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trasferimenti dello Stato, tenendo conto in questa ipotesi delle
rigide e macchinose procedure burocratiche.
Lo Stato, di conseguenza, risulterà meno gravato
finanziariamente, e quindi godrà di una situazione di bilancio
meno deficitaria rispetto al passato.
I Comuni sono stati i primi ad accogliere questa nuova
formula dei boc, responsabilizzando maggiormente gli
amministratori locali sui capitoli di spesa straordinaria per le
opere di pubblica utilità, che sono così chiamati ad assumere
una figura manageriale.
I vantaggi per il cittadino possono ravvedersi nel
duplice aspetto che attraverso i boc, oltre a garantirsi un
rendimento superiore rispetto ai bot, parteciperanno in maniera
diretta ed attiva alla vita della propria cittadina, finanziando la
realizzazione o la ristrutturazione di opere pubbliche di cui loro
stessi sono fruitori.
E’ un primo passo verso una maggiore autonomia
finanziaria, già espressa attraverso la Legge 142/90.
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Ma è la Legge 724/94 che detta in linee generali quali
sono le regole, le condizioni ed i requisiti per poter emettere
prestiti obbligazionari e per poter introdurre i boc nel mercato
finanziario.
Fino ad oggi, i boc hanno portato nelle casse degli enti
locali quasi 3.500 miliardi in cinque anni.
Secondi uno studio del Consorzio Anci (Associazione
nazionale dei comuni d’Italia) sulla fiscalità locale, da due anni
il numero di emissioni di boc sembra aver assunto un andamento
costante: 79 operazioni nel 1998, 80 nel 1999 e 51 tra gennaio e
agosto 2000.
Gli investimenti più rilevanti finanziati dai boc
riguardano prevalentemente il settore dell’edilizia, ed in
particolare quello scolastico, ma anche lavori riguardo la
viabilità e l’arredo urbano sono stati sovente finanziati con
emissioni.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica
regionale delle portate al termine nel 1996, l’Emilia Romagna è
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in testa per numero di emissioni (97) mentre gli enti piemontesi
battono tutti sui volumi (956,086) miliardi.
Calabria e Basilicata sono invece ancora in attesa
della prima emissione.
Alcune grandi città come Torino, Napoli, Roma, per
citare le più importanti, hanno con successo intrapreso la strada
dei boc.
I loro amministratori hanno capito che i boc possono
essere un buon affare, valutandone con entusiasmo le
credenziali.
In effetti, tra i fattori che hanno spinto ad
intraprendere la strada dei Buoni Ordinari Comunali, c’è quello
che, oltre ad avere un rendimento superiore rispetto ai bot, il
loro funzionamento abbia un particolare meccanismo di
rimborso del capitale.
Infatti, poiché sappiamo che i boc hanno una durata
mediamente lunga, variabile dai 5 ai 20 anni, i Comuni hanno
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quindi il vantaggio di restituire il capitale durante l’intera vita
del prestito.
Vi è poi un altro fattore da valutare, rappresentato dal
trattamento fiscale.
Sappiamo che i boc al pari dei bot sono soggetti alla
ritenuta d’imposta, che in questo caso andrà ad arricchire le
casse del Comune anziché quelle dello Stato.
Al contrario dei loro cugini, non sono però esenti né
dalle imposte di successione né da quelle di donazione.
La Legge 724/94 ha prescritto inoltre che il
rendimento lordo non possa essere, comunque, al momento
dell’emissione superiore di un punto rispetto a quello dei titoli di
Stato di pari durata emessi nel mese precedente.
I Comuni, deliberando la realizzazione del progetto
devono specificare le modalità di rimborso del prestito, che
avverrà attraverso la corresponsione di cedole annue, semestrali
o trimestrali.
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Essa viene garantita tramite il rilascio di delegazioni
di pagamento ad istituti di credito intermediari, che si
preoccuperanno di liquidare ai creditori le rate dovute,
comprensive degli interessi maturati.
L’art.35 della legge 724/94 dispone che gli enti
territoriali non debbano trovarsi in una situazione di disavanzo
di amministrazione rispetto all’esercizio precedente, e che al
momento dell’emissione del prestito risulti approvato il bilancio
preventivo.
