9
Proprio la volontà di raggiungere l’obiettivo di un’integrazione economica
effettiva degli Stati membri all’interno della Comunità ed impedire ogni
ostacolo agli scambi e alla concorrenza, ha spinto i redattori del Trattato ad
inserire, tra le disposizioni che riguardano la regolamentazione della
concorrenza, gli articoli 92, 93 e 94, ora 87, 88 e 89, volti a dare alla
concessione degli aiuti di Stato una disciplina che limitasse al massimo gli
effetti, per così dire “indesiderati”, e al contempo desse la possibilità,
attraverso un sistema di deroghe, di concedere aiuti che fossero in linea con gli
obiettivi stabiliti dal Trattato.
L’articolo 87, paragrafo 1 del trattato sancisce il principio secondo cui “salvo
deroghe contemplate nel presente Trattato, sono incompatibili con il mercato
comune, nella misura in cui incidono sugli scambi fra gli Stati membri, gli
aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma,
che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di
falsare la concorrenza”.
Tra le deroghe al principio di incompatibilità con il mercato comune degli
aiuti di Stato, all’articolo 87, paragrafo 3, il Trattato situa gli aiuti a finalità
regionale in una posizione preminente, prevedendo la possibilità per la
Commissione, alla lettera a), di approvare “aiuti destinati a favorire lo
sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso,
oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione”, e alla lettera c) di
autorizzare ”aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di
10
talune regioni economiche, sempreché non alterino le condizioni degli scambi
in misura contraria al comune interesse”.
L’importanza dell’obiettivo di ridurre gli squilibri regionali, d’altro canto, era
stata messa in evidenza nel preambolo al Trattato istitutivo della Comunità
Economica Europea, dove era stato puntualizzato l’intento di “rafforzare
l’unità delle economie degli Stati membri e di assicurarne lo sviluppo
armonioso riducendo le disparità fra le differenti regioni ed il ritardo di quelle
meno favorite”.
Fino al 1986 la politica regionale della Comunità era attuata, di fatto, dalla
Commissione, tramite il controllo e l’indirizzo degli aiuti a finalità regionale
concessi dai singoli Stati. Dopo l’Atto unico europeo e l’introduzione della
politica regionale tra le politiche comunitarie, la Commissione può operare
direttamente per ridurre gli squilibri regionali attraverso i Fondi strutturali
della Comunità.
Questo, però, non deve essere visto come una riduzione del ruolo degli aiuti di
Stato nella politica regionale comunitaria.
Come fatto osservare dagli autori, infatti, l’obiettivo della coesione economico
e sociale, consacrato nell’Atto unico europeo del 1986 e riaffermato fra i
11
principi del Trattato di Maastricht, ha valorizzato il campo d’applicazione
dell’articolo 87, paragrafo 3 del trattato
1
.
D’altronde la stessa Commissione ha stabilito che “le iniziative di solidarietà
in materia di sviluppo regionale sono attuate innanzi tutto a livello regionale e
nazionale, mentre l’Unione svolge, mediante la propria politica di aiuti
strutturali, una funzione sussidiaria”
2
. E ancora, si è dovuto costatare come gli
interventi a livello comunitario rappresentino una percentuale esigua di tutti
gli aiuti a finalità regionale concessi dagli Stati membri
3
.
L’importanza relativa degli aiuti a finalità regionale è, poi evidente, in
particolare modo in Italia, dove il governo ha prodotto uno sforzo particolare
per ridurre le disparità regionali tra il nord industriale e il Mezzogiorno, e
dove, la quota di aiuti regionali sul totale dei sussidi è stata quasi sempre
superiore al 50%
4
.
1
Si veda Pinotti, Gli aiuti di Stato alle imprese nel diritto comunitario della concorrenza,
Padova, 2000, p.122. L’autrice ricorda, comunque, come le Istituzioni comunitarie abbiano
avuto modo, più volte, di affermare che lo sviluppo delle regioni in difficoltà può essere
attuato attraverso una pluralità di interventi fra i quali l’aiuto rappresenta l’estrema ratio.
2
Comunicazione della Commissione agli Stati membri sulla politica regionale e la politica
della concorrenza, in GUCE 90 del 26-3-1998, p. 3.
3
Ibidem.
