1.2 La Governance sperimentalista: uno strumento innovativo di welfare territoriale
1.2.1 La Governance territoriale e inter-attiva: i cittadini si (ri)attivano per il proprio
territorio
Al di là della valutazione complessiva delle esperienze di rete e di partecipazione partecipata
sopracitate, tali forme di policy hanno dato vita a prassi e a strutture di governance prima
inesistenti.
Innanzitutto si cercherà di comprendere il significato di un termine ora molto usato. Da ormai
qualche decennio si parla spesso di governance a proposito di diverse situazioni e contenuti. Per
cominciare è bene ricordare che “governance” deriva dall'anglosassone e che si differenza da
government, corrispondente al nostro governo. Per governance si può intendere un nuovo processo
di governo o un nuovo metodo attraverso il quale la società è governata. Comunque è corretto
affermare che il modello di governance si caratterizza per un più ridotto ruolo dello Stato rispetto
al government: «lo Stato sta perdendo la sua centralità e il suo monopolio nei processi delle
politiche pubbliche e ciò apre il campo a imprenditori politici, come gli attori che nelle città
beneficano di una lunga tradizione e legittimazione per mobilitare l'identità territoriale».
45
La crisi della rappresentanza a cui stiamo assistendo del resto alimenta la sfiducia dei cittadini e
concorre a far emergere una nuova modalità di governo. Sono in atto dunque delle trasformazioni
sociali che hanno l'effetto di relativizzare il ruolo dello Stato che delega sempre di più ai livelli
superiori, ma soprattutto a quelli inferiori come gli enti locali/territoriali. Più nello specifico per
governance attuata su un territorio, cioè per governance territoriale, si può intendere «la
concezione, la progettazione e lo svolgimento di un'azione pubblica sul territorio condotta da un
attore collettivo»
46
. Come abbiamo in parte già visto per attore collettivo si intende una pluralità di
soggetti (pubblici, privati o associativi), che collaborano insieme in vista di obiettivi comuni. Gli
attori collettivi devono inoltre dotarsi di regole, non strettamente giuridico-politico, ma devono
essere in grado di scriverle ex novo. Per ciò è fondamentale che sviluppino una forte riflessività,
cioè che siano consapevoli di ciò che fanno mentre lo fanno e sviluppino percorsi autocorrettivi se è
il caso. Tutte queste caratteristiche, essenziali per gli attori di una governance correttamente intesa,
saranno approfondite in seguito.
Per comprendere meglio la situazione contemporanea rimane tuttavia importante ripercorrere
brevemente la storia e le origini della governance. In particolare sarà esposta l'evoluzione del
45 Le Gales P. 2002, p. 87.
46 Turco A. 2013, p. 11.
25
confine tra pubblico e privato, che la governance mette ora in discussione. Risalendo all'antica
Grecia si riscontra un netto confine tra la sfera pubblica e la sfera privata: la polis era la sfera della
comunità politica e dell'interesse pubblico, il regno della libertà. Mentre l'oikos era la casa, la sfera
domestica e dunque il regno delle necessità. In epoca moderna si assiste ad un cambiamento e cioè
alla messa in discussione del confine tra pubblico e privato. Questo a causa soprattutto dell'avvento
della società civile: la sfera della vita domestica e privata si estende a quella della comunità politica.
Durante l'epoca moderna lo Stato e la società civile mantengono una certa distanza e diffidenza
reciproca. La situazione è però destinata a cambiare: nella fase odierna lo Stato si è ritirato per
diversi motivi, principalmente dovuti alla crisi economica, lasciando così lo spazio a nuovi attori nel
campo della governance. Dunque, come accennato in precedenza, si ha una riduzione degli
atteggiamenti autoritari a favore di quelli cooperativi e negoziali. Si è visto come grazie alla
progettazione partecipata e alle organizzazioni a rete si siano occupati delle problematiche locali un
numero alto di attori pubblici e di soggetti privati normalmente esclusi da tali questioni. Quindi è
indubbio che tali modelli organizzativi, basati sulla condivisione e sulla partecipazione di ogni
singola realtà alle decisioni e ai progetti in atto, dia avvio a nuove forme di governance
coinvolgendo diversi attori : «il territorio diviene lo spazio identitario di una nuova governance
multistakeholders (...)»
