introduzione
2
Dalla nascita della cultura di massa fino all’odierna societ dell’informazione la conoscenza
diffusa della grande citt , dei suoi modi di vita e della sua architettura, Ł stata determinata
dalla crescente pervasivit dell’immagine tele-visiva, con l’aggettivo qui inteso nel suo
significato etimologico di visto a distanza . Il ruolo della vista quale strumento principe
deputato all’esperire ha determinato inoltre nuove modalit non solo di consumo delle
informazioni, ma anche di fruizione/percezione stessa dello spazio
2
. D’altronde Fabia
Begliomini, in rapporto all’importanza fondamentale della funzione visiva nella conoscenza
del mondo esterno, ricorda che il termine idea che sembra cos strettamente riferito al
pensiero astratto Ø connesso alla radice id del vedere (ε
ι δ
ο ν aoristo di ορ α ω )
3
.
Indagare sull’immaginario collettivo legato alla metropoli significa allora indagare
principalmente sull’immagine della citt cos come essa viene oggi offerta dai mezzi di
comunicazione.
La dimensione della citt per , come s’Ø detto, trascende quella fisica del "costruito". La
citt Ł anche e soprattutto un luogo/sistema di relazioni sociali e rapporti economici, di
espressioni culturali e pratiche simboliche. Per questo, come nota Marisa Galbiati, "(...) la
citt pu essere presente nelle immagini sul piano analogico e simbolico anche laddove essa
non Ł rappresentata nella sua struttura formale e topologica."
4
Spesso, anzi, come ad
esempio ha evidenziato Leonardo Benevolo a proposito della pittura degli impressionisti,
essa Ł sfondo, muta pietra di paragone, persino nella sua paradigmatica assenza
5
.
Non Ł lecito, inoltre, confondere l’immagine con la realt cui essa fa riferimento: l’immagine
Ł sempre interpretazione, trascrizione o trascodificazione di un referente presunto esterno
ad essa, sia esso reale o virtuale. La rielaborazione delle immagini visive nello scenario
2
Cfr. Luciano Testa (a cura di), La costruzione del desiderio, Citt Studi, Milano, 1996
3
Cfr. Fabia Begliomini, Sull’immaginarie e il reale della cittÆ, Joshua, Sestri Levante, 1996, p. 49.
4
Cfr. Marisa Galbiati, Proiezioni urbane. La realt dell’immaginario , in Marisa Galbiati (a cura di),
Proiezioni urbane. La realt dell’immaginario , Tranchida, Milano, 1989, p. 31.
5
"Perci la pittura di Corot e di Turner Ł una specie di rovescio delle descrizioni di Dickens; non sono
neutrali di fronte a quel che rappresentano, ma prendono partito, con passione, per la campagna, gli alberi,
le nuvole, e le rocce. La ricerca di ambienti esotici in Delacroix, o di ambienti vicini ma inconsueti, come i
paesaggi alpini, sono certamente connessi con il rifiuto dell’ambiente urbano trasformato dall’industria."
Cfr. Leonardo Benevolo, Storia dell’architettura moderna, p. 218.
introduzione
3
interiore della mente acquista infatti necessariamente un carattere derealistico, caricandosi di
elucubrazioni fantastiche non sempre consapevoli. Nel momento poi in cui l’immaginazione
si articola in un processo creativo che produce immagini, essa diviene spesso critica di una
realt inadeguata e inappagante, e conseguente proposta di mondi e realt diversi. In altre
parole essa si fa inconsapevolmente ed implicitamente progetto.
Attraverso i media, l’immagine assorta a segno, a icona, partecipa di un linguaggio, e
poichŁ tutti i linguaggi sono collettivi (non ci sarebbe altrimenti comprensione reciproca nØ
tanto meno comunicazione) essa diventa effettivamente il tramite tra le strutture oniriche del
corpo collettivo e la realt . Il ruolo dei mezzi di comunicazione che veicolano tali messaggi
visivi non Ł quindi solo meramente rappresentativo della realt , bens anche costitutivo della
stessa realt , del suo senso. In particolare, per quanto attiene la percezione spazio-
territoriale, il rapporto tra il vissuto metropolitano e la sua rappresentazione audiovisiva si
inscrive in una dinamica circolare in cui spazi "reali" e spazi "mentali" si influenzano
reciprocamente.
