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CAPITOLO III
SELEZIONE DEL CAMPIONE E METODO DI INDAGINE
3.1. Osservare la comunità: Scampia, il luogo dell’indagine
Prima di passare all’analisi dei dati, è d’obbligo dare una descrizione più ampia del
contesto in cui si è svolta la ricerca. Le informazioni riportate in questo paragrafo sono
state reperite non solo tramite la bibliografia di riferimento riguardante la vita delle
comunità zingare a Napoli - in particolare il rapporto del Comune di Napoli del 2012,
redatto da Saudino e Zoppoli - ma, soprattutto, tramite la partecipazione diretta alle
dinamiche relazionali e l’osservazione delle condizioni di vita in questo campo,
nonché dalle testimonianze reali delle parlanti che hanno costituito il campione di
riferimento per l’analisi linguistica. In una fase pionieristica dell’ indagine, svoltasi tra
il 27 novembre 2015 e l’11 maggio 2016, il ricercatore si è recato periodicamente sul
campo per svolgere attività di insegnamento e alfabetizzazione in L2, presso due
famiglie - una delle quali è stata poi inserita nel campione di ricerca. L’attività ha
consentito al ricercatore di dare allo studio un approccio etnografico, tramite il metodo
d’indagine definito osservazione partecipante che, come spiegano Milroy e Gordon
«entails long-term involvement in a community and is fundamentally a pursuit of local
cultural knowledge. The principal benefits of participant observation are (a) the
amount and the quality of data collected, and (b) the familiarity with community
practices gained by the investigator» (Milroy e Gordon 2006: 68). Attraverso
l’osservazione diretta e la partecipazione alle dinamiche del gruppo è stato possibile
avere un panorama antropologico della comunità indagata e delle pratiche che si
svolgono all’interno di essa. In questa prima fase, lo strumento utilizzato per la
registrazione dei dati è stato il diario di bordo: le attività afferenti alla glottodidattica, i
discorsi affrontati e le esperienze vissute, sono stati registrati in un blocco di appunti,
successivamente sistematizzati e schematizzati in un documento Word. In questa fase
non si è ritenuto opportuno registrare con strumenti audio-visivi per diverse ragioni:
l’obiettivo principale è stato mettere a proprio agio le parlanti e già la natura del
rapporto docente - apprendente avrebbe potuto minare questa spontaneità, provocando
silenzi imbarazzanti e reticenze. Tantomeno si è ritenuto legittimo effettuare
registrazioni occulte per questioni di etica della ricerca. L’esperienza è stata
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particolarmente utile per la ricostruzione dei legami, dei rapporti tra i membri della
comunità e, in generale, della vita quotidiana che si svolge in una realtà così complessa
e chiusa come il campo rom, altrimenti esplorabile solo attraverso la letteratura
etnografica e antropologica di riferimento o tramite le notizie di cronaca giornalistica.
La frequentazione assidua del campo ha reso, inoltre, la presenza del ricercatore
familiare alla comunità e ha consentito la creazione di un rapporto basato sulla
reciproca fiducia, che «helps [ndr] to eliminate any discomfort in participating in a
tape-recorded interwiev» (Milroy e Gordon 2006:69). Per lo stesso criterio, questa fase
ha contribuito a lenire una delle insidie legate all’indagine sociolinguistica che Labov
definisce ob s e r v e r ’ s paradoxe cioè «to observe the way people use language when
they are not being observed» (1972: 61).
Prezioso, infine, per la riuscita di questa prima fase, è stato il contributo dato dalla
mediazione culturale dell’Ass.zione ONLUS Arrevotamoce, che ha consentito al
ricercatore di inserirsi ed essere accolto in un contesto quale il campo rom, altrimenti
di difficile accesso per un estraneo.