47
.
Del resto le politiche di partnership hanno comportato non solo l'erogazione di incentivi finanziari
e la realizzazione di iniziative infrastrutturali ed imprenditoriali, ma anche dato vita a specifiche
organizzazioni sotto forma di tavoli di concertazione
48
e agenzie in grado di attuare un piano
autentico di sviluppo territoriale. Ciò che resta ancora da comprendere è se queste prassi
cooperative e le strutture attraverso le quali si esprimono si siano consolidate e con quali risultati.
Capita spesso che queste esperienze falliscano nel loro obiettivo di avviare una governance
partenariale. Perché raggiungano questo obiettivo è necessario che arrivino ad un certo livello di
consolidamento: “Difficilmente una forma di governance partenariale sarà infatti in grado di
raggiungere risultati effettivi senza la garanzia di una certa coerenza e continuità degli interventi
programmati”. Per garantire il consolidamento degli strumenti di governance è importante dunque
che ci siano determinate risorse e che sia presente una figura legittimata dagli altri attori che guidi
l'intero processo:
47 Macchioni E, “Dalla responsabilità sociale d'impresa alla corporate citizenship: il welfare come modalità complessa
di interscambio tra impresa e territorio”, in Attori e territori del welfare. Innovazioni nel welfare aziendale e nelle
politiche di contrasto all'impoverimento, 2014 p. 44.
48 Con Tavolo di Concertazione si intende un modello di sviluppo articolato e complesso caratterizzato da una matrice
unitaria fortemente ancorata da un lato, alle specificità territoriali locali e alle risorse endogene e, dall’altro, ad una
serie di fattori esogeni (quali i mutati scenari economici nazionali e internazionali, le nuove tendenze sociali)
destinati ad esercitare un rilevante condizionamento. Cfr. http://www.cosif.it/index.php?
option=com_content&view=article&id=51:tavolo-concertazione&catid=43:programmazione&Itemid=61.
26
(…) la sopravvivenza e l’efficienza della modalità di governance interattiva dipendono in larga misura dalla presenza
di una leadership (Autorità Pubblica?) dotata di adeguata credibilità, autorità, autorevolezza e reputazione per fungere
da interfaccia nelle relazioni di fiducia e da garante del mantenimento e del rafforzamento di tutte quelle “condizioni
incentivanti” di cui si è detto nei punti precedenti. L’esistenza di una Autorità che persegua un “disegno istituzionale”
coerente con questa visione e questa cultura di governance è condizione fondamentale per il suo mantenimento e per il
suo sviluppo.
49
Inoltre le politiche pubbliche devono favorire un tale tipo di modello partecipato.
Tuttavia tale governance non implica l'assenza dello Stato. Lo Stato ha sempre poteri normativi e di
guida, ma accanto ad esso assumono rilevanza anche i seguenti livelli: il livello comunitario
(Unione europea), quello regionale e infine quello provinciale e locale (comunale). Il
coordinamento della governance può inoltre essere orizzontale (solitamente basata su coalizioni fra
Comuni, sistemi di imprese, cittadini organizzati) o verticale (basata su coalizioni tra diversi livelli
di governo). I rapporti sussistenti tra le diverse organizzazioni e dunque l'intera governance, sono
regolati dal principio di sussidiarietà. Quest'ultimo infatti stabilisce i rapporti tra lo Stato e gli enti
inferiori fino al singolo cittadino: «l'intervento degli Enti pubblici territoriali (Regioni, Aree
Metropolitane, Province e Comuni), sia nei confronti dei cittadini sia degli enti e suddivisioni
amministrative ad esso sottostanti deve essere attuato esclusivamente come sussidio (ovvero come
aiuto, dal latino subsidium) nel caso in cui il cittadino o l'entità sottostante sia impossibilitata ad
agire per conto proprio». Tutte le funzioni dunque, ovviamente solo quando possibile e adeguato,
devono essere svolte ad un livello più basso, perché più si è vicino ai cittadini più è facile capire i
loro bisogni. Uno degli ostacoli principali all'applicazione di tale principio riguarda il fatto che le
funzioni e i sistemi locali a cui associarle non sono sempre ben definiti, anzi. Non è dunque
semplice stabilire nel caso dei numerosi ambiti sovralocali a cui molte funzioni fanno riferimento a
quale soggetto regionale, provinciale o comunale debba essere affidato. Una netta distribuzione
territoriale delle funzioni risulta dunque molto difficile da attuare. Inoltre nel caso in cui i ruoli
siano rigidi e definiti da principio capire i bisogni locali della popolazione non sarebbe semplice, in
quanto la direzione rischia di procedere sempre dall'alto verso il basso:
le autorità intermedie leggono e interpretano i bisogni delle comunità locali, tali letture pervengono alle autorità
centrali, le quali progettano le politiche, e infine le autorità locali o eseguono su delega gli interventi progettati o
semplicemente li subiscono nel loro territorio.
