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Cap 1. Processi a membrana
I processi a membrana coprono una moltitudine di trattamenti, in chimica, farmaceutica,
petrolchimica, acque reflue, alimentazione, cartiere, tessili,...
Questa tecnologia non ha molti anni, ma sta prendendo sempre più piede grazie agli enormi
vantaggi che permette e grazie ai costi oggi più contenuti, rendendola così economicamente e come
performance una valida alternativa alle tecnologie fino ad ora utilizzate.
Tra le esistenti applicazioni si ricordano: dialisi per la purificazione del sangue umano, elettrodialisi
per dissalare acqua salmastra, osmosi inversa per dissalare l'acqua di mare, ultrafiltrazione per
concentrare le proteine del formaggio, della caseina e del latte, microfiltrazione per sterilizzare
prodotti farmaceutici e bibite, gas permeazione per rimuovere gas acidi da gas naturale,
pervaporazione per disidratare alcoli e sostanze organiche e per separare fra loro sostanze
organiche, membrane ad emulsione liquida per trattamenti delle acque reflue, strippaggio,
bioreattori che combinano reazioni chimiche e separazione, ... (W.S. Winston Ho, Kamalesh
K.Sirkar, 1992, [2]).
Traino all’uso industriale delle membrane è stata la dissalazione, per la fornitura d’acqua potabile
alle città.
L’elettrodialisi (ED) e l'osmosi inversa (OI) sono state utilizzate fin dagli anni sessanta in
concorrenza con i processi di distillazione per dissalare acque marine o acque salmastre.
Successivamente sono state sviluppate le membrane di ultrafiltrazione (UF) a minor capacità di
ritenzione, ma che consentono portate unitarie più elevate, lavorando a pressioni più basse.
Alla fine degli anni ottanta la nanofiltrazione (NF) attirò un’enorme attenzione per la capacità di
eliminare la durezza dell'acqua e per la rimozione dei sottoprodotti della disinfezione.
Più recentemente è aumentato l'interesse nei confronti dell'ultrafiltrazione (UF), in grado di
rimuovere materiali colloidali, microrganismi e particelle di più grandi dimensioni. Questo permette
di rimpiazzare la chiarificazione e la disinfezione fisico-chimica convenzionale (J.Mallevialle,
P.E.Odendaal, M.R.Wiesner, 1998, [1]).
Ultimamente sono stati sviluppati sia materiali nuovi (come per esempio le membrane ceramiche, in
grado di resistere a temperature maggiori di 100 gradi e pH estremi) che applicazioni nuove.
Come per l'acqua ad uso potabile, anche i processi legati alla produzione di acqua per uso
industriale o per il trattamento di acque reflue hanno visto un incremento delle applicazioni delle
membrane, sempre a partire dagli anni 60.
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In questo contesto si è sviluppata anche la membrana della ditta Zenon.
Dorr & Oliver, in Stanford, Connecticut, iniziarono a lavorare sulle tecnologie dette bioreattori a
membrana nella metà degli anni sessanta.
La prima applicazione commerciale è datata all’inizio degli anni ´70 dalla compagnia Thetford
System di Ann Arbor, Michigan.
Questa compagnia è cresciuta fino al 1994, anno in cui è stata assorbita dalla ditta Zenon
Environmental System e rinominata Zenon Municipal System. (art. WQI March/April 1999)
1.1 Definizione di membrana
Una membrana, o più esattamente, una membrana semipermeabile è una lamina fine di materiale
capace di separare sostanze in funzione delle loro proprietà fisiche e chimiche, quando si applica
una forza in una certa direzione attraverso la stessa (J.Mallevialle, P.E.Odendaal, M.R.Wiesner,
1998, [1]).
forza applicata (∆C,∆P,∆φ)
Fig. 1.1: Membrana permselettiva (da J.Mallevialle, P.E.Odendaal, M.R.Wiesner, 1998, [1]).
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Un processo a membrana richiede 2 fasi separate da una terza, la membrana.
Si possono avere delle fasi sia omogenee sia eterogenee.
La membrana può essere una o più combinazioni delle seguenti: solido non poroso, solido
microporoso o macroporoso con un fluido nei pori, una fase liquida con o senza una seconda fase,
un gel.
La fase membrana controlla lo scambio di massa tra le due fasi, favorendo il passaggio i un
sostanza rispetto ad un'altra.
