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Abstract in Italiano
L’obbiettivo che questa tesi si propone è quello di analizzare la pubblicità
comparativa. Essa è una particolare forma di pubblicità commerciale, definita
come: “qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un
concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente”. Nel nostro ordinamento
rappresenta un fenomeno relativamente recente poiché venne disciplinata per la
prima volta il 25 febbraio del 2000 armonizzando l’ordinamento giuridico italiano
a quello europeo, decisamente più innovativo.
Al fine di comprendere al meglio l’argomento trattato, la tesi viene strutturata in
cinque diversi capitoli: il primo -introduttivo- tratta la pubblicità commerciale sotto
un aspetto generale per poi andare a focalizzarsi con il secondo capitolo sulla
pubblicità comparativa, illustrandone le diverse forme e gli svariati scopi. Nel terzo
capitolo la pubblicità comparativa viene analizzata sotto l’aspetto normativo,
ripercorrendo interamente la sua evoluzione storica. Il quarto capitolo, invece,
riguarda il sistema di tutele che vi è dietro alla comparazione pubblicitaria, in
particolare tre diverse tipologie di tutela: quella amministrativa di competenza
dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato (AGCM), quella
negoziale avanti al Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), e,
infine, la tutela giudiziale prevista dall’art. 2598 del Codice Civile. Casi concreti di
pubblicità comparativa sottoposti al Giurì dell’IAP, sono trattati nel quinto – ed
ultimo – capitolo; tra essi troviamo Plasmon contro Barilla, MSC Crociere Spa
contro Costa Crociere Spa e SKY Italia contro RTI Mediaset.
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Capitolo I - La pubblicità
1.1 Definizione giuridica e natura della pubblicità
La pubblicità è una particolare forma di comunicazione che viene commissionata
dalle aziende agli specialisti del settore per poter raggiungere molteplici obbiettivi di
tipo commerciale: incrementare le vendite, migliorare l’immagine dei prodotti,
contrastare le iniziative dei concorrenti, ecc. (Codeluppi, 2001).
Le prime definizioni in senso giuridico della pubblicità, ancor prima che dalle
norme, sono state date dagli operatori economici.
Basti pensare, infatti, al primo Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (C.A.P.),
entrato in vigore il 12 maggio 1966, che si è sempre posto il problema di colmare il vuoto
normativo presente in materia, cercando di assicurare il rispetto di una comunicazione
commerciale onesta, veritiera e corretta (Frignani e altri, 2009).
Il C.A.P. statuiva e statuisce che “la pubblicità comprende ogni comunicazione,
anche istituzionale diretta a promuovere la vendita di beni o servizi, quali che siano i
mezzi utilizzati”.
Da un punto di vista più strettamente normativo, invece, determinante al fine di
prevedere nel nostro ordinamento giuridico una definizione di pubblicità, è risultata la
direttiva 84/450/CEE. Infatti, l’art. 2 della direttiva imponeva agli Stati membri della CEE
di elaborare una normativa completa, volta a definire e regolamentare la disciplina della
pubblicità ingannevole.
In realtà, il legislatore italiano ha atteso molti anni prima di adempiere a tale
obbligo, introducendo nell’ordinamento la nozione di pubblicità solo con l’emanazione
del d.lgs. 74/1992, il cui articolo 2 definisce la pubblicità come “qualsiasi forma di
messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili
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o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la
prestazione di opere o di servizi”.
Successivamente, il legislatore ha recepito una ulteriore direttiva comunitaria, la
2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno, che modificava, fra le altre, anche la direttiva 84/450/CEE: venivano,
infatti, emanati i decreti legislativi n. 145 e 146 del 2 agosto 2007.
In particolare, il d.lgs. n. 145/07 - in vigore dal 21 settembre 2007 - dà attuazione
al solo art. 14 della direttiva 2005/29 e contiene la disciplina di tutela dei professionisti
dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, insieme alle condizioni di
liceità della pubblicità comparativa nei rapporti tra concorrenti
1
. Nel fare ciò, il decreto
specifica che “La pubblicità commerciale è ogni forma di comunicazione volta a
promuovere la vendita di beni o la prestazione di servizi da parte di un operatore
economico (art. 2, lett. a, d.lgs. n. 145/2007)”.
Se molte sono state le definizioni, risulta evidente che lo scopo è sempre stato lo
stesso: elaborare delucidazioni e discipline il più possibile specifiche per regolamentare
una materia di così grande importanza ed impatto sociale. La pubblicità, infatti,
rappresenta uno strumento fondamentale di promozione, in assenza del quale nessun
imprenditore potrebbe svolgere la propria attività commerciale. Ad oggi, realizzare un
prodotto, attribuirgli un prezzo e collocarlo sul mercato non è più sufficiente per
assicurarne la vendita; ma è necessario promuovere i propri prodotti sul mercato in modo
tale che i consumatori riescano a distinguerli da quelli dei concorrenti.
