3
Introduzione
Questa tesi affronta la questione della povertà che l’Europa si trova oggi, ancor
più che in passato, a dover contrastare. La recente crisi economica ha fatto sì che
povertà ed esclusione sociale si andassero diffondendo in maniera esponenziale,
colpendo milioni di persone e di famiglie che vivono in condizioni drammatiche.
Da qui il mio interesse nell’analizzare l’odierno scenario europeo,
caratterizzato dall’evoluzione di troppi rischi sociali, e nell’evidenziare l’importanza
e il valore che assumono le politiche di contrasto alla povertà.
È inaccettabile il livello di povertà raggiunto in Europa, e se fino a qualche
anno fa poteva essere considerato come un problema di una cerchia ristretta di persone,
adesso non risparmia nessuna fascia d’età o della società, nessuno è immune.
La crisi, indubbiamente, ha tra le sue conseguenze quella di aver generato
maggiore disuguaglianza, vulnerabilità e povertà, ma quest’ultima risulta essere, allo
stesso tempo, un fenomeno strutturale che evidentemente non era stato debellato in
passato, ma solo accantonato. Nel tentativo di fronteggiare la crisi sono state attuate le
cosiddette politiche di austerità, che, paradossalmente, hanno imposto restrizioni nelle
misure laddove sarebbero stati utili maggiori sostegni. Quale impatto hanno avuto in
un contesto già così segnato dal forte squilibrio tra risorse e bisogni?
Le grandi trasformazioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato questi
anni si riflettono nello scenario attuale, i cui rischi sociali risultano allarmanti, in
quanto vede presentarsi la povertà in ogni sua declinazione, dai disoccupati ai
lavoratori poveri, precari o con salari inadeguati, dai bambini agli anziani, dalle madri
sole agli immigrati, ecc.
Forse sembra sfuggire che la condizione di disagio propria della povertà possa
interessare nuclei finora ritenuti “al sicuro”, per via della presenza di un’occupazione,
o comunque discretamente inseriti in un tessuto denso di relazioni sociali, quindi in
forme di cittadinanza socialmente riconosciute.
Emergono nuove povertà che rappresentano un campanello d’allarme, poiché
minano le fondamenta della società in cui viviamo, anche in termini di sviluppo e di
prospettive di crescita, a causa della progressiva erosione del tessuto sociale che
comportano, e minacciano l’esistenza del nostro sistema democratico.
4
L’esperienza della povertà materiale, infatti, implica un processo di esclusione
dalla partecipazione alla vita sociale e politica, sia per la mancanza di risorse, materiali
e/o culturali, sia perché ci si sente, o si viene fatti sentire, inadeguati e diversi. Le
conseguenze della povertà abbracciano così tanti aspetti, strettamente materiali, e non,
dell’esistenza, che fanno sì che essa costituisca non solo un problema morale, di equità
o giustizia sociale, ma anche un problema di democrazia.
Pertanto diventa indispensabile l’azione delle istituzioni attraverso politiche
mirate, che diano nuova centralità alla questione e che intervengano sia in fase di
prevenzione, sia di risoluzione.
I sistemi contemporanei di welfare sono in grado di contenere la vasta mole di
dinamiche e problematiche che la povertà e l’esclusione sociale comportano? Essi
devono adattarsi ai cambiamenti, compito non di certo facile, ma doveroso per
neutralizzare l’incertezza con la quale la società oggi si confronta, per garantire una
prospettiva futura realmente positiva.
Conoscere la portata del fenomeno permette di poterne analizzare gli aspetti
che lo caratterizzano, le sue cause e determinare le relative soluzioni da mettere in atto.
Per far ciò è necessario, in primis, capire cosa vuol dire per una persona vivere in una
condizione di disagio, di privazione di beni e servizi, di impossibilità di svolgere
normalmente la propria vita.