50
Ciò che differenzia realmente le forme di policy attuate del resto è l'atteggiamento del soggetto
istituzionale nei confronti del cittadino. Se l'Ente che attiva l'intero processo partecipativo conserva
49 Fadda S. 2003, p. 72.
50 Fadda S. 2003, p. 65.
27
un atteggiamento di autoconservazione e di preminenza istituzionale si pone come antagonista
rispetto agli altri. Il risultato non sarà dunque un processo partecipativo come auspicato, ma un
ascolto privo di un reale coinvolgimento per i bisogni dei cittadini e di volontà di cambiare la realtà.
Questo tipo di atteggiamento da parte dello Stato viene chiamato paradigma manipolativo, in quanto
occulta la realtà e situazioni di non partecipazione
51
. Se invece il soggetto istituzionale percepisce se
stesso come uno tra i tanti interlocutori nell'azione partecipata non imporrà decisioni dall'alto, ma
difenderà i suoi interessi attraverso il dialogo e il confronto. Questo tipo di percorso viene chiamato
paradigma conciliativo in quanto tenta di conciliare gli interessi dei diversi attori attivando un reale
percorso di partecipazione. Se il percorso sarà intrapreso correttamente, in particolare con
trasparenza e rispetto di tutte le parti in gioco, la progettazione partecipata e la governance
auspicata saranno realizzabili. Il principio di sussidiarietà per coinvolgere realmente la cittadinanza
sarà più realizzabile dunque se applicato secondo una logica orizzontale in grado di coinvolgere
tutte le organizzazioni a rete precedentemente analizzate e soprattutto a livello paritario. Il governo
in tale ottica diviene dunque solo uno dei soggetti parte della rete. Ovviamente ci sono casi che
rimangono di sola competenza statale, ma se è realizzabile è opportuno coinvolgere la cittadinanza
il più possibile.
In Italia è stata ridefinita la distribuzione di potere tra Stato ed Enti regionali grazie a una modifica
del titolo V della Costituzione. Le Regioni ora non devono più solo limitarsi ad eseguire compiti
delegati dallo Stato ma hanno una loro autonomia (eccetto quanto stabilito essere di esclusiva
competenza statale). Va però regolato il rapporto tra Regioni e Enti Locali. Anche gli questi ultimi
devono poter prendere certe decisioni e avere competenze proprie, altrimenti si replicherebbe su
scala regionale quanto avveniva a livello nazionale. Verrebbe dunque meno la logica a rete e si
tornerebbe ad un meccanismo Principale (la regione in questo caso) e agente (gli enti locali).
Rimane ovviamente il problema di quali siano i rispettivi ruoli e funzioni di ciascun soggetto. È
fondamentale che i diversi attori abbiano un'idea chiara, anche se modificabile nel corso del
processo partecipativo, di quale debba essere il loro ruolo perché è da quel ruolo che potrà
misurarsi la credibilità e la coerenza dell'intero processo. Questa assegnazione dei ruoli può essere
realizzata anche senza l'organizzazione gerarchica rigida propria del modello Principale Agente: nel
caso di una governance partecipata i ruoli ricoperti dagli attori e i percorsi di partecipazione
intrapresi saranno definiti nel corso del processo partecipativo. Il punto focale del resto è sempre
quello di mantenere una logica di coordinamento negoziale piuttosto che autoritaria e prefissata. Ci
saranno sempre funzioni esclusivamente statali, regionali o locali e altre invece di competenza di
più soggetti con diversi livelli di autonomia come gruppi sociali, associazioni fino ai singoli
