8
Capitolo I
La criminologia e il suo
accostamento al reo
9
La nascita della scienza criminologica
Lo studio dei comportamenti criminali è una costante
nella storia dell’umanità. Nelle tragedie
1
e nella filosofia greca
l’interesse per il criminale e per il suo modo di agire era già stato
al centro dell’attenzione, anche se è solo con la filosofia dei lumi
che si comincia a preparare un modo nuovo di studiare il
fenomeno criminologico. Attraverso l’esperienza di Rousseau,
Montesquieu e grazie anche al contributo di Beccaria ed al
positivismo, si giunge a colui che, con un lavoro del 1876
intitolato “L’uomo criminale”, viene considerato il padre della
scienza criminologica, Cesare Lombroso, anche se in realtà il
1
Vedi ad esempio Medea e Oreste di Euripide
10
nome “Criminologia” si deve al titolo di un libro del 1885 di
Raffaele Garofalo.
I primi indirizzi criminologici affondano le loro radici
nel clima positivista di fine ‘800. Lo studio è quindi basato
sull’esperienza puramente empirica e lo scienziato criminologo si
muove come un ricercatore di qualsiasi altra disciplina
scientifica.
11
Lombroso tra intuizioni e limiti
Lombroso basò la sua ricerca su un accurato esame di
soggetti ritenuti criminali e di tutto l’apparato che li riguarda,
cioè disegni, tatuaggi, manufatti, giungendo alla conclusione che
sia un fattore congenito e fisico la causa della criminalità.
Elaborando una teoria bioantropologica e sotto l’influsso di
Darwin, Lombroso giunge a teorizzare la categoria del
“delinquente nato”. Questo tipo di soggetto presenta
caratteristiche ataviche tali da rendere impossibile l’adattamento
nella società. La sua teoria ebbe un forte impatto sulla cultura
dell’epoca e diede vita all’inizio della ricerca in criminologia. Il
12
limite di Lombroso fu quello di essere indissolubilmente legato al
clima positivista del tempo, e perciò gli fu impossibile elaborare
le sue affermazioni iniziali e difendersi dalle critiche che da più
parti giungevano, in particolare riguardo al problema del
delinquente malato di mente, considerato comunque una sorta di
delinquente nato, fino a giungere allo studio della donna
delinquente dove cadde più volte in contraddizione
2
. In realtà
Lombroso ebbe anche delle intuizioni geniali, anticipatrici in
qualche modo delle teorie psicoanalitiche, ma fu troppo legato ai
vincoli del clima positivisitico per liberarsene. Citando
letteralmente le parole di Michel David che ben illustrano la
situazione: “Lombroso ebbe anche lui certe intuizioni vicine a
quelle di Freud. Oltre al rigido materialismo, al determinismo e
2
Vedi A. Verde e M. Pastorelli “Il professor Lombroso e la donna
delinquente: il fallimento di un metodo” , “Rassegna italiana di criminologia
13
all’ateismo che ebbero in comune, Lombroso ebbe vivissimo il
senso dell’irresponsabilità dell’individuo anormale e delle
possibilità di una terapia… …anche lui sentì l’enorme valore del
concetto di “regressione” in mezzo alla visione ottimistica di
Darwin. Certo egli non vide questa regressione in senso
soggettivo, nella preistoria individuale, ma continuò a
considerarla nella sola preistoria bioantropologica, non riuscendo
a integrare le “lesioni” osservate con i “traumatismi” fatti
rivivere. L’atavismo stesso… …era per Lombroso un fenomeno
misterioso di protezione naturale davanti a certi fattori
traumatizzanti…”
Anno IX 1998”
14
La criminologia e i suoi problemi endemici
La Criminologia dopo Lombroso ha fatto passi da
gigante, supportata nella sua evoluzione dalle scienze che nel
frattempo andavano ad affermarsi come portatrici di nuove
metodologie di studio e concetti innovativi, ma si è dovuta
scontrare con problemi di diversa origine.