Una fase risulterà così arricchita di una o più specie, mentre l'altra si andrà impoverendo.
Il movimento, attraverso la membrana, è causato da una o più forze. Queste derivano da un
gradiente dovuto o ad un poteziale chimico o ad un potenziale elettrico.
Un gradiente chimico può essere dovuto ad un gradiente di concentrazione o ad un gradiente di
pressione ( W.S.Winston Ho, Kamalesh K.Sirkar, 1992, [2]).
Il gradiente elettrico si ottiene creando un campo elettrico, così inducendo gli ioni ad una
migrazione.
Sono poste in questo secondo caso diverse membrane, ciascuna in grado di lasciar passare solo ioni
positivi o solo ioni negativi, creando così zone di arricchimento di ioni ed altre di impoverimento.
Questo processo è applicato nell'elettrodialisi utilizzando delle membrane cariche contenenti
quantità apprezzabili di ioni di scambio fissi negativi o positivi come nel caso delle resine a
scambio ionico.
Nel caso di gradiente di pressione, si applica una pressione o una depressione su uno dei 2 lati della
membrana, inducendo così un passaggio del liquido ed un trattenimento più o meno spinto e più o
meno specifico delle sostanze in esso presenti in base al tipo di membrana utilizzata.
1.2 Grandezze caratteristiche
Viene di seguito presentata una breve serie di definizioni, relative alle grandezze solitamente
considerate nei processi di filtrazione con membrane.
• MWCO (molecular weight cut-off): è il taglio molecolare medio corrispondente al soluto
trattenuto al 90% (espresso in Dalton). Nominalmente si va da circa 50 - 100 per membrane
per OI ad oltre 100.000 per quelle per microfiltrazione; in realtà esistono per la singola
membrana delle curve di distribuzione statistica del cut-off, a maggiore o minore pendenza a
seconda del livello di uniformità dei pori della stessa.
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• Reiezione: è definibile per ciascun componente presente nel fluido, ed esprime la capacità di
trattenimento da parte della membrana di quel tipo di sostanza. Per il componente i-esim si
definisce:
Cc
Cp
−=1s
dove: Cp = concentrazione del componente i-esimo nel permeato
Cc = concentrazione del componente i-esimo nel concentrato
• Permeabilità: flusso di un componente attraverso la membrana, per unità di pressione
applicata.
• Selettività: in una miscela di due componenti è data dal rapporto delle permeabilità dei due
componenti attraverso la membrana; esprime quindi la possibilità di separarli utilizzando la
membrana stessa.
• Portata idrica unitaria: è il flusso di liquido per unità di superficie di membrana e di tempo
(l/(m2h)) in condizioni note di pressione e temperatura. Serve come riferimento per il
confronto tra le prestazioni standard delle membrane. La reale portata in condizioni di
esercizio dipende ovviamente dalle condizioni operative e dal tipo di refluo da trattare.
Per quanto riguarda i moduli a membrana della Zenon studiati in questa sperimentazione:
• Diametro nominale: indica il diametro medio della distribuzione gaussiana dei pori
• Diametro assoluto: indica il diametro massimo dei pori
1.3 Classificazione delle membrane
Le membrane possono essere classificate secondo diversi criteri quali: il meccanismo di
separazione, la morfologia fisica e la naturalezza chimica.
1.3.1 Classificazione secondo il meccanismo di separazione
Fondamentalmente ci sono 3 meccanismi di separazione che dipendono da alcune proprietà
specifiche dei componenti che saranno rimossi o ritenuti selettivamente dalla membrana:
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1) separazione basata sulla differenza di dimensione (effetto elettrosetaccio). E' il caso della
microfiltrazione (MF), dell'ultrafiltrazione (UF) e della dialisi (DIA). A questa classe
appartengono le membrane porose
2) separazione basata sulla differenza di diffusività e solubilità delle sostanze nella membrana
(meccanismo soluzione/diffusione). E' il caso del permeato gassoso (PG), della
pervaporazione (PV) e dell'osmosi inversa (OI). A questa classe appartengono le membrane
non porose o dense
3) separazione dovuta alla differenza di carica delle specie da separare come nell'elettrodialisi
(ED) e nella dialisi Donnan (effetto elettrochimico). A questa classe appartengono le
membrane cariche elettricamente, chiamate anche ad interscambio ionico
Nello specifico possiamo distinguere:
1) Membrane porose: utilizzando la definizione di dimensione dei pori adottata da IUPAC
(1985) avremo:
• macroporose, più di 50 nm
• mesoporose, con il range da 2 a 50 nm
• microporose, meno di 2 nm
Nella classificazione di questo tipo si può fare riferimento alla porosità effettiva (cioè alla
capacità di trattenimento caratteristica) delle membrane, determinata attraverso tecniche
porometriche; si cerca cioè di determinare in termini statistici una dimensione caratteristica
dei pori medi della membrana, per poi risalire alla porosità attraverso la conoscenza della
densità dei pori.
