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1.1. Stato dell’arte
Sono molti coloro i quali hanno cercato di dare delle risposte ai punti toccati dal
questionario loro sottoposto.
In particolare, sono diversi gli esperti del settore che si sono espressi sul Relative
Age Effect, anche in relazione ad altri Paesi. Per esempio, è stato analizzato il
fenomeno nel calcio giovanile svizzero. Questo, ha un’influenza significativa in
particolar modo nei processi di identificazione e selezione dei talenti per quel che
riguarda i gruppi dall’U15 all’U18, sia per i club che per la nazionale giovanile. La
soluzione proposta per ridurlo al minimo è un’educazione sistematica per tutti gli
addetti ai lavori riguardo l’argomento.
Un altro studio ha confrontato la distribuzione delle date di nascita di 13519
calciatori baschi, professionisti e non, per verificare la presenza del Relative Age
Effect. L’incidenza di questo fenomeno è progressivamente aumentata nel corso
degli anni, con un maggior coinvolgimento per quel che riguarda il calcio giovanile.
Tale pregiudizio nei confronti di coloro nati negli ultimi mesi dell’anno rappresenta
così una significativa perdita di potenziali talenti nel calcio giovanile.
È stata effettuata un’analisi sul medesimo argomento in 1098 calciatori in fase di
formazione dai 6 ai 18 anni appartenenti a 4 club federali spagnoli. Dopo aver
suddiviso le date di nascita in 4 quartili si è avuto un riscontro positivo di tale
fenomeno nelle squadre con un livello di competizione maggiormente elevato,
tuttavia, nelle squadre di livello inferiore questo effetto non è stato osservato. Questi
risultati dimostrano che i giocatori nati durante i primi mesi dell’anno tendono ad
essere selezionati per giocare in squadre con un livello di competizione superiore,
grazie ad una loro maggiore maturità fisica, fisiologica e psicologica rispetto a coloro
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nati gli ultimi mesi dell’anno, creando così un grande divario tra i due gruppi sopra
citati per quel che riguarda esperienza acquisita e motivazioni che possono portare a
maggior sforzo e sicurezza dei propri mezzi. Il Relative Age Effect, secondo il
presente studio, costituisce ancora un problema negli sport di squadra. Ciò è dovuto
al fatto che la ricerca di prestazioni immediate prevalgano sull’identificazione del
talento, il cui principale obiettivo dovrebbe essere ottenere risultati a lungo termine.
Come possibile soluzione viene proposta una formazione maggiore dei tecnici
responsabili delle società sportive, introducendo altri criteri per selezionare i giovani
calciatori, in base a degli obiettivi formativi, in modo da dare priorità alla ricerca dei
talenti per uno sviluppo a lungo termine. Lungo questa linea, è necessario garantire a
tutti i giovani le stesse possibilità di far parte di squadre con un livello di
competizione più elevato, non basandosi sulla loro età cronologica ma sul loro
talento. A tal fine, sarebbe opportuno organizzare le competizioni in base alle reali
capacità dei ragazzi. Pertanto, in questo modo, potrebbe essere ridotto il numero di
giocatori che abbandonano le pratiche sportive, in quanto giocando con avversari del
medesimo livello, si eviterebbero risultati esagerati e i bambini, di conseguenza, non
si scoraggerebbero.
Un’ulteriore studio riguardante il Relative Age Effect è stato effettuato su un
campione di 841 calciatori professionisti dall’U17 all’U21, partecipanti alle
competizioni UEFA. L’analisi svolta ha confermato la presenza del fenomeno nelle
società appartenenti al calcio d’élite, in particolar modo all’interno delle tre categorie
inferiori analizzate, con la sua influenza maggiore in quella più giovane (U17). Il
RAE, dunque, è presente nel calcio professionistico e sembra avere una certa
influenza sul risultato finale della competizione, in quanto tutte le squadre che
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raggiungono le fasi finali del torneo sono quelle che ne presentano una quantità
maggiore; si può affermare che determina le prestazioni delle squadre internazionali
nel calcio.
Altri ricercatori hanno studiato il Relative Age Effect in calciatori professionisti di
10 differenti paesi europei per 10 stagioni calcistiche (2000/2001-2010/2011). I
risultati non
hanno evidenziato alcun cambiamento nella struttura del coinvolgimento dei giovani
per ridurne l’impatto. Negli ultimi anni sono state considerate diverse ipotesi per
spiegarne l’esistenza. Una delle più diffuse e giustificate in ambito scientifico è il
livello di maturazione del ragazzo, dovuto dalla differente età cronologica dei
giovani nati all’interno dello stesso anno. I giocatori nati alla fine dell’anno, secondo
questi studi, sono meno maturi e hanno svantaggi antropometrici, fisiologici e
cognitivi, e possono compensare a questa situazione soltanto entrando nella pubertà
in anticipo. È più probabile che il RAE sia maggiore quando i club hanno maggior
reputazione e risorse finanziarie, in quanto hanno una maggiore opportunità di
selezionare i giocatori. Pertanto, questa situazione potrebbe portare ad una
discriminazione sistematica nel reclutamento professionale dei giocatori. Un’altra
ipotesi è che i giocatori nati nella prima parte dell’anno, venendo favoriti nella
selezione, hanno una maggiore opportunità di giocare e fare pratica e, inoltre, un
migliore accesso alla formazione e alla competizione; in questo modo sono in grado
di sviluppare ulteriormente le loro conoscenze.
