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Capitolo 1. Tipologia dei testi: il romanzo e la sceneggiatura.
1.1 Lingua parlata e lingua scritta
L'idea che la lingua parlata sia una versione di lingua "inferiore" a quella
scritta è stata, per secoli, molto diffusa sino a diventare un luogo comune
nel campo dell'insegnamento.
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Le differenze tra le due varietà di lingue, che
esistono, sia riguardo alla situazione comunicativa che al medium utilizzato,
hanno portato come conseguenza, a dichiarare la superiorità delle opere
letterarie su mezzi diversi, quali cinema, radio e televisione che usano un
linguaggio parlato fatto di dialoghi. Naturalmente oggi non si ritiene più –
come è avvenuto in passato – che il libro sia (sempre) superiore al film da
cui è stato tratto, perché la letteratura è cultura e il cinema "forma d’arte
minore".
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Entrambi assumono una propria specificità alla luce delle
caratteristiche del linguaggio usato e di altri fattori in gioco. Tra questi,
rientrano le diverse epoche storiche in cui hanno vissuto gli scrittori e i
registi, i quali hanno raccontato delle storie modificando, più o meno, il testo
letterario di partenza. Il lettore-spettatore, generalmente, preferisce il libro
al film;
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questo avviene perché aveva immaginato la storia in un modo che
poi non ha ritrovato nel film e, pertanto, si è sentito "tradito" dal regista.
Durante la lettura, infatti, avviene un processo che Calvino chiamava
"cinema mentale": ci creiamo l’immagine visiva della storia partendo dalle
parole del testo (Calvino, 2016: 136). Girando un film accade la stessa cosa:
le scene e le sequenze nascono da un testo scritto (la sceneggiatura, talvolta
8
M. Svolacchia, “La lingua parlata è una brutta copia delle lingua scritta?” http://
uniroma3.it/docenti/svolacchia/3.pdf.
9
C. Cavalleri, "Perché il buon libro e' indigesto al cinema"
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/perche-il-buon-libro-e-indigesto-al-cinema- ult. cons. 14
Febbraio 2019.
10
Ibidem.
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tratta appunto da un libro) che il regista ha ricostruito con le riprese e il
montaggio, cercando di rappresentare il “suo cinema mentale"; perciò, è
logico supporre che lo spettatore che fa un confronto tra i due testi novanta
volte su cento preferisca il libro, in quanto la sua rappresentazione mentale
della storia è, ovviamente, diversa da quella del regista.
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Non basta, comunque, assumere che lingua parlata e lingua scritta
siano, a parte la diversa modalità, la stessa cosa. Esiste un altro pregiudizio
da confutare, quello che considera la lingua scritta come il parlato messo
per iscritto. Se così fosse, la lingua scritta non dovrebbe essere oggetto di
insegnamento specifico, sarebbe sufficiente, per imparare a scrivere,
l'alfabetizzazione e l'apprendimento dei fonemi.
A questo punto è allora necessario considerare le differenze tra
scritto e parlato.
(a) Il parlato
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utilizza solo il canale fonico-acustico, lo scritto
prevalentemente quello grafico-visivo. Anche lo scritto può essere letto ad
alta voce, come avveniva nell’antichità e nel Medioevo ma abitualmente
viene recepito attraverso una lettura mentale (in modo endofasico).
Esistono poi varie situazioni intermedie, definite in genere con l’etichetta
scritto-parlato; per esempio, l’attore che recita una parte imparata a
memoria o il conferenziere che parla sulla base di appunti o di una scaletta
scritti, completandoli e adattandoli all’uditorio.
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(b) Il parlato è una tipica comunicazione svolta in un dato contesto (in
situazione) e presuppone un emittente che si rivolge a uno o più destinatari
11
C. Beretta Mazzotta, "Un libro diventa sceneggiatura"
https://www.bookblister.com/2016/11/10/un-libro-diventa-sceneggiatura/ ult. cons. 14 Febbraio
2019.
12
L. Serianni, "Lingua scritta " http://www.treccani.it/enciclopedia/lingua-scritta_(Enciclopedia-
dell'Italiano)/ ult. cons. 13 Febbraio 2019.
13
C. Lavinio, Testi scritti e testi orali differenze interazioni intersezioni
http://www.academia.edu/13816041/Testi_scritti_e_testi_orali_differenze_interazioni_intersezioni
, ult. cons. 7 Febbraio 2019.
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che possono interagire nel discorso, come avviene normalmente, oppure
limitarsi ad ascoltare (ad esempio, nel caso di una conferenza, omelia, la
lezione frontale del docente, ecc.). Lo scritto è solo eccezionalmente in
situazione: per esempio, quando, in una riunione, un partecipante, per non
interrompere o per non farsi notare, allunga un appunto ad un collega.
Quasi sempre, invece, si scrive ad un destinatario distante; anche la lettera
elettronica o il messaggio sul cellulare sono letti in differita, magari solo
pochi secondi dopo l’emissione, oppure si scrive a uno o più destinatari
astratti e ideali: quelli, per esempio, che potrebbero essere interessati, in
un futuro più o meno lontano, ad una poesia, ad un romanzo, una ricerca,
un verbale, una sentenza.
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Da quanto detto scaturiscono altri elementi distintivi.
