Fiorella Ragni - Accessibilità dei Siti Web nella Pubblica Amministrazione: Principi, Norme e Buone Pratiche
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Introduzione
Nel campo della produzione del software, uno dei principi - cardine, non smentito dalle più
avanzate tendenze e tecnologie sviluppatesi con l’affermazione di Internet, risiede nel fatto che, se
in sede di progettazione vengono previste determinate funzioni, i costi di manutenzione evolutiva
successiva possono essere decisamente diminuiti.
E’ evidente che oggi tutti i Sistemi Informativi, aziendali o pubblici, inglobano alcune facilities
offerte dai servizi disponibili su Internet, nel campo amministrativo come in quello della
produzione e delle vendite.
Pensiamo, ad esempio, ad alcuni dei principali servizi di Internet, come i motori di ricerca o la
Posta elettronica. Sui luoghi di lavoro, l’utilizzo di questi due servizi è ormai quotidiano, e si
possono ritenere integrati a pieno titolo nel S.I. aziendale, per affrontare in modo efficiente tanto
le finalità aziendali quanto i bisogni individuali di conoscenza e di comunicazione.
Gli enti pubblici devono utilizzare il loro “sito istituzionale” per comunicare con i cittadini, per tutte
le procedure che prevedono una forma di pubblicità.
Infatti, la normativa prevede che le notizie, a cui va data pubblicità, debbano essere sistemate in
una posizione predefinita del proprio sito, dalla denominazione standardizzata di
“Amministrazione trasparente”.
Le relazioni e i servizi che si concretizzano con modalità web non vengono più, come un tempo,
chiamati “virtuali” (in contrapposizione a “reali”). Oggi realtà digitale e realtà analogica si
alimentano vicendevolmente, e talvolta i servizi digitali rappresentano l’unico ed esclusivo modo,
per entrare in relazione con il fornitore prescelto.
Prima di Internet, con le reti chiuse e proprietarie, questo non accadeva.
La produzione del software applicativo aziendale si è, di conseguenza, conformata all’architettura
e alla struttura di Internet. Ciò è avvenuto per questioni di economicità, nonché per le nuove
opportunità che le masse di dati, prodotte dal traffico dei messaggi generato su internet, hanno
reso possibili. Ugualmente per il software destinato ai servizi in rete della Pubblica
Amministrazione: non si può più prescindere né dalle nuove tecnologie, né dai nuovi bisogni sociali
e dalle abitudini dei cittadini, ormai consolidati nelle pratiche quotidiane di uso comune.
Non attingere al pozzo di idee inesauribili disponibili in rete sarebbe antieconomico, come
ostinarsi a produrre beni senza robot, quando nemmeno i paesi emergenti, dove la manodopera è
più a buon mercato, ne fanno ormai a meno. O come trasportare merci con grossi tir: economie di
scala che non producono più vantaggi, che non hanno più alcun senso nella struttura economica e
produttiva che la società e le abitudini dei consumatori stanno assumendo.
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Considerata dunque la Pubblica Amministrazione come un fornitore di servizi al cittadino, si
vogliono qui analizzare alcuni aspetti riguardanti la qualità del software, alla luce degli obblighi che
la legge impone alle PPAA, come quelli previsti per il conseguimento dell’accessibilità.
Le stesse considerazioni possono altresì essere utili per qualunque azienda consideri suo cliente
l’individuo, a prescindere dal grado culturale, dall’età, dal quoziente intellettivo; qualunque
azienda che, in definitiva, bandisca, dal suo vocabolario, la locuzione “persona normale”.
A monte del processo di produzione del software c’è sempre una contrattazione, interna e/o
esterna: la sua qualità dipende in certa misura dalla qualità del contratto e quindi dalla qualità del
decisore pubblico.
Prima di entrare dunque nel merito dei dettagli normativi e tecnici, chiediamoci se vale pena
prestare tutta questa attenzione ad un tema, quello dell’accessibilità, che può sembrare di
pertinenza molto limitata.
In Europa, il livello di speranza di vita e la longevità continuano ad aumentare, e l’Italia è tra i paesi
con i livelli più alti
1
. Nel contempo, non migliora la qualità della sopravvivenza e si registra un
peggioramento del benessere psicologico. Questo genera un carico assistenziale sulle famiglie e
sui servizi socio-sanitari che si può rivelare di difficile sostenibilità, riflettendosi negativamente
sulla qualità della vita, non solo dei malati, ma anche dei loro familiari. Sulla qualità della
sopravvivenza incidono quelle patologie che comportano limitazioni nelle attività abituali. Le
persone oltre i 65 anni, che rappresentano in Italia oltre il 22% dell’intera popolazione
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,
guadagnano qualche anno di vita in più, ma solo la metà del tempo guadagnato è vissuto senza
limitazioni funzionali. In questo contesto, le disuguaglianze sociali hanno il loro peso, nel senso che
le persone con elevato titolo di studio, a parità di età, godono di migliori condizioni sia di salute
fisica che mentale.
