INTRODUZIONE
L’idea di confrontare due autori, apparentemente distanti,
come Paul Auster e Italo Calvino è nata dalla constatazione di una
singolare consonanza tematica, emersa dalla lettura delle opere di
Auster, tra queste e alcune opere calviniane: i temi del viaggio, del
cosmo, dell’ars combinatoria, insieme a speculazioni metafisico-
scientifiche, ritornano con insistenza fondante tanto nell’uno quanto
nell’altro. E’ vero, il tema dell’uomo in rapporto al cosmo, e ciò che
ne deriva, è tema universale e da sempre (e per sempre)
accompagna (e accompagnerà) il cammino di questi nella ricerca di
una verità “originaria”.
Entrambi si sono distinti, all’interno del panorama letterario
contemporaneo, per aver apportato al modo di “fare letteratura” un
considerevole contributo stilistico, oltre che formale, in una veste
nuova e convincente, allo stesso tempo; due figure sensibilmente
innovatrici le quali, seppur per strade diverse, sono giunte a
conclusioni assai simili.
Al di là delle ovvie differenze anagrafiche (più di un
ventennio separa le loro nascite), e di conseguenza formative
(l’esperienza della guerra partigiana per Calvino; le esperienze “on
the road” tanto in patria quanto in Europa per Auster); al di là della
attiva militanza politica dell’uno e della distaccata presa di
coscienza dell’altro; e ancora al di là del fatto che il 1985 è l’anno
che saluta tanto la fine di una “avventura letteraria” intensa e
prestigiosa, quanto l’avvio di un’altra, altrettanto intensa e
multiforme; tuttavia appare possibile parlare di analogie tematico–
strutturali tali da poter tracciare più parallelismi tra le rispettive
IV
produzioni letterarie, dovutamente considerando l’utilizzo, da parte
loro, di moduli linguistici differenti: prevalentemente metafisico in
Auster; prevalentemente scientifico-classificatorio in Calvino.
Il percorso che porta alla formulazione di tali scelte stilistico-
formali ha radici molto lontane, in un passato letterario che li vede
ricercare in esso quei modelli narrativi che molta parte occuperanno
nello sviluppo di una propria teoria, evidentemente attualizzati in
forme nuove. Di taluni modelli se ne percepisce un’eco velatamente
manifesta, che sottende il dispiegarsi della diegesi, in una sorta di
imprinting concettuale (è il caso della filosofia leibnitziana, come
della cosmologia galileiana); talaltri, invece, assurgono a vero e
proprio paradigma referenziale, facendosi (quasi) motivo
conduttore da cui si diparte – o procede parallelamente – la vicenda
narrata [è il caso de Il Milione: in Auster lega il tema del viaggio e
della veridicità narratoria alla frammentazione del self (“City of
Glass”) e al recupero della memoria (Moon Palace); in Calvino
opera lo scarto dall’originale forma diaristico-memoriale alla forma
dialogico-speculativa attuale su cui costruisce Le Città Invisibili].
Altri ancora sono i referenti significativi intertestuali
1
, « p r e s i i n
prestito», analogamente dall’uno e dall’altro, dal patrimonio
letterario universale, che emergeranno nel corso dell’analisi; come
1
Nel significato dato da Julia Kristeva: «Le texte est donc une productivité ce qui veut
dire: 1) son rapport à la langue dans la quelle il se situe est redistributif (destructivo-
constructif), par conséquent il est abordable à travèrs des catégories logiques et mathématiques
plutôt que purement linguistiques; 2) il est une permutation de texte, une inter-textualité: dans
l’éspace d’un texte plusieurs énoncés pris à autres textes se croisent et se neutralisent»,
"Problèmes de la structuration du texte", in Tel Quel: théorie d’esemble, Edition du Seuil,
Paris, 1968, p.300 (corsivo della Kristeva).
V
pure significativi sono i richiami, più specifici, alle tradizioni
autoctone dalle quali nessuno dei due può prescindere.
