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INTRODUZIONE.
Nel contesto attuale, un'impresa intenzionata ad avere successo, non può
esclusivamente focalizzarsi sulle prestazioni economico-finanziarie, ma deve
considerare anche gli aspetti relativi alla sua responsabilità nei confronti della società
nella quale opera. Il compito delle organizzazioni è sempre quello di individuare le
esigenze dei consumatori e soddisfarle, in modo più efficace rispetto ai concorrenti,
al fine di preservare o migliorare il benessere del consumatore e dell'intera società.
Tuttavia, il contesto si è evoluto. Si è infatti passati da un consumismo di massa, alla
richiesta di prodotti non soltanto caratterizzati da un più elevato livello di qualità, ma
anche in grado di generare esternalità positive a favore dell'ambiente e della società
in genere. Siamo entrati in un'epoca di consumo etico. I consumatori e gli investitori
iniziano a valutare le performance aziendali attribuendo un ruolo di primo piano alle
modalità attraverso le quali le imprese affrontano le questioni etiche e sociali. Per
queste ragioni, le imprese sono chiamate a fornire tutte le informazioni necessarie per
migliorare la propria credibilità e assicurare comportamenti trasparenti. In tal senso,
non possono essere trascurati gli aspetti relativi al risparmio energetico, alla raccolta
differenziata, all'inquinamento atmosferico, all'abuso di minori, alle vaccinazioni,
alla lotta al fumo, all'alimentazione, all'abuso di alcol, all'igiene. Occorre quindi una
visione più ampia del contesto. Il mondo aziendale è divenuto più complesso rispetto
al passato anche perché coinvolge molti più attori e richiede notevoli sforzi per poter
soddisfare le esigenze di tali soggetti.
L'obiettivo di questo lavoro è quello di presentare il tema della responsabilità
sociale d'impresa sia attraverso le teorie più influenti sviluppatesi nel corso
dell'ultimo secolo, sia attraverso un'analisi finalizzata a comprendere in che modo le
attività socialmente responsabili riescano ad influenzare le prestazioni economico-
finanziarie, permettendo alle aziende di ottenere risultati operativi e generare più
cassa rispetto alla media dei settori in cui operano.
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Il primo capitolo offre al lettore una panoramica delle principali teorie sul tema,
evidenziando come il concetto di CSR si sia evoluto nel corso degli anni assumendo
molteplici significati. Il dibattito sulla responsabilità sociale d'impresa prende il via
nei primi decenni del XX secolo. Nel periodo che intercorre tra gli anni '20 e gli anni
'50, il dibattito è incentrato quasi esclusivamente sulla responsabilità sociale degli
uomini d'affari e non tanto su quella delle corporations. Bisognerà attendere la fine
della Seconda Guerra Mondiale per assistere allo sviluppo di una visione basata sugli
stakeholders e dunque su un'idea più moderna di responsabilità sociale d'impresa.
Negli anni '60 il tema fa un grande passo in avanti rispetto al passato, spostandosi
verso un'accezione che sottolinea l'importanza e il ruolo delle attività istituzionali e i
loro effetti su tutto il sistema sociale, superando il punto di vista dei singoli azionisti.
Tuttavia, verso la fine del decennio, iniziano ad emergere le prime perplessità circa i
limiti della CSR, soprattutto in relazione all'eccessiva vaghezza delle definizioni,
all'esistenza di un trade-off tra i vari tipi di costi e ricavi ed alla mancanza di un serio
dibattito sui principi di fondo che dovrebbero orientare l'agire sociale delle imprese.
Nel decennio successivo, Carroll sviluppa la sua teoria individuando le quattro
dimensioni della responsabilità sociale. L'autore considera la responsabilità sociale
delle imprese come il risultato dell'integrazione tra aspettative economiche, legali,
etiche e discrezionali della società. Nasce cosi la piramide della responsabilità
sociale che sarà un punto di riferimento per tutte le teorie successive. Tuttavia, gli
anni ’70 si chiudono con una serie di riflessioni in merito alla natura e alle
concettualizzazioni della CSR senza riuscire a trovare un punto di raccordo tra i
diversi studi.
