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Introduzione
La presente tesi si propone di approfondire dal punto di vista teorico e pratico la
scrittura di sé in forma autobiografica, pensando a questo metodo come un possibile
spazio di cura della persona, utilizzato in ambito educativo e formativo.
La tesi è strutturata in tre capitoli.
Il primo capitolo, intende fornire un quadro generale dell’educazione per poter
esporre le fasi e le motivazioni che hanno portato l’educazione stessa ad utilizzare la
forma della narrazione, come strumento per la trasmissione della conoscenza. Nella
prima parte è esposto il rapporto che intercorre tra narrazione ed educazione.
Vengono sottolineare le componenti più significative insite nella narrazione stessa
come metodo e strumento educativo. Successivamente, si indaga l’influenza e la
collaborazione tra l’educazione, la pedagogia e la psicologia del profondo. Infatti, il
capitolo è concentrato prevalentemente sugli stati più intimi dell’uomo, cioè quelli
legati al suo sentire. Si parla della condizione dell’esistenza umana caratterizzata da
momenti di sofferenza e dolore, proponendo delle metodologie e dei percorsi per
imparare a so-stare nella condizione di sofferenza e di malessere.
Nel secondo capitolo sono proposte le linee generali dell’origine del genere
autobiografico, partendo dalla sua nascita ed esplorando le implicazioni che essa ha
non solo con la pedagogia ma anche con altre discipline. Vengono esposte le diverse
metodologie autobiografiche e alcuni dei contesti nei quali questo strumento viene
applicato ed utilizzato con un preciso scopo. Parlando di autobiografia, non poteva
non essere menzionato, il grande valore ricoperto dalla memoria, che verrà chiamata
successivamente memoria autobiografica, per poter permettere all’uomo di riportare
alla luce tutti i ricordi che in un secondo tempo riorganizzerà e utilizzerà nel suo
percorso di scrittura.
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Nel terzo ed ultimo capitolo, vengono esposte le prospettive pedagogico-educative
del metodo autobiografico. Il capitolo si concentra in modo particolare sulla forma
scritta, volendo descrivere le proprietà e le caratteristiche che rendono la scrittura
autobiografica come cura e ne facilitano l’utilizzo come pratica di cura di sé. Il
capitolo prosegue individuando alcuni degli strumenti di scrittura che possono essere
utilizzati come occasione, risorsa e spazio di cura, offrendo percorsi e prospettive a
riguardo. In particolare, tutta la trattazione, ha come tematiche centrali, quelle legate
agli stati di sofferenza dell’uomo. Occasioni dolorose ma utilizzate per giungere ad
una trasformazione personale diretta alla riprogettazione esistenziale.
La decisione di intraprendere il percorso di tesi incentrandolo sulla tematica
dell’autobiografia, è dovuto ad un forte interesse personale per il metodo in
questione. Credo vivamente nel potere nella scrittura e in modo particolare, nella
scrittura di storie, questioni, avvenimenti, pensieri, situazioni della propria vita
personale. La scrittura personale, sotto forma di diario, di appunti o semplici getti di
pensieri, mi ha sempre accompagnato durante la mia vita, anche se a fasi alterne. Ho
trovato rifugio in un foglio al quale ho consegnato i miei pensieri più intimi, a volte
dolorosi. Il risultato alla fine della scrittura, è stato sempre quello di provare una
sensazione di liberazione, leggerezza e nuova consapevolezza. La semplice passione
per la scrittura, mi ha portata ad approfondire questa tematica, arricchendo la mia
elementare conoscenza con spunti psicologici, pedagogici, formativi e metodologici,
acquisiti con la lettura di testi elaborati da alcuni dei più grandi autori del settore
autobiografico e narrativo. Conoscendo il piacere e il benessere che si prova nello
scrivere la propria storia, ho deciso di ampliare la mia conoscenza, elaborando questa
tesi, e magari diffondendo la mia stessa passione ad altri.
