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CAPITOLO II
Democrazia e partecipazione
2.1. Democrazia diretta e partecipazione
nell’antichità
Nel primo capitolo abbiamo visto che
l’accezione più antica di cittadinanza è quella
politica. In base ad essa, essere cittadini
significa partecipare al processo che avrà
come esito una decisione valida per la
collettività.
L’uomo è, in chiave aristotelica, uno zoon
politikon (animale politico) che per natura
vive all’interno della polis svolgendo il suo
compito specifico, ossia partecipando alla
vita dell’organismo comunitario.
Tale visione del polites si ritrova anche nel
discorso Epitafio di Pericle
42
in cui lo statista
elogia Atene e la sua organizzazione
democratica. Il grande uomo politico,
declamando il discorso solenne in ossequio
dei militi ateniesi caduti durante il primo
anno della guerra del Peloponneso
43
, colse
l’occasione per elogiare la democrazia
42
Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 35-40.
43
Guerra che vide scontrarsi tra il 431 e il 404 a.C. la lega peloponnesiaca che aveva in Sparta il suo
centro, e la lega delioattica guidata da Pericle. Il motivo dello scontro fu l’ambizione degli ateniesi di
imporre il loro dominio sui greci.
42
ateniese in quanto fondata su criteri cardine
che la distinguevano rispetto ad altre forme
di governo ad essa coeve.
Il panegirico si sofferma su alcuni aspetti
costitutivi: il principio del merito invece che
quello della nascita e del sangue; la libertà;
l’isonomia, ovvero l’eguale diritto dei
cittadini di partecipare al potere politico
44
; il
rispetto per le leggi e la deferenza nei
confronti dei giudici; la non chiusura verso
gli altri, fra cui gli stranieri; la divisione netta
fra interesse pubblico e faccende private;
l’importanza di partecipare alla vita politica
discutendo liberamente.
Il cittadino viene descritto come colui che
partecipa, discute e prende parola in
assemblea.
“Riuniamo in noi la cura degli affari pubblici
insieme a quella degli affari privati, e se
anche ci dedichiamo ad altre attività,
ugualmente non manca in noi la conoscenza
degli affari pubblici. Siamo i soli, infatti, a
considerare non soltanto ozioso, ma
addirittura inutile chi non se ne interessa, e
noi Ateniesi o giudichiamo o, almeno,
valutiamo in maniera conveniente le varie
44
Per una critica alla traduzione corrente di “isonomia” come “eguaglianza di fronte alla legge”, cfr.
M. Bovero, Contro il governo dei peggiori. Una grammatica della democrazia, Laterza, Roma -Bari
200, pp. 8 e sg.
43
questioni, senza pensare che il fatto di
discutere sia un danno per l’agire, ma che lo
sia piuttosto il non essere informati dalle
discussioni prima di mettersi in azione”
45
.
Emerge che il dibattito è fondamentale per
ricercare un connubio tra azione e pensiero,
indispensabile per giungere a qualsiasi
decisione. L’individuo che qui viene
descritto è un cittadino conscio delle
questioni e pronto a discutere soppesando le
tesi altrui prima di decidere.
Chi si impegna nella deliberazione cerca di
persuadere gli altri della bontà della propria
posizione, ma si espone a sua volta alla
possibilità di essere persuaso dagli argomenti
proposti dagli altri partecipanti. In questo
processo deliberativo le opinioni si
confrontano sulla base di ragioni e possono
modificarsi e precisarsi nel corso della
discussione di modo che i partecipanti
possano cambiare idea nel corso del dibattito.
In un processo di questo tipo, tramite le
argomentazioni, i singoli cittadini
apprendono gli uni dagli altri.
Occorre tenere presente che Atene era una
democrazia diretta, che aveva il suo fulcro
nell’assemblea cittadina (ekklesia). Ad Atene
45
Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 35-40.
44
ci si aspettava che tutti i politai, sia i ricchi
che i poveri, si interessassero alla cosa
pubblica e che le decisioni venissero prese in
seguito a discussioni che interessavano tutta
la collettività.
Norberto Bobbio, pensando alla democrazia
diretta degli antichi, afferma come “parlando
di democrazia essi pensavano a una piazza
oppure ad un’assemblea in cui i cittadini
erano chiamati a prendere essi stessi le
decisioni che li riguardavano”
46
.
In un sistema di democrazia diretta come
quello ateniese, si prevede che per certe
decisioni ci debba essere un certo quorum di
partecipanti all’assemblea ed è per questo
essenziale il senso civico dei cittadini.
Per il cittadino ateniese la democrazia era la
sola forma di governo in grado, di garantire
la libertà. Il suo fondamento valoriale
consisteva nell’ “essere governati e
governare a turno” e nel “vivere ciascuno
come vuole”
47
.
