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Introduzione
Il debito pubblico da sempre costituisce un argomento che suscita
molta attenzione in ambito economico e di cui abbiamo a
disposizione una ricca e variegata letteratura. Il problema di un
debito sovrano elevato, soprattutto negli ultimi anni, ha assunto una
notevole importanza per molti paesi con economie avanzate: esso da
molti è considerato una vera e propria tassa sulla crescita economica
di un Paese, capace di innescare una spirale negativa che riguarda
tutti i settori dell’economia e che può portare al default del Paese
stesso.
Negli ultimi cinquanta anni, in Italia si è registrata una rapida
accumulazione del debito e la situazione si è mostrata in tutta la sua
drammaticità a partire dal 2010, con la crisi dei debiti sovrani
all’interno dell’Eurozona e, quindi, con le drammatiche ricadute che
la crisi economica conseguente e la speculazione finanziaria sui
debiti sovrani dei paesi PIIGS hanno avuto sulle relazioni tra i diversi
Stati membri dell’Unione europea. A seguito di questa crisi, si è
arrivati a dubitare della sopravvivenza della stessa moneta unica,
oltre alla capacità di “sopravvivere” dei diversi Stati colpiti.
Il presente lavoro di tesi si articola in tre capitoli e ha come obbiettivo
principale quello di offrire un quadro della situazione del debito
pubblico italiano, analizzandone anche i vari aspetti macroeconomici
che caratterizzano la sua formazione e la sua evoluzione.
Il primo capitolo si occupa delle dinamiche del debito pubblico.
Partendo dalla sua definizione e la sua struttura, saranno descritti i
meccanismi che portano alla sua formazione e alla sua evoluzione nel
tempo e sarà analizzata la questione della “sostenibilità” del debito
pubblico, ossia l’eventuale esistenza di un qualche limite
all’espansione del debito, oltre il quale possa essere a rischio il
finanziamento o il rifinanziamento dello stesso.
Il secondo capitolo tratta, invece, degli effetti che un debito
eccessivamente alto può causare all’interno di una data economia e
delle possibili politiche di rientro attuate (e attuabili) da parte dei
singoli stati. Saranno analizzate sinteticamente anche le teorie
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economiche principali in materia di debito sovrano: gli economisti
classici e, in parte, anche i neoclassici il debito pubblico costituiva
sostanzialmente un fattore negativo (considerato un fattore che
sottrae risorse all’accumulazione di capitale) mentre gli autori di
impostazione keynesiana (sviluppatosi negli anni ’30) la spesa
pubblica in deficit costituiva uno strumento di politica economica,
utilizzabile per raggiungere obiettivi di reddito e occupazione.
Infine, il terzo è incentrato sulla crisi del debito pubblico italiano,
analizzando in particolare la sua evoluzione a partire dal secondo
dopoguerra fino ai giorni nostri. Il suddetto capitolo è suddiviso in
tre paragrafi che analizzano l’evolversi del debito pubblico dal 1945
alla fine degli anni Settanta; dal 1980 al 2000, gli anni in cui si parla
di esplosione del debito pubblico e del suo rapporto con il PIL; e,
infine, saranno illustrate le vicende che hanno caratterizzato il nostro
debito a partire dal 2000 sino al 2017, focalizzando maggiormente
l’attenzione sulle manovre correttive intraprese a seguito dello
scoppio della crisi dei debiti sovrani dei paesi più vulnerabili
dell’Unione Europea, tra cui la stessa Italia.
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Capitolo 1
Il debito pubblico. Composizione e dinamica del rapporto
Debito/Pil
Prima di analizzare le vicende del debito pubblico è opportuno
fornire una definizione del fenomeno oggetto di questo lavoro,
definizione non semplice tanto da essere al centro di svariate
discussioni.
Il Dipartimento del Tesoro nel suo annuale “Rapporto sul Debito
pubblico” accenna a due definizioni di tale concetto: una prima
definizione allargata che include le passività lorde consolidate di
tutte le amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti
territoriali e istituti previdenziali pubblici), e una seconda visione,
più ristretta, che fa coincidere il debito pubblico con l’ammontare dei
titoli di Stato in circolazione e che pertanto riguarda i soli titoli
emessi dallo Stato, sia sul mercato interno sia su quello estero.
Quindi, il debito pubblico è il debito dello Stato nei confronti di altri
soggetti nazionali o esteri, quali individui, aziende, banche o altri
stati esteri; che hanno sottoscritto titoli di Stato destinati a coprire il
disavanzo, ossia a finanziare l’eventuale deficit pubblico nel bilancio
dello Stato. Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli
diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e
prestiti.
Le passività finanziarie costituenti il debito pubblico, in Italia, sono
principalmente titoli obbligazionari emessi dallo Stato, sia sul
mercato interno (BOT, CTZ, CCT, BTP e BTPI) sia sul mercato estero
(programmi Global, MTN e Carta Commerciale); di Enti Locali
(BOR, BOP, BOC) e mutui e prestiti speciali erogati da banche e altre
società finanziarie, buoni fruttiferi e depositi postali, conti correnti
presso la Tesoreria dello Stato.
In altri termini, il debito pubblico è il debito che ciascuno Stato
contrae con sottoscrittori nazionali ed esteri allo scopo di finanziare
le proprie attività, ed è tanto più grande quanto maggiore è la
necessità d’intervento a sostegno dell’economia nazionale. Infatti,
sin dalla nascita dello Stato Moderno, i sovrani – direttamente o
attraverso i loro ministri delle finanze – si sono indebitati con
banchieri, commercianti o semplici cittadini per molteplici motivi.
