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2. Teorie classiche sul sogno: Freud e Jung
2.1 S. Freud: desiderio e rimosso
Benché S. Freud, con L’Interpretazione dei sogni pubblicato nel 1899, non sia stato il
primo a parlare di significato e di interpretazione del sogno, egli è certamente il primo a
cercare un metodo scientifico per spiegarne il significato, i contenuti e l’origine. Freud si
propone di rispondere ad alcune fondamentali domande relative al sogno: che cos’è? Qual è la
sua funzione? Quali sono i meccanismi psichici che concorrono alla formazione
dell’immagine onirica? Come può essere interpretato e come può essere utilizzato nel
trattamento psicoanalitico?
Inizialmente mi propongo di descrivere brevemente le prime teorie freudiane relative
alla descrizione e al funzionamento dell’apparato psichico per evidenziare il passaggio e
l’evoluzione del pensiero freudiano da un’iniziale interpretazione neurofisiologica ad una
teoria più prettamente psicologica che ha determinato la nascita della psicoanalisi. Per la
scrittura di quanto segue mi sono basata principalmente sul testo di Gramantieri e Monti
(2014).
S. Freud teorizza il primo modello del funzionamento psichico nel Progetto per una
psicologia, scritto nel 1895, ma pubblicato postumo nel 1950. In questo scritto, che rientra
nella fase prepsicoanalitica, caratterizzata da una forte connotazione anatomica e neurologica,
l’intento del medico viennese è di descrivere i processi psichici in termini fisiologici. Nel
Progetto è evidente l’influenza delle esigenze deterministiche e quantitative del metodo
scientifico positivista dell’epoca e risulta pertanto un’opera estremamente teorica e artificiosa,
che comunque anticipa e pone le basi di alcuni concetti freudiani, tra cui la teoria sui sogni.
Molto sinteticamente, nel Progetto il sistema mentale è descritto come costituito da tre sistemi
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di neuroni separati da barriere di contatto che permettono o inibiscono il passaggio
dell’attività neuronica: il primo sistema, (phi, fisiologico) è raggiunto dagli stimoli esterni ed
è responsabile della percezione; il secondo (psi, psicologico) riceve l’energia interna
dell’attività psichica ed è anche deputato al ricordo degli eventi; il terzo gruppo (ω) è formato
da neuroni che si attivano durante la percezione ma non nella riproduzione, permettendo di
valutare la qualità delle percezioni esterne e costituisce quindi il dato di realtà. Tutti i sistemi
hanno sede in specifiche parti anatomiche del cervello. Freud ipotizza un’ulteriore
organizzazione di neuroni, l’Io, che non è la semplice somma dei tre gruppi precedenti ma è
una struttura autonoma con la funzione principale di confrontare i ricordi con investimenti
percettivi e di inibire l’eccitamento prodotto dal ricordo dell’oggetto soddisfacente al fine di
evitare l’allucinazione. L’esperienza del soddisfacimento è ciò che origina il primo strutturarsi
della psiche dell’individuo ed è collegato al concetto di scarica e alla teoria dei sogni. La
scarica motoria permette, durante la veglia, di liberare l’energia che si accumula in seguito
alla necessità di soddisfare il desiderio; nel sonno, caratterizzato dall’assenza di attività
motoria, il soddisfacimento del desiderio tramite scarica motoria non è possibile e l’Io non è
in grado di assolvere al confronto di cui sopra; il desiderio viene allora appagato tramite la
produzione di immagini fantastiche che costituiscono il sogno. Ciò che colpisce in
quest’opera è che l’apparato psichico appare come molto complesso e basato su equilibri
quantitativi mantenuti dall’attività meccanica-idraulica di parti anatomiche. Freud stesso
abbandonerà in seguito questo modello biologico definendolo come incompleto e prematuro,
ma non va comunque dimenticato che in esso appaiono i primi abbozzi di concetti quali Io,
conscio e inconscio, soddisfacimento del desiderio e scarica motoria e sogno.