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Capitolo 1
Dolore e sofferenza: elementi dell’esistenza umana
1.1 Dall’educazione alla narrazione
Educare e narrare sono due parole che hanno un forte legame in quanto nascono
entrambe come esperienze, avvenimenti, momenti dell’esistenza umana. Sono gesti e
scelte che caratterizzano il lavoro dell’educatore, quanto quello dello scrittore. Si può
apprendere attraverso i racconti e si possono osservare gli eventi sotto altri punti di
vista nel momento in cui vengono raccontati. Ogni giorno si educa narrando,
utilizzando la forma della scrittura e del racconto. Le storie di vita di ogni singolo
soggetto, sono caratterizzate da una serie di intrecci, di significati, di trasformazioni,
di elementi che possono diventare uno spunto di vita per chi le ascolta. C’è un forte
legame tra il passato, il presente e il futuro di ognuno. Si racconta ciò che è stato per
trovare un significato nel presente e per poter scoprire nuovi orizzonti nel e per il
futuro, o semplicemente per lasciare una traccia della propria esistenza. La narrazione
può essere definita come uno strumento per l’educazione, uno strumento che è al di
fuori degli ambiti educativi predefiniti tali. Può divenire educativo anche il semplice
racconto di un’esperienza che ha determinato l’esistenza di un soggetto. ‘ Sono
entrambe parole, già lo si sarà colto, ricche di echi concettuali, di nessi significativi
tanto con la vita tangibile e pratica, quanto con le esigenze intellettuali che
concorrono, attraverso il racconto, a migliorare le prestazioni mentali: legate ai
processi cognitivi intrinseci alle capacità di raccontare e di comprendere,
memorizzare, riproporre il senso di una storia. ’
1
L’educazione attinge dalla
narrazione e la narrazione attinge dall’educazione. Narrando cresce la possibilità di
1
D. Demetrio, Educare è narrare, Mimesis, Milano, 2012, p. 14.
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attirare l’attenzione di chi ascolta poiché vengono toccati gli aspetti affettivi che
coinvolgono emotivamente e quindi permettono anche un tipo di apprendimento più
profondo e sentito. ‘Non c’è, del resto, esperienza educativa importante (imprevista o
progettata), nelle sue molteplici forme e opportunità, che non si avvalga delle
modalità narrative, più o meno ben adottate, per conseguire i suoi scopi. ’
2
Ci sono
storie e racconti che catturano l’attenzione e che diventano fonte di educazione, anche
casualmente. Approfondendo ulteriormente il binomio narrare-educare, si può
affermare che ‘ educare è concetto e parola che aggiunge ad una narrazione, o
assegna al narratore, uno scopo pedagogico. ’
3
Questo avviene sia quando un
racconto, anche involontariamente, ha come risultato quello di stimolare un aspetto
cognitivo, affettivo, o di aumentare la riflessività su una tematica, oppure, si pensi
all’Emilio di Jean Jacques Rousseau, considerato uno dei primi trattati pedagogici,
scritti con un preciso intento educativo. Per teorizzare il modello educativo che
riteneva auspicabile, l’autore ha utilizzato l’espediente -narrativo- di raccontare un
percorso che avesse il giovane Emilio per protagonista.
4
Quindi, entrambe le parole,
educazione e narrazione, hanno da sempre caratterizzato la vita di ogni singolo
soggetto, sia in ambiti predisposti all’educazione, ma anche in situazioni non studiate
e organizzate con questo fine. Tutti hanno una storia e possono raccontarla, come tutti
possono apprendere dai racconti delle storie altrui. Una racconto può incidere sul
modo di pensare e affrontare la realtà, può incoraggiare, favorire una riflessione più
accurata. Ma è opportuno sottolineare come l’educazione e narrazione non possono
essere utilizzati sempre come sinonimi o pensati come attività che lavorano sempre in
unione. Ci sono altri linguaggi (dell’immagine o del corpo) che hanno una grande
importanza per l’educazione stessa e vanno preferiti quando la situazione lo richiede.
Proseguendo nell’indagine, si può notare come l’apparato narrativo, non è di solo
appannaggio dell’educazione, ma è stato studiato e utilizzato come metodologia
anche da altre scienze. Si pensi alla psicologia, all’antropologia, alla sociologia e
2
Ibidem, p 25.
3
Ibidem, p 26.
4
Ibidem, p 75.
