7
INTRODUZIONE
La nostra più autorevole dottrina economico-aziendale ci ha insegnato a pensare
all’azienda, come ad un «sistema aperto» che interagisce con l’ambiente a cui è
avvinto, tramite «l’attivazione di circuiti di relazioni», sia con le altre unità
aziendali che con l’ambiente di cui è parte integrante
1
.
In particolare, oltre a risentire delle mutazioni dell’ambiente in cui opera,
l’azienda si dimostra, al contempo, parte attiva nel provocarle, attraverso «le
decisioni assunte e le politiche gestionali adottate»
2
.
Perciò, anche il dato contabile finisce per esprimere la totalità di questi “atti di
comunicazione”, di questi “rapporti di scambio”, rivelandosi, quindi, non
soltanto, traduzione quantitativo-monetaria di un evento storico aziendale, ma
anche sintesi «di un sistema di valori» che rappresenta, da una parte, «premessa
e motivazione dei… comportamenti» dell’azienda stessa e, dall’altra «struttura
e conformazione dell’ambiente in cui opera»
3
. Come tale, l’azienda può definirsi
un vero e proprio «convertitore di valori», rispecchiante quel particolare
rapporto di incontro/scontro che lega la cultura antropologica alla cultura
aziendale.
In quest’ottica, anche il tema del bilancio d’esercizio non si esaurisce nell’esame
delle grandezze di sintesi ad esso correlate, ma comporta al suo lettore uno sforzo
maggiore, richiedendogli «di scavare sotto la scorza della superficie
quantitativo-monetaria del dato di conto per apprezzare il mondo interiore
dell’azienda medesima, cioè i suoi valori e la sua cultura: il Bilancio di esercizio,
in verità, possiede una miscela di “colori”, ognuno dei quali vela il sottostante,
creando l’effetto delle vicende storiche nel tempo»
4
.
1
M.G. BALDARELLI, “La responsabilità sociale nel terzo millennio: prospettive economico-
aziendali”, in A. MATACENA, M. DEL BALDO (a cura di), Responsabilità sociale d’impresa
e territorio. L’esperienza delle piccole e medie imprese marchigiane, Franco Angeli, Milano,
2009, p. 85.
«Qualunque organismo economico appare, in definitiva, come un nodo od un polo nel quale
convergono o dal quale dipartono legami rappresentati dai rapporti o dalle relazioni
interaziendali attivate e fra loro variamente connesse; questo stato di cose può essere raffigurato
mediante un modello schematizzabile come un sistema avente una struttura a raggiera, in modo
che ad un nucleo, posto al centro di quel sistema concernente l’azienda considerata, siano
collegati alcuni corpi periferici, cioè aziende terze»: G. CATTURI, Teorie contabili e scenari
economico-aziendali, Cedam, Padova, 1997, p. 3.
2
G. CATTURI, ibidem.
3
G. CATTURI, Teorie contabili e scenari economico-aziendali, op. cit., p. 242.
4
G. CATTURI, Principi di economia aziendale. L’azienda universale: l’idea forza, la
morfologia e la fisiologia, Cedam, Padova, 2012, pp. 466 ss.
8
Partendo da queste premesse, nel corso della trattazione, dopo aver avvertito ed
identificato un preciso bisogno di regole contabili “condivise”, si sono
ripercorse, senza alcuna pretesa di esaustività, le principali tappe evolutive del
processo di armonizzazione contabile che hanno condotto all’emanazione del
nuovo D.lgs. n. 139/2015. In particolare, il presente lavoro si prefigge di
esaminare le più importanti innovazioni normative che hanno colpito la materia
del bilancio d’esercizio, nonché le conseguenti criticità emergenti, con la
speranza di fornire utili spunti di riflessione.
9
Capitolo Primo
IL PROCESSO DI
ARMONIZZAZIONE CONTABILE:
RETE CONCETTUALE
1.1 Esigenza di regole contabili generalmente accettate
La crescente e progressiva integrazione delle economie, l’internazionalizzazione
e la globalizzazione hanno imposto l’esigenza di coerenti cambiamenti nella
capacità di offrire adeguate e razionali informazioni contabili ai decisori,
ponendo «al centro dell’attenzione il problema della comunicazione economico-
finanziaria tra operatori di differenti aree-territoriali»
5
.