Con L’interpretazione dei sogni, (Freud, 1899), l’interesse di Freud si concentra sulla
descrizione psicologica dei fenomeni psichici a discapito di quella fisiologica del periodo
precedente, dando vita ad un modello assai meno concreto di quello teorizzato nel Progetto. Il
principio fondamentale è che la mente sia pervasa da un’energia di origine psichica, ben
diversa quindi dall’attività neuronica di tipo fisico postulata precedentemente, e che questa
energia, a cui attribuisce il nome di libido, si trova nella mente in quantità fissa con la
necessità di essere mantenuta costante. Il nuovo modello di funzionamento mentale ha due
estremità, una sensitiva P e l’altra motoria M e prevede che gli stimoli, che giungono sia
dall’esterno che dai bisogni primari interni, debbano essere eliminati e ciò è possibile
attraverso la scarica motoria che ne realizza il soddisfacimento. Quelli più semplici, i riflessi,
passano direttamente da un’estremità all’altra del sistema e vengono eliminati senza ulteriori
elaborazioni e senza lasciare alcun tipo di residuo nella psiche. Le percezioni invece,
costituiscono stimoli più complessi in quanto, nel loro passaggio da P ad A, lasciano tracce
mnestiche nel sistema psi e tracce qualitative nella coscienza che necessitano anche esse di
scarica. Se l’individuo è in stato di veglia, esse arrivano alla coscienza e quindi possono
essere scaricate tramite soddisfacimento ma, se l’individuo dorme, la motricità è sospesa e la
scarica motoria non può avvenire; la conseguenza è una perdita di contatto con la coscienza e
l’energia fisiologica, che non trova via d’uscita, viene trasformata in energia psichica nel
sistema psi e rinviata all’estremità sensitiva P che fornisce immagini sensoriali molto simili
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alle allucinosi. In altre parole, durante il sonno la percezione ritorna al sistema sensoriale P
che la trasforma in immagini determinando il sogno. Voglio qui sottolineare quanto
evidenziato da Grinberg e colleghi (1993), e cioè che per Freud i fenomeni allucinatori
derivano dal tentativo di soddisfare il desiderio in assenza dell’oggetto gratificante e questo
avviene quando prevale il principio di piacere su quello di realtà. Trattasi di un tipo di
funzionamento primitivo, tipico del lattante, che si ritrova nel fenomeno onirico e negli stati
psicotici, entrambi caratterizzati dall’assenza del principio di realtà dovuta alla perdita di
contatto con la coscienza. Bion, anni dopo, proporrà che le allucinazioni sono causate
dall’evacuazione di elementi β mentre i pensieri onirici, derivando da elementi α, si trovano
ad un livello geneticamente più evoluto, poiché richiede la presenza di una funzione α.
Tornando a Freud, il sogno ha la funzione di produrre immagini sensoriali con lo scopo di
appagare le pulsioni inconsce che durante il sonno non possono essere soddisfatte con scarica
motoria; senza il sogno, gli stimoli interni rimasti insoddisfatti sveglierebbero continuamente
il sognatore, per cui, funzione primaria del sogno è quella di guardiano del sonno (1899).
Dopo aver descritto il funzionamento dell’apparato psichico, Freud espone ne
L’interpretazione dei sogni, la teoria del sogno che si sviluppa e segue quella esplicativa degli
atti mancati descritta in Psicopatologia della vita quotidiana, 1901. Non è infatti possibile
comprendere la teoria onirica del medico viennese senza considerare il concetto di materiale
rimosso, e cioè di quei contenuti, derivati in genere dall’infanzia, rappresentanti desideri,
pulsioni e fantasie inconfessabili alle quali le difese dell’Io non permettono di giungere alla
coscienza, poiché troppo disturbanti, e che relegano nell’inconscio. In determinate situazioni,
i meccanismi difensivi dell’Io allentano la stretta e questo materiale può, in parte e in forme
diverse, giungere ad un livello conscio sotto forma di lapsus, dimenticanze, atti mancati,
durante la veglia, e sogni, durante il sonno. L’interpretazione del materiale onirico, secondo
una tecnica particolare, offre la possibilità di conoscere i contenuti inconsci che vi emergono,
anche se trasformati, e per questo Freud considera il sogno “la via regia” per l’inconscio,
(1899).
Ciò che è fondamentale nella teoria freudiana è che il sogno non esprime qualcosa di
reale ma, al contrario, nasconde la verità in quanto potenzialmente inaccettabile per l’Io. Il
sogno manifesta un materiale, costituito per lo più da immagini visive, che cela e mimetizza
desideri e fantasie inconsce rimosse e che premono per arrivare alla coscienza al fine di
ottenere una gratificazione; se vi arrivassero allo stato puro causerebbero il risveglio, da qui la
necessità di trasformare e camuffare tali contenuti. Freud denomina il contenuto inconscio da
trasformare contenuto latente e il materiale modificato contenuto manifesto ed è quest’ultimo
che arriva alla coscienza manifestandosi al sognatore. Tale processo di travestimento e
deformazione, chiamato lavoro onirico, è dovuto ad operazioni psichiche, in particolare alle
difese dell’Io, e consiste nel trasformare il contenuto latente in sogno manifesto. I meccanismi
difensivi hanno la funzione di scaricare una parte dell’energia libidica costituita dal rimosso
ed evitare, nel contempo, il risveglio di colui che dorme.