L’insediamento abusivo di Scampia sorge a ridosso del ponte autostradale - tra via
Cupa Perillo e via Aldo Moro - nei pressi dell’Isola ecologica dell’ ASIA. Qui
risiedono circa 800 persone, dislocate in cinque insediamenti minori chiamati per
consuetudine: campo dei musulmani, variante destra, variante sinistra, rotonda
centrale e campo delle case rosa - detto anche campo svizzero (Saudino e Zoppoli
2012: 19). In ogni zona sono concentrati gruppi familiari chiusi e coesi, vere e proprie
microcomunità appartate le une rispetto alle altre, che si autodefiniscono
barífamílje(Piasere 1991: 18-21). La testimonianza di quest’abitante delle case rosa
contribuisce alla descrizione delle dinamiche relazionali:
D: [...] no+ ci / conosciamo / se che una / pe+ esempio / che ci conosciamo / che andiamo
fare spesa <aa> / ci contriamo diciamo / <ss> sempre / “Buogiorno... buongiorno” / No+ /
n+ / # possiamo chiedere “Com’è la tua vita?” / come la mia... non ci interessa di questo
fatto// ti diciamo buongiorno / buongiorno / ci prendiamo / un cafè ‘nsieme giù ma ....
niente di più [...]
I: il legami proprio stretti <ii> / con amici sono qui / praticamente...
D: sì siamo tutti qua i<ii> / # in nostro campo
(DAL37, Scampia - case rosa)
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La stessa parlante afferma che nel gruppo di cui ella fa parte si stringono legami
estremamente coesi, in quanto quasi tutti sono imparentati tra loro:
V: <eh!> / la figlia di Lu***** / poi c’è Mal*** <aa> / sempre cugine di mio marito
I: ma siete tutti parenti?
D: [...] sì / siamo tutta una / famiglia // c’è la mamma <aa> / con tutte le figli qua / intorno
// diciamo la / nonna / più / più anziana / questa la figlia / quela la figlia <aa> / quella la
figlia <aa> / quelo è il figlio... siamo tutti / cu+ / # cugini / qua ! [...]
(DAL37 e VER50, Scampia - case rosa)
Il campo è sorto nei primi anni ‘80: la prima comunità, costituita da bosniaci
musulmani, si insediò nelle immediate vicinanze della scuola elementare. Nel corso
degli anni le presenze sono aumentate, in particolare a seguito della guerra che ha
portato alla dissoluzione della Jugoslavia, accogliendo rifugiati da Serbia, Bosnia e
Macedonia. Attualmente si contano anche esigue minoranze di rom bulgari, rumeni e
italiani. Ovviamente il numero di abitanti è variabile, giacché molti di loro viaggiano
per lavoro o per raggiungere i familiari in altre parti d’Italia o anche nel paese
d’origine. Anche qui il fenomeno del nomadismo è estremamente limitato, le presenze
sono tutte pressoché stanziali, arrivate alla seconda generazione e, talvolta terza, come
racconta LUB54:
I: e quindi da quanto tempo sei qui ?
L: devoti dire la verità / sono oltre quarant’anni... [...] posso dire diventata taliana / non
slava
I: vero // ti sei sposata qui / quindi ?
L: ma certo // ho sposata qui / mio marito conosciuto qui <ii> / fatto bambini qui / e
nipotini qui... spero <oo> / cinque sei anni diventare bisnonna ! [ride]
(LUB54, Scampia - case rosa)
Chi ha avuto necessità di viaggiare, lo ha fatto prevalentemente per cercare condizioni
di vita migliori o per sfuggire agli sgomberi delle forze dell’ordine:
D: viviamo qua da venticinque anni / Scampia / siamo rimasti qua e non c’era campo /
emo fatto noi
I: le case <ee> / le avete costruite voi ?
D: tutto da mani <ii> / di nostri papà // nostri genitori hanno costruito hanno... fatto
V: meno male che qua <aa> / # ci siam fermati qua / questo campo / bambini sono
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cresciuti qua / prima / quando non c’erano questi bambini / ci spostavamo ogni <ii> /
diecci / quindici giorni campo da campo / +n altro campo / un altro campo... ci mandavano
via le forze... via via via
(VER54 e DAL37, Scampia-case rosa)
Nonostante il campo di Scampia sorga abusivamente su un suolo demaniale,
l’amministrazione ne tollera l’esistenza
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, consentendo ai suoi abitanti - che altrimenti
non avrebbero fissa dimora - di ristrutturare e rendere vivibili e a misura d’uomo le
proprie abitazioni. Le aree di più longevo insediamento, infatti, sono formate da
baracche autocostruite, in muratura o prefabbricate, dotate di patio esterno, giardino e
area per l’allevamento degli animali - soprattutto pollame. Anche le baracche più
organizzate non hanno quasi mai il bagno interno. Talvolta, all’esterno delle abitazioni
è presente un wc in muratura dotato di scarico fognario, ma chi non ha questa fortuna
usufruisce di latrine con scarico non legato alle fognature e che, quindi, sversano
direttamente in strada. Recentemente, grazie alla collaborazione tra le associazioni di
volontariato e la scuola elementare che sorge a ridosso del campo si è riusciti a dotare
il posto dell’allaccio idrico, anche se non tutte le baracche ricevono l’acqua corrente.