È evidente, infatti, che «Come le barriere di diffidenza interpersonali possono
ragionevolmente cadere se i soggetti si esprimono nello stesso linguaggio o
comunque utilizzano i medesimi meccanismi di decodifica delle informazioni
ricevute, così le imprese che operano in aree territoriali differenti tessono
rapporti di affari con più facilità se reciprocamente possono acquisire
informazioni a carattere strutturale ed operativo che abbiano un significato
universalmente riconosciuto»
6
.
L’intellegibilità delle informazioni gioca, quindi, un ruolo decisivo nella
realizzazione degli scambi economici, conducendo tutti i “fruitori” del bilancio
all’assunzione di corrette decisioni «anche quando essi si trovano nella sempre
più frequente condizione di soggetti operanti in altri paesi»
7
.
5
E. PERRONE, Il linguaggio internazionale dei bilanci d’impresa, Cedam, Padova, 1992, XIII.
«Globalisation processes have been intensifying in all fields of socio-economic life worldwide.
New challenges have also arisen for the accounting profession that is expected to reach the
compatible financial reporting among countries to enable the capital and goods to flow across
the borders without obstacles. Widely-accepted “language of business” is considered necessary
for international business decision-making and their realization»: M.G. BALDARELLI, P.
DEMARTINI, L. MOSNJA-SKARE, International Accounting Standards for SMEs: Empirical
Evidences from SMEs in a Country in Transition and a Developed Country Facing New
Challenges, Juraj Dobrila University of Pula Department of Economics and tourism “Dr. Mijo
Mirkovic'”, Pola (Croazia), 2007, p. 9 (Preface).
6
G. CATTURI, La redazione del bilancio di esercizio: secondo la dottrina, la normativa
comunitaria, civilistica e fiscale, Cedam, Padova, 2009, p. 4.
7
R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale: dall’armonizzazione contabile al bilancio IFRS,
Cedam, Padova, 2010, p. 114.
10
Non solo, un linguaggio contabile “generalmente accettato” - oltre a migliorare
il valore segnaletico delle informazioni e accrescerne la comparabilità
8
-
risponde, inoltre, ad un principio di efficienza del mercato: la presenza di
differenze contabili
9
funge, infatti, da barriera per le imprese orientate ai mercati
esteri, le quali, vengono gravate da ulteriori costi (cd. compliance costs
10
), dovuti
alla compresenza di diversi sistemi di regole contabili da dover rispettare
11
.
Più esplicitamente, nel caso in cui un’impresa decida di quotarsi in borsa, a
quest’ultima verrebbe richiesto di redigere «il proprio bilancio sulla base dei
principi contabili di quel paese con la conseguenza, paradossale, di redigere tanti
bilanci quanti sono i mercati in cui ci si vuole quotare»
12
.
Tuttavia, occorre considerare che, se da un lato la “distanza spaziale” fra le
imprese può essere agevolmente valicata «con l’innovazione tecnologica ed il
notevole incremento delle vie di comunicazione», per quanto riguarda la
corrispondente “distanza culturale”, invece, non è sostenibile ritenere che questa
possa essere sempre colmata in maniera altrettanto semplice. Infatti, la presenza
di differenze antropologiche e culturali fra i diversi sistemi contabili si pone ad
ostacolo al perseguimento di un obiettivo di armonizzazione contabile
13
.
Autorevole dottrina ritiene, perciò, che un qualunque processo di
armonizzazione contabile debba fondarsi sulla conoscenza e sul rispetto dei
L’elevato rischio derivante da valutazioni errate, «oltre a scoraggiare eventuali investimenti,
determina, al contempo, una difficoltà per le imprese europee di reperire capitali al di là dei
propri confini nazionali»: FONDAZIONE LUCA PACIOLI - Osservatorio Principi Contabili
Internazionali, Gli IFRS nell’economia e nei bilanci delle imprese. L’armonizzazione contabile
nell’Unione Europea, op. cit., p. 4.
8
«Accounting harmonization is important… as quantitative reply to comparable economic and
financial communication needs in different world countries. In this way it is possible to allow
more comprehensible business financial information deriving from financial statement
information system»: BALDARELLI M.G., DEMARTINI P., MOSNJA-SKARE L.,
International Accounting Standards for SMEs: Empirical Evidences from SMEs in a Country in
Transition and a Developed Country Facing New Challenges, op. cit., p. 19.
9
Per un’esaustiva analisi delle cause alla base delle diversità riscontrabili nei diversi sistemi
contabili nazionali si veda R. DI PIETRA, “Le cause delle diversità delle norme contabili”, in
Rivista dei Dottori Commercialisti, Giuffrè, Milano, 1993, n. 3.
