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Introduzione
In un’Europa contraddistinta dall’inafferrabile concetto di governance, i
tradizionali strumenti di hard-law risultano sempre meno adeguati ed
efficaci agli occhi dei cittadini.
Al fine di colmare il divario tra le istituzioni ed il demos europeo, la cui
stessa esistenza è tutt’oggi controversa, sono indispensabili nuovi e più
flessibili strumenti, basati sul soft-law e rivolti a creare un canale di
comunicazione diretta con l’amministrazione stessa, al fine di attribuirle un
“volto umano”. L’Ombudsman europeo rappresenta la risposta a queste
emergenti necessità.
Originario della tradizione scandinava, la figura è equiparabile ad un
pubblico ufficiale, la cui indiscussa indipendenza è garantita dalla nomina
parlamentare e la cui azione è indirizzata verso la lotta alla cattiva
amministrazione. Rappresenta l’approdo più avanzato delle democrazie
occidentali e si è dimostrato un fondamentale attore in quel processo che ha
condotto le giovani repubbliche dell’Europa dell’Est a far propri i principi
dello Stato di Diritto.
L’obiettivo di questa trattazione è quello di dimostrare come
l’Ombudsman costituisca molto più di un controllore o di un mezzo
alternativo per la risoluzione delle controversie: esso rappresenta un nuovo
strumento diretto a far fronte a questioni tanto specifiche quanto sistemiche,
a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee, a smascherare
pubblicamente gli errori ed i soprusi della burocrazia ed a realizzare una
democrazia maggiormente partecipata.
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Si intende chiarire come quella che da alcuni viene considerata la sua
maggiore debolezza, ossia la totale assenza di poteri coercitivi, rappresenti
invece la sua ineliminabile peculiarità e la sua più grande risorsa, poiché in
grado di conferirgli una straordinaria flessibilità tanto nella gestione delle
controversie, improntate alla conciliazione e all’istaurazione di un dialogo
diretto tra l’amministrazione ed il cittadino, quanto nella ricerca attiva di
metodi per elevare gli standard dell’Unione sul piano istituzionale.
La figura non è completamente estranea all’ordinamento italiano, nel
quale si concretizza con l’esperienza del Difensore Civico, ma non può
tacersi come il nostro Paese sia l’unico nel contesto Europeo in cui
l’Ombudsman viene relegato al mero livello regionale, dove risulta troppo
marginale per godere di un’effettiva rilevanza a livello nazionale e
sovranazionale. Allo stesso tempo, la visibilità di cui gode l’istituzione
europea nel nostro Paese risulta decisamente scarsa e la denominazione
ufficiale di “Mediatore Europeo”, derivante dal francese “Médiateur
Européen”, non solo non è tra le più felici, ma è generalmente criticata poiché
tanto fuorviante quanto riduttiva. Tale appellativo richiama infatti l’idea di
un intermediario di tradizione civilista, riservando ai soli giuristi la
consapevolezza che si tratti invece di un’istituzione in grado di influire sul
funzionamento dello stesso apparato amministrativo dell’Unione ed il cui
obiettivo è quello di assicurare una maggiore integrazione e tutela ai
cittadini.
La trattazione rappresenterà uno studio critico dei testi normativi e
dell’interpretazione proposta da dottrina e giurisprudenza. L’analisi sarà
condotta avendo riguardo per l’evoluzione che le questioni hanno subito nel
tempo e tenterà di mantenere un atteggiamento oggettivo, così da non
risultare cieca alle mancanze ed alle pecche di questo nuovo strumento. Si
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avrà particolare riguardo nei confronti delle sinergie e dei contrasti che si
sono instaurati con le altre istituzioni, nella piena consapevolezza che
l’introduzione dell’Ombudsman rappresenti un’esperienza di “trapianto
istituzionale” di un organismo originariamente estraneo tanto alla tradizione
romanico-germanica quanto a quella anglosassone.
Il primo capitolo avrà ad oggetto l’analisi storica della figura, a cominciare
dalla sua genesi nel sistema svedese per poi descrivere la sua diffusione su
scala mondiale, fino all’adozione nell’ordinamento della Comunità Europea.
A tal proposito, ci si soffermerà ampiamente sui contrasti politici ed
istituzionali che hanno ritardato la nascita di un Ombudsman europeo, sugli
sforzi diretti a garantirgli un’effettiva autonomia e sulla più recente
esperienza che lo ha visto assumere un ruolo propulsivo a livello
amministrativo e normativo. Saranno analizzate le peculiarità della politica
adottata dalle tre personalità fin ora chiamate a ricoprire l’incarico e sarà
evidenziato come ciascuna abbia fatto tesoro dell’eredità del predecessore,
lasciando al contempo la propria impronta in un cammino contraddistinto da
una crescente intraprendenza nel nome dell’efficienza amministrativa e della
tutela del demos europeo.