Chi è più organizzato riesce ad avere l’acqua in casa, in altri casi le persone
usufruiscono di lavatoi e fontane all’ aperto, mentre chi è più sfortunato non ha
nemmeno questa possibilità. Il disagio di vivere senza acqua è ben espresso in questa
testimonianza:
Z: vedi adeso io non c’ho acqua qua... loro tutti [riferendosi ai suoi vicini] c’hanno acqua
/ la fontanela/ io non c’ho // loro non mi fanno prendere neanche l’acqua // dice “no no !”
/ tu <uu> ti deve mettere la fontanela / tu non puoi venire riempire l’acqua qua / le co+ / #
tipo come adesso / adesso c’è mio marito che mi aiuta / ma prima non mi aiutava nessuno
a campo e io ogni tanto mi dovevo andare a trasferire a Roma / vicino a mamma mia // [...]
poi ho parlato con padre Dario e mi hanno costretto [costruito] questa baracca / hanno
fatto queste cose... / ora si deve finire poi / non è / [...] ancora non è finito qua / perché qua
si dovrebbe mettere ancora <aa> / si deve mettere <ee> acqua <aa> / si deve fare bagno /
una doccia e tutte cos+ // e <ee> / per questo motivo i bambini non hanno avuto un
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Purtroppo, fatti di cronaca recenti, accennati in § 1.4., hanno reso indispensabile lo sgombero del campo,
operazione avviata a partire dall’ 11 settembre 2017.
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regolamento di <ii>.... scuola
(ZVIK45, Scampia-variante destra)
La mancanza d’acqua è avvertita come forte disagio da tutti gli abitanti del campo. La
preside del plesso scolastico di Scampia ha messo a disposizione delle docce
all’interno della scuola, di cui possono servirsi i bambini rom. È una misura che, oltre
ad evitare problemi igienici, mira anche a minimizzare la dispersione scolastica. Infatti,
molte mamme rom provano vergogna a mandare a scuola i propri figli in condizioni
igieniche inadeguate e quindi, quando non hanno possibilità di lavarsi, i bambini
restano a casa:
D: n+.../ no+ / # no+ si occupa per niente / il comune / anche quanto li chiamiamo per
buttare la mondizia / perché bambini vanno a scola / e a volte ti chiuna [chiudono] pure
l’acqua... e i bambini devano andère a scola / si devano lavarsi / no possiamo mandarsi
<ii>... Va be’ possono fare doccia <aa> / due giorni ma / terzo quarto giorno ci vuole
doccia
(DAL37, Scampia-case rosa)
In questa dichiarazione si riesce anche a percepire l’ostilità che è nutrita nei confronti
dell’amministrazione comunale, colpevole di abbandonare i rom alla loro sorte.
Anche l’elettricità non è fornita dal comune e tutte le iniziative messe in atto per dotare
il campo di corrente elettrica sono decadute, giacché le aziende sostengono di non
poter offrire servizi in zone occupate abusivamente. I rom considerano
l’amministrazione comunale colpevole di non aver mai avviato un processo di
riconoscimento legale del campo.