10
Sul concetto di “compliance costs” e della relativa classificazione si veda R. DI PIETRA,
Ragioneria internazionale e armonia contabile, Cedam, Padova, 2000, p. 231 ss.
11
In tal senso si veda R. DI PIETRA, Armonizzazione e standardizzazione contabile tra
globalizzazione e localismo, in Quaderni Senesi di Economia Aziendale e di Ragioneria, Serie
Interventi n. 85, Siena, 2003.
12
FONDAZIONE LUCA PACIOLI - Osservatorio Principi Contabili Internazionali, Gli IFRS
nell’economia e nei bilanci delle imprese. L’armonizzazione contabile nell’Unione Europea,
Studio n.4, Documento n.13 del 22 maggio 2002, p.4.
13
BALDARELLI M.G., DEMARTINI P., MOSNJA-SKARE L., International Accounting
Standards for SMEs: Empirical Evidences from SMEs in a Country in Transition and a
Developed Country Facing New Challenges, op. cit., pp. 9 e 20.
11
valori culturali propri di ciascun Paese, in quanto un’eccessiva standardizzazione
determinerebbe il rischio di un “appiattimento” solo apparente delle differenze
culturali in essere, “mascherando”, quindi, un’uniformità che in realtà non
esiste
14
.
Per di più, occorre tenere in debita considerazione anche i relativi costi - diretti
e indiretti - che un’informativa trasparente e confrontabile comporta.
I costi diretti sono rappresentati dagli oneri che le imprese debbono sostenere
per la predisposizione, pubblicazione e certificazione dei propri bilanci.
I costi indiretti attengono, invece, al rischio che soggetti terzi, come per esempio
i competitors, i sindacati, le autorità di regolamentazione e le autorità fiscali,
utilizzino le informazioni divulgate dall’impresa a proprio vantaggio
15
.
In definitiva, la scelta di dotarsi di regole contabili accettate a livello
internazionale comporta un trade-off tra costi e benefici, ponendo a carico degli
organismi deputati alla loro emanazione un attento esame di tale trade-off, al fine
di evitare un eccessivo aggravio per le realtà di minori dimensioni.
14
M.G. BALDARELLI, “La responsabilità sociale nel terzo millennio: prospettive economico-
aziendali”, in A. MATACENA, M. DEL BALDO (a cura di), Responsabilità sociale d’impresa
e territorio. L’esperienza delle piccole e medie imprese marchigiane, Franco Angeli, Milano,
2009, p. 62.
«We think that reciprocal knowledge and respect of cultural values of enterprises that are typical
in different countries, is at the base of a progressive process of accounting harmonization.
Actually, harmonization must consider cultural differences existing in different countries, which
influence, also, accounting and financial reporting»: M.G. BALDARELLI, P. DEMARTINI, L.
MOSNJA-SKARE, International Accounting Standards for SMEs: Empirical Evidences from
SMEs in a Country in Transition and a Developed Country Facing New Challenges, op. cit., p.
20.
15
L. HAIL, C. LEUZ, P. WYSOCKI, Global Accounting Convergence and the Potential
Adoption of IFRS by the United States: An Analysis of Economic and Policy Factors, 2009,
http://www.lse.ac.uk/accounting/news/mafg/leuzpaper.pdf, p. 13.
12
1.2 L’armonizzazione contabile: un processo culturale
16
La riduzione delle distorsioni informative derivanti dalla presenza di regole
contabili differenti può essere ottenuta mediante processi di:
1. armonizzazione
2. standardizzazione
Parliamo di armonizzazione quando un organismo sovranazionale si propone di
incrementare la comparabilità tra i diversi sistemi contabili nel rispetto delle
posizioni e dei valori culturali propri di ciascun scenario. Essa, ammettendo che
le differenze osservabili nei diversi contesti nazionali siano giustificate da fattori
di ordine ambientale
17
, si dimostra perseguibile solo da quei Paesi che
evidenzino una situazione socio-economica quantomeno simile.
Viceversa, parliamo di standardizzazione quando un organismo sovranazionale
fissa un set di standard vincolanti, cui le imprese necessariamente dovranno
uniformarsi e conformarsi nella redazione dei propri bilanci annuali.
