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Prima parte: Marcel Galliot: alla
ricerca di uno studioso perduto
La presente tesi ha come oggetto primario un Saggio del 1955 scritto da Marcel Galliot; un personaggio di
cui si sa molto poco ed è stato a lungo dimenticato. Anche il suo saggio “Essai sur la langue de la réclame
contemporaine” non viene citato di frequente nella bibliografia di riferimento, pur essendo stato un
antesignano di indiscutibile valore.
Le ragioni di tale “rimozione” restano oscure, ma sono state per me stimolo a ricercare dati,
approfondire lo studio sull’argomento e dirimere ogni perplessità e dubbio su questa “sparizione”. Che cosa
intendo per scomparso? Non esiste oblio di quel che non si conosce, ed è proprio l’esigua fama in Europa di
questo testo che lo rende irriconoscibile agli esperti del settore; in che modo si capta la riconoscibilità? Dalle
menzioni o citazioni, dalle traduzioni in diverse lingue di diversi paesi, dal rilievo datone dai mezzi di
comunicazione (o forse un Saggio che denuncia i mezzi di comunicazione ed i mezzi di comunicazione
stessi, mi si perdoni l’epifora, sono come due particelle di neutroni con la medesima carica), in sostanza
Marcel Galliot fu un vero e proprio luminare (e la magniloquenza del termine è più che adeguata) nello
studio socio-psicologico, ontologico, linguistico e olistico della réclame ( in tutte le sue forme) di fine secolo
XIX e XX. In particolare seppe delineare e trarre l’ isomorfia dell’essenza stessa della réclame che è la pietra
miliare della sua genesi e del suo sviluppo nei decenni e nei secoli fino ad oggi. È stupefacente e quasi
sospettoso che non siano esistiti esperti di psicologia della pubblicità (tanto per citare una nicchia
dell’emisfero pubblicitario) nel mondo o in Europa che non abbiano adottato questo testo come fulcro
centrale di riferimento, anche se il suo esasperato purismo è stato sicuramente un forte deterrente. Pur se con
uno sguardo critico, tuttavia, l’analisi di Galliot avrebbe senz’altro meritato il riconoscimento di
avanguardia, di studio precursore sull’emisfero pubblicitario anche rispetto a ciò che oggi sappiamo della
comunicazione on- line. Proprio per questo, ho deciso di indagare più approfonditamente e la ricerca mi ha
portato fino a Parigi, precisamente nel cuore della patria della francofonia e della francesità: L’Académie
Française, 23 Quai de Conti, Parigi. Alla questione del misterioso oblio, fin dall’Italia mi ero accorto che si
aggiungeva intorno a Galliot un ulteriore problema o enigma: dai dati presenti in internet risultava plausibile
credere che siano esistiti due Galliot, il primo era un autore di testi di linguistica francese (la linguistica altro
ramo cruciale della mia ricerca) tra i quali il Saggio che fa da sfondo a questa prefazione, con irrisorie
informazioni biografiche piuttosto che accademiche o bibliografiche; il secondo Marcel Galliot che affiorava
dai risultati di google, era invece un “Héros méconnu de la seconde guerre mondiale”. Da qui si è sviluppato
quello io ho soprannominato il meta-mistero ed una “coincidenza significativa” direbbe C. J. Jung, poiché se
non Marcel Galliot, ma la sua opera precorritrice fu “méconnue” o forse “inconnue” sarebbe più corretto.