Risalire a questo rapporto interpretandone gli aspetti, gli indizi, presenti nei processi
comunicativi significa riconoscere il contributo che arti figurative esterne alle discipline
dell’architettura e dell’urbanistica possono offrire a coloro che direttamente trattano la
"materia" dello spazio. Tale studio deve necessariamente tenere conto delle caratteristiche
del medium che convoglia l’informazione, in quanto una lettura interpretativa di ci che sta
dietro l’immagine non pu prescindere dalla conoscenza degli specifici codici sintattici
utilizzati nella comunicazione visiva.
A causa della crescente diffusione delle tecnologie digitali, nonchŁ dell’ingerenza del
medium televisivo e cinematografico nel quotidiano, l’attenzione si Ł finora concentrata
sull’immagine (impropriamente detta) in movimento
6
. La presenza di una vasta letteratura
6
La dimensione cinetica dell’immagine analogica (film) o digitale (televisione, computer) si riduce in realt
alla sensazione del movimento data da una rapida successione di immagini statiche che i limiti fisiologici
dell’occhio umano fanno percepire come un continuo.
introduzione
4
sull’argomento ha favorito in particolare l’indagine sui rapporti tra citt e testo filmico
7
.
L’oggetto di questo lavoro Ł invece l’immagine in sequenza
8
.
L’eredit di quella che Will Eisner definisce sequential art
9
, procedimento narrativo per
immagini che data assai indietro nella storia
10
, Ł stata raccolta nel XX secolo dal medium
fumetto. E’ opinione ormai ampiamente condivisa che le potenzialit espressive del fumetto
non abbiano potuto svilupparsi appieno a causa dei pregiudizi di cui esso Ł stato fatto
ripetutamente oggetto. Ci non ha comunque impedito al sociologo canadese Marshall
McLuhan di definire il fumetto, al pari della televisione, un medium cool
11
, caratterizzato
cioŁ da un elevato grado di interazione con i suoi fruitori, i quali sono in grado di assumerne
facilmente il linguaggio, lasciandosi coinvolgere in veste di coautori e partecipanti
12
.
Sebbene il fumetto nel mondo occidentale abbia cessato di essere un autentico mass-
medium intorno agli anni Cinquanta, gli sono rimaste in larga parte proprie molte di quelle
caratteristiche tipiche dei prodotti dell’industria culturale che Edgar Morin ha illustrato in un
famoso saggio sulla cultura di massa scritto nel 1962
13
. I fumetti restano un prodotto
commerciabile indirizzato ad un vasto consumo, obbediente alle leggi del mercato,
strutturato secondo un rapporto specifico tra autore e pubblico che ha toccato recentemente
il punto forse piø alto della contraddizione dinamica invenzione-standardizzazione
14
. La
tendenza all’omogeneizzazione e al sincretismo trova forme nuove di differenziazione
quanti/qualitativa con la globalizzazione del mercato e la pervasivit delle nuove tecnologie
di telecomunicazione che veicolano le informazioni. Lo spettatore tele-visionario, uomo
7
Si vedano i testi sull’argomento riportati in bibliografia.
8
O, meglio, la sequenza di immagini sequenziali, che Ł immagine essa stessa. Su tali concetti fondamentali
si avr modo di tornare in seguito.
9
Cfr. Will Eisner, Comics & Sequential Art, Poorhouse Press, Tamarac, 1985.
10
Antenati "illustri" dei fumetti, ad esempio, sono stati di volta in volta indicati: la Biblia Pauperum,
l’arazzo di Bayeux, la Colonna Traiana, nonchŁ (a torto) i geroglifici.