La povertà si declina e si manifesta in molte forme, ma riguarda l’intera
esistenza dell’individuo. Questo suo essere multidimensionale crea inevitabilmente
molte difficoltà nella scelta delle politiche da attuare. Esse devono essere supportate
da studi che tengano ben presente ogni sua implicazione, perché la povertà
compromette lo svolgimento della vita e della partecipazione ordinaria al contesto
sociale.
Il primo capitolo vuole introdurre la questione della povertà e dell’esclusione
sociale, descrivendone caratteristiche e aspetti, in quanto è ormai comunemente
riconosciuta la sua multidimensionalità e dinamicità, le conseguenze che comporta
nella vita delle persone e le varie metodologie per misurarla. Ogni misura esprime una
visione diversa della povertà, o meglio un approccio ad un aspetto di essa. Bisogna
considerare solo il reddito? O, piuttosto, anche tutti gli altri fattori che determinano
l’effettivo stato di povertà ed esclusione?
5
Il secondo capitolo è incentrato sugli interventi di cui si avvalgono i governi
per contrastare la povertà e l’esclusione sociale, ma anche per prevenirla. Essi
rientrano in vari settori (assistenza, previdenza, sanità, ecc.) e presentano approcci,
obiettivi, applicazioni, vantaggi e limiti diversi. La povertà si differenzia nei contesti
in rapporto alle specificità presenti, e al suo variare si modificano anche le politiche
messe in atto per debellarla. Perciò esse variano, all’interno del quadro europeo, da
un paese all’altro, ma anche al variare del sistema di welfare adottato, con misure più
o meno idonee in relazione all’ambito territoriale del quale si occupano.
Il terzo capitolo analizza l’evoluzione della povertà e delle relative politiche di
contrasto a livello europeo, con un focus particolare per quanto riguarda il nostro
paese. Lo scenario della povertà è andato modificandosi nel corso del tempo, sia
perché oggi riguarda molte più fasce di popolazione che in passato, sia per gli effetti
che comporta nella loro vita. La povertà ha cambiato volto e con esso anche le
politiche, che hanno tentato di adattarsi al cambiamento.
Il quarto capitolo propone l’analisi di un’ottica futura mettendo in risalto
l’urgente priorità che i governi dovranno attribuire al contrasto della povertà, alla
modalità con la quale adattarsi al cambiamento scegliendo l’approccio più adeguato e
all’implementazione gli interventi necessari in relazione ai bisogni. L’azione
dell’Europa non può assolutamente prescindere da questo ambito di politiche, anzi
dovrà essere la chiave per lo sviluppo futuro.
Infine, il quinto capitolo si concentra su tre questioni strettamente connesse al
fenomeno della povertà. L’incidenza delle politiche di austerità implementate in questi
anni di profonda crisi, come esse, attraverso tagli, privatizzazioni e
deregolamentazione del mercato del lavoro hanno influito in una situazione già
precaria. La relazione tra lavoro e povertà, i fattori per i quali risulta fondamentale
l’occupazione per non cadere in povertà o per uscirne, ma allo stesso tempo, il motivo
per il quale non deve essere considerato come unica fonte per la risoluzione del
problema. La condizione di estrema povertà che si riflette nei flussi migratori di
milioni di persone che stanno investendo l’Europa, caratteristiche e conseguenze di un
fenomeno drammatico, del quale le politiche devono farsi carico per favorire la
crescita di contesti d’integrazione e contrasto alla povertà.
6
1. Povertà ed esclusione sociale
1.1 – Povertà: definizione e aspetti generali
4.102.000 persone oggi in Italia vivono in una condizione di povertà assoluta,
ovvero il 6,8% della popolazione. Ben 17.000.000 sono a rischio povertà ed esclusione
sociale.
Sono numeri che manifestano da soli la portata di questo fenomeno e il motivo
per il quale esso suscita oggi così tanto interesse.
La povertà non costituisce sicuramente un nuovo rischio sociale. Essa ha
accompagnato la storia dell’Europa sin dalle sue origini, aumentando in termini
assoluti nei periodi di crisi e depressione economica, e riducendosi generalmente
invece nei periodi di maggiore prosperità e crescita (Ranci – Pavolini, 2015).
