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INTRODUZIONE
Il concetto di benessere è ritenuto ormai di estrema importanza nella società
contemporanea. Nell’ambito della psicologia, all’inizio del secolo scorso, inizia a
crearsi una nuova disciplina, definita Psicologia Positiva. Essa ha come obiettivo
principale lo studio empirico e la promozione del benessere soggettivo, non
concentrandosi esclusivamente sulla patologia ma puntando invece al potenziamento
delle risorse individuali, al fine di migliorare la qualità della vita.
La psicologia positiva e la promozione del benessere rappresentano una delle
rivoluzioni più importanti della psicologia odierna. Il fautore di questo nuovo indirizzo
è lo psicologo statunitense Martin Seligman. Egli sostiene che una persona gode di una
condizione psico-fisica ottimale se riesce a sfruttare al meglio i suoi punti di forza e
risorse, aspetti che vanno curati e coltivati costantemente.
Il presente lavoro di tesi si concentra in particolare sulla promozione del benessere, il
quale è molto utile anche nella prevenzione di comportamenti devianti e/o l’insorgenza
di disturbi psichici. A tal proposito vengono esaminate le cinque componenti
fondamentali che costituiscono il “Subjective Well-Being”, ovvero: autostima,
autodeterminazione, emozioni positive, ottimismo e resilienza. Per potenziare al
massimo il benessere soggettivo, molti autori ritengono utile lavorare sul benessere già
dalla prima infanzia, sia perché è molto più semplice ed efficace formare i bambini
poiché possiedono una maggiore flessibilità e schemi mentali meno rigidi, sia per agire
in ottica preventiva.
L’elaborato è suddiviso in tre capitoli. Nel primo capitolo è descritta la nascita della
Psicologia Positiva, i suoi obiettivi e gli ambiti di ricerca. Si analizzano i principali
approcci teorici come le due teorizzazioni sull’Edonia ed Eudaimonia e la Self-
Determination Theory. Inoltre, sono affrontate anche alcune critiche che nel corso del
tempo sono state avanzate alla Psicologia Positiva e si definisce cosa si intende con il
termine “salute positiva”.
Il secondo capitolo si concentra soprattutto sul concetto di benessere e sulla sua
promozione. È spiegato il significato del termine e le sue due accezioni più importanti,
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ossia: benessere oggettivo e soggettivo. Inoltre, sono descritte le cinque componenti
tipiche del benessere soggettivo e per ognuna sono illustrate alcune tecniche per
“allenarle” e renderle più efficaci. Sono descritte anche delle tipologie di test che
hanno come scopo quello di verificare il livello di benessere in un individuo prima e
dopo di un trattamento. Il capitolo si chiude con la presentazione di una particolare
terapia, la “Well-Being Therapy”, un training che si è rivelato molto utile per
migliorare la qualità della vita.
Il terzo e ultimo capitolo di questo elaborato presenta otto diversi lavori di ricerca che
hanno indagato l’importanza del ruolo degli interventi della psicologia positiva sul
miglioramento delle condizioni di vita e del benessere di un soggetto in diverse
situazioni, sia in presenza di casi clinici, sia in situazioni non cliniche. Infine, è
descritta una ricerca dedicata ad una tematica molto delicata e in preoccupante
aumento nell’ultimo periodo, ossia il burnout, prendendo in esame l’importanza dei
training positivi rivolti alle professioni medico-sanitarie.
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CAPITOLO PRIMO
LA PSICOLOGIA POSITIVA
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La nozione di psicologia positiva ha avuto luogo nel mio giardino insieme a mia figlia
Nikki. Ella stava lanciando erbacce e ballando, le ho urlato. Lei allora si avvicinò e
mi disse: “Papà da quando avevo 3 anni fino a 5 ero una piagnucolona, poi ho deciso
di non lamentarmi più, è stato difficile, però se ci sono riuscita io, tu puoi smettere di
essere un brontolone!”. Da quel momento ho imparato molte cose, soprattutto sulla
mia professione. Ho capito che occorre identificare e coltivare le qualità più forti al
fine di vivere al meglio queste qualità positive.
(Seligman, 2000)
1.1 La nascita della Psicologia Positiva
La psicologia tradizionale fino agli anni ’30-40 si concentrava principalmente sulla
gestione e trattamento del sintomo al fine di riparare i danni e arginare la sofferenza,
soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Le atrocità e il forte tasso di violenza
vissuti durante questo periodo, portarono un grande senso di sfiducia nella maggior
parte degli individui, i quali iniziarono a guardare al futuro in modo molto pessimistico
e negativo. Fra il 1946 e 1947 vengono istituite due importanti associazioni:
“Amministrazione dei Veterani” e “Istituto Nazionale di Salute Mentale” e a esse sono
collegati moltissimi progressi riguardo la gestione della malattia mentale: grazie alla
ricezione di diverse sovvenzioni, addirittura ben 14 tipi di disturbi diventano gestibili e
trattabili, aspetto del tutto sconosciuto prima di quel momento (Seligman, 1994).