Negli anni '80 vengono sviluppate alcune delle teorie che saranno destinate a
cambiare radicalmente il significato di CSR. Una di queste è la teoria degli
stakeholder. L'impresa è chiamata ad operare per massimizzare non esclusivamente il
valore degli azionisti ma anche il benessere dei diversi portatori di interesse. Questa
teoria segna il superamento della visione unidirezionale degli anni precedenti, in cui
le istanze degli stakeholder non erano viste come opportunità di differenziazione
sociale, ma solo come un ulteriore vincolo alla libertà decisionale dei manager. Un
secondo filone di ricerca si riferisce agli studi relativi alla business ethics. Questo
concetto si basa sull’analisi dei valori su cui sono fondate le scelte dell’impresa e
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sulla definizione di norme di condotta che guidano le politiche gestionali.
L'attenzione si sposta dal dibattito su una nozione prevalentemente morale di
responsabilità sociale, ad una più tecnica, o almeno moralmente neutrale, riferita alla
reattività aziendale interna ai problemi sociali, finalizzata ad analizzare le modalità in
cui le aziende riescono ad affrontare e rispondere a tali problemi.
Infine, nasce il concetto di corporate social performance, basato sull’analisi dei
processi che consentono alle imprese di identificare gli obiettivi e risolvere le
questioni etiche cercando di coniugare gli interessi degli stakeholder con quelli
dell’impresa stessa. La CSP viene considerata come la configurazione organizzativa
dei principi di social responsibility, dei processi di social responsiveness e delle
politiche relative alle relazioni sociali dell'impresa.
L'obiettivo degli studi che caratterizzano gli anni '90, è quello di porre la CSR
all'interno del quadro dello stakeholder management. Ogni stakeholder è visto al
tempo stesso come fine e mezzo. Fine, poiché attraverso l'attività di impresa
persegue un proprio interesse personale, mezzo, perché concorre al perseguimento
degli interessi degli altri stakeholder. In questo contesto, la responsabilità sociale
prevede che ogni stakeholder abbia doveri reciproci nei confronti degli altri
stakeholder. Tali doveri non sono esclusivamente di natura economica ma anche di
natura morale.
Gli anni '90 sono caratterizzanti anche dallo sviluppo dei temi relativi
all'accountability e alla rendicontazione socio-ambientale. In precedenza, lo Stato
aveva il ruolo di guidare le imprese attraverso norme di regolazione e la definizione
di comportamenti standard. Negli anni seguenti il focus si è spostato sulle nuove
alleanze e norme aziendali capaci di collegare tra loro comunità, consumatori,
lavorati e produttori. Emergono due diversi scopi della rendicontazione socio-
ambientale. Il primo fa riferimento alla rendicontazione come strumento in grado di
tutelare l'immagine aziendale. Il secondo riconosce la funzione informativa della
rendicontazione e ha a che fare con la reputazione dell'impresa e con la volontà di
disincentivare i comportamenti irresponsabili favorendo l'adozione di approcci
virtuosi. Il primo capitolo si conclude con un raccolta dei principali eventi e progetti
che hanno caratterizzato il quadro internazionale degli anni '90 e che hanno portato
alla definizione di principi, obiettivi e norme a sostegno dello sviluppo sostenibile.
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Il secondo capitolo presenta i principi e le linee guida riconosciuti negli ultimi anni
dalle più importanti organizzazioni e istituzioni mondiali, al fine di supportare le
imprese nel tentativo di riuscire a far coesistere risultati economici positivi con
politiche socialmente sostenibili. A differenza degli anni precedenti, in cui il dibattito
sulla CSR era essenzialmente focalizzato su questioni più teoriche che pratiche, nel
contesto attuale gran parte della letteratura è finalizzata ad analizzare le tecniche e i
modelli operativi per l'implementazione delle strategie e degli strumenti di CSR.
