L’ozio del detenuto
La scelta dell’oggetto analizzato nella seguente tesi, l’ozio del detenuto, deriva
da un’osservazione della realtà circostante. Lo scopo della pena, che si esplica nella
detenzione del condannato, è sancito dall’articolo 27 della Costituzione che al comma 3
stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità
e devono tendere alla rieducazione del reo. Le notizie di cronaca, ogni giorno, riportano
eventi e dati terribili riguardanti il carcere italiano, il cui funzionamento è compromesso
dal fenomeno del sovraffollamento, dalla carenza delle strutture adibite a penitenziari,
dalla mancanza di fondi e dalle condizioni di vita di molti detenuti che spesso sono
pessime, talvolta rasentano la tortura. Vi sono casi in cui celle di 20 metri quadri
ospitano fino a dieci persone, si fanno i turni per dormire o stare seduti, non c’è acqua
per lavarsi in estate, ne riscaldamento per non patire il freddo d’inverno. Il divieto di
tortura è contemplato da numerose convenzioni sui diritti umani e da specifici trattati ai
quali ha aderito anche l’Italia, tra cui la Convenzione Europea per la Prevenzione della
Tortura e della pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti, stipulata a Strasburgo
dal Consiglio d’Europa il 26 novembre 1987 ed entrata in vigore il 1° febbraio del 1989.
Una ulteriore carenza che indebolisce la validità del sistema penitenziario italiano,
anch’essa in netto contrasto con i principi costituzionali, riguarda l’esiguità degli
strumenti necessari alla progettazione di strategie funzionali alla rieducazione dei
detenuti. L’assenza di attività culturali, ricreative e sportive, la gravosa mancanza di
opportunità di lavoro e la presenza di personale numericamente impossibilitato per poter
affrontare le esigenze dell’utenza, sempre più numerosa e multiculturale, comportano
un’unica alternativa: l’ozio imperante nelle celle. Il detenuto, fisicamente costretto in
uno spazio angusto è perfino privato di stimoli adeguati, che possano mantenere attiva
la mente: egli è costretto ad una vita che non è vita, privato della dignità e della
possibilità di progettare un futuro migliore. Anche se il carcere è una realtà
misconosciuta e distante dall’esperienza di molti cittadini, la condizione di degrado in
cui vessa, moralmente ed eticamente, deve interessare ogni cittadino che aspiri a vivere
in una società civile dove ad ogni uomo è garantito il rispetto della dignità, della salute e
dell’integrità psicofisica.
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CAPITOLO I: Elementi di personalità umana
I.1 Le caratteristiche della personalità umana
Quando parliamo di personalità consideriamo un insieme caratteristico e
distintivo di comportamenti, pensieri ed emozioni che delineano il nucleo delle
differenze individuali che si esplicano ogni qualvolta un individuo si rapporta con il
mondo fisico e sociale. Per ottenere la descrizione esaustiva di una personalità si
utilizzano aggettivi relativi ad alcuni aspetti della personalità stessa senza, però,
soffermarsi sulla natura essenziale di questo elemento mater dell’unicità e della
singolarità di ogni essere umano. Precursore dello studio della personalità fu Ippocrate
che già tra il V e il IV secolo a.C., considerando ogni uomo come un microcosmo
autonomo, tentò di individuare una correlazione tra patologie, temperamento e
costituzione fisica attraverso l’osservazione dei fenomeni umani. Questa ricerca portò
alla strutturazione della teoria umorale secondo cui nell’organismo sono presenti quattro
liquidi, o umori, fondamentali: sangue, flegma, bile gialla e bile nera. Alle mescolanze
tra gli umori, Ippocrate riconduce l’insorgere delle caratteristiche personali e in
funzione della predominanza di uno fra i quattro elementi si distinguono quattro tipi di
temperamento. Il primo, denominato melanconico, determinato dall’eccesso di bile
nera, corrisponde ad un soggetto debole e pallido, dalla corporatura magra,
tendenzialmente avaro e triste. Il secondo temperamento, detto collerico, si manifesta
per un eccesso di bile gialla ed appartiene ad un soggetto magro e asciutto, ma di bel
colorito, dal carattere irascibile, superbo, permaloso, furbo e tendente al comando. Il
terzo, flegmatico, determinato dall’eccesso di flegma, descrive un individuo apatico,
passivo, fedele, onesto e sereno. Infine, il temperamento sanguigno, prodotto
dall’eccesso di sangue, o umore rosso, predispone un individuo ad essere rubicondo e
gioviale, goloso, vivace ed irresponsabile. Naturalmente, tale teoria, costruita da colui
che è considerato “padre della medicina”
1
, oggi non trova fondamenta scientifiche ma
tracce di questo modello sussistono ancora nell’immaginario collettivo. Negli anni ’30
del XX secolo, Allport e Odbert, due psicologi della personalità, realizzarono uno studio
analizzando il dizionario inglese alla ricerca di tutti i termini relativi alla personalità,
trovandone circa 18.000. La lista fu ridotta successivamente a circa 4.500 termini e tale
lavoro fu ripreso da altri ricercatori tra cui Raymond Cattell che, tramite il metodo
dell’analisi fattoriale, rilevò 16 fattori determinanti. Circa vent’anni dopo, una
metodologia simile fu impiegata dallo psicologo britannico Hans Eysenck che
determinò due diadi di fattori di personalità: introversione-estroversione, asse che
definisce il grado in cui un soggetto è orientato verso il proprio sé o verso il mondo
esterno, e stabile-instabile, asse che definisce il fattore nevroticismo analizzando il
grado di adattamento sociale di un soggetto. Tra un’estremità e l’altra sono indicate le
1
Ippocrate di Kos (460 a.C. – 377 a.C. terminus post quem) rivoluzionò il concetto di medicina,
precedentemente associata alla teurgia e alla filosofia, introducendo una metodologia di studio sistematica
e clinica, descritta nelle sue opere.