Ad esempio, inizialmente le nazioni si indebitavano per finanziare
guerre, spedizioni o grandi imprese allo scopo di ottenere nuova
ricchezza che in parte andava a remunerare e rimborsare il debito
sovrano contratto.
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FIGURA 1 COMPOSIZIONE DEL DEBITO PUBBLICO AL 30/09/2017
FIGURA 2 STRUMENTI DI COMPOSIZIONE DEL DEBITO (PERCENTUALE)
79,30%
5%
5,60%
8%
1,90%
Composizione del Debito Pubblico al 30/09/2017
Titoli a Medio Lungo Termine Titoli a Breve Termine Prestiti Monete e Depositi Altre Passività
BTP
71%
BTP €i
8%
ESTERO
2%
BTP Italia
4%
BOT
6%
CCTeu
7%
CTZ
2%
Composizione dei Titoli di Stato
BTP BTP €i ESTERO BTP Italia BOT CCTeu CTZ
7
Titoli Circolante
al 30-09-2017
(ml. €)
BOT
115.190,61
CTZ
38.612,48
CCTeu
141.156,86
BTP
1.360.382,92
BTP €i
(rivalutato)
144.539,88
BTP Italia
(rivalutato)
77.440,74
Prestiti sul mercato estero:
- in €uro
- in Valuta
44.480,63
- 42.291,31
- 2.189,33
TOTALE
1.921.804,12
TABELLA 1 STRUMENTI DI COMPOSIZIONE DEL DEBITO
Il debito pubblico comprende due diversi concetti di debito in base
alla durata dello stesso: il debito fluttuante e il debito consolidato.
- Il primo è un debito che viene contratto per momentanee
deficienze di cassa, la sua durata è inferiore all’anno finanziario
ed è rappresentato dai Buoni ordinari del Tesoro (BOT) che
hanno durata di 3, 6, 12 mesi o inferiore a 12 mesi.
- Il secondo è costituito da prestiti a scadenza lunga (debito
redimibile) o indeterminata (debito irredimibile) contratti per
far fronte a disavanzi durevoli del bilancio statale. Il debito
redimibile è rappresentato in Italia da BTP (Buoni del tesoro
poliennali con scadenza variabile da 3 a 30 anni),
CTZ (Certificati del tesoro zero coupon con scadenza a 24 mesi),
CCT (Certificati di credito del tesoro) caratterizzati da diversa
natura, remunerazione e modalità di rimborso; mentre con il
debito irredimibile lo Stato si obbliga a corrispondere un
interesse ma non si impegna a restituire il capitale.
In conclusione, il debito pubblico è costituito dalla somma di debiti
accumulati nel tempo dallo Stato attraverso l’emissione di titoli
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diversi. Si tratta di un meccanismo comune a tutti gli stati,
fisiologico e non è dannoso, se entro certi limiti. Al contrario,
superati questi ultimi, il peso degli interessi può diventare notevole
e soprattutto pericoloso, innescando una spirale di creazione del
debito senza fine: l’emissione dei titoli, provoca un aumento della
spesa per interessi, l’aumento del disavanzo e quindi, per far fronte
ai deficit di cassa, alla nuova emissione di titoli di stato.
Più che lo stock di debito pubblico ciò che ci interessa maggiormente
analizzare è il rapporto debito/PIL, il quale è un indicatore
macroeconomico che può fornire informazioni più significative circa
la sostenibilità e l’incidenza del debito stesso. Permette, quindi, di
valutare in maniera sintetica (ma ugualmente significativa) lo stato
di salute della finanza pubblica di uno Stato.
A settembre 2017 il debito delle Pubbliche amministrazioni è stato
pari a 2.283.667 miliardi mentre, Per quanto concerne il rapporto
Debito/Pil, il dato più aggiornato risale al 31 dicembre 2016 ed è pari
al 132,60%. Circa la composizione dello stesso, come si evince dalla
Figura 1, gran parte del debito pubblico - circa l’85% - è costituito
da titoli di Stato, di cui il 79,3% è detenuto da parte degli investitori
sotto forma di titoli a medio lungo termine, i quali hanno un maggior
peso proprio per favorire la gestione di cassa sia nel breve che nel
medio-lungo periodo. I dati più recenti dell’ottobre 2017 ci
forniscono le seguenti percentuali relative ai detentori del debito
pubblico italiano [Figura 3]:
- Banca d’Italia detiene il 17,7% del debito pubblico;
- Altre istituzioni finanziarie monetarie, ovvero l’insieme delle
banche residenti e dei fondi comuni monetari, detengono il
19,2%;
- Altre istituzioni finanziarie, cioè i soggetti diversi dalle banche e
dai fondi comuni monetari che svolgono attività di raccolta e di
impiego nel territorio italiano, detengono il 22,5% del nostro
debito;
- Altri soggetti residenti, ossia coloro che non appartengono a
nessuno dei settori citati nei punti precedenti, detengono una
quota pari al 6%;
- I non residenti, quindi istituti centrali di crediti che
appartengono all’Eurosistema, il fondo salvataggio ESM e tutti i
soggetti presenti nella bilancia dei pagamenti, detengono il
30,7%;
- La BCE, tramite il programma EFSF (European Financial
Stability Facility), detiene il 3,9%.