La ratio delle due soluzioni prospettate si dimostra del tutto opposta: mentre nel
caso della standardizzazione il processo di convergenza «continuerà fino a
quando gli scenari economico-aziendali ed antropologici lo renderanno possibile
rendendo talvolta necessaria la ridefinizione di nuovi standard secondo
16
Catturi sottolinea che la cultura, pur essendo suscettibile di essere definita nei modi più
svariati, si riferisce in ogni caso al «complesso delle conoscenze, delle credenze, delle fantasie,
delle convenzioni, delle norme, delle sanzioni, dei simboli, dei valori che presiedono i differenti
modi di comportamento e, quindi, le fattispecie degli scambi tra individui e tra di essi con
l’ambiente; in definitiva, quel concetto si riferisce all’insieme coordinato degli obiettivi che
contraddistinguono il modo e la qualità della vita di un popolo»: G. CATTURI, L’azienda
universale. L’idea forza, la morfologia e la fisiologia, Cedam, Padova, 2003, p. 82.
Secondo Boas se estendiamo tale concetto, non soltanto al “patrimonio delle conoscenze” che le
persone facenti parte di una comunità si sono impossessate “per imitazione, addestramento o
apprendimento” ma anche ai “prodotti fabbricati da quelle stesse persone”, la cultura si estrinseca
nella «totalità delle reazioni e delle attività intellettuali e fisiche che caratterizzano il
comportamento degli individui che compongono un gruppo sociale – considerati sia
collettivamente che singolarmente – in relazione al loro ambiente naturale, ad altri gruppi, ai
membri del gruppo stesso, nonché quello di ogni individuo rispetto a se stesso. Essa comprende
anche i prodotti di queste attività e la funzione che essi assolvono nella vita dei diversi gruppi.
La cultura non si riduce tuttavia alla semplice enumerazione di questi vari aspetti della vita; essa
è qualcosa di più, perché i suoi elementi non sono indipendenti ma possiedono una struttura»:
BOAS F., “Il concetto di cultura”, in P. ROSSI (a cura di), Il concetto di cultura: i fondamenti
teorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino, 1970, p. 35.
17
Per un’esaustiva esposizione di come le differenze contabili riscontrabili nei diversi scenari
trovino giustificazione nei differenti valori di ordine culturale e sociale si veda il contributo di
S.J. GRAY, Towards a Theory of Cultural Influence on the Development of Accounting Systems
Internationally, in Abacus, 1988.
Gray, sulla base del precedente lavoro sviluppato da Hofstede, illustra che i valori sociali e
culturali esistenti sono il frutto di influenze esterne e di natura ambientale, ed esercitano a loro
volta un’influenza determinante a livello istituzionale, in termini di sistema legale, governo delle
imprese e mercato finanziario.
13
un’evoluzione discontinua»; nel caso dell’armonizzazione tale processo richiede
«una costante linea di coerenza con l’evoluzione degli scenari allo scopo di
giungere all’affermazione di un’unitaria cultura economico-aziendale»
18
.
Quindi, seppure entrambe giungano allo stesso risultato - il superamento o la
riduzione delle differenze contabili – le modalità con cui vi pervengono si
dimostrano del tutto opposte:
l’armonizzazione è il risultato di un processo che sfrutta le diversità
riscontrabili per arrivare ad un nuovo scenario comune e condiviso
caratterizzato da un’unitaria cultura economico-aziendale;
la standardizzazione si avvale, invece, della preventiva identificazione
della nuova realtà cui dovranno convergere le preesistenti situazioni
19
.
Quanto è stato appena descritto può essere sintetizzato nel seguente schema:
Figura n.1
Fonte: R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale: dall’armonizzazione
contabile al bilancio IFRS, Cedam, Padova, 2010 p. 55
Il processo di armonizzazione contabile si traduce in un vero e proprio processo
culturale
20
: l’evoluzione della cultura antropologica
21
determina un
corrispondente e progressivo mutamento della cultura economico-aziendale
producendo un avanzamento nel processo di armonizzazione.
18
R. DI PIETRA, Dai “principi” agli standards” contabili internazionali riflessioni sul
cambiamento metodologico in atto, Quaderni Senesi di Economia Aziendale e di Ragioneria,
Serie interventi n° 99, Siena, 2005, p. 15-16.
19
R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale: dall’armonizzazione contabile al bilancio IFRS,
op. cit., p. 55.