Premesso questo, dovrebbe essere chiaro che, statisticamente parlando, ognuno di noi sarà
destinato a vivere qualche anno della sua vita sopportando disabilità di vario tipo. Qualcuno ora
può ancora pensare che si tratti di interessi di nicchia?
I diritti sono per sempre?
I diritti non sono per sempre: vale sempre la pena ricordarlo, soprattutto in tempi di crisi, in cui le
deficienze culturali sembrano avere il potere di riqualificare le priorità politiche riguardo ai diritti
civili.
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http://www.istat.it/it/files/2016/12/01-Salute-BES-2016.pdf
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http://dati-anziani.istat.it/
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La legge può riconoscere alcuni diritti sulla carta, ma se i cittadini non si impegnano a conservarli,
sviluppando la dialettica necessaria per scolpirli nelle coscienze e, al tempo opportuno,
pretenderli, allora le più brutali ragioni di praticità, economicità, realismo politico possono
prendere il sopravvento e renderli ineffettivi.
Riguardo ai diritti dei giovani disabili, è già successo: pensiamo ai tagli dei fondi per i servizi sociali
e scolastici, che negli ultimi anni hanno reso più problematiche la gestione del trasporto a scuola e
dell’assistenza scolastica specializzata, di quanto non lo fosse prima.
Il diritto alla libertà di movimento, ad esempio, con particolare riferimento all’accesso ai luoghi
pubblici. Non era stato forse stabilito per legge, nel lontano 1989, che si dovesse garantire
l’accesso ai disabili mediante precisi accorgimenti architettonici, sia nelle nuove costruzioni sia
ristrutturando quelle vecchie? Eppure, se pensiamo allo stato attuale delle nostre strade, degli
edifici scolastici, delle stazioni ferroviarie, ecc. ecc., è evidente che la cosa non sia stata sentita
come una vera priorità negli ultimi 20 anni.
Fortunatamente, qualche spiraglio positivo comunque c’è, se è vero che ad Agosto 2017 il Comune
di Milano ha annunciato importanti investimenti, per rendere il trasporto pubblico accessibile
entro il 2021
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.
Inoltre i diritti cambiano nel tempo, in quanto sono una rappresentazione normativa dei bisogni
umani: si modificano o ne nascono di nuovi. Ed è quello che sta accadendo anche nell’intorno di
Internet, a causa della sua pervasività nella vita privata e quotidiana di tutti. Nel Diritto
dell’Informatica, che tradizionalmente comprendeva le questioni giuridiche che possono
presentarsi con l’uso delle tecnologie, utilizzate in tutti settori della vita sociale, con l’ampliarsi
delle possibilità di interazione in rete, sono state introdotte nuove fattispecie di responsabilità
civile adatte a rappresentare e interpretare i comportamenti messi in atto nella nuova realtà
digitale.
Dove più alta è stata la pressione dell’opinione pubblica, il legislatore si è più compiutamente
attivato (ad esempio, nel campo commerciale o nella lotta alla criminalità).
Sul tema delle tecnologie assistive, considerati i destinatari interessati al loro impiego, l’opinione
pubblica potrebbe fare di più. Chi sono questi destinatari?
Viene da pensare a tutto il popolo dei diversamente abili, i portatori di patologie ben definite nei
nomenclatori sanitari (sordi, i disabili motori, i disabili cognitivi, i ciechi, cioè tutte le persone che
hanno menomazioni congenite o insorte nel tempo), ma il quadro non sarebbe completo.
In realtà, le statistiche ci avvertono di alcuni fenomeni sociali nuovi, che renderanno irrinunciabile
ogni accorgimento tecnico che possa facilitare e semplificare l’uso dei servizi digitali: società
multiculturale, multietnica, l’allungamento della vita, il ricorso alla telemedicina, il diffondersi del
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https://www.superabile.it/cs/superabile/accessibilita/20170810-nf-milano-trasporti-accessibili.html
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telelavoro, la crisi della famiglia, l’uso precoce degli strumenti digitali. Ognuno di questi aspetti
sociali può trasformare un individuo in un disabile, più o meno temporaneo.
Il diritto di cui occupiamo, in questo breve scritto, è quello di poter interagire con la Pubblica
Amministrazione in maniera digitale. Vedremo con quali strutture e con quali modalità la legge
tutela questo diritto, e cercheremo di scoprire se questi diritti siano esigibili e come.