7
Proseguendo sul secondo Galliot (omonimo nel nome e nel cognome) si hanno a disposizione una miriade di
informazioni biografiche delle quali si possono estrapolare le più importanti: ufficiale di polizia a Nancy per
circa 20 anni, nel settembre 1942 salvò molte famiglie ebree nascondendole e sottraendole alle grinfie delle
SS naziste e procurandogli dei documenti di identità falsi, fu arrestato dalla Gestapo nell’aprile del 1943 e
internato nel campo di concentramento di Compiègne, cinque mesi più tardi fu deportato a Buchenwald, fu
liberato nell’aprile 1945. Ma quale era l’anello di congiunzione tra il Marcel Galliot linguista ed il Marcel
Galliot ufficiale di polizia se ivi le informazioni del primo non appaiono in nessuna ricerca collegate a quelle
del secondo? Quasi come se fino al 1945 fosse stato qualcuno e da quel momento fosse diventato un’altra
persona. Ogni dubbio è stato infine fugato per la perfetta coincidenza delle due date di nascita, in base alle
quali ho potuto accertare che non trattavasi di pura omonimia: la date di nascita e morte sono le medesime
(1899-1989). A questo si è aggiunto il paragrafo dedicato alle “Note preliminari” del Saggio “Essai sur la
langue de la réclame contemporaine” nelle quali l’autore confessa che “la guerre, la captivité et ses suites,
m’ont tenu éloigné de toute besogne sérieuse pendant sept ou huit bonnes années”
1
(la guerra, la prigionia e
le loro conseguenze, mi hanno tenuto lontano dai bisogni importanti durante sette o otto anni) captivité! Mi
sono detto: captivité è quel che cercavo! Nella fastosità gallica dell’Académie Française, luogo di orgoglio e
amore patriottico sconfinati, custode dei segreti secolari linguistici e paralinguistici, mi sentivo
impulsivamente avvolto dalla rassicurazione che se non completamente, ma almeno in gran parte, questi
tunnel sotterranei avrebbero trovato un raccordo. Quei massimi esponenti della francesità non seppero
rispondere empiricamente alla domanda (secondaria ai fini di questo lavoro) formulata all’inizio di questa
prefazione ed alla sua relativa subordinata, ma svelarono l’arcano: come sospettato a lungo i due M. Galliot
erano in realtà una sola persona; perché google non unisse il Galliot ante 1945 e quello post 1945 rimane
ugualmente un mistero al quale mi si è obiettato con supposizioni omettibili, e che il tempo non mi permette
di approfondire, esattamente come resta il riserbo sull’oblio di un testo di innegabile rilievo. Sorgevano altre
domande: cosa ha portato M. Galliot a diventare uno scrittore di saggi sulla linguistica francese dopo la sua
deportazione e liberazione? Quale è il trait d’union tra un ufficiale di polizia ed uno scrittore di saggi? Perché
questo radicale cambiamento di vita? Tutte queste ultime domande non hanno trovato una vera e propria
risposta, frutto di empirismo e ricerca; e pur senza queste risposte avevo tutto quello di cui avevo bisogno per
elaborare il lavoro qui presentato, ed innanzitutto avevo la domanda di primaria importanza che ho accennato
in apertura di questo paragrafo, il nucleo centrale sul quale ho sviluppato la mia tesi: perché gli arbori della
réclame francese (databile tra la fine del secolo XIX e la prima metà del XX) segnano il pionierismo di
questo fenomeno che in seguito si chiamerà pubblicità, e possono essere considerati la pietra miliare ed il
sacro graal della pubblicità che conosciamo oggi in tutto il mondo? L’introduzione che seguirà la prefazione
sarà impostata su qualche excursus storico non troppo prolisso perché la mia domanda oltrepassa la verità
storica ed i particolari tecnici potranno essere approfonditi su tutti i manuali di storia della pubblicità; la mia
domanda si sviluppa sull’eziologia di un fenomeno che da una parte del globo terrestre avrà ripercussioni nel
1
Galliot Marcel, Essai sur la langue de la réclame contemporaine, Toulouse, Ed. Edouard Privat, 1955, pag XI
8
tempo e nello spazio universalmente e M. Galliot mi ha aiutato notevolmente sotto ogni aspetto a dar forma
ad una visione olistica della pubblicità. Ai fini della mia ricerca ritengo che Galliot abbia colto l’aspetto
antesignano della réclame francese proprio attraverso il suo atteggiamento purista e di denuncia quasi
beffarda, attraverso un atteggiamento erudito che rappresentava un suo punto di forza ed un suo limite e le
sue visioni apocalittiche in termini linguistici a causa della sua attitudine purista. Per questa ragione sono
stati selezionati e tradotti fedelmente quei paragrafi del Saggio di Galliot “Essai sur la langue de la réclame
contemporaine” che rappresentano dei nodi tematici e che sono come degli anagrammi che rispondono poco
a poco e “subdolamente” alla domanda formulata per la stesura di questa tesi. Assieme alla traduzione sono