51 Turco A. 2013, p. 98.
28
cittadini. Il punto centrale è che lo Stato e le amministrazioni riconoscano quando è opportuno
lasciare agire e dunque cedere parte del loro potere ai livelli più bassi riguardo certe problematiche
comunitarie. Del resto la qualità distintiva della governance va ricercata «nella natura collettiva del
soggetto che agisce sul territorio ed altresì nella natura inclusiva della decisione in base a cui
quest'ultimo opera. Natura collettiva, dunque, che supera l'idea di un'associazione di qualcuno a un
progetto che è già conformato e mette piuttosto l'accento su un rapporto (...) simmetrico tra gli attori
in presenza. E ancora, natura inclusiva della decisione, che supera l'idea di condivisione di una
risoluzione già assunta, mettendo piuttosto l'accento sulla partecipazione al processo deliberativo»
52
.
Va dunque superata la ripartizione rigida per funzioni e vanno promossi diversi livelli di autonomia
secondo una logica di flessibilità. Al centro di tale concezione del resto c'è il metodo partecipativo
su cui si basa la condivisione di progetti e politiche. Riassumendo le autorità centrali dovranno
fornire una generale linea guida e di indirizzo e occuparsi dell'assistenza tecnica se il caso lo
richiede. Inoltre se i fallimenti persistono è anche opportuno che provvedano con sanzioni di vario
tipo. Per evitare che le procedure e gli accordi presi riguardo i programmi partecipativi vengano
elusi, possibilità purtroppo non remota, è opportuno che ci sia una valutazione istituzionale. I
requisiti sostanziali del modello partecipativo devono essere fatti rispettare per evitare eventuali
abusi. Le autorità locali invece dovranno occuparsi principalmente di individuare le problematiche
locali, di stabilire degli obiettivi (anche se si modificheranno nel corso del tempo) e di cercare di
realizzarli dando conto dei risultati.
A livello regionale si avverte un certo sforzo nella direzione di promuovere tali processi
partecipativi nell'ambito delle programmazioni. Si sono attuati infatti diversi piani a proposito. Un
caso esemplare è costituito dalle “Conferenze di Pianificazione” e gli “Accordi territoriali” previsti
dalla legislazione regionale dell’Emilia Romagna. Un altro esempio sono il “Patto programmatico
di Sviluppo” sottoscritto dalla Giunta Regionale delle Marche e fuori dall'Italia le “Conferenze
programmatiche subregionali” della Westfalia. A livello sovraregionale invece mancano ancora sedi
istituzionali dove il processo di coordinamento possa realizzarsi. La Conferenza Stato-Regioni
53
non
basta. C'è bisogno di un ente con più competenze riguardo le politiche di sviluppo e la
determinazione degli indirizzi generali. L'ente si dovrebbe occupare anche del coordinamento
programmatico delle politiche territoriali dei diversi livelli. In tal senso uno strumento utile sono le
“Intese istituzionali di programma”, un accordo tra Amministrazione centrale e regionale per la
52 Cfr. Turco A. 2013, p. 12.
53 Si tratta della Conferenza che regola i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, e
si occupa principalmente di favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e quella delle Regioni e delle Province
Autonome. La Conferenza Stato-Regioni dovrebbe dunque coordinare la negoziazione politica tra le Amministrazioni
centrali e il sistema delle autonomie regionali. Cfr. http://www.statoregioni.it/.
29
realizzazione di un piano coordinato di interventi. Se ben gestito e attuato potrebbe realizzare la
governance interattiva auspicata. Così pure gli Accordi di programma quadro, dove le
Amministrazioni centrali e regionali sono affiancate dagli Enti Locali e da altri soggetti pubblici e
privati allo scopo di definire un programma coordinato di interventi. Sarebbe inoltre auspicabile
raccogliere tutti i dati e le informazioni riguardo i diversi modelli: «una attività di raccolta di
informazioni e di benchmarking relativa ai diversi modelli adottati sarebbe utilissima proprio perché
nessun singolo modello può contenere tutti gli elementi sviluppati in una maniera “oggettivamente
ottimale»
54
.