4
Si veda Pusceddu, Usai, Gli aiuti di Stato alle imprese: il caso italiano, in Gli aiuti di
Stato alle imprese nel diritto comunitario, Milano, 1998, p.177, dove gli autori osservano
12
Come osservato dagli autori
5
, negli ultimi anni gli aiuti di Stato sono diventati
uno dei problemi più importanti dell’Unione europea, sia a causa della
necessità per gli Stati di controllare le spese di bilancio, per rispettare gli
obblighi imposti dall’Unione monetaria, sia a causa dell’intensificarsi della
concorrenza dovuta alla realizzazione del mercato interno. La crescita
dell’ammontare degli aiuti concessi dagli Stati, insieme con l’aumento dei
ricorsi attuati dalle imprese concorrenti, ha provocato un’intensificarsi
dell’attività della Commissione, che, tra le altre cose, ha prodotto le novità del
Regolamento di procedura del 1999 e degli orientamenti per gli aiuti a finalità
regionale del 1998.
È interessante, quindi, analizzare la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato
e in modo particolare quella parte che riveste maggiore importanza ai fini
dell’obiettivo della coesione economico e sociale, che si occupa degli aiuti a
finalità regionale.
Oltre alle norme presenti nel Trattato, tale disciplina è costituita dalla prassi
della Commissione, tramite le sue decisioni e comunicazioni, dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale di I grado, e
come la parte più importante degli aiuti di Stato alle imprese è stata destinata nell’arco di
oltre trent’anni allo sviluppo delle regioni meridionali del paese.
5
Si vedano Ballarino, Bellodi, Gli aiuti di stato nel diritto comunitario, Napoli, 1997, p. 15,
che osservano come in tutti gli Stati membri, il sistema di economia misto sia divenuto
troppo costoso.
13
recentemente, dando finalmente attuazione all’art. 89 del trattato, dai
Regolamenti del Consiglio.
I.2 La tesi è articolata in sei capitoli. Al capitolo 1, viene ripercorsa la
genesi della disciplina degli aiuti di Stato nel diritto comunitario. Nel
paragrafo 1.1 è effettuato un confronto con il diritto antitrust americano, dove
la disciplina sugli aiuti di Stato è assente. Al paragrafo 1.2 si cerca di vedere
come gli obiettivi sanciti dal Trattato possano aver contribuito alla formazione
della disciplina sugli aiuti di Stato, così come ai paragrafi 1.3 e 1.4 si
evidenzia come tale disciplina non sia altro che il risultato del
contemperamento dei principi di non discriminazione, che determina il
principio di incompatibilità degli aiuti, e di parificazione nel progresso, sanciti
rispettivamente dall’art. 6 e dall’art. 117 del trattato. Da ultimo, nel paragrafo
1.5 è rilevata l’importanza che è stata data all’obiettivo del riequilibrio
regionale all’interno della Comunità, con l’introduzione della politica
regionale tra le politiche della comunità attraverso l’Atto unico europeo.
Nel capitolo 2, si analizza la nozione. Il paragrafo 2.1 mette in evidenza come
la nozione di aiuto non sia espressa in modo definito nel Trattato. Il paragrafo
2.2 si occupa del concetto di Stato e di risorse statali. Nel paragrafo 2.3 è
ricostruito il principio dell’investitore privato in un’economia di mercato,
utilizzato dalla Commissione per distinguere un aiuto di Stato da una misura
economica lecita. Il paragrafo 2.4 si occupa del criterio di selettività. Nel
paragrafo 2.5 si analizza l’ultima condizione richiesta nella determinazione di
14
un aiuto di Stato e cioè quella della distorsione della concorrenza e
dell’incidenza sugli scambi intracomunitari.
Il capitolo 3 analizza lo strumento della comunicazione. Il paragrafo 3.1
introduce l’argomento, specificando i contorni del problema. Al paragrafo 3.2
sono descritti i vari tipi di comunicazioni. Al paragrafo 3.3 si analizza se alle
comunicazioni possano essere assegnati effetti vincolanti per i terzi, mentre al
paragrafo 3.4, sono descritti gli effetti giuridici, nei casi di legittimo
affidamento, di delimitazione del potere discrezionale della Commissione e
per consensus; sono, poi, analizzati gli orientamenti in materia di aiuti a
finalità regionale del 1998 alla luce di tali effetti giuridici. Nel paragrafo 3.5
si parla della legittimità ad adottare atti atipici e della sentenza comunicazione
in materia di aiuti di Stato che si discosta dal principio della qualificazione
sostanziale. Nel paragrafo 3.6 sono espresse valutazioni sull’opportunità di
utilizzare le comunicazioni per disciplinare gli aiuti di Stato.