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Il contenuto onirico latente, oltre al materiale rimosso, può essere costituito da altri due
elementi: le impressioni sensoriali della notte e i residui diurni. Gli organi sensoriali sono
attivi anche durante il riposo notturno per cui elementi quali il suono della sveglia, la fame, la
sete, il bisogno di orinare, il caldo e il freddo, quando rischiano di svegliare il soggetto,
possono entrare nella formazione del sogno.
I residui diurni derivano da pensieri, idee, preoccupazioni inerenti la vita quotidiana che
rimangono attivi nell’inconscio durante il sonno e, se troppo intensi, trovano sfogo nel sogno
e il potenziale risveglio è così scongiurato.
Dei tre elementi costitutivi il contenuto onirico latente, il rimosso si riferisce sempre al
passato, residui diurni e impressioni sensoriali al presente. Quest’ultima particolarità
costituisce un importante elemento di differenziazione con la teoria sul sogno di Jung per il
quale, come descriverò nel paragrafo successivo, i sogni si riferiscono sempre al presente e, a
volte, al futuro.
Il processo psichico che trasforma il contenuto onirico latente in manifesto, il lavoro
onirico, si avvale di quattro meccanismi. Il primo, la condensazione, fa sì che più pensieri si
concentrano in un’unica fantasia di realizzazione di un desiderio inconscio col risultato che
una singola immagine del sogno manifesto rappresenta più elementi latenti. Tramite lo
spostamento, l’intensità psichica di un pensiero viene spostata su di un altro e fa si che, per
esempio, un contenuto onirico manifesto apparentemente banale sia in realtà l’espressione di
un contenuto latente profondo e intenso. Il terzo meccanismo, la rappresentazione plastica, è
deputata alla trasformazione dei contenuti in immagini e impressioni visive attraverso un
repertorio di simboli comuni. A volte il sogno utilizza modalità sensoriali differenti dalla
visione, quella uditiva, tattile, cinestesica e, più raramente, può presentarsi privo di qualità
sensoriali e unicamente sotto forma di pensieri, idee e stati d’animo. Infine, il prodotto onirico
viene organizzato dall’elaborazione secondaria (o revisione secondaria) per assumere una
forma che abbia un senso dal punto di vista narrativo e costituisce il racconto che il sognatore
fa del sogno al risveglio; l’elaborazione avviene anche perché il soggetto cerca di adattare il
sogno alla propria realtà. I primi tre meccanismi sono più arcaici in quanto seguono le leggi
del pensiero primario mentre l’ultimo utilizza una modalità di pensiero secondario, più
razionale.
Il sogno contiene quindi contenuti inconsci mascherati che, se interpretato in modo
corretto, possono essere svelati e condurre al contenuto inconscio. Nel corso del processo
psicoanalitico, l’interpretazione del sogno ha un’importanza fondamentale e richiede la
conoscenza e l’applicazione di una tecnica specifica; essa si avvale delle associazioni libere
del paziente relativamente al contenuto onirico manifesto, mentre l’analista ha il compito di
percorrere a ritroso il lavoro onirico per arrivare al desiderio inconscio originale. Freud ha
rilevato che nei sogni ricorrono alcuni elementi usati da quasi tutte le persone per
rappresentare in genere le stesse cose, per cui alcuni contenuti specifici simbolizzano elementi
chiari e precisi; per esempio in Le prospettive future della terapia psicoanalitica, (1910),
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ritiene che sognare di salire una scala simbolizzi il coito sessuale. Siccome i contenuti
inconsci sono solitamente desideri sessuali, la simbologia di Freud si riferisce quasi
esclusivamente allo sviluppo psicosessuale del paziente, il cui mancato o incompleto
evolversi è sempre all’origine delle nevrosi e della psicopatologia. È importante rilevare che
Freud assume al riguardo un punto di vista causalistico-deterministico, in cui compito
dell’interpretazione è quello di ricondurre il sogno manifesto al contenuto latente e
comprendere in questo modo la causa dei sintomi (derivanti da una sorta di ingorgo libidico-
pulsionale) e risolverli. Come spiegherò nel paragrafo successivo, Jung assumerà invece una
visione finalistica, basata sull’idea che il sogno non è solo causato da un conflitto, ma ha un
fine preciso, consistente nell’indicare al sognatore la via per risolverlo. Il sogno, per Jung, non
è un “guardiano del sonno” ma una vera e propria guida.