Per il procedimento analitico si è adottata una suddivisione
quadripartita, che si snoda lungo un’ordinata verticale, ossia per
temi, preferendola ad un approccio, in genere più consuetudinario,
di confronto diretto tra le opere scelte, dal momento che gli stessi
temi sono presenti a vari livelli pressoché in ogni opera presa in
esame. Nella prima sezione, IL LUOGO DELLA SCRITTURA: IL VENTRE
DELLA BALENA E L’UNIVERSO MOLECOLARE, si focalizzerà l’analisi sul
momento germinale della scrittura, sul quando come e dove questo
avviene e sul conseguente processo di gestazione da cui essa
origina; la seconda, FUNZIONE DELLA SCRITTURA: ORDINARE IL CAOS,
verterà sulle tecniche narrative e sulle costruzioni sintattiche
utilizzate per ricomporre, entro un ordine organico, la
frammentazione e frantumazione individuali e universali; la terza,
OSSESSIONE SPAZIALE: AGORAFOBIA E CLAUSTROFILIA, mette in luce la
condizione del singolo alle prese con la contrazione e dilatazione
spaziale che, in un caso come nell’altro genera ansia; infine la
quarta sezione, DESTITUZIONE DI ICONE: IL RAPPORTO CON LA L UNA,
analizzerà quello che fu considerato il conflitto millenario tra
l’uomo e il suo ideale, confrontando il diverso approccio, ma con
stesse finalità, di Auster e di Calvino nei confronti del satellite
terrestre, emblema del mistero per eccellenza.
A partire dalla individuazione di immagini-chiave ricorrenti
nella scrittura narrativa di entrambi, si stabiliranno delle
simmetrie/asimmetrie di procedimento tese a dimostrare la
dimensione cosmica dell’individuo, in quanto essere guidato e
governato da movimenti e mutamenti cosmici; in quanto parte di un
VI
plenum e plenum egli stesso, che tutto contiene e in tutto è
contenuto
2
.
L’immagine iniziale coincide con quella, pressoché statutaria
nel patrimonio culturale umano, del binomio bambino ⇔poeta;
precisamente esso indica l’analogia che intercorre tra immaginario
creativo del bambino intento al gioco, e processo creativo
dell’artista nella composizione letteraria. Essa si fonda sulla perfetta
sovrapposizione tra l’attività di day-dreaming del poeta e le
macchinazioni ludiche del bambino (nella fase prealfabeta);
momenti questi, in cui entrambi sperimentano tramite il gioco
combinatorio, scambi, scomposizioni, combinazioni di e tra vari
oggetti/parole, nel tentativo di moltiplicare all’infinito il piacere
provocato dal giocare/scrivere stesso, di creare nuovi infiniti mondi
possibili. Prova ne è data nella sezione “The Book of Memory”, in
The Invention of Solitude (1982), scritto teorico-autobiografico, in
cui Auster, avallando la sua posizione con una serie di esempi
puntuali, ad un certo punto afferma:
It sometimes seems to A. that his son’s
mental perambulations while at play are an
exact image of his own progress through
the labyrinth of his book (p. 165);
the two diagrams would be the same: the
one would fit perfectly over the other (p.
165).
2
Il concetto di ‘plenum’ fu sviluppato e teorizzato in quasi tutta la produzione filosofica di
Leibniz, già a partire da Vero metodo della filosofia e della teologia (1669/1685), in aperta
polemica con il cartesianesimo: «[Cartesio] concepì il movimento come qualcosa di relativo,
inventò una specie di corpo che non differisce in nulla dal vuoto e ridusse la coesione e la
solidità alla sola quiete… Alla nozione di estensione e di varietà deve essere aggiunta l’azione.
Il corpo, dunque, è un agente esteso. Si potrà anche dire che è una sostanza estesa, purché si
tenga fermo che una sostanza agisce e che ogni essere che agisce può essere chiamato
sostanza», ed. Utet, p.691 (corsivi miei).
VII
Poco prima si era dato, invece, quanto segue: Auster rivede sé
stesso bambino intento a giocare con le parole:
at eight or nine years old, and the sudden
sense of power he felt in himself when he
discovered he could play with words;
e altrettanto per caso scoprire
a secret path to the truth: the absolute,
universal, and unshakeable truth that lies
hidden at the centre of the world (p. 160).