Se però da una parte l’incremento economico ha portato diversi passi in avanti nella
ricerca, dall’altra ha provocato un “buco nero” in cui sono stati risucchiati alcuni
fenomeni importanti della psicologia legati principalmente al miglioramento del
benessere dell’individuo. La psicologia diventa quasi “vittima” della medicina, ci si
occupa quasi esclusivamente di curare la sofferenza derivata da una molteplicità di
situazioni, come: abusi, stress post-traumatico, lutti, maltrattamento. Si tratta, quindi,
di curare ciò che è danneggiato. Emerge così un dominio quasi incontrastato fra
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“malattia” e “normalità” in cui le potenzialità individuali non hanno posto (Seligman,
1998).
Un piccolo anticipo di Psicologia positiva lo possiamo riscontrare in un scritto del
1954 di Maslow, che recita così: “la scienza della psicologia ha avuto molto più
successo sul lato negativo piuttosto che su quello positivo. Ci ha rivelato molto sui
limiti dell’uomo, le sue debolezze, i suoi errori ma poco riguardo le sue potenzialità,
le sue virtù, le aspirazioni di successo e la sua intera forza psicologica. E’ come se la
psicologia si fosse volontariamente ristretta a solo metà della sua legittima
giurisdizione, quella più oscura e malvagia” (Maslow, 1954, p. 354).
Intorno agli anni ’70 Martin Seligman inizia a condurre diverse indagini scientifiche
sulla depressione, con lo scopo di verificare le dinamiche psichiche che portano poi
all’insorgenza del disturbo. Importante, a tal proposito, è l’esperimento dei cani con la
shuttle box: l’animale viene prima sottoposto ad uno shock a cui non può sottrarsi,
successivamente è collocato in una gabbia suddivisa in due sezioni, in una delle quali
viene erogato nuovamente l’evento avversivo. Il cane, dopo un breve tentativo di fuga
verso l’altra sezione, rimane passivo subendo quindi lo shock. È come se fosse scattato
in lui un meccanismo di rassegnazione. Successivamente, Seligman e collaboratori,
trasferiscono questo tipo di esperimento sull’uomo, sostituendo lo shock con un
rumore. I risultati sono stati pressoché identici. Da qui nasce la cosiddetta teoria del
learned helplessness: non sarebbe la situazione in sé e per sé a creare l’atteggiamento
d’impotenza, ma la rappresentazione cognitiva elaborata su di essa (Seligman,
Overmeier & Maier, 1970).
Successivamente l’attenzione di Seligman si sposta verso l’altra faccia della medaglia,
intorno agli anni ’80, infatti, insieme ai suoi collaboratori, comincia a occuparsi delle
risorse, delle potenzialità e di tutti quegli aspetti che portano uno stato di benessere nei
soggetti. Concentrasi sul negativo non basta più, occorre piuttosto attuare degli
interventi di prevenzione e promozione verso le qualità più ottimali del soggetto
(Seligman, 1994).
I primi segnali della nascita della Psicologia Positiva sono generalmente associati al
discorso che Seligman tiene nel 1998 a seguito della sua elezione come Presidente
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dell’APA (American Psychological Association). Ma è solo 2 anni dopo, nel 2000 che
si può parlare di Psicologia positiva vera e propria, indirizzo di studio che si concentra
sul benessere e sulla felicità da un punto di vista scientifico e non più filosofico, grazie
quindi alla figura di Seligman e di Csikszentmihalyi (Seligman & Csikszentmihalyi,
2000).
Nel 2002 vengono presentate le tre colonne su cui si basa questo nuovo indirizzo
(Compton & Hoffman, 2012):
• studio del vissuto individuale passato, presente e futuro;
• analisi delle caratteristiche positive intese come forza e virtù;
• funzionamento positivo della comunità.
Nel 2004 Peterson e Seligman creano il cosiddetto VIA ( Values in Action), in cui
vengono elencati gli aspetti positivi e le competenze che favoriscono il benessere, in
contrasto col DSM il quale, invece, presenta una lista di segni legati alla malattia.
Da lì a poco iniziano a essere pubblicate diverse riviste, articoli, ricerche
sull’argomento, come: Handbook of positive psychology (2002) a cura di Snyder, i
lavori di Fredrickson sulle emozioni positive (2000), la ricerca di Segerstrom riguardo
gli effetti benefici dell’ottimismo sulla salute e principalmente la creazione nel 2006 di
un intero giornale dedicato alla psicologia positiva The Journal of Positive
Psychology. Nel 2009, a livello mondiale, per la prima volta viene svolto a
Philadelphia il primo Congresso sulla Psicologia Positiva.
“Cos’è la psicologia positiva? Non è altro che lo studio scientifico delle normali forze
e virtù umane. La psicologia positiva rivisita la persona media, con un interesse a
scoprire cosa funziona, cos’è giusto e cosa sta migliorando… la psicologia positiva è
semplicemente psicologia”. (Sheldon & King, 2001, p.6)
1.2 Obiettivi e ambiti di ricerca
Lo scopo principale della Psicologia positiva è la ricerca scientifica delle condizioni
che favoriscono e promuovono il benessere individuale e sociale. Non si tratta più di
riparare ciò che è “rotto”, piuttosto favorire la felicità, non intesa sotto un profilo
meramente filosofico, bensì fornendo strumenti reali e concreti. L’individuo viene