11
McLuhan divide i mass-media in due categorie, hot e cool (caldi e freddi, nella traduzione italiana),
utilizzando quale criterio di distinzione la rispettivamente maggiore o minore quantit di informazioni, piø
o meno dettagliate, che essi forniscono. I media cool, in particolare, ottengono un coinvolgimento maggiore
da parte del pubblico, che Ł obbligato a supplire con il proprio contributo al basso numero di informazioni
fornite per completare la comunicazione dando ad essa senso compiuto.
12
Cfr. Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1967.
13
Cfr. Edgar Morin, L’industria culturale. Saggio sulla cultura di massa, il Mulino, Bologna, 1963.
14
Si pu al riguardo citare l esperienza della Image Comics, una casa editrice americana indipendente il
successo dei cui prodotti Ł piø legato al nome degli autori dei singoli albi che non alla qualit degli stessi;
una qualit quasi sempre elevata sotto il profilo grafico (ma con notevoli eccezioni), e generalmente assai
scarsa sotto il profilo narrativo.
introduzione
5
"medio" e "universale" al tempo stesso, non piø "massa" ma comunque "utente", resta
sempre "(...)l’uomo immaginario il quale dovunque reagisce alle immagini attraverso
l’identificazione e la proiezione"
15
. Il principio di "comun denominatore", di "anthropos
universale"
16
si arricchisce forse in questo modo di piø profondi significati.
Da sempre aperto alla contaminazione da/con/verso altri linguaggi, il fumetto dunque
partecipa al pari di altri mass-media a strutturare il rapporto dell’uomo con l’immaginario, il
sistema proiettivo antagonista e complementare di ci che consideriamo reale, godendo anzi
di una posizione per cos dire "inter-media" all’interno del sistema complessivo. Gino
Frezza, commentando una raccolta di saggi di Antonio Faeti
17
, sottolinea infatti "la
produttiva capacit dei fumetti di situarsi in un campo intermedio, in una linea mediana dei
sistemi e delle pratiche della comunicazione letteraria, dell’illustrazione e del disegno, del
cinema e della televisione, dei nuovi linguaggi informatici. Questa linea mediana Ł il campo
di una ripresa e rigenerazione originali, costantemente nutrite delle acquisizioni degli altri
media dell’immagine e del suono. (...) la posizione mediana non Ł confusione o valore in
meno, bens capacit di scavo, di recupero dell’immaginario e della cultura per un dialogo
che ha una stretta vicinanza con l’esistenza, storica e ambientale, di diverse generazioni."
18
L’indagine sulla citt attraverso la sua rappresentazione nel fumetto pu allora beneficiare
dei vantaggi offerti dalla duplice povert (di informazioni e tecnologica) di questo medium.
Da un lato, infatti, la povert di informazioni, inducendo come notava McLuhan un alto
livello partecipazionale, individua nel fumetto un campo di studio dei fenomeni sociali
particolarmente appropriato. Dall’altro, la povert tecnologica, in realt solo supposta
19
,
15
Edgar Morin, cit., p. 38
16
Ibidem.
17
Antonio Faeti, La freccia di Ulceda. Di fumetti e altro, Comic Art, Roma, 1990.
18
Cfr. Gino Frezza, Il cartaceo simbolo dell’immaginario, in AA. VV., Gulp! 100 anni a fumetti. Un secolo
di disegni, avventure, fantasia, Electa, Milano, 1996, p. 26.
19
"Povert " dovrebbe essere qui intesa nel senso di "bassi costi". Se infatti la realizzazione di un fumetto
richiede basilarmente pochi materiali assai comuni e relativamente economici (carta, matite, pennelli, ecc.),
per una resa qualitativamente ottimale del prodotto finale vengono attualmente utilizzate tecnologie
tipografiche sempre piø avanzate. I costi totali e i tempi tecnici connessi alla realizzazione di un fumetto
restano comunque praticamente nulli se paragonati a quelli del cinema e della televisione.
introduzione
6
facilitando l’innovazione e la sperimentazione o perlomeno non ostacolandole, rende
potenzialmente il fumetto un osservatorio privilegiato
20
sui continui mutamenti del reale.