presenti delle considerazioni critiche nelle quali ho tentato di creare un parallelismo pubblicitario tra epoche
e paesi differenti. Il paragrafo che segue è stato incentrato su excursus storico-letterari della pubblicità ai suoi
arbori ed allo studio lessicologico; il primo capitolo tratta i mezzi espressivi della pubblicità; nel secondo
capitolo si esamina la maniera di presentare; il terzo capitolo è incentrato sulle forme di presentazione; il
quarto capitolo è dedicato ai temi della pubblicità; nel quinto capitolo è messa in rilievo l’influenza del
modernismo, della scienza e della tecnica nel campo pubblicitario, in un periodo storico che le vede nascere
e diffondersi vertiginosamente in tutto il mondo; il sesto capitolo è consacrato alla fustigazione purista di
Galliot verso quelli che definisce “orrori ortografici” e verso le “invasioni linguistiche straniere”
notoriamente anglosassoni; la tesi terminerà con un paragrafo dedicato all’ex-nihilo nella pubblicità che è
quasi una metafora della sua vera essenza, della sua nascita e della sua morte simbolica, ma questo aspetto
verrà analizzato nella conclusione, insieme alla critica delle ragioni relative alla scomparsa di questo autore
ed il suo saggio. Nel corso della tesi, come si vedrà, saranno numerose le considerazioni sul francese
pubblicitario ed il contributo che ha portato sulle nuove tendenze
La consultazione di altri testi, pubblicazioni, giornali d’epoca e saggi della Francia che va dagli anni
30 agli anni 50 mi ha consentito di acquisire una visione panversale di quel che chiamo “un fenomeno”, un
fenomeno che in quanto tale ha marcato profondamente e silenziosamente tutti gli ambiti scientifici, dalla
psicologia alla sociologia, alla tecnologia, la letteratura, la filosofia, l’antropologia, la multi etnicità
linguistica quando ancora non si era nell’era della mobilità, il genere, la linguistica. Tutte queste scienze e
discipline, e tante altre (talvolta implicite) danno forma all’ontologia della pubblicità.
9
Seconda parte: excursus storico,
rilettura critica, traduzione di un testo
dimenticato
La lingua pubblicitaria …
Non ci è dispiaciuto di cominciare da un semi barbarismo questo studio dove abbiamo dovuto catalogare, e
tentare di spiegare, un interessante numero di “mostri linguistici”.
Tra le numerose definizioni della pubblicità, codesta, che specifichiamo nell’Encyclopédie Quillet
2
, ci è
sembrata la più netta e la più precisa. Ai nostri giorni per pubblicità si intende:
“l’insieme dei mezzi impiegati per far conoscere e apprezzare i prodotti messi in vendita, al fine di favorire
la commercializzazione nel pubblico, di aumentarne la consumazione, senza comportare l’intervento
personale del venditore. – Il termine réclame è da considerare come sinonimo di pubblicità
3
.”
Analizzato in questa accezione particolare e quasi tecnica, i due termini sono relativamente recenti. Esiste
una questione preliminare di lessicologia sulla quale soffermarsi.
1) Pubblicità e reclame: studio lessicologico
Fu durante il secondo quarto del secolo XIX – esattamente nel momento del grande boom di prosperità della
Monarchia di Luglio – che lo sviluppo rapido
4
di quello che gli inglesi chiamavano già advertising
5
impose
2
Dictionnaire encyclopédique Quillet, Parigi, A. Quillet 1934, p. 3878 (tomo V) – la stessa opera indica chiaramente le
quattro fasi essenziali dell’azione pubblicitaria : 1) attirare l’attenzione per essere visti ; - 2) svegliare la curiosità,
l’interesse ; - 3) provocare il desiderio ; - 4) determinare l’acquisto.
3
Di fatto, questo sinonimo è sostanzialmente vero. V. qui sotto p. XXIII la differenza di valore e d’impiego di questi
due termini nel francese contemporaneo.
4
Cf. Historique, cap III
10
la necessità di designazione più precisa e specializzata. La lingua, per slittamento di senso, ne fornì due:
pubblicità e réclame, che sopravvivranno con un successo senza eguali. Proviamo ad esaminare la questione
più da vicino. Si ha l’impressione oggi, a causa della differenza di valore dei due termini, che réclame sia più
anziano in questo senso, e che, “disprezzato” poco a poco, abbia ceduto il posto ad un termine più rilevante,
erudito: pubblicità. Non è affatto così. Pubblicità sembra avere, per poco, preceduto réclame nell’accezione
commerciale che noi gli donavamo
6
. Nessuno di questi due termini fa parte, all’epoca di Louis-Philippe, di
una recente creazione. Entrambi esistono nella lingua ma con tutt’altro valore. Nella speranza di determinare
esattamente la data di comparsa del senso moderno, noi li abbiamo verificati l’uno e l’altro nei dizionari a
partire dal 1762, e nei testi dell’inizio secolo XIX.