Il concetto di pubblicità, si è già visto, nei secoli ha conosciuto profondi
mutamenti: si è iniziato a parlare di pubblicità nel corso dell’800 quando la sua funzione
era solo quella di “etichettare”, ossia aveva lo scopo di informare sul contenuto e sulla
funzione di un determinato prodotto. Nei primi anni del ‘900 la pubblicità divenne un
1
http://www.assind.cr.it/sites/default/files/download/Pratiche%20commerciali%20sleali%20-
%20Disciplina%20sostanziale.
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vero e proprio sistema industriale che contribuì alla nascita e allo sviluppo del consumo
di massa. Grazie all’industrializzazione, gli Stati Uniti furono il primo paese a conoscere
un intenso sviluppo pubblicitario. Con il tempo, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione
e la conseguente evoluzione delle tecniche di marketing, la pubblicità cambiò
radicalmente.
Questo cambiamento fu soprattutto influenzato dai risultati relativi agli studi
condotti sulla mente umana, tali studi condussero alla creazione di manifesti pubblicitari
che stimolassero la sfera psichica ed emotiva dei consumatori. Tutto ciò portò alla
pubblicità che oggi noi tutti conosciamo; non più una descrizione della realtà, ma una
prospettiva futura che fa leva sui sensi e sui desideri delle persone a cui è destinata.
È possibile suddividere l’evoluzione storica della pubblicità in quattro distinte
fasi: persuasiva, meccanicista, suggestiva e proiettiva.
- Pubblicità persuasiva: riguarda il suo primo periodo di esistenza, in cui essa era composta
da annunci elementari ed era rivolta a pochi privilegiati consumatori. Il suo scopo era
quello di innescare un bisogno d‘acquisto nel consumatore
- Pubblicità meccanicista: in questa fase il consumatore era ancora percepito come un
soggetto passivo da condizionare, per cui nella pubblicità si cercava di creare il valore
d’uso del prodotto in maniera razionale. Questo veniva fatto attraverso messaggi semplici
e facilmente comprensibili dai fruitori.
- Pubblicità suggestiva: essa si sviluppò tra gli anni cinquanta e sessanta del novecento
facendo leva sulle “ricerche motivazionali”, ossia ricerche di marketing di carattere
qualitativo utilizzate per scoprire le motivazioni consce e inconsce che stanno dietro alle
scelte del consumatore.
- Pubblicità proiettiva: in questa concezione la pubblicità viene considerata come un valore
aggiunto al prodotto o servizio, sottolineando l’influenza del contesto sociale e delle
relazioni interpersonali sul pensiero del consumatore.
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Sotto il punto di vista sociale, la pubblicità è uno strumento che mira a stimolare
la creazione di un ambiente emotivo e di un contesto culturale nella testa del consumatore
in modo tale che le azioni di quest’ultimo siano quelle desiderate da parte delle imprese
che la attuano. L’obbiettivo del consumatore, infatti, non è solamente soddisfare i propri
bisogni, in quanto egli associa ai prodotti significati sociali quali: potere, successo,
bellezza e considerazione; ed è restio ad acquistare prodotti o servizi che non siano dotati
di essi. La pubblicità, cioè, prima estetizza il prodotto, trasformandolo in una qualità
desiderabile per il consumatore, poi, una volta che tale qualità è stata trasferita al
consumatore mediante l’acquisto, estetizza il consumatore, perché l’esibizione del
prodotto posseduto rende l’individuo desiderabile (Codeluppi, 2001).
Quindi, il ruolo sociale della pubblicità risulta essere positivo, in quanto favorisce
la modernizzazione ampliando le conoscenze del consumatore al fine di promuovere
l’introduzione di innovazioni.
La pubblicità è presente nella vita di tutti ogni giorno: ciascun consumatore ha,
infatti, sviluppato determinati comportamenti e convinzioni nei confronti della pubblicità.
Da un estremo all’altro troviamo chi sostiene che la pubblicità sia un mero mezzo di
persuasione, utilizzato per convincere i consumatori ad acquistare beni e servizi di cui
non hanno bisogno, e chi sostiene che sia un fondamentale strumento informativo in grado
di migliorare la nostra vita. A prescindere dalle opinioni personali la pubblicità è
considerata “una forma di comunicazione rivolta ad un pubblico esteso che svolge una
funzione socioeconomica” (Baietti, 1999).