Si può altrimenti procedere a misure di percentuale di ritenzione di soluti noti in condizioni
controllate di pressione e temperatura, giungendo a determinare la r iezione (che esprime la
percentuale di trattenimento come rapporto tra la differenza delle concentrazioni del
concentrato e del permeato e quella dell'alimento) caratteristica per la soluzione in esame od
il MWCO (molecular weight cut off, taglio molecolare medio, che viene espresso in Dalton)
corrispondente alla dimensione del soluto trattenuto al 90%.
Partendo dalla microfiltrazione sino ad arrivare all'osmosi inversa, diminuiscono il diametro
dei pori e così anche il MWCO ed aumenta pertanto la possibilità di separare particelle a più
basso peso molecolare; per consentire il passaggiodel solvente attraverso la membrana si
devono però applicare pressioni via via crescenti.
Si tenga presente che per i processi di MF ed UF la separazione del soluto si realizza
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essenzialmente grazie ad un meccanismo di stacciatura, ma al diminuire della dimensione dei
pori della membrana i fenomeni legati alla diffusione, alla carica degli ioni ed alla tensione di
vapore assumono un peso via via crescente.
Per questo motivo la NF può essere classificata in una classe intermedia tra le membrane
porose e quelle non porose, infatti gli effetti di soluzione diffusione e gli effetti elettrochimici
devono essere presi in considerazione nell'equazione di trasferimento di massa.
A maggior ragione l'OI la troviamo nella prossima classe.
2) Membrane non porose: sono da considerarsi come medio dense. La diffusione delle specie ha
luogo nel volume libero che é presente nella catena macromolecolare del materiale della
membrana
3) Membrane ad interscambio ionico: sono un tipo speciale di membrane non porose.
Consistono in gel molto gonfi portatori di carica positiva o negativa. Una membrana con
carica positiva fissa si chiama membrana ad interscambio anionico, mentre ovviamente
quella con carica negativa si chiama membrana ad interscambio cationico.
1.3.2 Classificazione secondo la morfologia
I filtri sono costruiti con diversi metodi e con diversi materiali, ma generalmente possono essere
classificati in 2 categorie: filtri di volume (depth filters) e filtri di superficie (screen filters)
(Munir Cheryan, 1986, [4]).
1) Filtri di volume: il loro nome deriva dal fatto che la filtrazione o la rimozione delle
particelle avviene nell’intero volume del filtro. Sono costituiti da una matrice di materiale
filtrante casualmente orientato o di letti legati fra loro a formare una tortuosa massa di
canali. Particelle insolubili o colloidali sono rimossi dal fluido per intrappolamento ed
adsorbimento.
2) Filtri di superficie: trattengono le particelle sulla loro superficie ed hanno la struttura
generalmente più rigida, uniforme, con diametro dei pori più accuratamente controllato al
momento della costruzione.
Possono essere suddivisi in: microporosi e asimmetrici.
2.1) Microporosi: le membrane microporose possono essere suddivise in anisotropiche e
isotropiche.
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2.1.1) Anisotropiche: i pori della me brana incrementano in diametro a partire dalla
superficie verso la base della stessa.
2.2.2) Isotropiche: i pori hanno essenzialmente la stessa dimensione dalla superficie
alla base della membrana
2.2) Asimmetrici: sono costituiti da uno strato più denso in superficie rispetto al resto del
corpo della membrana.
1.3.3 Classificazione secondo la natura chimica
Le membrane possono essere organiche o inorganiche, naturali o sintetiche, idrofiliche o
idrofobiche, ...