PUBBLICITÁ, termine del secolo XVII, già noto nel 1694, è un termine della lingua giuridica, di cui
LITTRÉ
7
fornisce ancora i tre sensi astratti con la sua ordinaria precisione:
“1· Notorietà pubblica: la pubblicità di un crimine.
2· Qualità di quel che è reso pubblico: la pubblicità dei dibattiti parlamentari, di
un’udienza
3· Stato e condizione di quel che appartiene al pubblico: “i cammini rurali sono
prescrittibili malgrado la loro pubblicità” (BAYLE-MOUILLARD, Projet de Code
Rural, Session 1868 du Corps Législatif, p. 28).”
Con un minimo di precisione, le edizioni di ACAD., dal 1762 al 1835 incluso, e fino alla fine del 1845
incluso, permangono su questo valore giuridico e astratto
8
. È lo stesso per gli altri dizionari, da BOISTE
1829 a VOREPIERRE 1875; e LITTRÉ (Tomo III, pubblicato nel 1873, ma redatto essenzialmente dal 1866)
non fornisce niente più di quel che abbiamo appena riprodotto. Bisognerà attendere ACAD. 1878 per vedere
scritto, alla fine dell’articolo, a proposito di Pubblicità:
“Significa anche, Annuncio dei giornali, dei manifesti, degli opuscoli: costi della
pubblicità, un’agenzia pubblicitaria.”
Appare curioso il ritardo dei lessicografi nel constatare e registrare la comparsa di un senso nuovo! Poiché,
nel 1878, è già da mezzo secolo che pubblicità ha acquisito il suo senso moderno
9
, senza perdere il suo
5
Advertising è (come advertiser) un termine del sec XVIII, che non assume il suo senso nettamente commerciale fino
all’inizio del sec XIX (all’inizio come aggettivo, 1807, poi come nome astratto, 1810) (secondo il Grande dizionario di
Oxford).
6
Nello stesso senso: “La pubblicità, che cerca i suoi mezzi, - e che diventerà un po’ più tardi la réclame… “ (A.
GREIMAS, Quelques reflets de la vie sociale en 1830 dans le vocabulaire des journaux de mode, Parigi, 1950, tesi
dattilografata, p. 15)
7
Dizionario di lingua francese il cui autore è Emile Littré
8
“La pubblicità del crimine lo rende ancor più perseguibile” (ACAD., 1762, solo esempio)
9
È difatti giusto sottolineare che due dizionari, prima di ACAD. 1878, sempre permanendo nel senso generale di
notorietà, hanno inserito delle citazioni dove si crede di discernere il senso moderno. DOCHEZ 1860 fornisce il testo di
11
vecchio significato giuridico
10
. Tra il 1830 ed il 1845 circa, il termine sembra galleggiare, muoversi tra i
significati vicini, tutti in relazione al valore originario di notorietà. È così che fu trascritto:
1· un senso banale: carattere di quel che è pubblico:
“Entrambi (Popinot e Césarine) temevano la pubblicità delle nozze.” (BALZAC,
César Birotteau, 1837, p. 339.)
11
“I preti esercitano così liberamente e con tanta sicurezza e pubblicità, le cerimonie
del loro culto” (LAMARTINE, Voyage en Orient (1835), Edit. 1845, t. I, p. 296.)
2· Un altro senso banale: azione del pubblicare, di rendere pubblico. È così che Émile de GIRARDIN,
quando fu inaugurata, nel 1836, La Stampa a 40 franchi, parlando delle cifre sulle quali egli fonde le sue
speranze di riuscita, si vanta di averle
“portate al controllo di tutti, e sottoposte alla prova della più grande pubblicità” (La
Presse, n· 4, 5 Luglio 1836)
12
3· Un senso abbastanza vicino, che è quasi quello che noi doniamo oggi a Informazione. È lo stesso Girardin
che, qualche giorno più tardi, difende in questi termini i diritti della stampa a proposito del processo di
regicidio ALIBAUD
13
“Se l’egregio Presidente della Camera dei Pari, riconoscendo in principio i diritti
della pubblicità, aveva convocato i caporedattori dei differenti giornali per fargli
comprendere gli inconvenienti della pubblicità … “ (La Presse, n·9, 10 Luglio 1836).