Perché questa logica multilivello sia realizzabile ci dovranno essere ovviamente delle regole
condivise e degli standard di riferimento. I regolamenti possono essere dati da livelli di
coordinamento superiori, ma possono fuoriuscire anche da una logica interattiva. L'importante è che
gli accordi e le intese presi nel corso del tempo siano rispettate e condivise da tutti. Le regole a cui
aderiscono i singoli agenti di una governance non sono solo quelle da contratto formalizzate e
imposte. In uno modello come quello della governance i processi di apprendimento e i modelli di
comportamento non sono prefissati, ma sono realizzati dai diversi agenti secondo una logica
evolutiva e procedurale:
Il coordinamento avviene oltre che attraverso l’adesione a regole formali imposte ai singoli agenti, anche attraverso
l’adozione di modelli di comportamento non formalizzati ma emergenti dallo stesso sviluppo delle interazioni tra gli
agenti e condivisi attraverso un processo di apprendimento collettivo
55
.
Queste regole, chiamate relazionali in quanto emergono dalle relazioni dei singoli agenti, erano del
resto già presenti nei distretti industriali. Anche in tal caso non si trattava di regole prestabilite, ma
sono stati gli stessi attori sociali a darsi delle regole autorganizzandosi e dirigendosi verso modelli
di cooperazione condivisi che andassero bene a tutti. Questa forma di apprendimento collettivo è
dunque evoluta e maturata nel corso del tempo. Ovviamente come abbiamo più volte ripetuto
perché avvenga questo processo di apprendimento e dunque di cambiamento è importante che
partecipino con la loro dose di conoscenze tutti gli attori. Del resto secondo il meccanismo alla base
di un sistema di governance la conoscenza non è più concentrata nelle mani di pochi professionisti,
ma è dispersa in una molteplicità di agenti. La partecipazione è dunque sempre l'elemento
fondamentale. Nonostante una parte dei regolamenti sia stabilita tramite azioni collettive strutturate,
un'altra buona parte come abbiamo visto non segue regole fisse. Buona parte del sapere e delle
informazioni che permettono a una governance di andare avanti è tacito e implicito nelle stesse
54 Fadda S. 2003, p.68.
55 Fadda S. 2003, p. 61.
30
relazioni interpersonali. Si può trasmettere dunque solo attraverso reti comunicative basate su una
forte partecipazione e condivisione dell'intero processo. Del resto anche le circostanze esterne
cambiano rapidamente, l'adattamento deve dunque avvenire in poco tempo e perché ciò sia
possibile il livello di coesione sociale deve essere alto. Si tratta infatti di una governance interattiva
che corrisponde alla realizzazione di una rete di relazioni e comunicazioni sociali interattive.
Rispetto a un sistema gerarchico, dove tutti gli elementi fanno riferimento unicamente al vertice, il
sistema reticolare interattivo naturalmente ha un numero maggiore di relazioni:
«Possiamo vedere nel grafico seguente che se in un sistema gerarchico composto da cinque
elementi, di cui A è il vertice, il numero delle relazioni è quattro unidirezionale (n – 1), in un
sistema reticolare composto da un pari numero di elementi il numero delle relazioni diventa dieci
bidirezionali (n (n-1) / 2)
56
»:
B C B C
A A
a. D E b. D E
Fig. 1 (a) Sistema gerarchico
(b) Sistema reticolare
Tutti i partecipanti, eccetto l'autorità centrale, sono dunque sullo stesso piano pur svolgendo
funzioni diverse, e nel caso della governance inter-attiva e relazionale interagiscono anche tra loro.
L'autorità centrale invece avrebbe solo un ruolo di indirizzo generale, di guida e di ascolto, anche se
a volte indiretto, dei bisogni reali della comunità.
Perché la partecipazione avvenga non bisogna inoltre dimenticare che tutti gli agenti devono
ottenere un vantaggio, materiale o anche intangibile, dalla govenance. La cooperazione non si
fonda su astratte pulsioni morali o su istanze di natura etica (anche se favorevoli atteggiamenti
mentali possono facilitarla) ma sulla percezione dei vantaggi conseguibili da parte dei soggetti e
della collettività nel suo insieme»
57
.