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combinazioni tra i fattori principali. Da questi due approcci fondamentali deriva
l’intuizione di Costa e McCrae che hanno postulato cinque macrocategorie di
personalità capaci di organizzare e sintetizzare la miriade di aspetti riguardanti la
personalità umana, tale strumento, infatti, è efficace per addentrarsi nell’analisi delle
sottodimensioni appartenenti alle principali categorie evidenziate. Ad ogni fattore
corrispondono sei sottodimensioni:
• Nevroticismo: ansia, ostilità rabbiosa, depressione, coscienza di sé, impulsività,
vulnerabilità.
• Estroversione: cordialità, assertività, attività, ricerca di situazioni stimolanti,
emozioni positive, gregarismo.
• Apertura all’esperienza: fantasia, gusto estetico, apertura ai sentimenti, alle
azioni, ai valori.
• Gradevolezza: fiducia, altruismo, condiscendenza, modestia, ottimismo, lealtà.
• Coscienziosità: competenza, ordine, rispettosità, impegno per il successo,
autodisciplina, decisione.
Questo strumento, generalmente somministrato a soggetti adulti, si è dimostrato
efficace, garantendo elevati valori di concordanza tra autovalutazioni ed etero
valutazioni. Nel contesto italiano i cinque fattori sono stati rielaborati nel Big Five
Questionnaire (BFQ), strumento che consta di 132 item rispetto ai quali il soggetto
deve esprimere il suo grado di accordo individuando un punteggio su una scala da 1
(massimo disaccordo) a 5 (massimo accordo). Sono stati individuati cinque
corrispettivi meglio esplicati da due sottodimensioni ciascuno:
• Energia: dinamismo e dominanza.
• Amicalità: cordialità e cooperatività.
• Coscienziosità: scrupolosità e perseveranza.
• Stabilità emotiva: controllo delle emozioni e controllo degli impulsi.
• Apertura mentale: apertura alla cultura e apertura all’esperienza.
I test o inventari di personalità sono strumenti che non richiedono un’autovalutazione
diretta del soggetto ma, prevedono la somministrazione di una serie di domande sulle
reazioni che si manifestano in relazione a situazioni quotidiane o una serie di
affermazioni a seguito delle quali l’individuo deve specificare il proprio grado di
accordo. Gli item proposti vengono costruiti per ogni tratto da analizzare, sulla base
della teoria sposata dall’autore. La concezione psicoanalitica della personalità
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,
2
Atkinson – Hilgard, Introduzione alla psicologia, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2006.
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costituente della teoria psicoanalitica fondata da Sigmund Freud, è considerata oggi una
fra le più autorevoli e complete teorie della personalità. Seguendo il metodo delle libere
associazioni, che permette al paziente di esplicitare ogni immagine e pensiero che gli
venga in mente, Freud identificò temi costanti nella rievocazione di sogni e ricordi della
prima infanzia, ritenendoli manifestazioni di desideri e timori inconsci. Egli paragonava
la mente umana ad un iceberg in cui la punta che emerge dall’acqua rappresenta
l’elemento conscio e consapevole, la parte sottostante rappresenta il preconscio, cioè le
informazioni che non sono continuamente presenti tra i nostri pensieri ma possono
essere facilmente portate al livello del conscio. La grande massa rimanente, al di sotto
del livello dell’acqua, corrisponde all’inconscio, stato che non affiorando al livello della
coscienza non è soggetto al controllo della ragione e della volontà. Freud fu il primo ad
attribuire un’importanza primaria alle influenze inconsce, riconoscendone una valenza
nel funzionamento quotidiano della personalità normale. Legata al modello dei processi
inconsci vi era la concezione deterministica del comportamento umano dottrina che
attribuisce una causa ad ogni pensiero, emozione ed azione umana. Freud sosteneva che,
spesso, la causa degli eventi psicologici è costituita da desideri inconsci e pulsioni
insoddisfatte. Nel 1901 egli pubblicò il trattato “Psicopatologia della vita quotidiana”
nel quale sosteneva che lapsus, sogni e umore sono uno strumento atto a scaricare la
tensione psicologica e gratificare gli impulsi proibiti. La ricerca di Freud culmina con
un modello strutturale che suddivide la personalità umana in tre sistemi principali che,
interagendo, governano il comportamento umano. Queste tre dimensioni sono l’Es, l’Io
e il Super-io. Secondo Freud, l’Es è la parte più atavica della personalità, generatrice
dell’Io e del Super-io che cerca gratificazioni e piacere, tramite l’evitamento del dolore,
