INTRODUZIONE
1. Le fonti utilizzate: gli statuti
Il lavoro si è concentrato preliminarmente sull'individuazione e sulla catalogazione
delle norme riguardanti i beccai e l'attività di macelleria in alcune località del
Piemonte medievale, contenute nei rispettivi statuti.
Secondo Paolo Cammarosano,
il prodotto più tipico, strutturato e diffuso è lo statuto, che nella sua forma
più definitiva e complessa è un insieme di norme aventi forza di legge,
risalenti a momenti diversi dell'attività legislativa comunale, ciascuna
definita singolarmente come un articolo o capitolo o rubrica [...], riunite e
distribuite in un'unica serie continuativa o più normalmente in un certo
numero di grandi sezioni in funzione della materia [...].
1
La Deputazione Subalpina di Storia Patria ha raccolto e pubblicato gli statuti
comunali delle località del Piemonte medievale nella «Biblioteca della Società
storica subalpina», durante il periodo regio; nella «Biblioteca storica subalpina»,
durante quello repubblicano. Anche la Società per gli studi storici, archeologici e
artistici della provincia di Cuneo si è occupata della stessa operazione, ponendo i
volumi nella collana «Fonti».
2
Dalla prima raccolta provengono tutte le norme che ho
catalogato, tranne quelle relative a Peveragno e Saluzzo, i cui volumi
3
appartengono
invece alla serie cuneese.
Si possono individuare tre momenti editoriali successivi nel corso del XX secolo in
cui i testi vengono pubblicati dalla Deputazione: uno precedente al Primo conflitto
mondiale, uno fra le due guerre e uno dagli anni Cinquanta agli anni Settanta.
Il primo momento interessa gli Statuti di Asti
4
(1906), Garessio, Ormea, Montiglio e
1 P. CAMMAROSANO, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte, Roma 1991, p. 151.
2 Cfr. CAMMAROSANO, Italia medievale, cit., p. 153: «Gli statuti cittadini hanno goduto di una
predilezione da parte di eruditi e studiosi. È raro che le più antiche redazioni statutarie di una città
comunale non abbiano trovato il loro editore fra Otto e Novecento [...].».
3 Gli Statuti del Comune di Peveragno (1384), a cura di P. GRILLO, Cuneo 2001 e Gli Statuti di
Saluzzo (1480), a cura di G. GULLINO, Cuneo 2001.
4 Atti della Società del Popolo di Asti dal 1312 al 1323, a cura di F. GABOTTO, Pinerolo 1906.
5
Camino
5
(1907), Pontestura
6
(1911), Chieri
7
(1913) e Rossiglione
8
(1914); il secondo
quelli di Savigliano
9
e Torino
10
(entrambi 1933) e Mombasilio
11
(1936); il terzo infine
quelli di Carrù
12
(1952), Bra
13
(1958), Cocconato
14
e Pamparato
15
(entrambi 1965),
Rifreddo-Gambasca
16
(1968), Genola
17
e Villafalletto
18
(entrambi 1970); gli Statuti di
Ivrea sono divisi in tre volumi, pubblicati rispettivamente nel 1968,
19
nel 1969
20
e nel
1974.
21
Gli Statuti di Peveragno e Saluzzo sono invece di più recente edizione e risalgono al
2001.
22
2. Popolazione e tendenze demografiche
Risulta utile, per quanto possibile, classificare le località in base alla loro consistenza
demica per avere un'idea di massima sull'effettiva grandezza, confrontando la
popolazione. In questo modo, cioè collegando idealmente una disposizione
legislativa all'entità demografica che è soggetta ad essa, si riesce a ponderare la forza
della legge stessa ed a immaginare quante risorse debbano essere messe in campo
perchè essa sia rispettata. Tuttavia, bisogna essere ben consci che una stima ideale di
questo tipo non può essere universale per la valutazione delle norme: centri molto
piccoli e poco popolosi offrono raccolte statutarie molto prolifiche riguardo
all'attività di beccaria, in ragione della loro importanza economica nel settore. Carrù
5 Statuti di Garessio, Ormea, Montiglio e Camino, a cura di G. BARELLI, E. GABOTTO, E.
DURANDO, Pinerolo 1907.