Il modello di progettazione intersettoriale partecipata esposto precedentemente è dunque
fondamentale per una buona governance: è importante che l'agire cooperativo si fondi sulla
comunicazione partecipativa e sul reciproco riconoscimento tra gli attori in gioco senza gerarchie
autoritarie. La partecipazione di tutti i soggetti, nessuno escluso, alla rete deve dunque essere
incentivata, altrimenti l'intero processo rimane pura formalità e burocrazia. Fonte di disturbo
56 Fadda S. 2003, p. 63.
57 Ibid. p. 73.
31
dunque invece che di stimolazione e agevolazione. Del resto è grazie alla partecipazione che i
diversi soggetti prendono coscienza di ciò che fanno, sviluppando una certa riflessività e un ascolto
attivo. In particolare è molto importante la comunicazione: i partecipanti alla rete devono essere
resi consapevoli del legame sussistente (se non c'è allora la cooperazione non può funzionare) tra
partecipazione cooperativa e miglioramento individuale. La comunicazione
58
deve essere dunque
partecipativa e non calata dall'alto in base a regolamenti preesistenti. È opportuno, perché il
processo partecipativo funzioni al meglio, che tutto, dall'informazione pratica alla conoscenza più
teorica, sia chiaro e trasparente fin da subito ad ogni partecipante. Le zone d'ombra potrebbero
minare l'intero processo fino a causare il dissolvimento della rete interattiva. Del resto la
governance dovrebbe essere per i cittadini un incentivo a ripristinare condizioni di legalità dove ci
sono zone di corruzione e a prendersi in carico ciò che è legittimo. È stato proprio per la mancata
coincidenza tra la legge del diritto e dello Stato con quella della giustizia e del bene comune che la
governance ha preso avvio e si è diffusa come nuovo modello politico. Il rischio è che invece anche
quest'ultima venga vista come un'opportunità per fare i propri interessi e commettere illeciti.
La realizzazione effettiva della governance non è dunque immediata e di semplice attuazione.
Abbiamo visto come per raggiungere una forma di governance e realizzare nel concreto il principio
di sussidiarietà sia necessario far seguire i progetti avviati da figure competenti e consolidare i
progetti nel tempo. Inoltre è importante non ricadere nella logica principale-agente anche se a livelli
più bassi come quelli regionali. Il principio di sussidiarietà se non ben interpretato e correttamente
applicato può degenerare in questa direzione. Il suddetto principio, su cui si basa la concezione
stessa di governance, evidenzia anche come per garantire una partecipazione reale della
cittadinanza e di tutte le realtà locali lo Stato e le amministrazioni, come abbiamo visto, debbano
essere disposte a cedere una parte del loro potere. In particolare è importante evitare fin da principio
possibili conflitti di interesse quando vengono avviati progetti di rete. Un altro elemento
fondamentale per sostenere la governance territoriale è che tutti i cittadini, nel limite del possibile,
siano consapevolizzati riguardo la responsabilità pubblica e politica che sono chiamati ad avere:
«La democrazia deliberativa si basa (…) sull'attribuzione a tutti i cittadini di livelli di responsabilità
politica che consentono loro di agire attivamente per la tutela dell'interesse generale-bene
comune».
59
58 Si possono distinguere al riguardo tre tipologie di comunicazione: trasmissiva, generativa e partecipativa. La
comunicazione trasmissiva si basa su regole preesistenti ed è eteronoma in quanto “calata dall'alto”. La
comunicazione generativa nasce invece dentro la comunicazione e stimola l'autonomia di ogni soggetto. Infine la
comunicazione partecipativa si basa sulla riflessività e sul sapere consensuale, può dunque essere considerata una
delle declinazioni di quella generativa. Cfr. Turco A. 2013, pp. 92, 93.
59 Cfr. Macchioni E. 2014, p. 43.
32
Fig. 2 Characteristics of good governance
60
Uno degli ostacoli principali all'attuazione della governance sono i mancati finanziamenti alle
politiche sociali e ai servizi. L'iniziativa della cittadinanza e dei gruppi sociali/associazioni spesso
non manca. Tuttavia senza il supporto economico (e non solo) a livello comunitario, nazionale e
regionale i soli cittadini possono fare ben poco.