In conclusione, è ora possibile rispondere alle domande di cui all’inizio del paragrafo: il
sogno è la gratificazione fantastica di un desiderio e la sua funzione è di proteggere il sonno
di chi dorme. La produzione onirica, in quanto mascheramento di impulsi inconsci, una volta
interpretata, svela il contenuto latente rendendone possibile l’elaborazione e scoprendo le
cause inconsce alla base di una psicopatologia. Il lavoro onirico è il meccanismo psichico
deputato alla formazione delle immagini oniriche. Nel corso di una terapia psicoanalitica,
l’interpretazione del sogno è il mezzo più potente di cui l’analista dispone per arrivare ai
contenuti inconsci del paziente e per metterla in atto è necessaria una tecnica specifica, basata
sulla regola fondamentale delle libere associazioni, sul simbolismo e su una completa
conoscenza della teoria e della tecnica psicoanalitica.
2.2 C. G. Jung, simbolo, mito e sogno
Il paragrafo ha lo scopo di illustrare la concezione relativa al sogno di C.G. Jung (1875-
1961), medico e psichiatra svizzero che fu allievo di Freud. Come illustrato da Quaglino
(2009), le idee junghiane sul sogno sono espresse principalmente in tre opere: Considerazioni
generali sulla psicologia del sogno (1916/1948), L'applicabilità pratica dell'analisi dei sogni
(1934) e L'essenza dei sogni (1945/1948). L'ultimo testo di Jung, L'uomo e i suoi simboli
(1964), versione rivisitata di Simboli e interpretazione dei sogni (1961) e pubblicato postumo,
è un testo divulgativo che converge proprio sul tema del sogno. Per la stesura di questo
elaborato mi sono basata principalmente su quest'ultimo, sul saggio di Quaglino (2009) dal
titolo C.G. Jung: lo sguardo interiore del sogno (in Il sogno. Dalla psicologia analitica allo
psicodramma junghiano, Gasseau & Bernardini, a cura di, 2009,) e sul capitolo dedicato a
Jung del volume di Ellenberger La scoperta dell'inconscio, 1976.
L’obiettivo di queste pagine è chiarire come la teoria junghiana differisca dalla
psicoanalisi ortodossa negli aspetti essenziali dell’attività onirica quali l’origine e la funzione
del sogno, la simbologia onirica e il metodo di analisi e di utilizzo nella pratica clinica.
Intendo descrivere inoltre le idee di base relative alle strutture psichiche e la particolare
visione dell’inconscio. Ricordo che Jung elaborò la sua concezione della parte subliminale
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della psiche indipendentemente da Freud e soprattutto durante gli anni in cui lavorò come
psichiatra presso la clinica Burgholzli di Zurigo, nei primi anni del novecento; qui egli
condusse ricerche che, tramite il metodo associativo, miravano allo studio dei fenomeni
inconsci. Venuto a contatto con la psicoanalisi inizialmente vi aderisce completamente, tanto
che Freud lo considera il suo possibile successore ma, in seguito, le proprie osservazioni lo
allontanano da alcune concezioni basilari della teoria freudiana, prima fra tutte quella relativa
al sogno. Cercherò anche di evidenziare come in Jung mito, simbolo e sogno siano
strettamente intrecciati.
Dall’opera junghiana emerge la particolare concezione del sogno caratterizzata da una
visione finalistica assai diversa da quella causalistica freudiana. Freud è interessato alla causa
del sogno, consistente sempre in un desiderio rimosso, a cui è possibile accedere decifrando i
segni presenti nelle immagini oniriche; Jung è invece maggiormente attratto dalla funzione e
dallo scopo dei sogni, elementi rintracciabili unicamente attraverso l’analisi dei simboli,
espressi tramite le figurazioni oniriche. Il medico elvetico mira particolarmente al modo in cui
i sogni esprimono il mondo interno dell’individuo e alle informazioni sull'inconscio che lo
studio dell'attività onirica permette di acquisire. Le idee junghiane sul sogno costituiscono
uno dei principali punti all’origine del dissenso tra i due grandi psichiatri e hanno condotto
l’allievo a distaccarsi dalla psicoanalisi classica e fondare la psicologia analitica o psicologia
del profondo (Jung, 1921).