6 Statuti di Pontestura, a cura di E. GABOTTO, N. GABIANI, Pinerolo 1911.
7 Statuti Civili del Comune di Chieri: 1313, a cura di F. COGNASSO, Pinerolo 1913.
8 Statuti di Rossiglione, a cura di E, PESCE, Pinerolo 1914.
9 Statuti di Savigliano, a cura di I. M. SACCO, Pinerolo 1933.
10 Gli Statuti del Comune di Torino del 1360, a cura di D. BIZZARRI, Torino 1933.
11 Statuti e carte di franchigia del Comune di Mombasilio, a cura di G. BARELLI, Torino 1936.
12 Statuti e documenti di Carrù. Statuti e Liber Franchisiarum et Libertatum di Dogliani, a cura di G.
BARELLI, Borgo San Dalmazzo 1952.
13 Gli Statuti di Bra, a cura di E. MOSCA, Torino 1958.
14 Gli Statuti del consortile di Cocconato, a cura di M. C. DAVISO DI CHARVENSOD, M. A.
BENEDETTO, Torino 1965.
15 Gli Statuti di Pamparato, a cura di G. BARELLI, Torino 1965.
16 Gli Statuti di Rifreddo e Gambasca, a cura di A. TAMAGNONE, Torino 1968.
17 Gli Statuti di Genola, a cura di R. COMBA, Torino 1970.
18 Gli Statuti di Villafalletto, a cura di R. COMBA, Torino 1970.
19 Gli Statuti di Ivrea, Vol. I, a cura di G. S. PENE VIDARI, Torino 1968.
20 Gli Statuti di Ivrea, Vol. II, a cura di G. S. PENE VIDARI, Torino 1969.
21 Gli Statuti di Ivrea, Vol. III, a cura di G. S. PENE VIDARI, Torino 1974.
22 Gli Statuti del Comune di Peveragno (1384), cit.; e Gli Statuti di Saluzzo (1480), cit..
6
e Villafalletto possono essere prese ad esempio di tale fenomeno.
23
Il fatto che una normativa sia destinata a più o meno individui le conferisce di sicuro
maggiore o minore rilevanza, sebbene il valore assoluto di un singolo capitolo sia il
fattore da prendere in considerazione per definire il mestiere e le pratiche in
questione.
Rinaldo Comba ha realizzato un'importante ricerca demografica per il Piemonte
tardomedievale
24
che utilizzo per tracciare un profilo complessivo dell'area, ferma
restando la disomogeneità dei dati; per di più, lo studio è stato condotto con le cifre a
disposizione sui «fuochi», la misura censitaria dell'epoca pre-moderna, e non sugli
abitanti effettivi.
25
Poter considerare solo gli elenchi dei tributi pagati pone anche lo
studioso nella condizione di non conoscere «la percentuale degli esenti dalle imposte
di focatico, variante da luogo a luogo.».
26
Data l'irregolarità delle composizioni delle unità abitative e la mancanza di numeri
per tutte le località di cui il mio lavoro si occupa, risulta proficuo innanzi tutto
fornire un quadro generale della zona piemontese, relativo al periodo interessato
dalle norme statutarie: «le fonti consentono di rilevare nei primi decenni del secolo
XIV un sovrappopolamento relativo [...] e un carico demografico così forte da non
essere superato nemmeo dopo la ripresa del secolo XV».
27
Le zone in pianura
presentano densità abitative più elevate, che via via si rarefanno verso le aree più
prossime alle pendici alpine.
28
La peste del 1348-50 non è un evento da cui si può prescindere per analizzare la
demografia di qualsiasi zona d'Europa. In Piemonte, come altrove, non si tratta di un
fatto isolato e privo di prodromi: l'epidemia viene preceduta da un regresso
demografico generalizzato, tra 1316 e 1328. Sicuramente, come è noto, gli effetti
sono devastanti: quando Yersinia pestis giunge in Piemonte dal porto di Genova, un
terzo della popolazione complessiva viene eliminata.
23 Per Villafalletto, cfr. R. COMBA, Villafalletto nel tardo Medioevo: dal «Libro degli statuti e delle
franchigie» alla realtà economica, in Villafalletto: un castello, una comunità, una pieve, secoli XI-
XVI. Atti della Giornata di studio, Villafalletto, 30 ottobre 1994, a cura di R. COMBA, Cuneo 1994,
pp. 190-97.
24 COMBA, La popolazione in Piemonte sul finire del Medioevo, Torino 1977.
25 Cfr. COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., p. 19: «il valore demografico del fuoco variava nel
tempo e nello spazio in relazione con la struttura economico-sociale delle comunità, con i rapporti di
produzione, con i livelli di urbanizzazione, con la congiuntura economica. [...] questo valore
oscillerebbe fra i 3.5 e i 6 abitanti per fuoco.».
26 M. GINATEMPO, L. SANDRI, L'Italia delle città, Firenze 1990, p.61.
27 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., p. 35.
28 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., p. 38.
