Introduzione
All'interno della produzione per strumenti a fiato di W.A. Mozart al corno francese viene
dedicata una numerosa quantità di composizioni infatti, la produzione che vede lo
strumento con ruolo di protagonista consta di ben 4 Concerti per corno e orchestra (K 412,
417, 447, 495); un Quintetto per corno e archi (K 407); una Sinfonia Concertante per fiati (K
297B/b); i dodici duetti per corno o corno di bassetto (K 487); numerosi frammenti di
concerto, dai quali sono stati tratti il Rondò per corno e orchestra in Mib Maggiore (K 371)
e buona parte del primo movimento di un Concerto per corno e orchestra in Mi maggiore,
forse il più ardito della serie. Se a questi aggiungiamo anche dei brani per corno che sono
andati perduti – come ad esempio il K 33, un brano per corno solo –, la sua produzione per
questo strumento, in confronto a quella dedicata agli altri strumenti a fiato, risulta la più
prolifica.
Una delle ragioni più certe che giustificano la copiosa produzione mozartiana per lo
strumento è data dalla sua amicizia con Joseph Ignaz Leutgeb (Neulerchenfeld, 1732 –
Vienna, 1811), cornista austriaco dalle ottime qualità al servizio della corte di Salisburgo,
grande amico della famiglia Mozart (come testimoniano numerose lettere), venditore di
formaggi e infine, oggetto di numerose prese in giro da parte del compositore
salisburghese.
Altri documenti invece, mi fanno anche pensare che il corno fosse uno degli strumenti
prediletti da Mozart, al contrario della tromba, fin da giovane età.
Per esempio c'è un aneddoto scritto dalla sorella di Mozart, risalente al soggiorno in
Inghilterra del 1764 (Mozart aveva 8 anni), che riporta quanto segue:
“Ricordami di dare al corno qualcosa di buono da fare”.
Questa frase rivolta da Mozart a Nannerl (soprannome che dava Mozart alla sorella) che
aveva il compito di trascrivere la composizione del fratello, si riferisce alla stesura della
prima Sinfonia K 16 in Mib Maggiore.
Effettivamente, nel secondo movimento, dal gusto tardo barocco, in particolare, vengono
riservati ai corni passaggi di particolare rilievo melodico.
È di particolare importanza anche il periodo in cui la produzione per corno è stata scritta.
Si tratta infatti, dell'ultimo periodo della vita di Mozart, il periodo della piena maturità
ovvero, quello che comprende l'ultimo decennio della sua vita trascorso interamente a
Vienna.
Il periodo che comprende la produzione per corno, fatta eccezione per la sinfonia
concertante del 1778, comincia nel 1781 col frammento di Concerto per corno in Mib
Maggiore, oggi divenuto il rondò per corno e orchestra, K 371 e il primo Concerto per
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corno – anche questo giuntoci probabilmente incompleto – in Re Maggiore K 412, per
concludersi nel 1786 coi duetti per corno o corno di bassetto K 487 e col quarto Concerto
per corno in Mib Maggiore K 495, il più ardito della serie, sia a livello drammatico che a
livello tecnico, è proprio a causa di questo livello di difficoltà che questo concerto riporta
l'epiteto “Per Leutgeb” aggiunto dallo stesso compositore che spesso e volentieri si
divertiva a riempire le sue partiture dei concerti per corno di scherzi e prese in giro rivolte
all'amico cornista.
Quindi, a giudicare dal periodo di composizione, le composizioni per corno, anche se non
profonde come quelle per orchestra e/o pianoforte, per esempio, sono comunque una
testimonianza dello stile maturo e della rilevanza artistica del compositore.
Infatti, in quel periodo ci furono svolte importanti nella vita di Mozart, come il
licenziamento presso la corte di Salisburgo quindi, la fine della vita da musicista di corte e
l'inizio di quella da libero professionista, il trasferimento a Vienna e di conseguenza, la
conoscenza di personaggi importanti come il barone van Swieten, grazie al quale Mozart
poté approfondire la sua conoscenza delle opere di J.S. Bach e G.F. Haendel –
approfondendo così anche la sua conoscenza del contrappunto, della quale si può notare
un'evidente testimonianza nella Messa in Do minore K 427 – , l'ingresso in massoneria,
come testimoniano molte delle sue composizioni scritte in quegli anni, tra queste la Musica
Funebre Massonica K 477 e il Flauto Magico K 620, assimilabile a un'allegoria del percorso
massonico, e l'incontro con J. Haydn nel 1784, del quale stimava molto la musica e a cui
dedicò un ciclo di sei quartetti per archi scritti tra il 1782 e il 1785.
Il periodo circoscritto tra il 1781 e il 1786 vede la stesura anche di altri grandi capolavori
del musicista salisburghese, tra questi le Sinfonie Haffner K 385 e Praga K 504 , il
Quintetto per pianoforte e fiati K 452, le opere Il Ratto del Serraglio e Le Nozze di Figaro, i
Concerti per pianoforte dall'11 al 25 (in questo periodo si ha un grande aumento nella
produzione di concerti per pianoforte che erano la maggiore fonte di guadagno per
Mozart in quel periodo).
Un altro fatto che ritengo importante da tenere in considerazione è che il corno dell'epoca
di Mozart non poteva produrre tutte le note con un suono omogeneo come quello che
conosciamo noi infatti, nel XVIII secolo si utilizzava un tipo di corno chiamato corno
naturale.
Questo strumento non possedeva né testi, né chiavi, né pistoni, né fori per controllare
l'intonazione come alcuni modelli dell'epoca successiva e nemmeno di una culisse per
modificare la lunghezza e quindi, l'intonazione dello strumento.