incurante delle circostanze esterne. Nel neonato si presenta manifestando gli impulsi
biologici fondamentali, cioè il bisogno di mangiare, bere o espellere i rifiuti. Nel
modello freudiano le pulsioni biologiche determinanti nella costruzione ed esplicazione
della personalità sono gli impulsi sessuali e l’aggressività. Quando il bambino impara
che gli impulsi che sente non possono sempre ottenere una gratificazione immediata, si
sviluppa una nuova parte della personalità, l’Io, che si relaziona con la realtà
circostante. L’Io obbedisce al principio di realtà amministrando la personalità e
gestendo gli impulsi dell’Es. Questo processo è favorito dai genitori, che controllano il
comportamento del bambino, tramite il sistema delle ricompense e delle punizioni,
finché il bambino non avrà più bisogno di qualcuno che gli dica che non è giusto rubare
ma, si regolerà autonomamente amministrando gli standard parentali nel proprio Super-
io. Violare gli standard dettati dal Super-io, che rappresenta l’interiorizzazione della
morale e dei valori della società, genera ansia che precedentemente era originata dal
pensiero di perdere l’amore dei genitori a causa di un comportamento sbagliato. Se
l’educazione imposta dai genitori è troppo rigida, l’individuo può essere dominato da un
perpetuo senso di colpa che rischia di inibire tutti gli impulsi sessuali e aggressivi. Se, al
contrario, il Super-io dell’individuo è debole poiché non ha assimilato nessuno standard
socialmente accettato, egli potrebbe mettere in atto comportamenti criminali. Nella
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personalità ben integrata l’Io detiene il controllo degli impulsi in modo deciso ma
flessibile lasciandosi governare dal principio di realtà. Lo studio di Freud fu influenzato
dalle teorie del fisico tedesco Hermann von Helmholtz, il quale sosteneva di poter
spiegare i principi fisiologici seguendo gli stessi principi risultati soddisfacenti
nell’ambito della fisica. Ciò che colpì positivamente Freud fu il principio di
conservazione dell’energia, secondo cui l’energia può essere modificata ma mai
distrutta ne creata. Partendo da questo assunto ipotizzò che anche gli esseri umani siano
sistemi chiusi di energia. L’energia psichica degli individui sarebbe costituita dalla
libido, concetto che riflette la concezione freudiana che pone come primaria la pulsione
sessuale. Se un impulso proibito viene represso, la quantità di energia corrispondente
cercherà un altro sbocco nel sistema. Reprimere un impulso, quindi, non ne determina
l’eliminazione ma genere ansia che può essere ridotta esprimendo l’impulso in forma
camuffata. Il camuffamento è necessario per evitare la punizione della società o da parte
del Super-io. Freud e la figlia, Anna Freud, hanno individuato diversi meccanismi di
difesa, strategie funzionali per prevenire l’ansia, di seguito sintetizzati:
• Rimozione: meccanismo di difesa base che esclude dalla consapevolezza conscia
gli impulsi o i ricordi dolorosi che evocano vergogna o senso di colpa. La
rimozione spesso non è efficace, infatti, gli impulsi rimossi possono riaffiorare
nella coscienza.
• Razionalizzazione: consiste nell’assegnare motivazioni logiche o socialmente
desiderabili alle nostre azioni per farle apparire razionali e il dispiacere viene
alleviato. Si pensi alla favola di Esopo in cui la volpe, dopo non essere riuscita a
raggiungere l’uva agognata, si giustificò sostenendo di non desiderarla più,
perché acerba.
• Formazione reattiva: si realizza quando un soggetto per celare una pulsione
indesiderabile ne esprime una opposta. Per esempio, una madre che non
desidera il proprio figlio e si sente in colpa, può diventare esageratamente
protettiva e indulgente rassicurarsi e dimostrare amore al figlio.
• Proiezione: quando un soggetto non riesce ad accettare di avere delle qualità
indesiderabili, le attribuisce in modo esagerato ad altri. Se uno studente, non
riuscendo a superare un esame sosterrà che tutti i suoi colleghi promossi
copiano, il suo fallimento apparirà meno grave. Questo meccanismo risulta ben
radicato nella nostra cultura e appare simile ad una forma di razionalizzazione.
• Intellettualizzazione: si verifica quando un soggetto di distacca emotivamente da
una situazione stressante e la tratta con termini astratti. Questa reazione è
funzionale per un medico che deve svolgere il suo lavoro con competenza ma,
applicata ad un contesto quotidiano può inficiare le esperienze emotive
dell’individuo.
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