1) In un dialogo chi parla ha sempre la possibilità di tener conto delle
reazioni dell’interlocutore, trasmesse attraverso la mimica facciale o con la
sua impassibilità, con tutti i segnali di disinteresse o di empatia ed
accoglienza. Nello scritto, viceversa, non c'è il cosiddetto feedback e non si
possono nemmeno immaginare le possibili reazioni di un destinatario
plurimo e indifferenziato.
2) Circa la fruizione, lo scritto concede al destinatario la libertà che non
consente il parlato. Un testo si può leggere quando, quanto e come si vuole,
magari solo le parti che interessano o quelle che danno un’idea dell’insieme
(es. il titolo e la conclusione di un articolo giornalistico, l’indice di un saggio,
ecc.).
3) Lo scritto è regolato e programmato, mentre il parlato in situazione è
sempre in una certa misura “sporco” (rumori esterni alla conversazione,
difetti di pronuncia o di esecuzione dei parlanti, ecc.) e presenta un
ineliminabile margine di ambiguità, sollecitando la cooperazione
dell’ascoltatore: chi pronuncia la parola saggio, si sta riferendo ad un libro
oppure ad uomo?
14
Ibidem.
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4) Il parlato fornisce delle informazioni tipiche che lo scritto non dà: la
prosodia (intonazione, ritmo, intensità), il timbro della voce (età, sesso,
ecc.), la pronuncia (informazioni sociolinguistiche), il linguaggio non verbale
(gestualità).
5) Scrivere e, in misura minore leggere, implicano produrre e decodificare
testi anche molto complessi ed elaborati (per es. un libro). Occorre la
conoscenza di tecniche dell'organizzazione delle informazioni ad un livello
molto superiore di quello necessario per il parlato.
1.2 La lingua parlata è inferiore alla lingua scritta?
Parlato e scritto sono due forme di lingua molto diverse. La scrittura è un
codice, dal punto di vista cronologico, secondario rispetto alla lingua parlata.
Lo dimostra la paleontologia, secondo la quale l'uomo parla da quando
esiste l'Homo Sapiens moderno (100mila o addirittura 200mila anni fa),
mentre scrive da non più di 5.550 anni come attestato dalle più antiche
testimonianze di scritture mesopotamiche.
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Ne è dimostrazione anche il
fatto che la grande maggioranza degli idiomi oggi esistenti al mondo non
ha una tradizione scritta. Inoltre, un bambino, per una potenzialità innata
che deve essere stimolata per attuarsi, impara prima a parlare e lo fa in
modo naturale, spontaneo; poi impara a scrivere, seguendo un
insegnamento specifico. Eppure nel mondo occidentale per molti secoli gli
studi sul linguaggio si sono occupati soltanto della lingua scritta, e, quindi,
la scrittura è stata considerata di maggior valore senza che la lingua parlata
venisse presa in considerazione come oggetto di studio. Soltanto a partire
dagli inizi del XX secolo iniziarono gli studi sulla lingua orale, mentre si
sviluppava la moderna linguistica.
16
Entrambe le modalità hanno la loro
validità e lo studio di ciascuna è legato inestricabilmente all'altra, come si
15
M. Svolacchia, op. cit.
16
Ibidem.
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comprende quando s'intende apprendere una lingua straniera. Allora ci si
rende subito conto che esistono due lingue, una orale e una scritta. Tutti gli
studi prodotti nel corso del XX secolo non hanno inteso definire dunque un
primato di una delle modalità ma piuttosto definirne affinità e differenze.
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D'altra parte, non esiste un solo modo di scrivere e un solo modo di parlare,
ognuno con le proprie regole, basti pensare alle differenze che si rinvengono
all'interno di ogni modalità: conversazioni o discorsi pubblici (genere
parlato); lettere personali o esposizioni accademiche (genere scritto).
Pertanto i confini tra le due modalità si fanno più sfumati nel momento in
cui si ritrova una lingua parlata che può essere considerata "written-like" (il
monologo di un attore) e una lingua scritta "spoken-like" (il dialogo di un
testo teatrale) (cfr. Tannen, 1982).
Lingua parlata e scritta non sono due forme di lingua diverse, sono
modi di fare cose diverse: la scrittura si sviluppa quando e qualora la lingua
debba assumere nuove funzioni nella società.
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Secondo Halliday (1992), il parlato è un processo, perché avviene in tempo
reale, con programmazione limitata per i limiti della memoria a breve
termine e non è revisionabile. Per correggere si può aggiungere, ma non
cancellare. Lo scritto è invece un prodotto, che giunge alla fine di varie fasi
(programmazione, elaborazione e revisione), molte di più che nel parlato,
le quali, se ben eseguite, producono un testo elaborato, preciso e senza
ridondanze. Con la revisione si può cancellare oltre che aggiungere.
L'illusione cognitiva della superiorità dello scritto sul parlato deriva appunto
dal risultato che otteniamo grazie a queste differenze esecutive, non
linguistiche.
In sintesi, si può dire che mentre lo scritto è revisionabile e, quindi,
si presenta come logico e corretto dal momento che è stato possibile
elaborarlo e rifinirlo, il parlato non è invece revisionabile. Una prima
17
Ibidem.
18
Ibidem.