In particolare, dagli scritti di Girardin fuori emerge una opposizione frequente stabilita fra la polemica e la
pubblicità, quest’ultimo termine ha approssimativamente lo stesso senso che oggi ha la parola informazione:
“Ci sono molti giornali in Francia alimentati dalla Polemica, sovvenzionati dalla
pigrizia di formarsi loro stessi una opinione chiara; ma non vi è ancora questione di
pubblicità efficacemente e regolarmente costituita: è quello che noi ci riserviamo di
Lachambeaudie che noi riprodurremo più avanti, e BESCHERELLE 1871 aggiunge alla sua definizione un esempio
della sua annata: “I giornali quotidiani sono un largo veicolo pubblicitario”.
10
Ancora in uso ai giorni nostri: “il codice di procedura civile aveva preteso la pubblicità degli atti giudiziari” (G.
WEILL, Le journal, p.136).
11
Cf cap III
12
Senso rimasto molto vivo ai giorni nostri: portare un fatto alla pubblicità – cf ancora BALZAC, Illusions perdues
(1837-1843), Ed. Conard, XII, p. 107:
“… Le vostre Margherite (raccolta di sonetti) […] non sbocceranno mai sotto il sole della pubblicità
nella prateria dei grandi spazi
13
Sull’attentato d’Alibaud: - il governo di Louis-Philippe pretendeva di vietare ai giornali la riproduzione o l’analisi
dell’arringa finale pronunciata dai difensori dell’accusato, arringa finale giudicata offensiva per il Re.
12
dimostrarvi
14
” (E. De Girardin, Journal des Connaissances Utiles, 1832, p. 239 - n·
di settembre 1832).
A proposito delle nuove leggi sulla stampa, Girardin desidera ugualmente
“ … una legislazione più ragionevole, che sappia allo stesso tempo spengere la
pubblicità e restringere la polemica” (Id., Ibid., 1835, p. 254, n· Ottobre 1835).
“ (Non bisogna) mal conoscere i servizi resi dalla pubblicità […], confonderli con gli
scarti della polemica.” (Id. , Ibid., 1835, p. 255, medesimo n·)
È probabilmente già con questo valore di informazione che bisogna prendere la pubblicità sotto una
questione (abbastanza sospetta) che abbiamo rivolto a Napoleone I:
“Un sovrano deve sempre confiscare la pubblicità a suo profitto
15
”
4· un senso che sembra fare la sua comparsa verso l’epoca di Louis-Philippe, e che porta direttamente al
valore moderno: ricerca della notorietà, gusto nel far parlare di se:
“Amici, dice Savoir-faire, andiamo a lusingare i grandi;
qui sotto, la serenità è per gli intriganti,
e non arriva alcun profitto a coloro che non sollecitano.
Per conquistare il danaro e la fama.
Utilizziamo le cento voci della pubblicità:
da questo dipende il successo.”
(LACHAMBEAUDIE, Fables, Parigi, Perrotin, 1844, in-12, 208 pp. –
L. IV, Fable XIII: Le Savoir et le Savoir Faire, p. 128)
16
Sembrerebbe che tale era già il senso del termine nel celebre passaggio di Chatterton :
“Le povere creature, esse ti prendono per un Re, oh pubblicità! Vile pubblicità
14
In questo esempio e nei due seguenti, le capitali sono di Girardin.
15
Termine dedicato a Napoleone I dopo la creazione di una “Commissione della libertà della stampa” che non si
riunisce mai. (Citato, senza referenze ne data, da E. Boivin, Histoire du journalisme, p. 37)
16
I tre ultimi versi di questo testo sono stati citati, senza referenza ne data, nell’articolo Pubblicità, nel Dizionario di
DOCHEZ 1860.
13
tu non sei che una gogna dove vengono a soffiarci le profane passioni”,
ho detto nel Chatterton. Gli autori se ne occupano troppo.