Inoltre uno dei rischi maggiori del modello di governance attuale è quello di produrre una crescente
privatizzazione e frammentazione della sfera pubblica, invece che collaborazione tra diverse realtà
La minore presenza dello Stato e la crescente autonomia degli attori privati potrebbe degenerare in
tante piccole realtà private senza alcun coordinamento:
nella città i trasporti e la scuola, la sanità e le utilities saranno quasi-mercati, il cui coordinamento sfugge a una visione
sinottica. (…). Un esito è quell'allungamento e sfrangimento in catene di sub-appalti che non riguarda più solo
l'industria ma la prestazione di servizi pubblici non meno della produzione di beni privati.
61
Inoltre più il privato si fa strada nell'ambito pubblico e sociale più si pone il problema della sua
trasparenza. Per questo, come già detto in precedenza a proposito dei programmi partecipati, la
governance interna deve essere chiara e visibile a tutta la cittadinanza.
Un altro problema riguarda il pericolo che si formino tante micro realtà rappresentanti di diversi
livelli di governance e in conflitto tra loro. I vari livelli micro e macro, non solo nazionale ma anche
sovranazionale, potrebbero scontarsi invece di collaborare. Perché ciò non accada è importante un
coordinamento non solo a livello locale/nazionale, ma anche internazionale, che tuteli anche le
60 Cfr. http://www.gdrc.org/u-gov/escap-governance.htm.
61 Perulli P. 2004, p. 45.
33
realtà più deboli e piccole. A proposito Alexandre Kojève
62
auspica una società universale senza più
esterno: non ci saranno più Stati nazionali in contrasto tra loro e con una propria legge. Rimarranno
comunque degli Stati, ma ci sarà un unico diritto comune a tutte le nazioni e universale, che
prenderà il posto della legislatura nazionale. Ovviamente tale visione ora è da considerarsi utopica,
ma evidenzia l'importanza di evitare particolarismi e conflitti di interesse, a favore di un unico Stato
federale sovranazionale che tuteli gli interessi di tutti.
Un'alternativa a questa visione per molti aspetti utopica è recuperare le relazioni personali
auspicate dal filosofo Jacques Derrida e basate su rapporti di fiducia reciproca. I rapporti personali
basati sul dialogo potrebbero tradursi e attuarsi sotto forma di accordo civile anche nella sfera
pubblica. Del resto il dialogo e la deliberazione proviene proprio dalle istituzioni democratiche
come gli antichi greci ci hanno insegnato. Bisogna "solo" recuperarne l'eredità, adattandola ad un
contesto del tutto differente come quello attuale e una governance correttamente intesa può essere la
giusta soluzione:
La risposta certo più organica alla decrescente legittimità delle soluzioni collettive può venire dall'acquisizione decisa di
una prospettiva di governance che nei processi sociali e territoriali garantisca percorsi di decisione inclusiva e di
gestione partecipata
63
.
La partecipazione rappresenta dunque la chiave, il cuore dell'intero processo, in quanto il modo di
ottenere il risultato (se tramite percorsi partecipativi o meno) è altrettanto importante del risultato
stesso.
In conclusione una governance perfetta e totale è molto difficile da raggiungere. Questo non toglie
che una buona governance rimane un'ideale a cui tutti gli Stati devono tendere e a cui non devono
rinunciare nonostante le difficoltà. La governance attualmente deve inoltre fare i conti con il
processo di globalizzazione e con i cambiamenti a livello trans-nazionale odierni che stanno
sconvolgendo la visione del mondo e della politica avuta fino a poco tempo fa.
1.2.2 Governance sperimentalista e globalizzazione: uno strumento per affrontare l'incertezza
nella direzione di un miglioramento continuo
Abbiamo visto cosa si intende per governance, alcuni dei suoi modelli e quali sono gli
ostacoli/rischi principali inerenti alla sua attuazione. Ora sono in atto numerose trasformazioni nella
governance soprattutto a causa dei cambiamenti a livello trans-nazionale arrecati dalla
62 Alexandre Koyève (1902-1968) è stato un filosofo francese di origini russe, considerato uno dei maggiori interpreti
della lezione hegeliana.
63 Turco A. 2013, p. 88.
34