7
Un timido tentativo di ripresa tra gli anni '60 e gli anni '80 è frustrato dalle ondate
pandemiche successive,
29
portando così la decompressione della popolazione ai
massimi livelli nei primi due decenni del XV secolo.
30
Analizzando ora più nello specifico le singole località che interessano il mio studio,
si può, come hanno fatto Maria Ginatempo e Lucia Sandri, catalogarle in tre fasce di
grandezza, in un'ipotetica scala decrescente.
La Chieri di inizio XVI secolo è molto popolosa, relativamente alla media della
regione:
31
i catasti del 1311 e del 1329, registrano rispettivamente 2057 e 2126 fuochi
(8.000-10.000 abitanti circa), che progressivamente si dimezzano fino al 1416
(censimento sotto i 1000 fuochi, circa 4.500-5.000 abitanti).
32
Sullo stesso gradino si
può porre anche Asti, nonostante la perdita dei catasti: nel primo Trecento si contano
oltre 10.000 abitanti, livello che crolla forse fino ai 6.000 del secolo successivo.
33
Queste le città più grandi, ma meno numerose, mentre il maggior numero di centri
studiati (dei quali pertanto sono disponibili dati precisi
34
) è di medie dimensioni.
Il borgo di Savigliano è uno di questi, anche se, a cavallo tra XIV e XV secolo
registra una riduzione dei fuochi del 15%, «che scendono da 825 a 699».
35
Il numero
di fuochi permette di stimare quello degli abitanti tra i 3.500 e i 3.800: Savigliano,
prima della peste, può essere paragonata a Bra, che nel 1337 conta 3.500 anime.
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Un
altro centro che può essere posto in questa fascia intermedia è Torino, civitas e sede
episcopale, che ospita 2.500-3.000 abitanti mentre infuria l'epidemia (catasto del
1349-50), ma ne risente più che altro a inizio XV secolo, passando dagli 800 fuochi
del 1391-93 ai 625 del 1415: sorte simile a quella di Savigliano.
37
Sempre sullo
stesso piano si trova Ivrea, dotata anch'essa dello statuto di civitas,
38
che però patisce
29 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., p. 69: «epidemie degli anni [1348-50], 1360-63, 1383-86,
1398-1401, 1419-22».
30 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., pp. 42-53.
31 «caratterizzata [ai primi del '300] da un'estesa urbanizzazione sia pure ferma a livelli medi e medio
piccoli.», GINATEMPO, SANDRI, L'Italia delle città, cit., p. 66.
32 GINATEMPO, SANDRI, L'Italia delle città, cit., p. 63. Chieri non è civitas de iure, ma de facto,
grazie alle proprie funzioni economiche e commerciali.
33 GINATEMPO, SANDRI, L'Italia delle città, cit., p. 64.
34 Si parla di catasti, «conti di castellanie» e «sussidi» straordinari ai Savoia, cfr. GINATEMPO,
SANDRI, L'Italia delle città, cit., p. 61.
35 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., p. 68.
36 B. DEL BO, Esiti demografico-economici dei centri di fondazione medievale dell'Italia centro-
settentrionale, in Fondare abitati in età medievale. Successi e fallimenti, a cura di F. PANERO, G.
PINTO, P. PIRILLO, Firenze 2017, pp. 45-60, cfr. tabella a p. 49.
37 GINATEMPO, SANDRI, L'Italia delle città, cit., p. 65.
38 Ivrea si può definire città, così come Torino, per «la presenza tra le sue mura del vescovo», cfr. A. I.
PINI, Città, comuni e corporazioni, Bologna 1994, p. 16.
8
più delle altre gli strascichi successivi alla prima pandemia, senza riuscire a rialzarsi:
a XV secolo inoltrato scende sotto i 5.000 abitanti.
39
Per quanto riguarda i centri nelle fasce più basse della scala di grandezza di cui si
conoscono dati demici, si possono citare: Saluzzo, che conta 1.500 censiti nel 1340;
40
e Villafalletto, che costituisce l'esempio di una località «di taglia decisamente minore
[...] con 500 uomini» nello stesso periodo.
41
Il centro, che come si potrà vedere
ricopre un ruolo cruciale nell'allevamento e nel commercio del bestiame, passa da
una politica anti-migratoria prima della Peste ad "aprire le porte" dopo il morbo: nel
1415 si registra l'apice della crisi demografica con 80-100 fuochi censiti, che, grazie
ad un saldo migratorio decisamente positivo nel XV secolo, aumentano fino ai 400
del 1571 (circa 2091 bocche). Una crescita che ha dello strabiliante, se si pensa che a
fine Duecento i fuochi erano meno di 200 e se si considerano i danni devastanti
dell'epidemia.
