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INTRODUZIONE
Sebbene la condanna alla schiavitù sia proclamata in modo unanime dagli Stati e, sebbene
non esista Nazione alcuna nella quale la schiavitù, intesa quale condizione di diritto, possa
dirsi ancora esistente, è possibile constatare come tale pratica sia tuttora diffusa.
La tratta di esseri umani rappresenta una delle principali forme di schiavitù
contemporanea, esplicandosi in un vero e proprio atto di reificazione del soggetto, per
mezzo della quale si verifica un totale annientamento della personalità dell’individuo.
Nonostante siano stati compiuti molti progressi nel processo diretto a eradicare la tratta a
livello globale, la sua presenza si manifesta ancora nella quasi totalità del globo, al punto
che nessun Paese possa dirsi estraneo al fenomeno.
La tratta di esseri umani costituisce un crimine in grado di violare un ampio catalogo di
diritti afferenti l’individuo, tra cui il diritto alla vita, alla libertà personale e alla dignità,
comportando una negazione del libero arbitrio e del potere di autodeterminazione del
soggetto; per queste motivazioni, la necessità di predisporre misure volte a contrastarla è
stata avvertita tanto a livello internazionale, quanto a livello statale.
All’interno del primo capitolo della presente attività di studio e ricerca è stata delineata
una rappresentazione della moderna concezione di tratta di persone, considerando,
anzitutto, la definizione universalmente accettata di tratta di esseri umani, contenuta nel
Protocollo di Palermo sulla tratta, al fine di mettere in evidenza e analizzare i singoli
elementi costitutivi della fattispecie e le principali problematiche interpretative che
ruotano intorno a tale definizione.
Il Protocollo di cui sopra, infatti, ha realizzato l’importante obiettivo di predisporre una
base giuridica comune di diritto tra gli Stati, punto di partenza per una politica condivisa
di repressione della tratta di esseri umani.
Una volta delineato un inquadramento giuridico della tratta di persone, si è proceduto a
effettuare una comparazione tra due fattispecie ben distinte, ma spesso sovrapposte, in
quanto entrambe espressione del fenomeno del traffico di esseri umani: la tratta di persone
e il traffico di migranti. In particolare, individuando gli elementi costitutivi delle due
fattispecie, si sono messe in evidenza le differenze intercorrenti tra di esse, in quanto ciò
costituisce il presupposto necessario al fine di applicare ai casi concreti il corretto
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trattamento giuridico e sanzionatorio.
La tratta, in quanto fenomeno complesso e dalle diverse sfaccettature, può assumere una
molteplicità di forme di manifestazione, la cui analisi è imprescindibile ai fini di una
corretta comprensione del fenomeno.
Una prima categorizzazione è stata effettuata avendo riguardo delle finalità dello
sfruttamento, avute di mira dai trafficanti, che consentono di distinguere tra tratta a fini
di sfruttamento lavorativo, sessuale, commercio di organi, conflitti armati, eccetera.
A questo punto, ritenendo ciò propedeutico a una conoscenza esaustiva del fenomeno,
sono stati indagati i principali fattori di vulnerabilità, ovvero quei fattori che determinano
un incremento della suscettibilità degli individui di divenirne vittime, e che sono connessi
a circostanze culturali, ambientali, individuali, eccetera.
La tratta di esseri umani costituisce un crimine contemplato sia all’interno di strumenti
universali, sia all’interno di strumenti regionali, che all’interno della legislazione della
maggior parte degli Stati.
Il secondo capitolo del presente elaborato è volto ad analizzare le misure e gli strumenti
adottati a livello globale dalla comunità internazionale.
In primo luogo sono state prese in considerazione le normative universali, e al fine di
consentire un inquadramento storico-giuridico del tema, è stato delineato un preventivo
excursus sugli strumenti adottati nel corso del ‘900. Si è voluto poi focalizzare
l’attenzione sulla Convenzione di Palermo e il relativo Protocollo addizionale contro la
tratta di persone, strumenti di centrale importanza nel panorama giuridico penale
internazionale.
La tratta di esseri umani costituisce, infatti, un fenomeno dinamico e in continua
evoluzione: nel corso degli anni ha progressivamente assunto forme e caratteristiche
nuove e diverse, fino a divenire un business gestito da associazioni di individui di diversa
nazionalità, dotate di una struttura interna e risorse appositamente predisposte per la
realizzazione dei reati, e con modalità che attraversano le frontiere dei singoli Stati.