Egli usa a ragione il verbo “to play” (giocare) per designare
l’attività mentale nel trovare corrispondenze tra le parole; e anche
quando l’incanto dell’infanzia è superato, Auster adulto insiste sul
«sentimento di magia» (the feeling of magic) in quanto “afflato”
immanente alla corrispondenza tra parole, e universale allo stesso
tempo, dal momento che
these same correspondences between words
are present in every language, even though
the particular combinations are different (p.
160)
L’universalità di queste corrispondenze risiede nella
specularità tra linguaggio ed esistenza umana, due complessi
organismi interrelati tra loro da un corpus di elementi/parti
intercambiabili, attraverso i quali è possibile stabilire un ponte tra
scrittura e mondo:
VIII
language is… an infinitely complex
organism… cells and sinews, corpuscles
and bones, digits and fluids… (p. 160);
The grammar of existence includes all the
figures of language itself: simile, metaphor,
metonimy, synecdoche - so that each thing
encountered in the world is actually many
thinghs… (p. 161).
Questa reciprocità resterebbe fine a sé stessa se non vi
concorresse un elemento scatenante, un quid, a rendere manifesta la
rete di connessioni possibili, che si collo c a o l t r e l a s f e r a
dell’intelletto umano:
Coincidence: to fall on with; to occupy the
same place in time or space. The mind,
therefore, as that which contains more than
itself (p. 162).
Dello stesso avviso sembra essere Calvino, propugnatore del
gioco combinatorio per un nuovo concetto di letteratura. Le sue
posizioni al riguardo sono esposte in maniera esaustiva nel saggio
“Cibernetica e fantasmi: appunti sulla narrativa come processo
combinatorio”, del 1967, dove egli afferma che è
il piacere infantile del gioco combinatorio
che spinge… il poeta a sperimentare
accostamenti di parole (p. 214)
3
.
Accostamenti e permutazioni di segni e di suoni ad un dato
momento «rimano», scatenando «un’idea preconscia», aliena dalla
3
Conferenza tenuta in varie città italiane dal 24 al 30 novembre 1967, pubblicata col titolo
“Cibernetica e fantasmi”, in “Le conferenze dell’Associazione Culturale Italiana”, fasc. XXI,
1967/68, p.9-23; ora sta in Una pietra sopra, Milano, Mondatori, 1980, p.199-219.
IX
volontà dell’autore, che sposta il valore semantico su un altro
livello, non oggettivo, che coinvolge la sfera individuale e sociale:
… il risultato poetico sarà… lo shock che si
verifica solo in quanto attorno alla
macchina scrivente esistono i fantasmi
nascosti dell’individuo (p. 215).
Egli prosegue indicando le possibili nuove frontiere che si
aprono alla letteratura a partire dall’applicazione del calcolo
matematico ai processi mentali (nascono i primi calcolatori
elettronici); esplorando territori nuovi aperti dalle scoperte
scientifiche (tecnologiche e biologiche) per cui il mondo/l’universo
è non già un continuum bensì un discreto (composto di parti
separate) (p. 203) e su questa linea suggerendone la possibile
soluzione:
Il modello del linguaggio matematico, della
logica formale, può salvare lo scrittore dal
logoramento in cui sono scadute parole e
immagini per il loro falso uso (p. 231)
4
.
[Doverosa, a questo punto, una parentesi calviniana volta a
motivare, ai fini del discorso critico, la scelta di una parte della sua
produzione letteraria rispetto al resto].
Nel momento in cui teorizza i nuovi orizzonti a cui
letteratura, scrittore e lettore (in quanto filtro critico) devono
tendere, Calvino ha già iniziato ad attuare nella produzione
4
Questa citazione è tratta da “Due interviste su scienza e letteratura”, in “L’Approdo
letterario”, n.41, gen-mar 1968; ora in UPS, p.231. Questa fede nel linguaggio matematico
trova la sua matrice in epoche lontane (Medioevo); ma è in Galileo e nei suoi contemporanei
(Bacon, Campanella) che assurge a metodo gnoseologico, secondo cui il libro della natura è
scritto nel linguaggio matematico (“Il libro della natura in Galileo”, sta in Perché leggere i
classici, Milano, Mondatori, 1991, a cura di E. Calvino, p.90).
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