Occorre tener presente che tali prescrizioni sono
derogabili dall’art.37 che da in linea di massima la possibilità
agli enti territoriali, in situazioni di difficoltà di bilancio, di
provvedere ugualmente all’emissione dei titoli.
Il progetto di realizzazione di opere pubbliche assunto
con i boc può divenire esecutivo solo tramite l’approvazione in
consiglio comunale del piano economico-finanziario di gestione.
Si ritiene opportuno che ogni Comune intenzionato ad
accollarsi l’onere di un investimento così rilevante, debba
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conoscere preventivamente quali sono le reali garanzie di
solvibilità del debito che si intende contrarre.
Bisogna fare infine un’ulteriore considerazione,
perché se è vero che lo Stato non può fallire, per i Comuni il
discorso è un po' diverso.
Per essi è previsto, in caso di dissesto, l’intervento
dello Stato, che concederà un mutuo ed istituirà una
Commissione di liquidazione, con conseguente lievitazione delle
tasse per i cittadini, poiché verranno applicate aliquote massime.
In conclusione possiamo constatare che, anche se
l’Amministrazione Comunale andasse a rotoli, ci sarebbe sempre
e comunque lo Stato a risolvere il problema, almeno fino a
quando il tanto auspicato federalismo fiscale non consenta di
varare soluzioni più originali ed incisive.
CAPITOLO I
ASPETTI GIURIDICI
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Paragrafo n.1
IL PRESTITO OBBLIGAZIONARIO CON LA LEGGE 142/90
Ogni comunità locale ha oggi la possibilità di adattare
la propria organizzazione alle caratteristiche economiche e
sociali della collettività amministrata, riconoscendo ampia
discrezione nella scelta agli organi politici.
Gli enti locali stanno vivendo oggi un momento
importante nei cinquant’anni di storia della Repubblica.
Pur avendo davanti un futuro ancora ricco di
incertezze, le autonomie locali si stanno giocando una carta
decisiva per la loro funzione istituzionale e per la loro credibilità
su tutti i fronti.
Dai rapporti con i cittadini e con il sistema economico
alla trasformazione delle regole di partecipazione democratica;
dalla costruzione di modelli economici meno burocratici e più
aziendali per l’erogazione dei servizi.
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La L. 142/90 rappresenta l’avvio di un sistema
istituzionale caratterizzato da distinti punti di formazione degli
indirizzi politici che dovrebbero trovare nuovi equilibri tra
diversi livelli.
Attraverso tale processo di riordinamento, sono stati
garantiti quei principi costituzionali di autonomia, disciplinando
l’organizzazione amministrativa, finanziaria e contabile degli enti
locali.
Per decenni è stata attuata una politica che ha
considerato in via prioritaria le necessità dello Stato, tenendo
conto solamente in via residuale di quelle sempre crescenti di
Province e Comuni.
Solo, dunque, nel 1990 il legislatore ha introdotto
nuove facoltà e nuovi compiti per gli enti locali, attribuendo ai
loro organi politici compiti di indirizzo e controllo e di maggiore
libertà gestionale.
E’ lo stesso legislatore della legge 142/90 che ha
individuato i principi cui deve attenersi la nuova disciplina
dell’autonomia finanziaria locale; disciplina che si è poi
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concretizzata con l’art. 4 della legge delega 421/92 e con i
relativi decreti legislativi di attuazione.
Il nuovo sistema di finanza locale attuato attraverso
una notevole riduzione del livello di dipendenza dai trasferimenti
statali prevede anche, quale fonte alternativa di finanziamento, la
possibilità per gli enti locali di ricorrere all’emissione di prestiti
obbligazionari prevista per l'appunto dall'art.32 della legge
142/90.
Il riconoscimento di tale possibilità trae origine dalla
considerazione che il nuovo assetto istituzionale e le nuove
regole che disciplinano l’elezione degli amministratori locali
comportano un rinnovato e più accentuato rapporto di fiducia tra
amministratori e cittadini e, verosimilmente, una significativa
propensione di questi ultimi a contribuire al finanziamento di
investimenti locali di immediato e diretto vantaggio per la
collettività amministrata.