Per far fronte alla nuova fisionomia del fenomeno, la comunità internazionale ha dovuto,
a sua volta, predisporre nuovi strumenti: gli Accordi sopra menzionati hanno voluto
inaugurare un nuovo e innovativo indirizzo di politica criminale generale nella
repressione della criminalità organizzata transnazionale, dimostrando la presa di
conoscenza circa la necessità di premunirsi di strumenti e misure di cooperazione tra gli
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Stati.
In questo contesto risulta imprescindibile un riferimento allo Statuto della Corte Penale
Internazionale di Giustizia, con particolare riguardo alla riflessione sulla questione se la
tratta debba essere considerata un crimine contro l’umanità, e come tale, soggetto alla sua
giurisdizione.
Per completare il quadro legislativo sovranazionale in tema di tratta, si è proceduto a una
concisa analisi di quelli che sono gli ulteriori strumenti internazionali che possiedono, nel
loro contenuto, elementi rilevanti ai fini del sistema disciplinare del suddetto fenomeno.
L’analisi è proseguita ponendo l’attenzione sugli strumenti adottati a livello regionale, in
particolare nel contesto Europeo. Sono state analizzate, quindi, le principali misure
adottate in materia e, infine, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,
chiamata più volte a pronunciarsi in tema di tratta.
Il terzo capitolo ha voluto indagare il regime giuridico esistente nel nostro ordinamento
con riferimento ai delitti di liberticidio. Dopo aver analizzato nel dettaglio i contenuti
delle disposizioni del codice penale dedicati alla repressione del crimine di tratta e, per
completezza espositiva, al reato di riduzione in condizioni di schiavitù e servitù, l’analisi
si è concentrata sulle condotte plurisoggettive, poste in essere da associazioni a
delinquere.
È stata quindi presa in considerazione una differente fonte legislativa, quale il Testo Unico
sull’Immigrazione, al fine di mettere in rilievo gli elementi di discrimine sussistenti nel
nostro ordinamento tra la considerazione penale della tratta di persone e quella del
favoreggiamento dell’immigrazione illegale.
L’ultimo capitolo dell’elaborato è dedicato all’analisi della legislazione nepalese in tema
di tratta di esseri umani: tale Nazione è stata identificata come una delle più prominenti
source country a livello mondiale, ovvero uno dei principali Paesi ove i trafficanti di esseri
umani reclutano ed adescano le proprie vittime.
Dopo alcune imprescindibili considerazioni introduttive, necessarie al fine di
comprendere le peculiarità e le caratteristiche del fenomeno della tratta nell’ordinamento
nepalese, è stata analizzata l’evoluzione normativa interna specificatamente dedicata alla
tratta di persone, per poi concentrare l’attenzione sul più importante e recente atto
normativo in materia: lo Human Trafficking and Transportation (Control) Act.
Di tale atto si è voluto mettere in evidenza gli aspetti innovativi, che hanno determinato
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un significativo cambio di rotta nell’approccio al crimine rispetto alla previgente
legislazione, e quindi, le principali problematiche che ancora non hanno consentito
un’efficace repressione del fenomeno.
Dato l’impatto che la tratta di minori ha all’interno del territorio, si è ritenuto di dedicare
un ulteriore approfondimento alla tratta di minori e alla questione che concerne la
mancanza, nel sistema normativo, di strumenti idonei a tutelare le specifiche esigenze dei
minori, qualora questi divengano vittime del fenomeno.
Spostando l’attenzione sul piano internazionale, si è proceduto a verificare quali sono gli
strumenti internazionali ratificati dal Nepal, e quindi le misure adottate a livello regionale
di cui esso è parte.
Per quanto concerne, infine, l’approccio metodologico utilizzato ai fini della
realizzazione del presente elaborato, preme sottolineare come, nel perseguire la finalità
di fornire una rappresentazione del sistema legislativo volto a contrastare il fenomeno
della tratta di esseri umani, sia stata effettuata una ricerca per mezzo di una molteplicità
di fonti e risorse che, per quanto riguarda la parte dedicata al sistema nepalese, sono state
reperite mediante un lavoro sul campo condotto personalmente a Kathmandu, Nepal.
Data la scarsità di materiale disponibile in rete utile ai fini del suddetto proposito, una
parte sostanziale delle informazioni raccolte è stata reperita mediante interviste dirette
con rappresentanti di associazioni non governative, di enti governativi, avvocati, asso-
ciazioni e singoli individui con un ampio bagaglio esperienziale nel settore in questione
e che da anni operano nel territorio nepalese nella lotta contro questo crimine così forte-
mente.