Il primo principio implicava una vivace
partecipazione popolare, finalizzata a
coinvolgere nell’ekklesia, nella boule e nei
46
N. Bobbio, La democrazia dei moderni paragonata a quella degli antichi (e a quella dei posteri),
“Teoria politica”, n. 3, 1987, p. 3.
47
Aristotele, Politica, 6, 1317 a 40.
45
tribunali popolari, il numero massimo di
cittadini
48
.
Il governo del popolo consisteva nella pari
opportunità di parola e nel pari diritto di voto.
La boule (Consiglio dei Cinquecento) era un
organo decisivo della democrazia di Atene in
quanto organizzava, attraverso discussioni
preliminari e successive proposte politiche,
l’agenda e l’ordine del giorno dei dibattiti
assembleari.
La progettazione della boule prevedeva un
annuale ricambio dei suoi componenti
affinché nessuno potesse ricoprire più di due
volte nella vita la carica di buleuta. È
attraverso quest’organo che il cittadino
poteva ottenere le informazioni politiche
necessarie per raggiungere una piena
maturazione politica, tutto ciò non senza
investire un’ingente quantità di tempo.
Bisogna tenere presente che il tempo era una
risorsa scarsa ancor più allora rispetto ad
oggi, infatti gran parte degli abitanti viveva
grazie al lavoro manuale.
Per scongiurare che venissero estromessi
48
Da qui in poi mi riferisco a M. H. Hansen, La democrazia ateniese nel IV secolo a.C., LED Edizioni
Universitarie, Milano, 2003.
46
coloro che non avevano sufficienti risorse,
venne fissata un’indennità per la
partecipazione politica (il misthos).
In un regime isonomico com’era quello di
Atene, nel quale le cariche venivano
distribuite mediante sorteggio, in cui i titolari
di funzioni pubbliche erano tenuti a
rendicontare al termine del loro mandato e
dove tutte le decisioni venivano prese in
comune, era indispensabile la partecipazione
dei cittadini.
I livelli di frequenza all’assemblea dei politai
dovevano essere alti nonostante, come
abbiamo già sottolineato, l’esigenza di
un’ampia fetta della popolazione di
guadagnarsi da vivere col lavoro delle
proprie mani. Su un numero di cittadini
maschi di circa 30 000 unità, ne occorrevano
6000 per ottenere il quorum essenziale per
prendere decisioni importanti fra le quali il
conferimento del diritto di cittadinanza,
l’ostracismo e la tassazione.
Fu in seguito alla guerra del Peloponneso,
successivamente al calo demografico e ai
maggiori impedimenti di partecipare
all’assemblea da parte dei cittadini privati dei
mezzi sufficienti per allontanarsi dal posto di
lavoro, che fu istituita l’indennità. Tale
47
compenso (misthos ekklesiastikos) veniva
distribuito solo ad un certo numero di
cittadini che arrivavano per primi sul luogo
dell’assemblea e solo nelle circostanze in cui
era richiesto il quorum di 6000 votanti.
Tale indennità fu abolita dagli oligarchi
autori dei colpi di stato del 411 e, poi, del 404
di modo che, eliminato questo sussidio,
soltanto i ricchi potessero partecipare.
Pericle definisce i soggetti attivi della
democrazia coloro i quali si impegnano negli
affari comuni, siano essi ricchi o poveri. Egli
enfatizza come il sistema ateniese crei le
condizioni perché anche il povero possa
esercitare le funzioni politiche.
“E per quanto riguarda la povertà, se uno
può fare qualcosa di buono alla città, non ne
è impedito dall’oscurità del suo rango
sociale”
49
.
Il “discorso agli Ateniesi” di Pericle
rappresenta la sintesi dei valori etici e politici
che contraddistinguono la polis di Atene,
giunti all’apice della loro maturazione.
Al culmine della scala dei valori c’era l’aretè,
ossia una fusione tra senso civico e forza,
virtù indispensabile per tutti i cittadini nel
prendere le decisioni.
49
Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 35-40.
48
La collettività era fondata, come sottolinea
Pericle, sulla conoscenza delle questioni
pubbliche le quali divenivano tema di
dibattiti argomentati di fronte all’assemblea
dei cittadini.
“Poiché essa è retta in modo che i diritti utili
spettino non a poche persone, ma alla
maggioranza, essa è chiamata
democrazia”
50
.
In queste parole è condensata l’essenza della
democrazia greca che si contraddistingue
innanzitutto per l’eguaglianza di tutti i
cittadini nella partecipazione alle decisioni
collettive, ma anche per una forma di
“eguaglianza di fronte alla legge”: “di fronte
alle leggi - sostiene infatti il Pericle di
Tucidide - […] a tutti spetta un piano di
parità”
51
.
Qui emerge l’elemento di modernità del
governo democratico greco che colloca al
primo posto la collettività, pur non
rinunciando alla ricchezza rappresentata dal
singolo individuo: “ciascuno è preferito […]
50
Ibid.
51
Ibid.