A questo proposito Alberto Abruzzese nota che "(...) [l’]esito catastrofico delle forme
metropolitane dell’identit plurima e dello straniero Ł stato percepito ed esposto in anticipo
dal fumetto. (...) Sicuramente in anticipo rispetto alla cultura della stampa e della TV.
Sicuramente in parallelo come presentificazione del mondo, come infanzia e senilit
diffuse."
21
Guardare al fumetto in quest’ottica transdisciplinare non deve in ogni caso sorprendere.
"Quelle del fumetto sono radici che affondano nell’esperienza della citt . La citt Ł fatta di
politica e mercato. Socializzazione del potere e socializzazione delle merci. Spaziatura del
desiderio: il cielo in terra. Intersezioni tra individuo e collettivit , dentro e fuori, ordine e
trivio. Conflitti e sostanze che nel fumetto si fanno forme visibili dotate di un loro prestigio
popolare ma anche di un loro segreto comune con lo sviluppo complessivo dell’arte
moderna."
22
Le citt dei fumetti, tuttavia, debbono essere esaminate utilizzando categorie metaforiche
piø che storiche o anche semplicemente estetiche. In esse, infatti, la realt urbana subisce
una trasfigurazione: quella resa per immagini Ł una verit interna, di cui la citt reale diviene
al massimo un referente. Il fumetto dopotutto non descrive il mondo; il fumetto segna il
nostro rapporto con esso.
Inoltre, sebbene l’analisi qui proposta abbia come oggetto l’immagine, essa non pu
comunque prescindere da considerazioni relative ai numerosi fattori che condizionano il
processo comunicativo. "Difatti (...) il fumetto non Ł solo espressione figurale-narrativa, ma
20
"La storia del fumetto Ł la storia di un linguaggio solo apparentemente semplice e difficilmente
identificabile in un’unica cornice estetica o tecnologica. Forse la sua caratteristica fondamentale Ł stata
quella di fornire alle strategie della comunicazione il piø duttile e il piø praticabile laboratorio espressivo
della societ di massa. Lo spazio del fumetto Ł stato il luogo in cui l’immaginazione ha continuato a
lavorare manualmente e proprio grazie a questa simultanea fusione tra corpo e testo ha assorbito, integrato,
contaminato ogni altro linguaggio sino a costituire un fondamentale dispositivo per la sperimentazione dei
modi di produzione del senso nella cultura tardomoderna." Cfr. Alberto Abruzzese, Bauhaus Killer, ovvero
l’infinita ambiguit del fumetto , in AA. VV., Gulp! 100 anni a fumetti. Un secolo di disegni, avventure,
fantasia, Electa, Milano, 1996, p. 38.
21
Alberto Abruzzese, cit., pp. 37-38.
22
Alberto Abruzzese, cit., p. 39.
introduzione
7
tecnica, mercato, editoria, fissazione dinamica cartacea, visibile, di un immaginario
altrimenti invisibile. Esso vive su un intreccio di enorme complessit che riguarda l’essere
umano a met tra il culturale, il tecnologico, l’industriale e l’esistenziale."
23
Entrando nello specifico e anticipando in parte argomenti che verranno trattati
approfonditamente nei capitoli seguenti, nei fumetti lo spazio urbano reale o immaginario
viene letto ed interpretato dal cartoonist attraverso un meccanismo di scomposizione,
selezione e successiva ri/composizione semica al fine di darne un’immagine soprattutto
credibile, piø che semplificata, al lettore
24
. E’ con questa irrinunciabile credibilit che la
selezione/semplificazione operata dall’autore, anche e soprattutto in presenza di stilemi e
condizionamenti editoriali, deve infine confrontarsi.