Nel 2001 la Commissione Europea ha pubblicato il Libro verde dal titolo
"Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese". Si tratta
di un documento rivolto alle imprese e destinato ad incoraggiare lo sviluppo di prassi
innovative e l'implementazione di strategie socialmente responsabili. La
Commissione evidenzia come le attività socialmente responsabili possano consentire
alle imprese di ottenere, nel lungo periodo, risultati e prestazioni migliori generando
maggiori profitti e crescita ed aumentando la produttività. Inoltre, si evidenzia la
necessità di un approccio basato su un maggior dialogo tra imprese, pubblici poteri e
stakeholder. Le imprese, da un lato risultano essere influenzate dalla buona salute,
dalla stabilità e dalla prosperità delle comunità che le accolgono, dall'altro recano il
loro contributo alla comunità locale in particolare attraverso la creazione di posti di
lavoro, il rispetto dell'ambiente naturale e la riduzione delle attività inquinanti, il
sostegno alle associazioni non profit, la promozione di eventi sportivi o culturali e le
donazioni ad opera di carità. Questi fattori sono positivamente correlati con
l'immagine e la reputazione aziendale e finiscono col riflettersi sulla competitività.
Per affrontare pienamente le proprie responsabilità sociali, le aziende devono
prevedere un processo per l’integrazione delle questioni sociali, ambientali, etiche, e
delle questioni riguardanti i diritti dell’uomo e dei consumatori, all’interno delle
proprie strutture gestionali e delle proprie strategie di base. Si supera, quindi,
l'approccio più soggettivo che caratterizzava gli anni precedenti, a favore di uno che
richiede una maggiore adesione ai principi fissati dalle organizzazioni internazionali
come l'OECD, l'ONU e l'OIL.
Negli anni seguenti, al fine di fornire una struttura di base globale per la CSR, si è
cosi assistito alla predisposizione di diversi documenti tra cui le Linee Guide per le
Imprese Multinazionali OECD, i dieci principi del Global Compact delle Nazioni
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Unite, la Normativa Guida ISO 26000 sulla Responsabilità Sociale, la Dichiarazione
Tripartita ILO di Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale, i Principi
Guida delle Nazioni Unite sulle Attività e i Diritti Umani.
Le principali aree di intervento riguardano i codici di condotta, la governance,
l'accountability, il personale, il marketing, la finanza, i diritti umani, l'ambiente e la
comunità in genere.
In passato, il dibattito sulla CSR si focalizzava essenzialmente sulle questioni
teoriche che rappresentavano il cuore del concetto di responsabilità sociale. Nel
contesto attuale, invece, gran parte della letteratura è finalizzata ad analizzare le
tecniche e i modelli operativi per l'implementazione degli strumenti di CSR. I
principali strumenti a disposizione delle aziende sono: il codice etico, il bilancio
sociale, i sistemi di gestione ambientale, la finanza etica, il marketing sociale e la
certificazione SA8000. Su quest'ultimo aspetto, un dato confortante riguarda l'Italia.
La nostra Nazione conta il maggior numero di aziende certificate per la
responsabilità sociale. In Italia le imprese certificate sono 1.801 per 260.477
dipendenti. Il secondo posto è occupato dall'India con 953 imprese seguita dalla Cina
con 654. Interessante sottolineare che Nazioni come Germania e Francia, in genere
considerate all'avanguardia nella tutela dei diritti dei lavoratori, appaiano molto
indietro nella classifica.