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all’interesse da parte delle neuroscienze. Infatti, è il nostro cervello, in primo luogo, a
rivelarsi l’apparto ricettore, inventore e diffusore di narrazioni. Secondo le ricerche
più recenti, la realtà che percepiamo, oltre a presentarsi come una incessante fonte di
stimolazioni sensoriali, non potrebbe essere mentalmente organizzata se non
potessimo avvalerci di modelli in grado di includere in insiemi di significato. Tali
modelli fra l’altro, come è noto, hanno dato via alle scienze e alle tecnologie
dell’informazione, alla costruzione dei computer, il cui funzionamento imita
potenziandolo i processi celebrali di cui disponiamo. Immettiamo dati e questi danno
luogo a storie, alle loro combinazioni infinite, a narrazioni.
5
Jerome Bruner, tra i
primi studiosi ad aver introdotto la ˝svolta narrativa˝ nelle scienze cognitive, afferma
che ‘la narrazione è riconducibile a processi neuronali organizzati in memorie,
schemi, programmi che accolgono il nostro bisogno e desiderio di non perderci, di
orientarci nel caos degli stimoli sensoriali, memoriali, emotivi cui il nostro apparato
ricettivo è esposto. ’
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Per Bruner, la narrazione permette di trovare un significato alle
esperienze e consente di controllare le azioni assegnando loro una direzione.
Dopo aver trattato alcuni aspetti legati al rapporto tra l’educazione e la narrazione, è
opportuno definire anche le strutture che caratterizzano il mondo dell’educazione e la
sua storia, per meglio comprendere come si sia arrivati a questo forte legame che
intercorre tra i due elementi.
L’educazione, oltre ad essere un’attività rivolta al ˝trarre fuori˝ e al ˝nutrire˝ che
significa orientare e tutelare una crescita, oggi si definisce come una partecipazione
attiva ad un processo di autoformazione, dove è lo stesso soggetto in crescita il
protagonista principale. L’educazione è anche un’attività di sostegno e
affiancamento, è un prendersi cura del soggetto nel processo di crescita complesso e
ricco di conflitti, caratterizzato da incertezze e crisi. L’educatore, figura professionale
preposta per questo compito, ha il dovere di favorire lo sviluppo dell’uomo
affiancandolo e orientandolo nel percorso che gli permetterà di raggiungere la piena
5
Ibidem, p 38.
6
Ivi, p 38.
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autonomia, sia a livello umano quanto sociale. È un processo sempre in itinere e
sempre incompiuto. L’educazione può essere considerata come una pratica
quotidiana che costituisce un elemento essenziale per lo sviluppo degli esseri umani,
che entrando in contatto con la realtà circostante, non può fare a meno di subire le
influenze dei momenti di conflitto o crisi che caratterizzano la società stessa. Anche
per questo, è necessario soffermarsi sui cambiamenti che hanno investito le
professionalità educative odierne rispetto al passato. La figura preposta
all’educazione, nel tempo si è fatta più complicata e anche più drammatica. Ogni
società educa i propri cittadini, fornendo contenuti e competenze che riflettono la
cultura e la storia del luogo. Essere educatore, significa comprendere il soggetto in
crescita, porsi in una condizione di aiuto, di ascolto, comprendere i tratti della sua
individualità e elaborare degli obiettivi e traguardi studiati intorno a tutta
l’impalcatura che caratterizza il singolo individuo. Ma oggi, le competenze che un
educatore deve possedere, non sono più semplici e acquisite una volta per tutte, ma
sono mutate e attingono non solo più su discipline prettamente umane, ma è una
formazione inter- intra disciplinare. Le competenze delle figure professionali devono
continuamente essere aggiornate, analizzate criticamente e rinnovate. È un continuo
aggiornamento che reclama una forte coscienza individuale, allenata alla rilettura del
proprio processo di formazione, sia professionale quanto umano. ‘Quanto alle
competenze esse sono di tipo comunicativo e relazionale, in primis, poi competenze
di riflessività, sia sull'iter formativo del soggetto, sia rispetto all'agire educativo
medesimo. Infine competenze di formazione in senso stretto, cioè di agire con/per nel
soggetto, ma al servizio di un suo percorso, avendo la capacità di interagire con quel
processo e partecipandovi e giudicandolo al tempo stesso; ’
7
L’educatore quindi, deve
possedere delle competenze differenti rispetto ad altre figure professionali che
lavorano nell’ambito educativo, ad esempio gli insegnanti, anche se ancora oggi
queste due differenti figure vengono ancora confuse o fuse. Le abilità devono essere
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http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/autobiografia.htm (ultima consultazione 08-01-2018)