Infatti, solo di recente si era sviluppata una nuova tecnica che diede al corno l'opportunità
di avere un pieno sviluppo artistico che consentì il progressivo ed esponenziale aumento
del suo utilizzo all'interno dei vari gruppi strumentali, sia orchestrali che cameristici, e il
suo impiego come strumento solista.
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Solo fino al secolo precedente l'uso del corno era quasi totalmente circoscritto all'ambito
della caccia infatti, esso veniva utilizzato per produrre richiami o brevi fanfare basate sugli
armonici naturali che lo strumento poteva produrre.
Quindi, lo strumento possedeva grandi limitazioni e i compositori che decidevano di
impiegarlo nelle loro partiture erano costretti a scrivere, soprattutto nel periodo barocco
(per esempio, nella Messa in Si minore o nel primo Concerto Brandeburghese di J.S. Bach o
l'aria Va Tacito e Nascosto dal Giulio Cesare di Haendel), i passaggi affidati al corno in
una tessitura nella quale gli armonici fossero abbastanza vicini da poter eseguire una scala
o frammenti di essa.
(A sinistra, un corno del XVII secolo.
Il primo impiego di questo strumento in
orchestra del quale abbiamo notizie certe
avviene nel 1664 con l'opera di J.B. Lully
La Principessa d'Elide).
Un'altra grande limitazione di questo strumento era dovuta al fatto che poteva suonare
solo gli armonici di una fondamentale dettata dalla lunghezza dello strumento quindi, per
poter suonare in un'altra tonalità, il cornista doveva cambiare strumento.
Solitamente questi strumenti erano costruiti in maniera tale che potessero eseguire gli
armonici con fondamentale Re, più raramente erano tagliati in Mib.
(Suoni armonici dalla fondamentale al ventesimo armonico. Ovviamente, questi suoni non
possiedono una intonazione temperata quindi, è indicata sopra ogni nota la differenza di
intonazione tra i sistemi temperato e naturale in cent).
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Verso la fine del secolo questo modello di corno, largamente diffuso in area francese,
venne importato nei paesi di lingua tedesca, nello specifico in Sassonia e Boemia, dal conte
boemo Anton von Sporck, il quale scoprì questo strumento a Parigi durante il suo Grand
Tour per le corti europee del 1680-1682.
Rimasto affascinato da questo strumento, decise di lasciare due servitori al suo seguito,
Wenzel Sweda e Peter Rölling, considerabili gli iniziatori della scuola cornistica boema, la
migliore del XVIII secolo, alla corte parigina affinché imparassero l'arte di suonare il corno
inoltre, portò con sé vari esemplari di cor de chasse che, una volta giunto nei paesi di lingua
tedesca tramutò il suo nome in waldhorn.
(A sinistra, un ritratto del conte von Sporck,
fautore della diffusione del corno in Europa
centrale).
Con l'importazione dello strumento si assistette anche alla sua graduale introduzione
come componente stabile nelle orchestre sinfoniche. Però, non mancarono i problemi.
A causa della tecnica strumentale, che prevedeva che il cornista
tenesse lo strumento col padiglione all'altezza del viso o
addirittura, verso l'alto, e della spesso scarsa preparazione
musicale dei cornisti, nacquero parecchie lamentele da parte
degli altri strumentisti (soprattutto archi) in orchestra.
Un primo accorgimento che i cornisti adoperarono fu quello di
abbassare lo strumento in maniera tale che la campana si
trovasse all'altezza alla quale la si tiene ai giorni nostri.
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Ma, a questo punto, entra in gioco la figura di Anton Joseph Hampel (1710 – 1771),
secondo corno o meglio, corno basso dell'orchestra reale di Dresda, il quale mutuò una
tecnica comune presso gli oboisti per addolcire il suono dello strumento: questi
introducevano all'interno della campana dello strumento una pallina di cotone o stoffa in
maniera tale da ottenere un suono più ovattato. Ci provò anche Hampel ed è
probabilmente in questa maniera che si fece la scoperta della tecnica del corno a mano.
Infatti, coprendo il padiglione dello strumento, non solo si riusciva – e si riesce tutt'ora –
ad ottenere un suono più cupo che si impasta meglio con quello degli altri strumenti, ma
era possibile modificarne anche l'intonazione.
Se si copre la campana leggermente è possibile far calare il suono mentre, se la si tappa
completamente si riesce a modificare la colonna d'aria in maniera tale che la nota suonata
cresca di un semitono.
Anche se ovviamente, i suoni prodotti non erano tutti omogenei per intensità e timbro,
ora era possibile eseguire una intera scala cromatica con lo strumento.
È anche probabile che questa tecnica fu mutuata dai suonatori di tromba a mano, i quali
inserivano una o più dita nella campana dello strumento per correggere l'intonazione di
alcuni armonici naturali.
Nonostante tutto, per tradizione viene attribuita ad Hampel l'invenzione della tecnica del
corno a mano.
Assieme a queste scoperte tecniche, vennero anche costruiti corni migliori, in grado di
ottenere un timbro migliore e di poter suonare in tonalità diverse senza dover portare più
strumenti.
Viene introdotto il corno naturale, il quale, rispetto al suo antenato, possedeva una
campana più larga e un sistema di ritorte (frammenti di tubo interscambiabili posti tra il
canneggio principale dello strumento e il bocchino) che permettevano al cornista di
suonare gli armonici di tutte e dodici le note musicali.
(Una moderna ricostruzione di un corno
naturale del XVIII secolo. Le porzioni di
tubo intorno allo strumento sono il
sistema di ritorte sopracitato. Vanno
dalla più grave in Sib basso alla più acuta
in Do acuto).
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