• membrane organiche: basicamente tutti i polimeri possono essere utilizzati, però per
necessità di processo e vita della membrana, se ne utilizzano in pratica solo un numero
limitato.
Le membrane organiche naturali possono essere considerate quelle derivanti soprattutto da
prodotti naturali cellulosici modificati (acetati di cellulosa, nitrato di cellulosa, cellulosa
rigenerata), mentre la classe delle membrane sintetiche é costituita da materiali quali
poliammidi, polipropilene, poliolefine, polisulfone, ...
Nella classe delle membrane idrofiliche si può annoverare: cellulosa ed i suoi derivati,
poliammidi, poliammidi aromatiche, ...
Nella classe delle membrane idrofobiche invece: politetrafluoroetilene, polifluoro di
vinilideno, polietilene, policarbonato, isopolipropilene, ...
Esiste anche una classe posta tra le due: poliacrilnitrilo, polietersulfona, polisulfona, ..(
J.Mallevialle, P.E.Odendaal, M.R.Wiesner, 1998, [1]).
Si utilizzano preferibilmente le membrane idrofiliche poichè sono dotate di maggiore
proprietà antisporcamento.
• membrane inorganiche: generalmente posseggono maggiore stabilità chimica, meccanica e
termica in comparazione con i polimeri organici, però hanno lo svantaggio d’essere molto
fragili e più costose delle altre.
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Questo spiega perché il loro principale campo di applicazione é limitato all'industria chimica, per il
trattamento di fluidi aggressivi e all'industria farmaceutica e casearia dove é necessario una
sterilizzazione termica.
Le membrane ceramiche rappresentano il tipo principale di membrane inorganiche.
I materiali ceramici sono ossidi, nitruri o carburi di metalli, quali alluminio, zirconio, titanio.
Fig. 1.2: Filtro ceramico (Ceraflo, Norton) contenente 19 tubi da 3 mm. L'alimentazione fluisce
attraverso i tubi, mentre il permeato permea attraverso le pareti microporose fino ad arrivare alla
struttura esterna che serve per allontanarlo (da W.S.Winston Ho, Kamalesh K.Sirkar, 1992, [2]).
1.3.4 Classificazione secondo la geometria
Di solito viene utilizzato per le applicazioni su scala pilota e reale uno schema di pro esso che
prevede che il fluido da filtrare venga alimentato in direzione tangenziale alla superficie della
membrana; per effetto della pressione applicata si ha quindi una permeazione attraverso la
membrana in direzione ortogonale alla sua superficie (schema cross-flow) (vedi fig. 1.3b), mentre il
flusso scorre in senso parallelo.
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Tale modalità di alimentazione sfrutta la stessa corrente del fluido da filtrare per esercitare
un'azione di pulizia sulla superficie della membrana. Per i processi di filtrazione attraverso
membrane é anche applicabile lo schema impiegato nei rocessi di filtrazione convenzionali, in cui
il fluido da filtrare viene alimentato ortogonalmente alla superficie del filtro. In realtà però, per i
processi a membrana, la modalità di alimentazione a canale cieco (dead end) (vedi fig. 1.3a) é
utilizzata solo per applicazioni di laboratorio, a causa dell’intasamento raggiunto in tempi brevi.
Fig. 1.3: Schemi di dead end filtration e crossflow filtration (da W.S.Winston Ho, Kamalesh
K.Sirkar1992, [2]).
La citata modalità di alimentazione crossflow può venire realizzata sia con configurazioni tubolari,
che con sistemi a fibre cave, con avvolgimenti a spirale o con unità piane.
Le unità nelle quali si dispongono le membrane per la loro utilizzazione si denominano moduli, i
quali possono esseri connessi a seconda delle esigenze di processo. Queste unità sono costituite
dalla membrana, dalla struttura in grado di sopportare la pressione, da un accesso per
l'alimentazione, un'uscita del permeato ed un’uscita del concentrato.
I moduli sono disegnati per raggiungere 3 obiettivi essenziali:
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• assicurare a livello della membrana una circolazione sufficiente del fluido per limitare i
fenomeni di concentrazione, polarizzazione e deposito di particelle
• produrre un modulo compatto; per esempio uno che preveda la massimizzazione della
superficie di interscambio per unità di volume
• evitare qualsiasi fuga tra i comparti di alimentazione e permeato
I due primi obiettivi tendono a ridurre il costo del modulo per produrre un volume determinato di
permeato (lire/(m3 di permeato)), però anche tendono ad aumentare il costo energetico di
separazione a causa dell'alta velocità di circolazione e piccola sezione che comportano un’alta
perdita di carico.