Sono state proposte diverse soluzione, tra cui: creare gruppi di competizione più
piccoli o con selezione semestrale delle nascite e non con periodi annuali o biennali;
suddividere i giovani calciatori in categorie basate sul livello di esperienza, in modo
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tale che tutti abbiano le stesse opportunità; creare categorie tenendo in
considerazione caratteristiche antropometriche come massa corporea ed altezza; o
infine, selezionare i giovani talenti in seguito a dei test di gioco effettuati in spazi
ridotti (ad es. 3 contro 3 o 5 contro 5), per valutare in miglior modo le qualità
tecniche e tattiche di ciascuno.
Un altro trema trattato dai ricercatori è quello riguardante i fattori antropometrici e
fisiologici e la loro influenza nel processo di selezione dei giovani talenti.
È stato innanzitutto condotto uno studio mirato ad esporre le caratteristiche
antropometriche e fisiologiche che influenzano l’abbandono dell’attività sportiva in
giocatori di età compresa tra gli 8 e i 18 anni. Il campione comprendeva 388
calciatori giovani di nazionalità belga appartenenti o ad un club o ad un gruppo non
selezionato. Una seconda parte dello studio, invece, tendeva ad analizzare le
caratteristiche che favorivano i calciatori per una loro eventuale carriera, come
coordinazione motoria, resistenza aerobica e velocità. Si dovrebbe, comunque, porre
maggiore attenzione alle sopracitate capacità per individuare giocatori di alto livello
tra gli 8 ed i 16 anni. Da quest’ultima età in poi risulta altrettanto importante
l’esplosività nella selezione del talento.
In un altro studio, sono stati riportati morfologia e abilità specifiche e non di
coordinamento motorio inerenti a 78 giovani calciatori internazionali belgi di età
compresa tra i 15 e i 16 anni con differenti gradi di maturità biologica. I giocatori più
maturi presentavano caratteristiche morfologiche migliori. Tuttavia, i test di
coordinamento motorio specifici del calcio e non specifici non hanno individuato
alcuna differenza tra i giocatori maggiormente maturi morfologicamente e quelli con
un ritardo nella maturazione. In conclusione, è stato confermato che la maturità
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biologica influenza soltanto la morfologia e la forma fisica piuttosto che le capacità
di coordinazione motoria dell’individuo, a cui si dovrebbe prestare maggiormente
attenzione. Così, per evitare l’abbandono precoce di promettenti giovani giocatori
che maturano tardivamente, è stato suggerito di non utilizzare approcci
monodimensionali nella selezione del talento e di includere, in tale contesto, test di
prestazione indipendenti.
Lo scopo di un ennesimo studio sull’argomento era quello di verificare sia
l’affidabilità a breve termine sia la stabilità a lungo termine delle misure
antropometriche e di prestazione fisica in giovani calciatori altamente qualificati in
relazione alla loro età e maturazione. I dati analizzati provengono da un campione di
80 giocatori di un’accademia appartenenti alle categorie che vanno dall’U13 all’U18.
La conclusione a cui sono giunti i ricercatori sottolineava un’improbabile influenza
dell’età e della maturazione per quanto riguarda l’affidabilità a breve termine dei
fattori antropometrici e delle misure di prestazione fisica. Tuttavia, queste misure
sono instabili durante l’adolescenza ed è, appunto, questa instabilità che mette in
discussione la loro utilità per quel che riguarda l’identificazione dei talenti.
Un altro argomento trattato da molti articoli di ricerca riguarda i fattori socio
spaziali.
Alcuni ricercatori ritengono che i fattori ambientali giochino un ruolo importante
nelle differenze individuali tra gli atleti e nella produzione dei talenti sportivi.
Diversi autori hanno studiato la posizione delle strutture sportive e la loro
accessibilità per gli atleti, l’uso dello sport come mezzo per rafforzare
l’identificazione locale, o ancora l’influenza del luogo di nascita degli atleti d’élite.
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Studi recenti hanno evidenziato, con particolare attenzione, l’importanza della
relazione tra luogo di nascita e luogo di sviluppo del talento, in collegamento con
altre variabili. Il campione esaminato comprendeva dati raccolti da 821 club di calcio
di 59 paesi differenti, riguardanti giovani calciatori di età compresa tra i 15 e i 21
anni che hanno preso parte alla Fifa World Cup 2014. Sono stati confermati il ruolo
decisivo svolto dai fattori socio-spaziali e le differenti opportunità offerte agli atleti
tra piccole e grandi città, per quel che riguarda lo sviluppo delle prestazioni sportive.