20
Catturi osserva come «il conto essendo capace di trasferire informazioni, assume rilevanza
anche come strumento di trasmissione di cultura da un popolo ad un altro, poiché i modelli di
comportamento, l’insieme delle credenze, dei valori, delle norme e dei presupposti che formano
il substrato di ogni cultura, trovano frequente traduzione in termini di conto»: G. CATTURI,
Attività ed attori economici nello scenario post-pacioliano, Cedam, Padova, p. 8.
21
Secondo Catturi, la cultura antropologica trova concreta espressione «nell’insieme delle
attività intraprese, […],cioè nei cosiddetti “valori storici”, ovvero nei risultati conseguiti con
quelle attività e, quindi, anche nei prodotti fabbricati e nei servizi resi per il soddisfacimento dei
bisogni via via avvertiti» da una comunità di persone considerata in un determinato periodo
storico e in un determinato ambiente. G. CATTURI, La cultura del controllo aziendale:
significato e strutture operative, in Controllo di gestione, n. 4, luglio/agosto 2004 p. 3-4.
14
Il percorso descritto fa leva sulle modificazioni culturali ed assume una forma
circolare, o meglio elicoidale: l’evoluzione progressiva dei diversi sistemi
influenza l’armonizzazione contabile e, mediante questa, concorre alla
formazione di una comune e condivisa cultura economico-aziendale
22
.
Figura n.2
Fonte: R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale e armonia contabile, Cedam,
Padova, 2000, p. 141
Catturi individua come caratteri salienti e dominanti della cultura economico-
aziendale
23
:
1) la struttura del contesto o tessuto economico o ambiente in cui si svolge
l’attività aziendale;
2) la tipologia di aziende e il relativo “codice di comportamento” ossia:
- i principi organizzativi dei fattori aziendali;
- il “sistema degli obiettivi operativi”;
- gli strumenti utilizzati;
- le forme di collaborazione, aggregazione e/o concorrenza;
- i processi economici in atto, la tipologia di prodotti e servizi erogati
22
R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale e armonia contabile, op. cit., p. 141.
23
G. CATTURI, Teorie contabili e scenari economico-aziendali, Cedam, Padova, 1997, pp. 236
e ss. L’Autore evidenzia come causa principale dell’evoluzione della cultura economico-
aziendale «l’uso ripetuto e diffuso nella generalità degli operatori aziendali di determinati
strumenti gestionali e per conseguenza le manualità e le informazioni via via acquisite e diventate
elementi del patrimonio conoscitivo dell’universo di quei medesimi operatori […]: il filo
ininterrotto della conoscenza lega indissolubilmente esperienze vissute e comportamenti adottati,
cioè i dati storici con gli obiettivi che si intendono raggiungere. […]
È attraverso l’uso accettato e generale di un qualunque strumento e della relativa metodologia
d’impiego che i suoi utilizzatori rendono uniforme la propria condotta, amalgamando in
definitiva differenti aree territoriali. La continua e ripetuta adozione di specifici strumenti
gestionali, pertanto, favorisce l’espansione e l’affermazione di una certa tipologia aziendale e
dei relativi criteri di conduzione, ampliando i mercati e propagando cultura»: ibidem.
15
Figura n. 3
Fonte: G. CATTURI, L’azienda universale. L’idea forza, la morfologia e la
fisiologia, Cedam, Padova, 2003, p. 85
La cultura aziendale presente in un particolare momento storico in un
determinato “ambiente” non è altro che il prodotto delle interrelazioni in atto fra
le diverse dimensioni della cultura antropologica
24
.
Per meglio comprendere questo rapporto di interdipendenza tra la cultura
economico-aziendale e la cultura antropologica ed individuare lo “snodo” che
l’unisce l’una all’altra Catturi osserva che è proprio l’evoluzione della cultura
generale o antropologica a costituire la causa principale «delle modifiche degli
obiettivi conoscitivi e gestionali che nel tempo gli organismi aziendali si
prefiggono di raggiungere». Da tale evoluzione ne consegue una ulteriore negli
strumenti di controllo adottati o nell’introduzione di nuovi in risposta alle mutate
condizioni ambientali e aziendali. La progressiva diffusione e il costante utilizzo
di tali strumenti nonché le nuove esperienze acquisite dall’impiego degli stessi,
se traslati sulla totalità degli operatori aziendali, concorre al mutamento della
24
R. DI PIETRA, Ragioneria internazionale: dall’armonizzazione contabile al bilancio IFRS,
op. cit., p. 29.