42
Concludo questo abbozzo di stima riprendendo le fila della trattazione da un punto
d'osservazione complessivo: tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV , si assiste ad
una serie ripetuta di oscillazioni demografiche, determinate dal continuo affastellarsi
di forme patogene pestilenziali. Successivamente, il XV secolo inoltrato vede
realizzarsi una «tendenza all'espansione» che si verifica «nonostante il perenne
ricorso alle epidemie, le quali [...] sul lungo periodo non riescono ad avere ragione di
questa inversione di tendenza e assumono una funzione moderatrice
dell'incremento».
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Considerato l'argomento del mio studio e l'importanza economica effettiva nel modo
di produzione in vigore all'epoca, sarebbe molto utile riuscire a realizzare almeno una
stima di massima sulle epizoozie e sulla quantità di bestiame circolante nelle zone
interessate.
3. Autorità dominanti e forme di governo
39 GINATEMPO, SANDRI, L'Italia delle città, cit., pp. 64-65.
40 DEL BO, Esiti demografico-economici, cit., cfr. tabella a p. 50.
41 DEL BO, Esiti demografico-economici, cit., p. 51.
42 Cfr. COMBA, Villafalletto nel tardo Medioevo in Villafalletto: un castello, una comunità, una pieve,
cit., pp. 187-213.
43 COMBA, La popolazione in Piemonte, cit., pp. 69-70. L'esempio di una progressione spettacolare è a
Saluzzo, dove gli abitanti quadruplicano in duecento anni; cfr. anche DEL BO, Esiti demografico-
economici, cit., tabella a p. 50.
9
Si può invece descrivere in modo più accurato le località prese in esame da un punto
di vista politico, ovvero trattare brevemente delle autorità che detenevano il potere in
città o, più frequentemente, del referente esterno a cui essa era soggetta, nell'epoca
che interessa allo studio. Com'è noto, nell'alto Medioevo il Piemonte come entità
unitaria non esisteva, ma l'area che oggi chiamiamo con quel nome ospitava una
costellazione di piccole e medie realtà politiche sovrane.
Nella zona meridionale, si sviluppano «tre, relativamente grandi, organizzazioni
politiche [...] i marchesati di Ceva e di Saluzzo e la repubblica Monregalese»; questi
a loro volta si trovavano sotto l'influenza dei vescovati di Alba e Asti.
44
A Ceva fanno
capo i centri di Garessio,
45
Mombasilio
46
e Ormea,
47
i cui statuti sono raccolti nel
Corpus Statutorum Marchionatus Cevae; Carrù invece si stabilisce sotto la sfera
d'influenza monregalese, dopo l'acquisto da parte dei Bressani nel 1250, anno di
redazione degli Statuti.
48
Sono stati presi in esame gli Statuti di Saluzzo del 1480, data di approvazione dei
patti stipulati tre anni prima tra il marchese Ludovico II e gli ambassiatores
comunitatis del borgo: la raccolta è l'espressione di rivendicazioni nei confronti del
potere centrale da parte della comunità, che conserva una forte aspirazione
all'autonomia dall'entità territoriale di cui pure è capitale. Patti e convenzioni
cristallizzatesi in Statuti già redatti e poi approvati da Tommaso III nel 1400, che
evidenziano un potere binario nella gestione urbana, in cui all'autorità marchionale si
sovrappongono il podestà (potestas) e il consiglio di credenza (credendarii o
consilium homines) della città.
49
Savigliano, come altri centri del Piemonte medievale del XIV secolo, nel 1320 si
offre in dedizione ai Savoia-Acaia, nella persona del principe Filippo. Dopo una
breve cessione a Roberto d'Angò negli anni 1347-48, il 1349 fa registrare una nuova
sottomissione, questa volta ai duchi di Savoia, che in questo modo espandono
ulteriormente il loro dominio verso ovest:
50
la dominazione sabauda nel XV secolo
andrà a toccare molte delle località prese in esame dal mio lavoro, tramite la stipula
44 Cfr. Statuti e documenti di Carrù, cit., p. II.
45 Cfr. Statuti di Garessio, cit., pp. V-XIX.
46 Cfr. Statuti e carte di franchigia del Comune di Mombasilio, cit., pp. V-X.
47 Cfr. Statuti di Garessio, cit., pp. 129-36.
48 Cfr. Statuti e documenti di Carrù, cit., pp. I-XIV
49 Cfr. Gli Statuti di Saluzzo (1480), cit., pp. 9-47.
50 Cfr. Statuti di Savigliano, cit., pp. I-X.
10