Le dimensioni della città in cui un’atleta trascorre i suoi anni di sviluppo possono
influenzare la probabilità di raggiungere prestazioni di livello elevato. Le città
medio-piccole (30000-1000000) sembrano offrire una maggior opportunità.
L’argomento, comunque, necessita di ulteriori studi per comprendere al meglio i
vantaggi che possono offrire determinate città rispetto ad altre.
Tema di fondamentale importanza trattato in alcuni articoli d’inchiesta italiani
riguardano le strutture fatiscenti presenti nel nostro territorio.
Un tema di fondamentale importanza per il nostro Paese, trattato da diversi
giornalisti in alcuni articoli di inchiesta, riguarda le strutture sportive dei settori
giovanili italiani della massima serie, reputati per la maggior parte pessimi.
Sono soltanto 4, in Italia, le società di serie A che hanno un centro sportivo di
proprietà. Le altre, sono obbligate a far allenare le diverse e numerose squadre dei
settori giovanili in un numero limitatissimo di campi, oppure in strutture non
all’altezza situate in paesi distanti da quello principale. Nel nostro Paese, infatti, il
centro sportivo è un’eccezione. Milan e Inter affittano strutture di qualità, mentre
Juventus, Chievo, Roma e Atalanta sono le uniche proprietarie di un centro sportivo.
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Il tutto, è principalmente dovuta al fatto che i nostri presidenti, spesso, non investono
quanto realmente dovrebbero nei settori giovanili. Un esempio da seguire, invece,
arriva dal Belgio, dove la società Anderlecht, pur avendo un budget annuale di 40-60
milioni, finanzia regolarmente il settore giovanile con il 10% circa della totale. Un
dato molto preoccupante secondo i dati Cies (International Centre for Sports
Studies), dovuto soprattutto al poco investimento sui settori giovanili, è che il nostro
campionato risulta il secondo peggiore tra 31 presi in considerazione per l’utilizzo
dei giovani formati nei settori giovanili, davanti alla sola Turchia.
Un altro importantissimo tema trattato nella tesi riguarda il ruolo e l’influenza di
allenatori e famiglie sui giovani calciatori.
È innanzitutto fondamentale per l’allenatore supportare lo sviluppo delle competenze
e delle motivazioni percepite dai giovani calciatori, che potrebbe essere molto
importante nei giocatori che matureranno in seguito.
Altrettanto importante, questa figura, per lo sviluppo del talento giovanile. Nel
calcio, l’allenatore ha un’influenza e un controllo significativi sullo sviluppo di
giocatori e squadre, nonché sulle dinamiche sociali e culturali dell’ambiente. Le loro
azioni hanno un impatto significativo su comportamenti, cognizioni e risposte
affettive dei giocatori, condizionando in modo significativo ciò che apprendono e il
loro benessere sociale, emotivo e fisico.
Tuttavia, il problema principale è dovuto dal fatto che molti elementi e caratteristiche
in loro possesso risultano soltanto frutto del loro vissuto, e non di studi e
aggiornamenti. Ciò, può essere segnalato come uno dei principali limiti.
Si consiglia inoltre, per quel che riguarda l’identificazione dei giovani talenti da parte
degli allenatori, di considerare un approccio olistico multidisciplinare, piuttosto che
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valutazioni isolate delle capacità e delle qualità individuali. Il tutto, poiché le
prestazioni calcistiche di successo sono una complessa interazione di più abilità e
qualità che interagiscono tra loro.
Tutti gli addetti ai lavori devono comunque essere consapevoli dell’importanza del
loro ruolo, cercando di migliorarsi e imparare ogni giorno, a qualsiasi età ed a
qualsiasi livello. Devono tutti contribuire nel cercare di fornire al giovane tutti i
mezzi utili per la sua crescita personale e sportiva.
In particolare, un ruolo altrettanto importante è ricoperto dalla famiglia. Il suo ruolo
dovrebbe essere maggiormente valorizzato. Questa, è importantissima nella
formazione e nella tutela dei giovani calciatori, che spesso vengono catapultati in un
mondo più grande di loro in cui è facile smarrirsi. Le forti pressioni a cui sono fin da
subito sottoposti rappresentano un rischio. Per questa ragione, la famiglia è il punto
di riferimento più importante per chi si affaccia nel mondo dello sport e nessuno
potrà mai prendere il suo posto.
Andremo, adesso, ad analizzare nello specifico, le domande sottoposte tramite il
questionario agli addetti ai lavori.
1.2. Domande di ricerca
Per svolgere questa tesi di ricerca è stato sottoposto un questionario a dirigenti,
allenatori e preparatori fisici dei settori giovanili di alcune squadre di livello
professionistico. Le domande sono state mirate a comprendere, con maggior
chiarezza, quali sono i principali problemi per cui i giovani talenti calcistici italiani
hanno difficoltà ad emergere.