Obiettivamente la Pubblica Amministrazione italiana è caratterizzata da ritardi rispetto agli
impegni politici assunti, come documentano gli indicatori DESI 2017 (Digital Economy and Society
Index) relativi a tutti i parametri (connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione della
tecnologia digitale, servizi pubblici digitali), il che non può che contribuire ad aumentare i disagi
delle categorie più deboli e le disparità sociali.
Secondo alcuni, ben informati, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione è stata frenata in
questi anni anche dalla corruzione
4
. Dunque, esercitare pressione per una corretta digitalizzazione
(in cui l’accessibilità è considerata solo uno dei fattori di qualità) equivale ad esercitare pressione
per avere più libertà e democrazia.
Normativa italiana sull’accessibilità ai servizi digitali
Il fondamento della legislazione sull’accessibilità ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione si
trova in due articoli della Costituzione.
Il primo appartiene ai diritti fondamentali ed è il principio dell’eguaglianza (Cost. art.3), in base al
quale si stabilisce l’impegno della Repubblica a riconoscere a tutti i cittadini pari dignità sociale, ed
a perseguire le condizioni che offrano loro pari opportunità.
Il secondo riguarda il Titolo V - Regioni, Province e Comuni. In base all’art.117, lo Stato ha
legislazione esclusiva nelle materie riguardanti il coordinamento informativo statistico e
informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale.
Il primo atto normativo italiano, stabile e consolidato, a tutela del principio del diritto
all’accessibilità è la L.4/2004, conosciuta come Legge Stanca, in vigore da febbraio 2004. Non si
tratta in assoluto del primo atto normativo in materia, ma i precedenti erano progetti europei,
circolari o decreti per l’istituzione di commissioni, che non avevano avuto effetti decisivi
nell’organizzazione del lavoro di tutti i Ministeri (ricordiamo, una tra tutte, la Circolare AIPA del
2001 indirizzata a tutte le Pubbliche Amministrazioni, "Criteri e strumenti per migliorare
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https://www.agendadigitale.eu/documenti/coppola-perche-la-pa-resiste-al-digitale-ecco-il-bilancio-della-mia-
inchiesta/
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l'accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone disabili"- 6 settembre 2001,
n. AIPA/CR/32
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).
La Legge Stanca, nel 2004, ci fece sognare una Pubblica Amministrazione in cui, nella creazione
degli “strumenti informatici”, non ci sarebbe stato più posto per le distrazioni o per
l’improvvisazione: i suoi 12 articoli sono chiari nelle definizioni, nelle responsabilità amministrative
(dalle fasi contrattuali per la produzione del software alla formazione del personale), nelle
responsabilità di vigilanza. Essa dava spazio persino al riconoscimento dei buoni modelli tangibili,
che fossero di esempio concreto per gli altri. Vi troviamo, infatti, innanzitutto le definizioni
(all’art.2) di accessibilità e di tecnologie assistive (aggettivo quest’ultimo non presente nei
vocabolari, né italiani né inglesi, fino agli anni ’90), che riportiamo di seguito:
a) "accessibilità": la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle
conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni,
anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o
configurazioni particolari;
b) "tecnologie assistive": gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che
permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere
alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici.
Con la legge Stanca del 2004, aveva quindi trovato riconoscimento il diritto all’accessibilità, da
concretizzare con la previsione di decreti specifici, con i quali si sarebbe dato attuazione ai diritti
enunciati nella legge stessa.
Mentre dunque si aspettava fiduciosi, in particolare, il decreto attuativo previsto all’art.10 della
Legge Stanca, nasceva il Codice dell’Amministrazione digitale, il decreto legislativo 7 marzo 2005
n.82, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 16 maggio 2005 n. 112 del -
Supplemento ordinario n. 93, entrato in vigore il 1º gennaio 2006.
Questo corposo intervento legislativo configurava una plausibile strutturazione della Pubblica
amministrazione, con cui sarebbe stato possibile privilegiare la modalità digitale, sia per la
produzione dell’informazione, sia per la comunicazione con i cittadini.
Sembrava veramente che tutto dovesse cambiare nella PA, e che quegli operatori del settore,
interni od esterni, sensibili alla questione della qualità, dovessero smettere di sognare, per
mettersi a lavorare sul serio.
I diritti (allora nuovi) che il CAD definisce, per i cittadini e le imprese, sono: il diritto all’uso delle
tecnologie per i rapporti con la Pubblica Amministrazione (art.3) a livello statale, regionale e
locale; diritto di effettuare qualsiasi pagamento in forma digitale (art.5); diritto all’utilizzo della
posta elettronica certificata con piena validità giuridica (art.6); diritto alla qualità del servizio e alla
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http://www.handylex.org/stato/c060901.shtml