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CAPITOLO I
DESCRIZIONE DEL FENOMENO DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI NEL
CONTESTO INTERNAZIONALE
1. La tratta di esseri umani quale forma di schiavitù moderna
Il termine schiavitù evoca un concetto arcaico, una delle più brutali e antiche
forme di violenza umana, un concetto che pare lontano dalla modernità della civiltà
avanzata in cui viviamo. La schiavitù, è, infatti, una piaga che affligge l’umanità fin dai
tempi antichi, ma che, nonostante i numerosi sforzi intrapresi su vari fronti, risulta essere
ancora presente ai giorni nostri, sebbene sia estremamente diffusa la convinzione che la
schiavitù sia stata ormai definitivamente sconfitta.
Risulta anzitutto opportuno introdurre una definizione legale del concetto di schiavitù,
richiamandoci alla Convenzione sulla schiavitù del 1926 che definisce il fenomeno come
“lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di
proprietà o taluni di essi"
1
.
L’esercizio su di una persona di poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà
costituisce la traduzione normativa della nozione pacificamente accolta di schiavitù; essa
consiste, infatti, nella situazione di dominio esercitata da un soggetto nei confronti di un
altro individuo, la quale comporta la perdita dello status libertatis, nonché il totale
assoggettamento e sottomissione della vittima nei confronti dell’aguzzino. Essa può
dunque comportare una mera limitazione nonché una completa soppressione della
capacità di autodeterminazione del soggetto, della sua autonomia privata, ovvero del suo
potere di compiere liberamente atti volti a regolare i propri interessi o di disporre della
propria sfera giuridica, e, talvolta, della facoltà di muoversi liberamente, fino a spingersi,
nei casi più estremi, in una completa soppressione del diritto all’integrità fisica e del
diritto alla vita.
La schiavitù determina un effettivo pregiudizio della libertà della persona di determinarsi
nelle proprie scelte esistenziali: il soggetto è privato del proprio libero arbitrio e questa
1
La Convenzione concernente la Schiavitù del 1926 all’ art. 1 prevede: “Slavery is the status or condition
of a person over whom any or all of the powers attaching to the right of ownership are exercised”.
6
condizione è mantenuta e perpetrata nel tempo mediante svariati mezzi, quali l’uso della
coercizione fisica, di violenze psicologiche, mediante prigionia fisica, impossibilità
materiale di sfuggire, oppure a mezzo di minacce o altri tipi di abusi.
Nel definire il concetto di schiavitù bisogna altresì mettere in rilievo come eventuali
momenti di pseudolibertà concessi alla vittima dall’aguzzino, non possano di per se
determinare il venir meno della condizione in esame e che, inoltre, è necessario attribuire
rilevanza penale anche a singole condotte isolate espressive della titolarità in capo al
soggetto di una potestà, corrispondente a quella costitutiva del diritto di proprietà.
La schiavitù costituisce un atto di reificazione del soggetto, volto a trasformare l’uomo in
res, la soggettività in oggettività, il che comporta un totale annientamento della
personalità dell’individuo
2
.
Gli sforzi impiegati a livello statale (a partire dal 1800 con la diffusione delle teorie
illuministiche, del principio di eguaglianza tra gli uomini e delle teorie abolizionistiche)
e a livello internazionale (in un momento successivo e in maniera significativa con la
Convenzione sulla schiavitù del 1926) sono stati incisivi e hanno condotto alla formale
abolizione della schiavitù.
Tuttavia, nonostante gli strumenti apprestati a livello normativo e l’impegno
internazionale nell’individuazione di standard di incriminazione, essa risulta, de facto
ancora presente nella quasi totalità del globo, al punto che nessuno Stato può dirsi
immune.
Infatti, se da un lato non esiste, allo stato attuale, Nazione alcuna nella quale sia ancora
presente la schiavitù quale istituto giuridico
3
, essa è ancora diffusa al punto che il numero
di persone attualmente costrette a vivere in stato di schiavitù risulta essere estremamente
elevato
4
; essa assume forme di manifestazione parzialmente differenti rispetto a quelle
che la nostra mente è istintivamente portata a configurarsi quando parliamo di tratta degli
schiavi.
2
P . SCEVI, Nuove schiavitù e diritto penale, Milano, 2014, p. 7.
3
La schiavitù come istituto giuridico o condizione di diritto poteva dirsi esistente in quegli ordinamenti
giuridici in cui essa era prevista, ammessa e giuridicamente legittimata sulla base di una specifica norma
formale o di diritto consuetudinario, oppure sulla base di una dissuetudine abrogativa di una norma che
vietava la schiavitù. F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale. Vol. 1: Delitti contro la persona, IV ed.,
Padova, 2011, p. 273.