Problemi di tipo endemico nascono dal fatto che la
criminologia è una scienza assolutamente interdisciplinare. E’
legata a tal punto ad altre scienze, che è stata più volte messa in
discussione la sua stessa indipendenza. Alla vigilia del II
Congresso Internazionale di Criminologia svoltosi a Parigi nel
1950, si riconosceva l’esistenza di diverse scienze
15
criminologiche, in particolare la biologia criminale, la psichiatria
criminale, la psicologia criminale e la sociologia criminale, ma si
manifestava scetticismo sull’esistenza della criminologia in
quanto tale. Proprio i lavori di quel congresso e l’autorevole
relazione di Etienne De Greeff
3
affrancarono definitivamente la
scienza criminologica dal retaggio dei suoi illustri ma
ingombranti strumenti di lavoro, chiudendo definitivamente il
discorso sulla sua autonomia. In particolare il congresso giunse
alla conclusione che il punto di partenza della criminologia è di
tipo analitico: occorre sforzarsi di scoprire e definire, nel quadro
di ciascuna delle scienze fondamentali, i fattori specificamente
criminogeni e i loro caratteri, per passare poi ad un approccio di
tipo sintetico, allo scopo di individuare una causalità specifica
del delitto, in funzione dello sviluppo della personalità del
3
E. De Greeff, Criminogénèse
16
delinquente. Questo metodo va integrato con uno studio
dinamico, per giungere alla conclusione di scoprire quali siano e
come vadano individuate le correlazioni tra i diversi fattori
criminogeni nella genesi, nell’evoluzione e nello sviluppo
dell’idea e della possibilità del crimine. A queste affermazioni si
aggiunsero quelle di De Greeff che concretizzò questa ispirazione
affermando che la criminologia utilizza per i suoi scopi specifici
le discipline fondamentali.
Da allora sono stati superati i problemi di approcci
settoriali e risulta chiaro come la necessità della criminologia sia
quella di cogliere le interazioni tra i fattori che i vecchi studi
settoriali hanno messo in risalto e collegare queste interazioni ai
processi attraverso i quali si esprimono, vale a dire il “vissuto”
del delinquente.
17
Epistemologia della scienza criminologica
Risolti questi problemi, la criminologia si deve
raffrontare con quelli più propriamente connaturati al suo essere
una disciplina scientifica. Fondamentale è quello sollevato in
un’ottica epistemologica, definendo come epistemologia lo
studio critico dei principi, delle ipotesi e dei risultati delle diverse
scienze, diretto alla determinazione della loro origine logica, del
loro valore e della loro portata oggettiva
4
. In particolare l’oggetto
della scienza criminologica è stato identificato con il
comportamento antisociale nelle sue varie forme e quindi come il
fenomeno criminale in genere. Una corrente di pensiero ancora
4
Vedi G. Canepa, Personalità e delinquenza
18
esistente però tende a negare questa possibilità, sostenendo che la
criminalità è un dato troppo variabile nel tempo e quindi troppo
relativo per poter assurgere ad oggetto di studio scientifico. La
diatriba è stata risolta anche grazie alla definizione di Daniel
Lagache che ha precisato che per crimine si intende sempre
un’azione, commessa da uno o più membri di un gruppo,
contraria ai valori sociali. Due concetti nascono da questa
definizione e sono alla base dello studio criminologico: quello di
personalità e quello di valore. La personalità occupa sempre un
posto di primo piano nelle ricerche, in quanto il comportamento
antisociale è sempre originato da una personalità, considerata in
quanto individuo biologico e psicologico che include anche
valori trasmessi culturalmente e che appartiene ad un determinato
gruppo sociale. Nemmeno la criminologia clinica può
19
prescindere da questo concetto: ogni dato, anche parziale, può
acquisire valore e significato solo se accostato ad ogni altro nel
contesto individuale di una determinata personalità.
Da chiarire anche il concetto di valore, tacciato
ripetutamente e da più parti di incertezza. In realtà la scienza
criminologica non può prescindere da tale concetto, così come la
medicina non può prescindere da quello di salute. Di sicuro ne
vanno precisati però i confini, anche se non è facile stabilire
quando un comportamento sia sentito come contrario ad un
valore percepito dalla società come assoluto e quando invece si
tratti di un valore introdotto dai gruppi di pressione. A questo
proposito alcuni
5
hanno ritenuto che il comportamento
antisociale dipenda indissolubilmente dalla reazione sociale che
provoca, e vada studiato solo nel momento in cui essa è
20
provocata. In realtà è più corretto considerare che l’atto
criminale, oggettivamente presentato come un mancato
adattamento, è vissuto invece dal criminale come un adattamento
riuscito, collocato nell’ambito della ricerca di un suo migliore
equilibrio. Il criminale quindi sa di violare un valore tutelato
dalla società, ma ne accetta il rischio, considerandolo un passo in
avanti verso il raggiungimento di un equilibrio migliore.
Per quanto riguarda invece l’incertezza tra valori
assoluti e relativi, la dicotomia è stata risolta dal Garofalo con
una distinzione piuttosto risalente tra reati convenzionali e reati
naturali
6
che può essere accettata ancora oggi.
5
C. Debuyst, Modèle éthologique et criminologie, Bruxelles 1985
6
R. Garofalo, Criminologia, 1885
21
Tirando le fila del discorso si arriva al punto di
stabilire che l’oggetto della criminologia deve rispondere a tre
condizioni:
1) essere stato considerato un delitto lungo tutta la storia
del diritto penale
2) essere riconosciuto un crimine dai gruppi che
costituiscono lo Stato moderno
3) essere vissuto dall’autore come un’aggressione contro il
riconoscimento dell’altro e dei suoi diritti.