Nel terzo capitolo viene presentato il tema della correlazione tra Corporate Social
Performance e Corporate Financial Performance. A partire dagli anni '70 molti
studiosi hanno cercato di individuare la natura del legame tra performance sociale e
risultati economico-finanziari delle imprese. Nel 1994 John Elkington introduce il
concetto di Triple Bottom Line, basato sulla relazione che intercorre tra dimensione
economica, dimensione sociale e dimensione ambientale. Secondo questo approccio,
ogni impresa deve cercare di perseguire simultaneamente gli obiettivi della
prosperità economica, dell'equità sociale e della qualità ambientale. Tuttavia, non
esiste uno standard universalmente accettato per le misure che compongono le tre
categorie cosi come non esiste un metodo standard per il calcolo della TBL. Inoltre,
la singola impresa non è in grado di perseguire individualmente l'obiettivo della
crescita economica sostenibile, ma è necessaria una maggiore cooperazione tra
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imprese, organizzazioni non profit e governi per il benessere dell'intero Paese. Ad
ogni modo, il concetto di TBL ha modificato il modo in cui le imprese misurano la
sostenibilità dei loro progetti. Non mancano, però, le sfide da affrontare. Queste
riguardano essenzialmente la misurazione delle tre differenti tipologie di
performance. Per queste ragione, nel corso degli ultimi decenni, le ricerche condotte
hanno portato a risultati anche molto contrastanti. Alcuni studiosi hanno riscontrato
una relazione negativa tra CSP e CFP, altri hanno evidenziato l’assenza di relazioni
significative tra le due dimensioni, altri ancora hanno dato prova di come le
prestazioni sociali finiscano per influenzare positivamente quelle economico-
finanziarie. Le cause di una cosi ampia variabilità di risultati, sono riconducibili
principalmente alla difficoltà di trovare strumenti e meccanismi in grado di fornire
misure attendibili delle prestazioni sociali delle imprese. Nonostante molteplici studi
abbiano dimostrato l'esistenza di una relazione negativa o addirittura neutrale tra
CSP e CFP, appare più corretto sostenere la capacità delle due dimensioni di
influenzarsi vicendevolmente. Le imprese migliori dal punto di vista economico-
finanziario sono anche in grado di investire in modo più efficace in attività e progetti
sostenibili. Allo stesso tempo, migliori performance sociali consentono di
raggiungere una maggiore solidità finanziaria. Investire in attività socialmente
responsabili, consente alle imprese di migliorare la propria immagine e reputazione,
attrarre i migliori talenti e aumentare il proprio valore di mercato. Inoltre, una
migliore performance sociale è in grado di influenzare l'atteggiamento degli
stakeholder. I consumatori saranno disposti ad acquistare i prodotti di queste imprese
a prezzi più elevati, i dipendenti preferiranno lavorare per tali società e gli investitori
saranno più propensi ad acquisire loro azioni.
Considerando le difficoltà appena citate, nel quarto capitolo ho deciso di
focalizzare l'attenzione sugli indici di sostenibilità che da circa un ventennio
permettono di misurare la performance delle aziende leader a livello mondiale in
termini di criteri economici, ambientali e sociali, fornendo agli investitori benchmark
oggettivi per la gestione dei loro portafogli di investimento di sostenibilità.
L'obiettivo del mio studio è quello di capire se, attraverso un confronto tra indici di
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sostenibilità e indici tradizionali, si riescano ad avere delle conferme circa la
correlazione positiva tra performance sociali ed economiche.
A tal fine, ho deciso di prendere come riferimento la famiglia di indici di sostenibilità
Dow Jones lanciati sul mercato nel settembre del 1999. Questi indici selezionano
soltanto le aziende più sostenibili, in settori che soddisfano determinati requisiti
minimi di sostenibilità. Le opportunità economiche, sociali ed ambientali delle
aziende vengono valutate attraverso un insieme specifico di criteri. Il criterio di base
seguito per selezionare le imprese facenti parte dell'indice è il Total Sustainability
Score (TSS), ovvero il punteggio totale ottenuto dall'impresa stessa nell'ambito delle
sue attività e iniziative sostenibili. Il TSS è calcolato annualmente dalla RobecoSAM
attraverso un'analisi nota come Corporate Sustainability Assessment (CSA). Si tratta
di un'analisi che coinvolge oltre 3800 imprese quotate in borsa in base ai criteri ESG.
