto dalla
decretazione d’urgenza nel nostro ordinamento testimonia in genere
di un sentore, percepito dalla comunità dei giuristi, di grave crisi del
sistema, implicante da un lato lo spostamento degli “equilibri”
istituzionali a favore del potere esecutivo e, dall’altro, la conversione
di una fonte del diritto da “eccezionale”, così come prevista ora dal
dettato costituzionale, a strumento “ordinario” di produzione
normativa. Pur tuttavia, situazioni di crisi o di vera e propria
emergenza possono richiedere un sovvertimento delle competenze in
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materia legislativa di talché la rivendicazione di un primato da parte
delle fonti governative risulta satisfattivo delle esigenze oggettive
d’urgenza e il vulnus patito dal principio della separazione dei poteri
appare giustificato dalle circostanze concrete di pericolo. Tale auto-
assunzione da parte del potere esecutivo della potestà di disciplinare
tramite propri atti normativi sostanzialmente di rango primario pari
alla legge formale, che rientrerebbero quindi nella competenza
propria del potere legislativo ma che non vedono in realtà l’intervento
del Parlamento se non nell’ambito della fase di conversione in legge,
differisce dall’ipotesi contemplata dall’art. 76 Cost., là dove lo
spostamento di competenza dal legislativo all’esecutivo è
convalidato dalla – oppure, presuppone la – volontà delle Assemblee
parlamentari: «l’elemento che accomuna gli atti in discorso [i decreti
legge] è conferito ad essi dall’urgenza che ne promuove
l’emanazione allorché si debba far fronte ad esigenze insorte
improvvisamente, che non riuscirebbero appagate se vi si dovesse
provvedere con apposite leggi data la non breve durata del processo
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che porta alla loro formazione».
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Nel passaggio dalla monarchia
assoluta alla monarchia costituzionale con lo Statuto Albertino del
1848, dal governo misto come progettato dallo Statuto al governo
parlamentare, dalla forma di governo fascista di stampo totalitario
alla Repubblica, il fenomeno della decretazione mediante atti
straordinari ed urgenti costituisce una costante, costante oggetto di
aspri dibattiti sia a favore sia contro il suo utilizzo. V’è da chiedersi,
dunque, donde deriva la scarsa reputazione acquisita nel tempo dal
decreto legge. Occorre, in altre parole, rispondere ad alcune domande
essenziali e cioè: 1) a quale modello “storico” si ispira la formula
costituzionale di cui all’art. 77 e le relative distorsioni; 2) se essa
rappresentò in sede di Assemblea costituente una sorta di rottura
rispetto al passato fascista oppure tutto avvenne senza soluzione di
continuità rispetto all’ordinamento costituzionale precedente; 3)
infine, in quale prospettiva – se strumento solo “straordinario” o
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C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova, 1976, vol. 2, p. 702. Lo
stesso Autore continua: «Siffatta autoassunzione di un potere non proprio
dell’ordinaria competenza dell’organo che se ne fa titolare in via provvisoria è da far
rientrare nell’indirizzo politico, dato che, come appare chiaro, presuppone valutazioni
degli interessi generali della comunità statale e delle necessità di una loro
soddisfazione con l’uso di strumenti straordinari».
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“anormale” di intervento del potere esecutivo nella produzione
normativa – fu prevista e come fu accolta dai costituenti la
decretazione d’urgenza in occasione della redazione della Carta
fondamentale. A questi interrogativi si cercherà di dare una possibile
risposta nel prosieguo delle pagine.
2. Statuto albertino e decreto legge: previsione statutaria e prassi
governativa
Contrariamente a quanto accadde per altri istituti giuridici di diritto
pubblico, dottrina e prassi italiana poco o nulla trassero
dall’esperienza costituzionale francese in materia di decreti-legge.
Se, infatti, in territorio francese si nutriva una profonda ostilità nei
confronti di questa forma di legislazione d’urgenza, poco compatibile
con la radicata tradizione «ultraparlamentare» del Paese,
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nell’ambito
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In altri Paesi invece, come Inghilterra, Germania e Austria era già riconosciuta al
Governo una potestà straordinaria di emanare provvedimenti di urgenza in materia
legislativa. In Inghilterra la decretazione d’urgenza ancora oggi ha la forma degli
Orders in Council pubblicati per proclami ed ordinanze nella London Gazette. Cfr. F.
P. Contuzzi, voce Atti del Governo, in Dig. it., Unione tipografico-editrice Torinese,
Torino, 1893-99, vol. IV, Parte II, p. 182. L’esame comparatistico di qualunque
ordinamento positivo, inoltre, mostra che l’istituto del decreto legge non sia soltanto