A partire dagli anni settanta, è un problem pressure che prende piede sempre
più nelle società occidentali, da quando i poveri sono diventati una “questione sociale”
e su di loro sono state indirizzate indagini sociologiche e preoccupazioni politiche,
nonostante essi siano sempre esistiti.
Già Fargion (1997), quasi un ventennio fa, affermava che “si tratta della
crescita apparentemente incontrollabile di un complesso intreccio di fenomeni che ha
come denominatore comune la nuova povertà urbana. Nelle metropoli, mentre
aumentano i simboli di una società opulenta e consumistica, si moltiplicano anche le
isole di emarginazione e di miseria, cui fanno da corollario forme diverse di anomia e
di esclusione sociale”.
Questa realtà oggettiva, acquisisce una tale rilevanza sociale oggi ancor più che
in passato, tanto che non è possibile lasciare in secondo piano questo annoso problema,
poiché le istituzioni giocano un ruolo determinante attraverso le loro scelte di policy.
La conferma di un forte interesse a riguardo è data anche dall’attivazione della
Comunità europea del primo programma di intervento “senza che il trattato abbia
previsto i poteri d’azione specifici a tal uopo richiesti” per cercare di comprendere e
affrontare questa problematica. Quest’ultima, secondo l’Ocse, ha come cause il
deterioramento delle condizioni socio-culturali ambientali ed abitative, che riguarda in
particolar modo certe aree delle grandi metropoli, ed, inoltre, la presenza di barriere
7
che risultano invalicabili per le fasce “deboli” della popolazione per l’accesso al
mercato del lavoro istituzionale.
Ma cos’è la povertà? Cosa rappresenta per una persona “essere povera”?
Secondo Saraceno (2002) “essere poveri significa avere meno degli altri o
avere uno standard di vita inferiore a un minimo assoluto”.
È una situazione nella quale ci si sente inadeguati, a disagio con gli altri,
sconfitti, e si perde radicalmente la stima di se stessi, non solo per una questione
economica, ma perché riguarda varie dimensioni della condizione umana
1
.
Essere poveri significa essere “squalificati” cioè non avere più quel
riconoscimento di qualificazione dato per sottinteso in chi conduca una vita normale,
ed insieme venire espulsi, “non poter partecipare al gioco” delle relazioni entro le
regole interattive della normalità; in definitiva significa aver perso l’accesso a quei
rituali dell’interazione quotidiana che sorreggono la messa in atto di una realtà
condivisa fra chi è incluso nella accettabilità sociale (Giudicini- Pieretti- Bergamaschi,
1997).
Se si guarda a questo fenomeno analizzando la condizione dell’essere
considerata una persona povera, secondo Saraceno (2004) “la costruzione dei poveri e
dei socialmente esclusi come categorie sociali fanno altrettanto parte del processo per
cui individui e gruppi diventano poveri o socialmente esclusi, o viceversa escono dalla
povertà e dalla esclusione sociale, tanto quanto i meccanismi del mercato del lavoro o
delle vicende familiari”.
Sicuramente, questo può essere considerato un approccio particolare ma, a mio
parere, pone l’accento sull’importanza della definizione sociale e della considerazione
di una categoria nella società. La conseguenza diretta sarà l’atteggiamento che si avrà
nei confronti di quel determinato gruppo, che sia esso in un’accezione positiva o
negativa.
1
L’antropologo Arjun Appadurai aggiungerebbe che la povertà estrema è quella in cui viene
uccisa anche la capacità di aspirare, di immaginare di poter cambiare la propria condizione. È
una questione di risorse materiali, ma anche di controllo sul proprio orizzonte di vita, sullo
stesso senso di dignità e valore personale. In questo senso la povertà è una forma specifica di
disuguaglianza, in quanto non riguarda solo gradi di distanza tra gruppi o individui nella
disponibilità di risorse, ma una condizione di insufficienza (Saraceno, 2015).