Quest’ultimo, in definitiva, è il nodo di scontro principale tra la comunità e le
amministrazioni che si sono susseguite al governo: senza messa in sicurezza e
legalizzazione dell’insediamento, i rom che vi abitano non possono ricevere nessun
servizio, se non fornito per via bonaria da privati cittadini o tramite i provvedimenti
assistenzialisti delle ONLUS attive sul territorio. Questo fattore incide, ovviamente,
sulla qualità della vita e sulle condizioni ambientali: le strade non ricevono la
manutenzione ordinaria, la zona non è servita da mezzi pubblici, non è previsto né
assicurato il ritiro dei rifiuti, che periodicamente vengono dati alle fiamme, mettendo a
rischio l’incolumità dei propri abitanti:
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Z: [...] perché là c’era tanta mondizia / no ? / de mondizia / # hanno acceso la mondizia e
s’è cominciato accendere anche la baracca / vedi là... [indicando di fronte a noi ] dove
c’è... / # e abbiamo chiamato vigili del fuoco <oo> / hanno spento mo / a <aa> / # ancora
non è finito qua
(ZVIK45, Scampia-variante destra)
Tutti questi disagi contribuiscono ad isolare la comunità rispetto al resto del quartiere e
a inasprire il conflitto:
R. Ti dico una cosa / tutti hanno diritti / ma i Rom non hanno nessun diritto // quando
viene il diritto dei Rom... <ah!> / non c’è più / quello è abolito
(ROM19, Scampia-variante sinistra)
Il problema della residenza comporta, inoltre, difficoltà e ritardi nell’ottenimento del
permesso di soggiorno per chi proviene da paesi extracomunitari, documento
indispensabile per l’ottenimento di un lavoro non in nero. Ulteriore ostacolo alla
ricerca di occupazione sta per coloro che hanno condizione giuridica di apolidi. Questa
donna, nata poco prima delle Guerre balcaniche, non può attestare la propria
cittadinanza, e quindi risulta figlia di nessuno stato. Di seguito riportiamo le sue
dichiarazioni rispetto alle problematiche legate alla ricerca del lavoro:
I: ma quindi non la+ # non hai un / # nel senso / non lavori fisso ?
S: no io nun c’ho il # non c’ho un contratto / non c’ho un contratto / e quindi <ii>...
I: a chiamata...
S: <ah!> quando hanno bisogno / quando ce+ / # però<òò> ... non si lavora così //no !
perchè ... <mm> no mi puoi / chiamare quando tu c’hai bisogno di me / ecco / è che io mi
aspetto su di te<ee>... cosa faccio coi miei figli ? cosa li do a mangiare ? / io n# li devo
mantenere io ! / la scola<aa> / il mangiare / cosa facio ?
I: hai mai provato a cercare qualcos’ altro ?
S: sì / sì / ma io provato però <òò> ... c’è / il fatto che io sono in attesa di / apolidia no? E
quindi cercano subito do+ / qualche documento <oo>
I: sei apolide... / apolidia / in che senso ?
S: ‘n che senso che <ee> io n+ <ëë> non sono di origine serba / lì / disciamo / # perchè io
sono nata qua // e quindi io non c’ho cittadinanza serba // e quindi qua <aa>... mi
dovevano dare no ? // la cittadinanza / invece loro no+ me la vogliono dare ma si io non
sono nata là / e so+ / # no sono cittadina serba.... no dare / però niente
(SAN30, Scampia - case rosa)
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I tassi di disoccupazione e dispersione scolastica - in linea con la situazione nazionale
- sono altissimi ed è, quindi, anche molto elevato il livello di microcriminalità. Ciò che
ho potuto percepire, da osservatore partecipante, è che il carcere viene messo in conto
come un’opzione altamente plausibile, anche da coloro i quali si ritengono al di fuori
dei contesti di delinquenza
2
.
Scampia è un quartiere nel quale sono molto attive associazioni, cooperative e O.N.G.
che svolgono opera di riqualificazione sociale e ambientale del territorio. Alcune di
queste si occupano prevalentemente delle condizioni dei rom come l’associazione
Arrevotammoce, che offre corsi di recupero scolastico a ragazzi e adulti, finalizzati
principalmente al raggiungimento della prima alfabetizzazione. Chi continua con lo
studio può conseguire il diploma di scuola media inferiore, al termine del quale in
molti vengono incanalati in percorsi di specializzazione professionale per facilitarne
l’inserimento nel mondo del lavoro. Altro esempio di questo genere è l’O.N.G. Chi
Rom e chi no... che, nel 2011, ha dato vita alla cooperativa La Kumpania Impresa
Sociale, inaugurando il ristorante italo-romanìChikù, nel quale attualmente lavorano a
stretto contatto donne rom e italiane in un «percorso di emancipazione sociale contro
le discriminazioni etniche e di genere» (www.chiromechino.blogspot.it). Chi non è
inserito in progetti sociali di questo genere o è disoccupato o svolge altri lavori, tra i
cui più diffusi troviamo la vendita ambulante e l’impiego in imprese di pulizia. A volte
troviamo chi, a seconda dei periodi dell’anno, si cimenta in tipologie differenti di
lavoro. Questa donna, infatti, durante l’inverno lavora come domestica per un privato
ma in estate compra merce negli ingrossi cinesi e, insieme con i suoi parenti, rivende
sulle spiagge del litorale napoletano:
V: Ci arangiamo po’...