In questo meccanismo, che nel fumetto piø che negli altri media acquista un peso
determinante, risiedono le ragioni dell’interesse che un linguaggio cos variegato riveste per
l’indagine sullo spazio e sui fenomeni urbani. Per le sue valenze piø strettamente
psicologiche che astrattamente spaziali. Per il situarsi dei fumetti in una zona intermedia tra
mondi analogici e virtuali, tra rappresentazione realistica e onirica di una realt im/possibile.
23
Gino Frezza, cit., p. 27.
24
Nel fumetto, proprio per questo arte invisibile secondo la definizione di Scott McCloud, quanto
rappresentato Ł importante al pari di quanto non lo Ł.
visioni dell urbano: la metropoli nel fumetto
9
capitolo primo
fumetto e metropoli
Il 16 febbraio 1896, sulle pagine del supplemento domenicale del New York World di Joseph
Pulitzer, nacque ufficialmente
25
Yellow Kid e con esso, convenzionalmente
26
, il fumetto
moderno.
L’editore americano di origine ungherese, mutuando una formula sperimentata in
precedenza da un altro quotidiano, il New York Recorder, aveva cominciato gi dal 1893 ad
allegare al suo giornale, con l’intento di aumentarne la diffusione
27
, un supplemento
domenicale a colori. In realt Pulitzer non voleva semplicemente incrementare il numero dei
suoi lettori, ma ampliarne la base, conquistando un pubblico appartenente ad ogni classe
sociale della citt . Era la vendita degli spazi pubblicitari agli inserzionisti infatti ad alzare i
profitti, non le vendite del giornale in sØ, e cos facendo, coprendo cioŁ i vari settori del
mercato, egli intendeva assicurarsi quote crescenti di pubblicit .
25
A partire dal 7 luglio 1895, con The Day After "The Glorious Fourth" Down In Hogan’s Alley, furono
pubblicate sul supplemento domenicale del World delle tavole illustrate che narravano episodi di vita
collettiva ambientati nel quartiere proletario di Hogan’s Alley a New York. Protagonista assoluto di queste
storie, disegnate da Richard Felton Outcault, divenne a poco a poco un bambino terribile perennemente
vestito di una lunga camicia da notte, la quale, nell’episodio del 16 febbraio 1896, intitolato The Great Dog
Show In M’Googan Avenue, venne per la prima volta colorata di giallo come prova tecnica per la rotativa
Hoe a quattro colori acquistata dal giornale nel 1893. PoichŁ questo personaggio, chiamato in seguito
Yellow Kid, deve il suo nome proprio al colore giallo del camicione che indossa, la data del 16 febbraio
1896 pu essere considerata a tutti gli effetti la sua nascita ufficiale, sebbene l’autore lavorasse gi da tempo
ad una precisa fisionomia di infante calvo e orecchiuto, come testimoniato da un disegno intitolato Fun In
The Big Bath Tub At New York Juvenile Asylum (sottotitolo: Bathing One Hundred Boys At A Time Under
The Shower Bath) pubblicato a mezza pagina il 2 giugno 1895 sempre nella copia domenicale del giornale
di Pulitzer. Nella tavola del 16 febbraio 1896, inoltre, compare per la prima volta un baloon (trasparente)
che racchiude le parole "Sic em towser!" pronunciate da un pappagallo; fino a quel momento, le uniche frasi
di commento ai disegni, le sole a scandirne la dimensione temporale e a indicarne il senso di lettura, erano
state le scritte sui muri, sui cartelli, sulle insegne e sulla camicia stessa del piccolo protagonista.
26
Rintracciare precursori o antenati illustri del fumetto Ł scopo che esula da questo lavoro. Comunque si
pu concordare con Roman Gubern che "(...) i fumetti, pur essendo sintesi e perfezionamento di
procedimenti narrativi anteriori, figurativi o figurativo-letterari (...), acquisirono fin dalla loro nascita
un’entit ed una autonomia estetica peculiari grazie al veicolo dell’industria giornalistica, cosa che li
distingue qualitativamente dagli antecedenti storici (...)." Cfr. Roman Gubern, Il linguaggio dei comics,
Milano Libri, Milano, 1975, p. 13.