Il secondo capitolo sarà orientato ad un’analisi prettamente istituzionale,
volta a rinvenire la base normativa dell’Ombudsman ed a descriverne i tratti
essenziali, la procedura di elezione e di destituzione, le garanzie
d’indipendenza e le funzioni assolte. In questa sede sarà valutato con
attenzione l’oggetto del suo mandato, tratteggiando quanto più chiaramente
possibile il multiforme concetto di maladministration. Verrà inoltre illustrato
come tale nozione di base sia stata espansa a seguito dell’introduzione del
Codice Europeo di Buona Condotta Amministrativa e come l’Ombudsman
sia progressivamente diventato un interlocutore fondamentale anche in
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settori originariamente estranei al suo mandato. A tal proposito saranno
analiticamente descritti i suoi contributi in tema di accesso ai documenti, di
accrescimento della trasparenza, di tutela dell’ambiente, di tutela dei gruppi
religiosi e delle organizzazioni non confessionali nel loro dialogo con le
istituzioni europee, di tutela dei diritti umani (con un’attenzione particolare
al diritto alla salute dei cittadini ed al trattamento riservato ai migranti da
rimpatriare). Verranno poi fornite indicazioni relativamente al suo intervento
nell’ambito dell’attività contrattuale dell’Unione (con specifico riferimento
alla materia degli appalti e dei concorsi) ed in settori meno convenzionali,
come nelle controversie in materia linguistica o nella lotta agli abusi
derivanti dalla comitologia e dal lobbismo. La trattazione proseguirà
prendendo in considerazione la possibilità che l’attività dell’istituzione possa
fondare il ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, alla luce
dell’articolo 340(2) del TFUE, e si cercherà infine di fornire una lettura
complessiva ed esauriente del ruolo che l’Ombudsman ricopre all’interno
dell’ordinamento Europeo, esponendo come la sua funzione di controllore e
quella di strumento rimediale gli abbiano conferito, combinandosi, un nuovo
ruolo di tipo para-normativo.
Il terzo capitolo sarà invece volto ad instaurare un dettagliato confronto
tra l’attività dell’Ombudsman e quella delle maggiori istituzioni europee con
cui negli anni è entrato in contatto, esponendo come l’aperta collaborazione
o l’aspro conflitto si siano sempre rivelati forieri di progresso ed efficienza.
Verranno analizzati i rapporti con l’“istituzione madre”, ossia il Parlamento
europeo, e con la sua Commissione per le Petizioni, al fine di chiarire come
il carattere di Ombudsman parlamentare sia potuto coesistere con i tratti di
autonomia ed indipendenza che contraddistinguono la figura. Verrà poi
analizzato il conflittuale rapporto con quello che può essere considerato il
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potere esecutivo europeo, ossia la Commissione, e verrà esposto come
l’intervento dell’Ombudsman abbia indotto la “Guardiana dei Trattati” a
rendere più trasparente ed oggettiva la gestione della procedura di infrazione.
Si analizzeranno brevemente le interazioni con la Banca Europea degli
Investimenti e si concluderà l’analisi con un’ampia trattazione delle
numerose e complesse interferenze che caratterizzano il rapporto tra l’attività
dell’Ombudsman e quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nel quarto capitolo l’attenzione sarà infine concentrata sul esperimento
della procedura, sulle sue peculiarità e sulle condizioni necessarie per la sua
ammissibilità. Verrà approfondito il peculiare aspetto delle indagini
autonome e il carattere di actio popularis che contraddistingue la procedura
ex articolo 228 TFUE, per poi esaminare i tratti tipici dei vari provvedimenti
che possono concludere tale procedimento. Verrà inoltre chiarito il vantaggio
offerto dall’assenza di poteri immediatamente efficaci nei confronti
dell’istituzione inquisita, fornendo l’ultimo tassello necessario per
comprendere pienamente il rapporto esistente tra l’Ombudsman ed il
Parlamento europeo.
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Capitolo I - Analisi storica
1. Genesi e diffusione dell’Ombudsman
La figura dell’Ombudsman ha origine in Svezia e nel corso degli anni si è
diffusa in un gran numero di Stati in ogni parte del mondo.
Nel 1712 Carlo XII, a seguito della sconfitta subita nella battaglia di
Poltava contro l’esercito dello zar Pietro il Grande, fu costretto a fuggire in
Turchia e a non far ritorno in patria per oltre un decennio. Informato del
precario stato in cui versava l’apparato amministrativo del suo regno e
ispirato dall’istituto del Diwan al-Mazalim
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, il sovrano inviò una missiva al
suo governo al fine di istituire il “Supremo Ombudsman di Sua Maestà”, il
cui compito era di assicurare che giudici e funzionari agissero in conformità
con la legge e, qualora così non fosse stato, di avviare un’azione sul piano
legale per inadempienza ai doveri. Negli anni a seguire, l’istituto subì
svariate modifiche
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e fu conteso tra i poteri statali come forma di controllo
sull’operato della controparte, per essere infine inserito, nel 1809, nella
costituzione svedese come organismo parlamentare con poteri e funzioni
che, dalla seconda metà del XIX secolo, divennero simili a quelli odierni.
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Letteralmente “ministero dei crimini”, il cui responsabile (Muhtasib) verificava e prendeva
provvedimenti, seppur non sulla base di criteri legali, in risposta alle lamentele dei singoli nei confronti
dei pubblici ufficiali accusati di azioni ingiuste, discriminazioni o abuso di potere. L’istituto sopravvive
ancora oggi in alcuni stati islamici.
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A partire dal nome, che già dal 1719 venne modificato in Justitiekanslern, ossia “Cancelliere della
Giustizia”.