Parte integrante della valutazione di sostenibilità aziendale è il monitoraggio
continuo dei media e delle altre informazioni pubbliche. Vengono presi in
considerazione dei criteri di sostenibilità generale per ciascuno dei 59 settori definiti
secondo l'Industry Classification Benchmark (ICB). A livello di settore, le industrie
considerate dalla RobecoSAM corrispondono alle classificazioni GICS standard
(Global Industry Classification Standard). Ogni impresa viene classificata in base al
punteggio totale raggiunto. Tuttavia, una volta che una società entra a far parte
dell'indice, viene monitorata giornalmente per verificare l'emergere di eventuali
problemi e criticità che potrebbero portare all'esclusione della società stessa dalla
famiglia di indici.
Nel quarto paragrafo ho analizzato i dati forniti dal Sustainability Yearbook del
2016. Si tratta di un documento che offre una panoramica dei risultati raggiunti
attraverso la CSA annuale e che evidenzia le tendenze di ognuna delle 59 industrie
analizzate. L'Yearbook presenta, per ognuno di questi settori, sia le imprese che
nell'ultimo anno sono state riconosciute come Leader di sostenibilità a livello
mondiale sia le società appartenenti alle tre categorie: Gold Class, Silver Class e
Bronze Class. Partendo dai dati disponibili ho, quindi, effettuato un'analisi settoriale
con lo scopo di evidenziare i principali risultati raggiunti dai diversi settori a livello
globale e di singola impresa. Successivamente¸ sulla base delle quotazioni di borsa
fornite da RobecoSAM e dal Financial Times, ho effettuato un'analisi comparativa
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relativa agli indici di sostenibilità Dow Jones, evidenziando inizialmente il differente
andamento delle più importanti aree geografiche, per poi confrontare l'indice di
sostenibilità Dow Jones World con il Dow Jones Global Index, per capire se
effettivamente le imprese sostenibili riescano a fare registrare delle prestazioni
mediamente migliori. Quello che sorprende è che a partire dal 2009, gli indici di
sostenibilità hanno fatto registrare un andamento peggiore che potrebbe portarci a
escludere l'esistenza di un legame positivo tra sostenibilità e performance
economico-finanziarie. La realtà è però molto diversa. La correlazione negativa tra
performance sociali e andamento dei titoli è dovuta a fattori difficilmente analizzabili
ma si può affermare con certezza che le imprese sostenibili sono in grado di ottenere
un costo del capitale più basso riuscendo quindi a finanziarsi pagando interessi meno
elevati rispetto alle altre aziende. Per queste ragioni, i risultati operativi e la
generazione di cassa delle aziende ad alta sostenibilità, superano spesso la media dei
rispettivi settori. Dunque è evidente il vantaggio che le imprese traggono dall'essere
inserite negli indici globali di sostenibilità ovvero dall'essere riconosciute tra le
aziende più sostenibili al mondo. Le aziende sfruttano i ratings di sostenibilità nella
loro attività di comunicazione e nelle loro campagne pubblicitarie, al fine di
presentarsi agli occhi dei consumatori e degli investitori come società sostenibili,
evitando di dare comunicazione su altri aspetti del loro agire.
In virtù di questi risultati contrastanti, è lecito domandarsi se le metodologie e i
criteri impiegati nella valutazione della sostenibilità aziendale e nella costruzione
degli indici siano affidabili. In genere si rilevano problemi di trasparenza in quanto la
fonte primaria di informazione rimane la valutazione che l'azienda da' di se stessa
attraverso il questionario CSA. Ciò porta a ratings costruiti sulla base di asimmetrie
informative piuttosto che su analisi equilibrate e su informazioni aziendali oggettive
e trasparenti. Inoltre, le agenzie impegnate nella costruzione degli indici di
sostenibilità, erogano servizi di diverse natura a molte delle aziende che
successivamente vengono invitate a partecipare al questionario e vengono valutate
per l'inclusione negli indici. Appare quindi scontato chiedersi se possa esistere un
conflitto di interessi che finisca col viziare le valutazioni e le classificazioni delle
imprese in ambito sociale, assicurando vantaggi ad imprese che sono meno attente di
altre alle problematiche etiche e sociali e alle esigenze dei diversi stakeholder.