27
Le copie vendute del New York World passarono, a seguito dell’istituzione del supplemento domenicale,
dalle 226.000 del 1893 alle 450.000 della fine del 1895.
capitolo primo: fumetto e metropoli
10
Tuttavia solo con la proposta delle tavole a colori illustrate da Richard Felton Outcault
28
,
assunto nel 1894, tavole che narravano le avventure picaresche del sottoproletariato urbano
di Hogan’s Alley e che avevano come protagonista principale il famigerato "bambino giallo",
appunto, Pulitzer ottenne il successo voluto
29
. Secondo William R. Taylor, "la chiave di
questo successo stava probabilmente nella creazione di un personaggio che era prima di
tutto ’prismatico’ da un punto di vista sociale, un personaggio che poteva essere comico per
lettori che guardavano ad esso da diverse prospettive. C’erano diversi modi di interpretare la
satira delle convenzioni della piccola borghesia, le peculiarit dei diversi gruppi etnici o le
burle feroci fatte agli adulti."
30
Inoltre "ogni figura conteneva sia disegni che facevano ridere
da sØ, sia battute puramente verbali, soddisfacendo in questo modo diversi livelli di
dimestichezza con la parola stampata in inglese e l’eventuale preferenza per le figure."
31
Ma
forse ci che maggiormente attraeva i lettori era il soggetto ricorrente di questi brevi quadri,
cioŁ la rappresentazione di una vita cittadina movimentata e caleidoscopica che per la
maggior parte di loro rappresentava una novit .
New York stava sperimentando infatti in quegli anni una forte immigrazione, e
contemporaneamente subiva uno sviluppo urbano legato quasi esclusivamente alla crescita
delle attivit commerciali e di intrattenimento. Il fascino esercitato da una citt le cui strade
"funzionavano come vetrina e come show"
32
Ł chiaramente leggibile nella rappresentazione
degli spazi pubblici in cui con grande libert ed entusiasmo si muovevano i piccoli
protagonisti dei primi fumetti.
Curiosamente, infatti, i personaggi principali di questi fumetti erano tutti bambini. Sarebbe
sbagliato interpretare questa particolarit legando l’origine del fumetto alla letteratura per
l’infanzia: le vignette a colori nacquero sui quotidiani come "naturale" evoluzione della
caricatura giornalistica, attirando fin dal principio con i loro molteplici livelli di lettura un
28
Richard Felton Outcault (1863-1928), vero pioniere del fumetto moderno, divise la sua formazione
artistica tra gli Stati Uniti e la Francia, dove studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Parigi. Oltre che
delle "cronache" di Down Hogan’s Alley, fu l’autore dei personaggi di Li’l Mose e Buster Brown.
29
La tavola a colori del supplemento domenicale, chiamata sunday page, era inizialmente riservata alla
riproduzione di opere d’arte famose. Lo scarso successo di tale iniziativa spinse l’editore a sostituire tali
riproduzioni con disegni di grandi dimensioni, dapprima di carattere scientifico-popolare e
successivamente di satira sociale.
30
Cfr. William R. Taylor, New York. Le origini di un mito, Marsilio, Venezia, 1994, p. 129.
31
William R. Taylor, cit., p. 130.
32
William R. Taylor, cit., p. 112.
capitolo primo: fumetto e metropoli
11
pubblico decisamente eterogeneo che ogni settimana ne attendeva trepidante la
pubblicazione. Questi "bambini terribili", inoltre, ostentavano indipendenza e
autosufficienza, al punto da girovagare per la citt senza l’accompagnamento degli adulti. A
questo proposito non Ł un caso che il nome del personaggio-bambino piø famoso, lo Yellow
Kid con cui abbiamo aperto il capitolo, contenga appunto il termine kid e non child. Infatti
mentre child indica il bambino ancora legato alla famiglia e alla scuola, kid al contrario
denota il bambino irrispettoso delle gerarchie e dell’autorit degli adulti.