4
Le stime del WALK FREE FOUNDATION, Global Slavery Index sono 45.8 milioni le persone costrette a vivere in
condizione di schiavitù al 2016.
7
Il termine schiavitù evoca, infatti, una terribile forma di violenza umana, tipica di sistemi
sociali arretrati, nei quali i valori di libertà e dignità umana erano del tutto inesistenti e
dove la stessa vita possedeva un prezzo irrisorio. Sulla schiavitù si sono fondati, per
secoli, interi sistemi di produzione basati sullo sfruttamento della manodopera umana, sul
dominio generato dalla violenza fisica e psicologica, nonché sull’annientamento di
qualsivoglia forma di volere del soggetto sottomesso.
La schiavitù moderna si traduce in pratiche che presentano connotazioni tipiche in parte
differenti dalle forme antiche; i punti cruciali che distinguono la schiavitù contemporanea
da quella antica possono essere illustrati facendo riferimento a tre elementi: prezzo,
periodo di sfruttamento e profitto.
In via preliminare si evidenzia che i nuovi schiavi vengono acquistati a un prezzo irrisorio,
essi non costituiscono più un bene prezioso, bensì una merce usa e getta che non richiede
più un grosso investimento per il suo acquisto
5
. A ciò si contrappone il fatto che nell’era
moderna è richiesto ai trafficanti un livello di sofisticatezza di gran lunga superiore
affinché possano portare a termine la loro impresa con successo: questa situazione di
impellente necessità di agire in gruppo e di poter usufruire di determinate risorse (alloggi,
armi, documenti falsi, strategie, eccetera) ha comportato l’avvento del crimine
organizzato
6
.
In secondo luogo nell’era moderna il periodo di sfruttamento degli schiavi è calato in
maniera radicale: il rapporto tra schiavi e schiavisti si concentra ora nel breve periodo, e
risulta di conseguenza più intensivo; sono rari i casi di schiavi che rimangono nella
disponibilità del loro proprietario per l’intero periodo della loro vita, a differenza delle
forme antiche di schiavitù dove lo stato di prigionia durava per sempre.
Un’ultima distinzione risiede nel fatto che dagli schiavi moderni è possibile ottenere
profitti estremamente elevati in ragione dei nuovi settori di attività in cui questi vengono
impiegati
7
.
Bisogna aggiungere che il concetto di schiavitù deve intendersi oggi svincolato dalla
formalizzazione della potestà dominicale sul soggetto, in quanto esso risulta
5
K. BALES, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, Milano, 2000, p. 19 e ss.
6
P. SCHATZER, Il quadro normativo internazionale, in MINISTERO DELL’INTERNO, La tratta di esseri umani:
principali norme e disposizioni, Roma, 2005, p. 25.
7
K. BALES, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, cit., p. 19 e s.
8
frequentemente occultato dietro lo schermo di legami giuridici formalmente leciti
8
.
Frequentemente, infatti, la schiavitù viene contrattualizzata in rapporti di lavoro che sono
formalmente legittimi e validi, mentre in passato, essendo l’acquisto di schiavi una
questione del tutto legale, tale prassi non era necessaria
9
.
Al di là di quella che è l’illegalità del fenomeno della schiavitù nel contesto moderno, tale
crimine è inoltre assistito da un comune e generale dissenso popolare; in passato, invece,
esso ero visto come una componente fondante del sistema sociale.
Pare doveroso, a questo punto, riflettere brevemente su come sia possibile che, nell’era
contemporanea in cui viviamo, il termine schiavo sia un concetto ancora così
estremamente attuale, e, anche al di là del silenzio mediatico che spesso circonda queste
drammatiche vicende, di schiavitù continua a parlarsi, non solo nei Paesi in via di
sviluppo e che per cultura e tradizioni vengono da noi occidentali definiti arretrati, ma
altresì nelle civiltà più avanzate e globalizzate, come Stati Uniti e Europa.
Possiamo così constatare come la modernizzazione conduca alle forme più tradizionali di
arretratezza e oggi più che mai l’economia mondiale si avvalga persistentemente di una
forza lavoro tanto preziosa quale è quella dei nuovi schiavi, di merce umana, sfruttati
sotto gli occhi dei più.
Questa situazione genera un generale atteggiamento di passiva rassegnazione da parte
dell’opinione pubblica, e le vittime sono considerate degli inevitabili costi del sistema
10
.