Il terzo obiettivo può sembrare banale, ma in pratica la maggior parte dei problemi, derivano
proprio da una fuga dovuta ad un assemblaggio difettoso, piuttosto che ad un mal funzionamento
della membrana.
Il modulo deve inoltre soddisfare altri requisiti, qual :
• facilità di pulizia
• facilità di montaggio e smontaggio
• piccolo volume
I 4 tipi principali di moduli che si trovano sul mercato sono: tubolari, a fibre cave, a spirale e piane:
(J.Mallevialle, P.E.Odendaal, M.R.Wiesner, 1998, [1])
• Sistemi tubolari: in tali realizzazioni la membrana è appoggiata alla parete interna di un tubo
poroso, tipicamente di materiale plastico, metallico o ceramico e con diametro interno tra 6 e
40 mm. I tubi individuali possono venire collocati all'interno di maniche di acci io
inossidabile o di PVC per quanto riguarda le unità a piccola scala o possono essere
raggruppati in fasci costituiti da 3 a 151 tubi posti in un alloggiamento cilindrico con placca
finale adeguata. Più elementi così costituiti con o senza supporto tubolare esterno,
costituiscono un modulo.
A loro volta i singoli moduli sono collegabili in serie o in parallelo tramite opportuni "end-
caps"; i moduli sono asportabili singolarmente per la pulizia.
L'alimento fluisce all'interno di ciascun tubo poroso, facendo fuoriuscire lateralmente il
permeato, che é raccolto dall'eventuale involucro esterno.
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La configurazione tubolare, grazie alle velocità di flusso elevate che garantisce (fino a 6
m/s), é adottata soprattutto per trattamento di flussi contenenti solidi sosp si in moduli per
micro ed ultrafiltrazione, mentre non é adatta alla NF ed OI.
Anche nuove classi di membrane ceramiche per UF e MF, costituite realizzando fori del
diametro di 2-4 mm all'interno di un supporto poroso cilindrico o prismatico (monolito) e
depositando poi all'interno dei canaletti uno strato di ossidi metallici, adottano la
configurazione tubolare, con flusso del permeato all'interno del supporto poroso. Le
membrane inorganiche sono così disposte sopra un supporto ceramico multicanale
contenente fino a 19 canali a flusso parallelo (vedi fig. 1. 2).
I sistemi tubolari sono caratterizzati da moto di tipo turbolento (Re > 10.000 e velocità di
flusso di 2 - 6 m/s). Questi moduli non necessitano di una previa filtrazione fine
dell'alimentazione e sono di facile pulizia, sono inoltre molto adatti per il trattamento dei
fluidi molto viscosi.
Lo svantaggio principale é che hanno un basso rapporto area/volume <100 m2/m3).
Fig. 1.4: Sezioni di diversi sistemi tubolari (da W.S.Winston Ho, Kamlesh K.Sirkar, 1992, [2]).
• Sistemi a fibre cave: sono costituiti da tubicini di materiale sintetico del diametro esterno da
80-100 µm ed interno da 20-4 µm asimmetrici (in quanto formati da un sottilissimo film e
da uno strato di supporto poroso della stessa o diversa composizione chimica).
Il flusso di alimentazione può aver luogo dall'esterno verso l'interno (configurazione OUT-
IN) o dall'interno verso l'esterno (configurazione IN-OUT). Nel primo caso l’ermeticità tra il
fluido di alimentazione e di permeato é assicurata da una resina ceramica che forma un
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piatto piano in ciascun finale del mazzo delle membrane; in pratica le due estremità i
ciascuna fibra vengono affogate in due setti di resina. Dopo l'indurimento della resina, il
mazzo si taglia in modo tale che le fibre appaiano aperte al finale. In molte configurazioni
IN-OUT (vedi fig. 1.5) le fibre sono inserite all'interno di u tubo a pressione, il quale viene
incollato nella medesima operazione, evitando così la necessità di porre flange che sono
fonte principale di perdita nei moduli.