E’ piø probabile allora che il protagonista bambino, con la sua dose di falsa innocenza, fosse
l’alter ego piø appropriato del lettore medio, che divorato da un’insaziabile curiosit
osservava spaesato il fascino ambiguo della nascente metropoli industriale. "Questi fumetti,
in altre parole, offrono una lettura tutta particolare della citt , in cui questa viene
rappresentata quasi letteralmente come una specie di parco giochi"
33
. Ma, aggiungiamo noi,
con le sue luci e le sue ombre.
Il tema della citt come fonte di sorprese infinite, incantevole ma a volte anche paurosa terra
dell’infanzia, caratterizza ad esempio l’onirico Little Nemo in Slumberland di Winsor
McCay
34
, un fumetto in cui l’autore narra dei sogni di un bambino
35
giocando spesso
graficamente con lo spazio urbano e le sue convenzioni. L’esplorazione settimanale del
Regno dei Sogni da parte del piccolo Nemo sulle pagine domenicali del New York Herald,
poi Herald Tribune, dal 1905 al 1911 e dal 1924 al 1927, Ł forse il parallelo fantastico
dell’esperienza che i lettori facevano nella vita reale di una spazialit nuova in perenne
trasformazione. In quegli anni, infatti, New York stava acquistando la sua tipica skyline,
mentre le convenzioni visive relative alla rappresentazione della citt andavano lentamente
mutando soprattutto ad opera delle interpretazioni fotografiche di maestri della camera
quali Alfred Stieglitz, Edward Steichen e Lewis Hine. Cambiavano insomma i punti di vista
e i valori associati allo spazio urbano, e il fumetto non poteva che rispecchiare il nuovo
33
William R. Taylor, cit., p. 130.
34
Winsor McCay (1869-1934) fu autore di serie famose quali Dreams of a Rarabit Fiend (1904), firmata
con lo pseudonimo Silas, e, appunto, la poetica Little Nemo in Slumberland (1905). Suo Ł anche il
personaggio di Gertie, the Dinosaur (1909), protagonista di successo di uno dei primi film d’animazione.
capitolo primo: fumetto e metropoli
12
spirito del tempo, facendosene al contempo portavoce. Addirittura secondo Sergio
Brancato, in nessuna altra narrazione d inizio Novecento riusciamo a cogliere con la stessa
paradigmatica chiarezza il passaggio da un economia immaginaria della contemplazione ad
una della meraviglia. Le grandi pagine illustrate da McCay per i supplementi domenicali
americani racchiudono nelle loro policrome prospettive un evidente processo di
riorganizzazione semiotica della visione. Quello messo in scena con Little Nemo Ł uno
spettacolo vertiginoso, e la vertigine iconica attiene al mutamento delle condizioni culturali
sperimentate nell ambito della metropoli industriale.
36
Ma questo Ł un esempio estremo. La presa sul pubblico di Yellow Kid, che precede Little
Nemo di quasi dieci anni, derivava infatti dal registro sarcastico di quel fumetto, dal suo
mettere in scena anche il lato "sporco" di un paesaggio urbano cresciuto senza il rispetto
delle piø elementari norme igieniche, al di fuori del controllo diretto delle autorit . Un
paesaggio che i lettori di ogni classe sociale, anche solo viaggiando sulla sopraelevata per
recarsi al posto di lavoro, avevano quotidianamente sotto gli occhi. Di questo ambiente
degradato e malsano Yellow Kid metteva in mostra soprattutto la "fisicit " del rapporto
corpo/spazio e delle relazioni sociali, e l’ emergere del corpo-folla quale nuovo soggetto
urbano. "Il mondo di Yellow Kid Ł un mondo di ragazzini immigrati, brutti e cattivi, e di
vecchie scarmigliate dagli occhi tristi e dallo sguardo disperato. E’ un mondo di ragazzini
neri, dai capelli crespi e dalle labbra spesse, di teppisti irlandesi e di animali rognosi e
spelacchiati. E’ un ambiente caotico, in cui i corpi spuntano da tutte le parti, e affollano le
tavole, proprio come ci si cominciava a rendere conto che si stava affollando l’ America."