Il capitolo 4 tratta del procedimento di controllo ai sensi del regolamento n.
659/1999 del Consiglio. Sono analizzate in successione: la nozione di aiuto, di
aiuto esistente, di nuovo aiuto (paragrafo 4.1), di regime di aiuti e di aiuti
individuali, di aiuto illegale e di aiuti attuati in modo abusivo (paragrafo 4.2)
secondo il Regolamento. È poi analizzata la procedura relativa agli aiuti
notificati: la notifica di nuovi aiuti e il regolamento sulle esenzioni per
categoria (paragrafo 4.3), la fase preliminare, e le conseguenti decisioni della
Commissione (paragrafo 4.4). Il paragrafo 4.5 tratta del procedimento di
15
indagine formale, mentre il paragrafo 4.6 tratta della procedura relativa agli
aiuti illegali. Il paragrafo 4.7 tratta del recupero degli aiuti illegali e della
procedura relativa agli aiuti attuati in maniera abusiva. Il paragrafo 4.8
riguarda la procedura relativa agli aiuti esistenti, infine il paragrafo 4.9 si
occupa del controllo secondo il Regolamento.
Nel capitolo 5 sono analizzate le deroghe al principio d’incompatibilità degli
aiuti di Stato. Nel paragrafo 5.1 sono trattate le deroghe di diritto e in
particolare gli aiuti ai nuovi Lander tedeschi. Nel paragrafo 5.2 è analizzato il
potere discrezionale della Commissione sulle deroghe all’art. 87, par. 3. Sono
poi analizzati i criteri di valutazione, vale a dire: il principio della prospettiva
comunitaria (paragrafo 5.3), il criterio della giustificazione compensatoria con
la presa in considerazione delle ripercussioni settoriali (paragrafo 5.4), il
criterio della necessità degli aiuti, il principio della proporzionalità, il principio
dello sviluppo, il criterio della trasparenza (paragrafo 5.6). Al paragrafo 5.5 è
trattata la disciplina multisettoriale degli aiuti regionali per i grandi progetti
d’investimento.
Infine nel capitolo 6 sono analizzati gli orientamenti in materia di aiuti di
Stato a finalità regionale del 1998. Il paragrafo 6.1 introduce l’argomento. Si
tratta poi del procedimento per la definizione della carta nazionale degli aiuti
regionali: la determinazione delle regioni assistite ai sensi dell’art. 87, par. 3,
lett. a) (paragrafo 6.2), la determinazione del massimale della popolazione
nazionale ammissibile alla deroga prevista all’art. 87, par. 3, lett. c) (paragrafo
16
6.3), la selezione delle regioni ammissibili alla deroga di cui alla lett c)
(paragrafo 6.4), la determinazione delle spese ammissibili (paragrafo 6.5), la
determinazione dei massimali d’intensità degli aiuti (paragrafo 6.6). Il
paragrafo 6.7 tratta della dichiarazione di compatibilità della carta. Al
paragrafo 6.8 si parla del problema della coerenza con gli aiuti regionali
comunitari. Infine al paragrafo 6.9 sono espresse alcune valutazioni sugli
orientamenti del 1998.