Fig. 1.5: Rappresentazione schematica di un modulo di membrana a fibra cava IN-OUT (da
J.Mallevialle, P.E.Odendaal, M.R.Wiesner 1998, [1]).
Nella configurazione OUT-IN il mazzo si dispone a forma di U in modo tale da dover
incollare e sigillare solo un lato.
Siccome la densità di impacchettamento é inversamente proporzionale al diametr della
fibra, queste unità sono molto compatte. I rapporti area/volume sono elevati (da 1.000 in
moduli di UF a 10.000 m2/m3 in moduli di OI). Le velocità di lavoro sono normalmente
basse ed i moduli possono operare anche senza circolazione. In questo modo lavorano in
regime di moto laminare.
Il sistema di pulizia delle membrane a fibra cava consiste nell’imporre al permeato una
pressione maggiore di quella d'alimentazione, inducendo in questo modo un’inversione del
flusso, che va a rompere ed asportare la crosta formatasi sulla membrana.
Sono stati anche messi a punto sistemi a fibre cave che lavorano in depressione, con
aspirazione del permeato all'interno della fibra; in tal modo le sostanze sporcanti si
depositano sulla superficie esterna della fibra e possono essere rimosse combinando un
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sistema di agitazione meccanica delle fibre ad un periodico controlavaggio impulsivo
(iniezione del permeato in pressione all'interno della fibra, con leggera dilatazione radiale
della stessa e "rottura" dello strato depositato all'esterno).
Questa é anche la configurazione della membrana della Zenon.
• Avvolgimento a spirale: é costituito da una serie di coppie di membrane piane incollate tra
loro su tre lati e con il quarto collegato ad un canale centrale di raccolta d l permeato; le
membrane sono poi avvolte attorno a tale canale. I due fogli di membrana sono separati da
una rete spaziatrice per il drenaggio del permeato. La rete é montata anche dal lato
dell'alimento (tra le coppie di membrane) e contribuisce a creare una tu bolenza aggiuntiva
che permette una diminuzione della concentrazione di polarizzazione (teoricamente il moto
é di tipo laminare, con Re = 100 - 3. 0).
I rapporti superficie/volume sono abbastanza elevati (700 - 1000 m2/m3), molto più compatti
di un modulo piano (dal quale derivano) e producono anche meno perdita di carico.
Il diametro di un elemento può essere al massimo di 300 mm e di lunghezza massima di 1.5
m.
Più moduli possono essere alloggiati in serie in un solo elemento tubolare. Il pregio
principale di tale configurazione (adottata soprattutto per OI e NF, ma anche per UF) é la
compattezza; per contro si ha una bassa resistenza allo sporcamento (maggiore rispetto ai
moduli piani), a causa delle dimensioni ridotte dei passaggi ed alle bsse velocità di flusso
richiedendo così un pre-trattamento dell'acqua prima di entrare in questo modulo.
Fig. 1.6: Sezione di un modulo di membrana a spirale (da W.S.Winston Ho, Kamalesh K.Sirkar,
1992, [2]).
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• Unità piane con supporto: in tale configurazione si ha un supporto piano sul quale sono
adagiate sui 2 lati 2 membrane, che non solo ha il compito di supportarle, ma anche di
drenare il permeato.
Queste sono corrugate dal lato della membrana affinché si abbia un maggiore trasferimento
di massa.
L'alimento giunge tangenzialmente alla membrana e per effetto della pressione si ha
permeazione in direzione ortogonale alla superficie.
Lo spessore della lamina liquida é nel range tra 0.5 e 3 mm.
Più unità di questo tipo sono assemblate insieme (in verticale o in or zzontale) a dare delle
cartucce, che vengono poi alloggiate in moduli con canali comuni per l'alimentazione e per
la raccolta del permeato; tali moduli sono asportabili singolarmente per la pulizia.
Con la configurazione ad unità piane si può giungere ad una densità di 100 - 400 m
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di
superficie filtrante per m
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; il flusso é di solito laminare, con velocità (in UF) di circa 2 m/s e
Re = 100-3000.
Questo sistema permette un facile smontaggio permettendo così una più facile pulizia e
cambio dell membrane.
Fig. 1.7: Rappresentazione schematica di un modulo di membrana piana (da J.Mallevialle,
P.E.Odendaal, M.R.Wiesner, 1998, [1]).