Nel saggio Introduzione all'inconscio, (Jung in Id. et altri, 1964) l’autore descrive le
proprie idee relative all’inconscio e al sogno. Il simbolismo è un elemento centrale ed
essenziale di tutta la sua opera e nell’unico testo a carattere divulgativo da lui pubblicato, è
possibile intravvedere lo stretto legame che intercorre tra simbolo e attività onirica.
L'importanza dei sogni risiede proprio nel fatto che essi
«costituiscono la fonte più frequente e universalmente accessibile per lo studio della facoltà di
simbolizzazione dell'uomo» (Jung, 1964, p.10).
Da questa frase si deduce il grande interesse per il simbolo e una visione del sogno
come mezzo per conoscerlo e così, per spiegarne l’origine, egli inizia proprio dal simbolo.
Quest'ultimo è utilizzato dall'uomo costantemente e in modo consapevole, per rappresentare
cose e concetti inconoscibili o solo in parte definibili e tale uso è reso necessario dai limiti
della conoscenza umana. Ma, oltre all'utilizzo consapevole del simbolo, l'essere umano
possiede la facoltà psicologica di produrre «simboli inconsciamente e spontaneamente sotto
forma di sogni» (Jung, ibidem ,1964, p.6). Quest'ultimo è un aspetto originale e fondamentale
del pensiero junghiano ed equivale a dire che l’attività onirica non attinge esclusivamente dai
ricordi derivanti da un passato conscio ma anche da idee e pensieri, prodotti dall'inconscio,
completamente nuovi e mai giunti alla consapevolezza. Questi elementi
«crescono dalla buia profondità della psiche come piante di loto e costituiscono una parte
importante della psiche subliminale» (Jung, ibidem ,1964, p.22).
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Come per Freud, il sogno origina dall'inconscio, struttura psichica con caratteristiche
assai diverse da quelle del fondatore della psicoanalisi. Nell'introduzione del testo di Jung del
1961, J. Freeman scrive che il subliminale, come inteso dal medico svizzero, non è
semplicemente un magazzino di eventi passati rimossi o dimenticati
1
, ma è un mondo vitale e
importante per l'individuo quanto quello conscio e più esteso di quest’ultimo. La realtà di
questa struttura è molto più estesa di quella cosciente ed ospita materiale psichico derivante
da percezioni, pensieri razionali o irrazionali, intuizioni, stimoli, emozioni, utilizzato per
produrre in modo spontaneo simboli da cui attinge il sogno. Jung sottolinea anche come ogni
percezione sensoriale e qualsiasi impressione conscia assuma per ciascun individuo un
significato psichico che diviene un elemento inconscio e che può essere assai diverso dal
significato convenzionale conscio. Queste associazioni inconsce sono di fondamentale
importanza poiché costituiscono «le radici pressoché invisibili dei nostri pensieri consci»
(Jung, 1964, p.25) e possono riaffiorare alla coscienza «come una specie di fenomeno
riflesso» (Jung,1964, p. 7) comparendo, ad esempio, sotto forma di immagini visive durante il
sonno. Esse rendono le immagini oniriche molto pittoresche e vivide a differenza del pensiero
conscio che, in quanto razionale, viene privato della maggior parte di queste associazioni
emotive. Ciò significa che ogni evento possiede un aspetto inconscio che può rivelarsi nei
sogni sotto forma di immagine simbolica avente significato esclusivamente per il sognante e
per nessun altro. L'idea junghiana secondo cui il sogno è un elemento psichico individuale e
personale, segna una differenza fondamentale con la psicoanalisi; mentre per Freud il sogno
utilizza segni aventi un senso universale, per Jung esso si serve di simboli aventi significato
individuale e strettamente legato al contesto del soggetto. Ogni simbolo può veicolare una
quantità di significati possibili, a differenza di Freud che ritiene che il significato dei segni,
proprio perché unico e universale, possa essere decodificato a priori e che per la maggior
parte rimandi a contenuti strettamente sessuali. Mentre il segno è limitativo, poiché non riesce
a rappresentare completamente il concetto ad esso associato, il simbolo si estende oltre
l'ovvietà, l'immediatezza e la razionalità ampliando i confini del conosciuto (Jung, 1964).