17
CAPITOLO 1. Genesi della disciplina sugli aiuti di Stato
1.1. Genesi della disciplina sugli aiuti di Stato alle imprese. Un
confronto con il diritto antitrust americano
E’ stato fatto notare come il potere, che ha la Commissione di controllare le
sovvenzioni accordate dai governi nazionali sia senza uguali nel mondo tra le
autorità competenti in materia di protezione della concorrenza
1
. Un confronto,
con un paese dalla grande tradizione nel diritto antitrust come gli Stati Uniti,
1
Cacciato, Subventions, lègislations et politiques en matière de concurrence: parallèle entre
l'UE et les USA, in RMUE, 1996, p.84; in questo articolo viene fatto un parallelo tra la
politica della concorrenza negli USA e nell’Unione Europea. Tra le altre cose è criticato
l’utilizzo che si fa negli Stati Uniti degli aiuti di Stato per la promozione dello sviluppo delle
regioni sfavorite attraverso gli strumenti finanziari denominati “Industrial Development
Bonds” (IDB). Studi basati sui rapporti tra i costi e i rendimenti rivelano che il ruolo di
queste misure d’incentivazione che orientano i capitali verso delle regioni sfavorite può
trovarsi neutralizzato dal fatto che gli IDB sono disponibili nella maggior parte degli Stati,
questo risultato viene attribuito dall’autore dalla mancanza di obbiettivi precisi e di criteri
rigorosi nella scelta delle regioni da aiutare, come invece avviene nella disciplina dell’UE.
18
può chiarire da quali esigenze pratiche derivi la disciplina degli aiuti di Stato
della Comunità Europea.
Il sistema di protezione della concorrenza della Comunità europea e quello
degli Stati Uniti sono spesso associati per il fatto che, entrambi, si propongono
uno stesso obiettivo, quello di proteggere la libertà del mercato e di
combattere il monopolio. Il parallelismo è valido, tuttavia, solo per quanto
riguarda le norme antitrust di carattere generale e le disposizioni sul controllo
delle fusioni e delle concentrazioni. Le norme che proibiscono, o limitano, gli
aiuti di Stato cosi come le disposizioni particolari applicabili alle imprese
pubbliche sono presenti esclusivamente nel diritto della Comunità europea.
In questa mancanza si potrebbe essere tentati di vedere un'incompletezza del
diritto americano. Non si possono tuttavia ignorare le importanti ragioni
storiche che stanno alla base di essa. Il diritto antitrust americano ha le sue
origini negli anni successivi alla guerra civile, anni di miseria per i fattori e per
le piccole imprese: in un quadro economico, tuttavia, che vedeva la nascita di
grandi società, organizzate sotto forma di trust, ed il loro affermarsi in un
mercato che diventava continentale. Sono queste le ragioni che spinsero
dapprima alcuni Stati a votare leggi antitrust e alla fine, nel 1890, il Congresso
ad approvare lo Sherman Act.
La politica antitrust americana non è stata quindi concepita come elemento di
unificazione del mercato: il mercato unico esisteva già prima che si pensasse
19
all’antitrust.
In Europa, al contrario, la politica della concorrenza ed il controllo delle
concentrazioni sono stati disegnati come mezzi per la creazione di un mercato
veramente comune. Insieme all'abolizione delle dogane e all'eliminazione dei
vari ostacoli di natura legislativa e tecnica che impedivano la libera
circolazione di merci, servizi e capitali
2
.
Nell'Europa del mercato comune la protezione della concorrenza non è quindi
un fine a sé stante, legato all'etica sociale, ma è un mezzo, in un certo senso la
precondizione del funzionamento corretto del mercato comune
3
.
Con l’affermarsi dell'integrazione europea, emergevano tuttavia i residui della
situazione precedente legati all'esistenza di mercati nazionali autonomi e
separati. Tra questi vennero ad evidenza le sovvenzioni statali istituite per
motivi, come dotare il paese d'impianti per la produzione d'acciaio,
assicurargli la disponibilità di comunicazioni aeree mediante l'istituzione di
una compagnia di bandiera, perfettamente comprensibili dal punto di vista di
2
Rapport des Chefs de Délégation aux Ministres des Affaires Etrangères, Bruxelles, 21-5-
1956; relazione antecedente la ratifica del Trattato di Roma dove viene messo in evidenza
come un Mercato comune possa aiutare i paesi europei a tenere il passo della crescita di
paesi come gli Stati Uniti.
3
Cacciato, op. cit., p.82; dove viene data una giustificazione al differente trattamento
riservato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea al controllo sugli aiuti di Stato alle imprese.
20
un sistema economico nazionale, ma privi di giustificazione in un quadro
economico integrato
4
.