Sulla base delle disposizioni recate dall’art. 32 comma
2 lett. I
1
del nuovo ordinamento delle autonomie, molte
1
Legge 8 giugno, n.142. Ordinamento delle autonomie locali
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amministrazioni locali hanno manifestato l’intenzione di
usufruire del nuovo strumento di reperimento delle entrate al fine
di avviare una più efficace politica di investimenti.
L’art. 32 ha dato il varo ad una autonomia impositiva
locale affidando ai Consigli comunali, provinciali e regionali,
competenza, oltre che per la contrazione di mutui, anche per
l’emissione dei prestiti obbligazionari, offrendo così
implicitamente la facoltà di ricorrere ad una nuova forma di
indebitamento.
Questa non è apparsa in linea di massima una facoltà
ordinariamente esercitabile dagli enti locali; la stessa legge nella
parte dedicata alla finanza e contabilità degli enti non annovera
infatti il ricorso all’indebitamento quale elemento costruttivo
affidabile della finanza dei comuni e province, a differenza di
quanto è previsto per le regioni dalla legge 181/70.
2
Capo 2°: Autonomia statutaria e potestà regolamentare
Art.32: competenze dei consigli
Comma 2: “Il Consiglio ha la competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
(omissis)
lett i) “la contrazione di mutui e l’emissione dei prestiti obbligazionari"
2
emissione dei Buoni Ordinari Regionali
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L’emissione dei prestiti obbligazionari è apparsa a
molti configurata come una forma di finanziamento
assolutamente straordinaria per gli enti locali.
E’ chiaro che l’intento di chi ha avanzato queste
proposte era quello di definire un nuovo quadro di riferimento al
fine di regolamentare il nuovo ricorso all’emissione di titoli
attraverso una successiva normativa di dettaglio.
A tal proposito, si potrebbe obiettare che, se pur in
assenza di una disciplina espressamente prevista, i Comuni e gli
altri enti locali fossero comunque legittimati a emettere
obbligazioni, avvalendosi della propria capacità di diritto privato,
oltre che dalla stessa previsione dell’art.32.
La legge n. 142 dell’8 giugno 1990, detta tre
disposizioni che riguardano indirettamente e direttamente
l’emissione di prestiti obbligazionari da parte degli enti locali.
Queste disposizioni sono contenute negli articoli 54, 32
e 64.
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Il 2° comma dell'art. 32 dispone che Il Consiglio ha
competenza limitatamente ad atti fondamentali come la
contrazione dei mutui e l’emissione dei prestiti obbligazionari.
Con questa disposizione si enunciano tre principi: a) i
comuni e le province possono emettere prestiti obbligazionari; b)
le disponibilità finanziarie ottenute tramite i prestiti
obbligazionari debbono finanziare gli investimenti (il legislatore
nella stessa lettera ha voluto indicare le fonti per finanziare gli
investimenti e accordare, per principio, ai mutui e ai prestiti
regole e principi identici, salvo, naturalmente le diverse
disposizioni di attuazione); c) la competenza esclusiva dei
Consigli in materia di prestiti obbligazionari. Peraltro, a
proposito, di quest’ultimo principio il 3° comma dell’art. 32
chiarisce che le disposizioni in ordine agli argomenti di cui al
presente articolo non possono essere adottati in via d’urgenza da
altri organi dal Comune o della Provincia, salvo quelle attinenti
alle variazioni di bilancio da sottoporre a ratifica del Consiglio
nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.
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L’emissione di un prestito obbligazionario non è una
variazione di bilancio.
Il secondo comma dell’art. 54 recita che ai comuni ed alle
province la legge riconosce, nell’ambito della finanza pubblica,
autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e
trasferite.
L’autonomia non è quindi piena ma deve coordinarsi e
integrarsi con la finanza pubblica.
Da ciò discende che la legge n.142 riconosce agli enti
locali la facoltà di utilizzare taluni strumenti finanziari ma nel
rispetto delle norme e dei principi generali.
Il quarto comma dell’art.54 dispone che la finanza dei
Comuni e delle Province è costituita da: a) imposte proprie; b)
addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi pubblici; d) trasferimenti erariali; e)
trasferimenti regionali; f) altre entrate proprie, anche di natura
patrimoniale; g) risorse per gli investimenti; h) altre entrate.