37
Comunque, il successo di Yellow Kid fu tale che William Randolph Hearst, magnate della
stampa rivale di Pulitzer e proprietario del New York Journal, imit presto il concorrente
35
"Ma: Little Nemo Ł proprio un bambino? Forse Ł troppo un bambino come tanti altri americani dell’ inizio
di questo sciocco secolo per non destare qualche sospetto." Cfr. Oreste del Buono, Oh, caro, dolce, nessuno,
introduzione al volume di Winsor McCay, Little Nemo, Garzanti, Milano, 1994, p. 10.
36
Cfr. Sergio Brancato, Fumetti. Guida ai comics nel sistema dei media, Datanews, Roma, 1994, p. 13
(corsivi dell Autore).
37
Cfr. Arthur Asa Berger, L’Americano a fumetti, citato in Sergio Rossi, Politics in Comics 3: Buon
Compleanno Monello Giallo, in "Avventura" n. 76, ottobre 1995, pagine non numerate.
capitolo primo: fumetto e metropoli
13
dando inizio ad una vera e propria guerra commerciale
38
che determin la definitiva
affermazione del fumetto, dimostrandone l’enorme potenzialit economica e comunicativa.
Nella sua accezione moderna, quindi, il fumetto nacque negli Stati Uniti sul finire del secolo
scorso come prodotto dell’industria giornalistica. Esso si rivolgeva con scopo commerciale
a quello sterminato target costituito dalla neo-nata folla metropolitana che rappresentava il
dato piø evidente e sconcertante delle trasformazioni economiche e sociali che, frutto
dell’avvento della civilt industriale, si erano materializzate nella crescita esponenziale delle
grandi citt avvenuta durante tutto il XIX secolo.
In particolare, l’idea pubblicitaria del supplemento domenicale trovava ragione d’essere
proprio nella maggiore quantit di tempo libero di cui milioni di potenziali lettori si
trovavano a godere in quel giorno della settimana. La contrapposizione, in precedenza
inedita, tra tempo lavorativo e tempo libero traeva infatti origine dal conformarsi dei
costumi al modello produttivo della fabbrica. Questo determinava una divisione netta della
giornata in cui tuttavia il momento non lavorativo (che non a caso si identificher da allora
in avanti con il divertimento - dal latino divertere, "volgere altrove"
39
), acquistando come
vedremo tra poco il carattere di consumo, veniva riassorbito integralmente all’interno del
ciclo produttivo globalmente inteso. E non a caso proprio il tempo libero era il soggetto
ricorrente nei fumetti domenicali delle origini.
Private di una ricca eredit di usi, costumi e riti di passaggio che avevano dato senso e
forma alle comunit tradizionali, le masse urbane amorfe ed in cerca di identit che
popolavano le metropoli americane di fine Ottocento costituirono quindi quell’indispensabile
mercato di enormi proporzioni che, assommando in sØ caratteristiche di pubblico e
committenza, costitu la precondizione per la nascita e lo sviluppo dell’industria culturale e
dei mass-media, famiglia alla quale il fumetto appartenne fino agli anni Cinquanta,
perdendone in seguito la dimensione quantitativa (di massa, appunto) ma non le
caratteristiche comunicative.
38
Tra le altre cose, l’assunzione di Outcault da parte di Hearst, con il conseguente passaggio di Yellow Kid
dalle pagine del World a quelle del Journal, dette vita al primo dibattito sui diritti degli autori.
39
Cfr. Carlo Battisti, Giovanni Alessio, Dizionario Etimologico Italiano, BarbŁra, 1975, alla voce divertire.