Sono proprio gli obiettivi degli Stati contraenti il Trattato di Roma, primo fra
tutti il raggiungimento dell’integrazione economica, che resero indispensabile
5
una disciplina sugli aiuti di Stato che operasse in modo tale da far sì che la
concorrenza non fosse falsata nel Mercato Comune, ma anche da favorire uno
sviluppo armonioso dei Paesi che ne facevano parte.
4
Si veda Ballarino, Bellodi, Gli aiuti di stato nel diritto comunitario, Napoli, 1997, pp.17-
18; dove è messo in evidenza come recentemente anche negli USA si sia denunciato
l’utilizzo di aiuti in svariati settori economici. Gli autori sottolineano come negli Stati Uniti,
le sovvenzioni non siano prese in considerazione di una relazione chiara con la tutela di un
mercato libero e competitivo, ma come siano piuttosto una misura di politica economica con
la quale i vari protagonisti di un sistema economico pluralista cercano di influenzare le
decisioni del governo, che non ha vincoli di carattere costituzionale o sopranazionale, ma che
ricerca soltanto l’efficienza del sistema.
5
Carbone, Gomez De Teran, Le regole di concorrenza nel mercato comune, in Convegno
di studi per i problemi relativi al Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea,
Roma, 1957, p.199; dove viene analizzato il Trattato appena istituito alla luce del fatto di
come sia nella sua unità e complessità permeato dal principio di attuare una condizione
generale di concorrenza.
21
1.2. Obiettivi degli Stati contraenti che istituirono la Comunità Europea
e disciplina sugli aiuti di Stato alle imprese
Prima della ratifica del Trattato, alcuni autori
6
osservavano come l’economia
europea dovesse trovare nell’integrazione la possibilità di espandersi. Nel
processo generale di sviluppo il reddito medio pro-capite di ciascun Paese
avrebbe avuto la possibilità di aumentare, proprio a causa del fatto che, le
economie dei singoli Paesi si condizionano reciprocamente. Tali autori
arrivarono quindi alla conclusione che l’obiettivo comune più generale fosse
lo sviluppo equilibrato dell’economia europea nella sua totalità.
Con la redazione del Trattato poi furono enunciati gli scopi che gli Stati
membri volevano fossero raggiunti attraverso l’instaurazione del Mercato
Comune.
Può essere utile analizzare quelle parti del Trattato dove sono enunciati tali
6
Di Nardi, Mercato comune ed integrazione economica, in Europa senza dogane, Bari,
1956, pp.203-206; dove viene messa in evidenza la necessità di una politica di solidarietà
all’interno della Comunità. Politica che può ovviare alle imperfezioni del mercato che
impediscono l’obiettivo di un equilibrio economico tra i Paesi europei che dovevano fare
parte della Comunità.
L’autore, infatti, osservava come l’esperienza storica avesse rivelato che le deficienze e gli
eccessi di risorse non si compensassero spontaneamente nell’ambito di un mercato comune.
22
scopi, proprio per capire da dove sia derivata la necessità di una disciplina
sugli aiuti di Stato, che sancisca l’incompatibilità di tali aiuti con il Mercato
Comune, ma che preveda anche delle deroghe per alcuni tipi di aiuti che si
prefiggano lo scopo di favorire lo sviluppo regionale.
Nel preambolo al Trattato di Roma del 1957, le alte Parti contraenti si
prefiggono tra gli scopi, di garantire la lealtà nella concorrenza, la stabilità
nell’espansione economica e l’equilibrio negli scambi internazionali e nella
concorrenza, il rafforzamento delle loro economie e lo sviluppo armonioso di
queste, in modo da ridurre le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di
quelle meno favorite
7
.
L’art.2 stabiliva poi, tra i compiti della Comunità istituita dal Trattato: lo
sviluppo armonioso delle attività economiche, l'espansione continua ed
equilibrata, la stabilità accresciuta delle economie ed il miglioramento sempre
più rapido del tenore di vita nei vari Stati membri.
7
Secondo il Preambolo del Trattato, gli Stati contraenti, ”…riconoscendo che l’eliminazione
degli ostacoli esistenti impone un’azione concertata intesa a garantire la stabilità
nell’espansione, l’equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza; solleciti di rinforzare
l’unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo armonioso, riducendo le disparità fra
le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite…hanno deciso di creare la Comunità
Economica Europea…”