D: Un po’ si vende / un po’ di cose <ee> // si comprano cose / da Nappoli / da le cinesi /
addo’ c’è mare / si vende costumi / queste cose qua [...] costumi da bagno
I: comprate dai cinesi / e poi li rivendete <ee>
2
In una delle mie visite al campo sono stata invitata ad assistere ai preparativi di una festa, organizzata in
occasione della scarcerazione di un membro della comunità. Le donne che mi ospitavano mi hanno
presentata ai loro parenti, intenti a montare un girarrosto sul quale avrebbero arrostito il maiale, intorno
al quale avrebbero suonato e ballato tutta la sera. Quando ho chiesto notizie sulla festa, mi è stata posta
l’attenzione proprio sul maiale, nucleo centrale della cerimonia, trattato come simbolo di abbondanza.
In quel momento ho avuto la sensazione che la festa fosse anche un rito.
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D: <ah!> / si vende... // a mare / a l’estate / tutta la estate facciamo... questo
V: le sedie di legno<oo> / i tavoli
I: sulla spiaggia ?
D: sulla spiagia<aa> [ride] una pratica lunga !
V: lo sai come ? / si compra a ingrosso <ëë> poi<ii>...
D: compriamo in / ingrosso poi<ii> / ci metti lei / # andiamo io / lei / il nonno / il
nonna<aa>[...] lungomare di Napoli<ii> / pure qua a<aa>/ Lago Patria / oppure andiamo a
Ischia<aa>/ cu la nave [...] va be’ / fai<ii> / ci+ /cinquanta euro di<ii>/ costumi / c’è sopra
/ guadagni qualche euro
(DAL37 e VER50, Scampia - case rosa)
Non è raro che, per vivere, si chiedano elemosina, pratica tradizionalmente legata alla
cultura zingara, chiamata manghél, anche se ormai persistente solo nei gruppi più
poveri (Burgio 2015: 59).
Cupa Perillo è una comunità chiusa agli estranei. I soli gagè
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a frequentare
abitualmente il campo sono preti e volontari che danno assistenza e supporto alle
famiglie bisognose. La direzione dei rapporti è, quindi, tendenzialmente unilaterale,
sono i rom a spostarsi verso la città: l’area di insediamento è priva di servizi per cui
non c’è ragione che spinga un non rom verso via Cupa Perillo, se non la scuola
elementare, le cui classi però si sono più che dimezzate negli ultimi anni
4
.
Il fattore emarginazione non sembra preoccupare molto i membri di questa comunità
che, almeno nelle dichiarazioni, si ritengono integrati, ignorando e minimizzando i
fenomeni di razzismo subiti:
I: a scuola andavi d’accordo<oo> con tutti ?
SA: con tutti / sì ! non è che facevano<oo> / sì ci sèvvano [stavano] dei bambini ma
però<òò> / la maestra urlava / e non facevano più
I: cioè ti prendevano in giro come rom ?
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Per la definizione della parola, citiamo testualmente da Piasere (2004: 27 ): «il termine gaģó ( gáģ oo gaź ó),
femminile gaģ í, plurale maschile e femminile gaģ é. In anglo-romanès è diventato gorgio, mentre i gitani usano un
termine di derivazione spagnola, payo[...]. La dimensione romaní risulterebbe qui illuminata per opposizione: i
gagé sono l’espressione dell’alterità che le singole comunità rom hanno costruito nel tempo, l’espressione del non
essere rom o meglio, del non appartenere alla dimensione romaní. I gagè sono gli “altri” per definizione. Il termine
non corrisponde sempre perfettamente ai “non zingari”, poiché i gruppi non parlanti romanès possono essere
classificati come zingari dai non zingari [...] ma sono contemporaneamente definiti gagé dai rom o dai sinti».
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Il piano superiore della scuola è totalmente disabitato, eccetto alcune aule che vengono utilizzate dall’
ass.zioneArrevotammoce per le classi di recupero scolastico dei rom.