Detto in altre parole, Jung critica in Freud un simbolismo a suo avviso basato su segni che
secondo Freud hanno per tutti gli individui lo stesso significato. Il ritenere, per esempio, che il
sognare di salire una scala significa il coito, o il pugnale il membro maschile o ancora una
caverna la vagina femminile (Jung, 1964,p.13) implica che questi simboli hanno valenza
universale
2
. Jung, invece, si chiede come mai l'inconscio di un determinato sognatore
predilige il pugnale ad una mazza o a un altro elemento appuntito per simbolizzare l'organo
sessuale maschile e ritiene che ciò dipenda «dalle circostanze individuali in cui si trova il
soggetto e dalle condizioni della sua mente» ( Jung, 1964, 72) e per questo i simboli hanno
1
Va precisato che la definizione di inconscio freudiano adottata qui da Freeman è una semplificazione
che non coincide con la concezione originale di Freud, molto più complessa e articolata.
2
Sottolineo comunque che anche Freud riconosce che, in sede di interpretazione, non sia possibile una
decifrazione univoca delle immagini simboliche e che sia necessario considerare le caratteristiche individuali del
sognatore.
17
per lui un significato strettamente individuale e valido unicamente per il sognatore (p.73).
Oltre a questi simboli individuali (che possono essere interpretati tramite le associazioni del
paziente e che hanno significato esclusivamente per lui) (Cfr. Jung, 1964, p.50), Jung dice che
spesso nei sogni compaiono elementi non individuali e non ricavabili dall'esperienza
personale di chi li sogna. Si tratta di quelli che Freud ha definito "resti arcaici" (Jung 1964,p.
28, p. 51) e che Jung chiama «archetipi» (Jung, 1964, p.52) e che costituiscono la
manifestazione della parte più arcaica e primitiva della psiche ( Jung, 1964,). Queste
immagini primordiali hanno sede nello strato più profondo della psiche chiamato da Jung
«inconscio collettivo» (Jung, 1916, p.9) e rimandano ad elementi primordiali e mitologici
della storia e dell'evoluzione dell'umanità (Jung,1964). Gli archetipi dimostrano l'esistenza di
una base estremamente antica della psiche umana da cui esse emergono alla coscienza sotto
forma di immagini oniriche in particolari situazioni e periodi della vita (Jung, 1964).
L'archetipo deriva da uno stesso modello, ma può apparire nei sogni secondo una
rappresentazione individuale che ha significato per la situazione attuale del sognatore; sono
immagini ereditarie, innate che si esprimono in modo personale e individuale, ma la loro
matrice è e resta collettiva (Jung,1964,p.58) e deriva da un tempo in cui l'uomo era guidato
unicamente dagli istinti e prima che sviluppasse una coscienza riflessiva. Jung ritiene quindi
che i sogni non nascondano nulla ma che indichino lo stato dell'inconscio e che hanno la
funzione di mantenere un contatto tra il mondo istintuale primitivo e il mondo razionale della
coscienza. Gli archetipi sono simboli universali costituenti le forme basilari dell'esperienza
umana e
«sono contemporaneamente sia immagini che emozioni. Si può parlare di archetipo solo quando
questi due aspetti si manifestano simultaneamente» (Jung, 1964, p.79).
L'emozione implicata in queste immagini arcaiche dona all'immagine stessa un carattere
numinoso, un'energia psichica in grado di rivelare la vera essenza dell’anima e produrre
novità nell’inconscio. Il motivo del grande interesse di Jung verso la mitologia, materia che
non può mancare nel bagaglio culturale dell’analista junghiano, risiede proprio nel fatto che
gli archetipi che appaiono in sogno costituiscono il fondamento originario dei primi miti.
Esempi di archetipi sono il mito dell'eroe, l'immagine del vecchio saggio, della grande madre,
della fonte, della caverna, dell'albero dei desideri, della bestia (Sbrescia, 2013).
L’atteggiamento dell’analista è diverso a seconda che il sogno sia di matrice personale o
principalmente mitologica e la differenza, dice Jung, può essere percepita a prima vista;
mentre nel primo caso egli deve basarsi sulle associazioni individuali, nel secondo, il sogno
parla un linguaggio universale e l’analista, munito delle conoscenze necessarie, può fornire
paralleli insieme al paziente (Jung, 1935). Infine, nell'interpretazione l’analista deve fare una
prima «distinzione preliminare tra simboli "naturali" ( provenienti dai contenuti inconsci e da
variazioni personali di immagini collettive o archetipi) e simboli "culturali"(impiegati per
esprimere "verità eterne" come molti simboli religiosi)» (Jung, 1964.p.74, 75, parentesi ad
opera della scrivente).