Sfruttamento del lavoro, tratta di persone, matrimoni forzati, sfruttamento della
prostituzione, schiavitù domestiche e accattonaggio, sono solo alcuni esempi delle diverse
attività nelle quali i nuovi schiavi sono impiegati. Tutte, queste, manifestazioni di quella
che viene definita schiavitù contemporanea.
Tenendo conto del fatto che la nostra analisi vuole concentrarsi sulla tratta di persone,
vediamo come il suddetto reato costituisca un atto criminale che finisce per colpire in
modo particolare certe categorie di soggetti che, per determinate ragioni, sono più deboli
e vulnerabili (bambini, donne, migranti, eccetera) e che può assumere diverse forme e
concretizzarsi, a sua volta, e a seconda della finalità per la quale viene realizzata, in
8
S. TREGLIA, Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, Osservatorio sulla Corte di Cassazione, in
Archivio Penale 2015 n. 3, p. 2.
9
K. BALES, I nuovi schiavi. La merce umana nell'economia globale, cit., p. 19 e ss.
10
F. RESTA, Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale, Milano, 2008, p. 2 e s.
9
pratiche quali sfruttamento sessuale, lavori forzati, matrimoni forzati, servitù domestica,
eccetera
11
.
Essa rappresenta, appunto, una delle principali e più emblematiche forme di
manifestazione della schiavitù contemporanea, e costituisce, di conseguenza, oggetto di
un divieto internazionale sancito da diverse norme internazionali.
Il rapporto globale sul traffico di esseri umani del 2016, redatto dall’UNODC, mette in
evidenza come la tratta sia diffusa a livello globale, e come nessuna Nazione possa dirsi
immune dal fenomeno. È da segnalare, tuttavia, che risulta estremamente complesso e
difficoltoso determinare con esattezza le dimensioni quantitative del fenomeno: la
mancanza di criteri univoci, unitamente alle difficoltà in sede di rielaborazione di dati
disomogenei provenienti dai vari Stati, sommata al fatto che la tratta rappresenta un
fenomeno spesso invisibile, danno vita a statistiche incerte, con risultanze che talvolta
sono tra loro contrastanti
12
.
La tratta è, al contempo, un fenomeno in costante mutamento, per quanto concerne: 1) il
profilo, e le caratteristiche distintive tipiche delle vittime
13
, 2) le finalità di sfruttamento
dei trafficanti, 3) i flussi e gli andamenti della tratta
14
, 4) il profilo dei trafficanti
15
.
11
P. SCEVI, Nuove schiavitù e diritto penale, cit., p. 1.
12
S. SCALA, Trafficanti di vite umane, la tratta e lo sfruttamento di minori e giovani adulti, in Ricerche di
Pedagogia e Didattica-Journal of Theories and Research in Education 7, 2012, p. 6.
13
Dall’analisi che emerge dal UNODC, Global report on trafficking in persons 2016, New York, 2016, risulta
che la maggioranza delle vittime rilevate è ancora di sesso femminile (il 71% nel 2014), ma che, negli ultimi
anni, il numero delle vittime di sesso maschile individuate è in continua e costante crescita: esso era pari
al 16 % nel 2004, mentre già nel 2014 rappresentava il 29 %.
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A essere mutati sono anche le caratteristiche dei flussi della tratta: al giorno d’oggi gli spostamenti si
verificano in maniera più frequente a livello domestico, ovvero entro i confini del territorio di uno Stato.
Infatti, dalle analisi svolte sulla distanza intercorrente tra il paese d’origine della tratta, ovvero il luogo in
cui la vittima viene reclutata, e quello di destinazione, mostrano che il 54% dei flussi si svolgono nella breve
distanza: le vittime sono principalmente trafficate entro il territorio dello Stato (il 43%) o tra Stati
confinanti (11%).
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Per quanto riguarda il profilo degli autori del reato di tratta, possiamo affermare con certezza che la
maggior parte di essi è di sesso maschile: infatti circa il 60% dei soggetti condannati per il reato di tratta
nell’anno 2014, erano uomini. Tuttavia, la percentuale di criminali di sesso femminile è in crescita; le
donne, però, specialmente di giovane età, sono generalmente coinvolte nella sola fase di reclutamento
delle vittime. È possibile rilevare una correlazione tra la nazionalità delle vittime e quella degli autori del
reato: il 97 % dei criminali condannati nel 2014 erano cittadini del paese d’origine della tratta (solo il 3%,
quindi, erano stranieri).