L’uno corre dietro agli articoli di giornale, l’altro alle opinioni di salotto
che cerca di addestrare. Pene perdute! Un uomo che si rispetta non ha che
una cosa da fare: pubblicare, non vedere nessuno, e dimenticare il suo libro … “
(VIGNY, Journal d’un Poète, in data 1842 – Ed. Ratisbonne,
Lévy frère, 1867, 307 pp., p. 164)
Del medesimo valore, ecco due esempi più recenti, sotto la penna di SAINTE-BEUVE; si tratta di Émile de
Girardin:
“L’altro rappresentava in questa data [ … ] il bisogno di pubblicità
nella sua pienezza e nella sua prontezza”
“È già molto lo sapete? Quando si è giornalista, pubblicista, si possiede il genio ed il
demone della pubblicità.” (SAINTE-BEUVE, Nouveaux Lundis, t. VII,
Michel Lévy, 1872; due articoli su “Émile de Girardin” dal 11 e 18 aprile 1864,
pp. 327 e 329.)
5· Ecco finalmente il senso commerciale moderno: mezzi di pubblicazione (principalmente della stampa)
impiegati in vista di far conoscere … È in Girardin ancora che sembra ritornare il primo impiego del termine
in questa accezione
17
:
“L’impiego di questa pubblicità è una delle grandi censure contro le journal des
Connaissances utiles : Non gli si perdona di aver speso 60.000
franchi di annunci per acquisire centoventimila abbonati”
(Girardin, Journ. Connaiss. Utiles, 1834, p. 293, n· di dicembre 1834.)
“ … <l’annuncio> … questo motore potente di pubblicità …
18
”
(Id., Ibid., stessa pagina.
17
Non è sicuro che si abbia a che fare con il nostro senso moderno nell’esempio portato da A. Greimas: “Questo mezzo
di pubblicità <gli annunci> che noi presentiamo, sarà senza dubbio, apprezzato dal commercio”. (Album Grandjean, 10
novembre 1829, III, p. 4, citato da A. Greimas, Quelques reflets de la vie sociale en 1830 dans le vocabulaire des
journaux de modes, Parigi, 1950, tesi dattilografata, p. 15)
14
“la questione della pubblicità commerciale non è solo industriale, è ancora sociale,
racchiude in essa il principio di una riforma intera della stampa politica.”
(Id., ibid., stessa pagina).
Nel suo progetto di budget del giornale che doveva in principio chiamarsi il “Mediatore degli interessi
politici, agricoli e industriali (Médiateur des intérets politiques, agricoles e industriels), e che fu chiamato,
con un titolo più nevralgico, La Stampa (La Presse), Girardin scrive:
“Annunci pagati su una pubblicità di 10.000 (minimo del prodotto) : … 140.000
Franchi. “ (Id., Ibid.)
E, molto più tardi, egli ci fornisce, di quello che intende per pubblicità, una definizione un po’ più chiara:
“La pubblicità, così compresa si riduce alle parole: In questa strada, a questo
numero civico, si vende tale cosa, a tale prezzo.” (Id., La Presse, 29 aprile 1845.)
Verso la stessa epoca, 1837 precisamente, Balzac, nel suo César Birotteau (di cui si è già specificato quale
posto occupa nella storia della réclame
19
), sembra esitare nell’impiegare “pubblicità”. Lo si vede a lungo
accontentarsi di termini anziani o poco diffusi:
“ – tu farai ancora i tuoi stupidi manifesti e opuscoli che mostreranno César
Birotteau all’angolo di tutte le miglia e sotto tutti i tavoli, nei luoghi dove fu
costruito” (p. 15-16).
“Egli compì, il primo fra i profumieri, questo lusso di manifesti, annunci e
mezzi di pubblicazione, che ingiustamente chiamiamo ciarlatanismo” (p. 37).
“Or dunque, l’olio di Macassar è stato esposto, non bisogna travestirsi della sua
potenza, essa è forzata, il pubblico la conosce” (p.73).
“In questa campagna, egli (Finot) indovinò per primo il potere dell’Annuncio, del
quale fa un così grande e saggio uso” (p. 212)
20
18
Si noterà, in questi due esempi, la sfumatura di senso creata da Girardin fra l’Annuncio, termine concreto, e la
Pubblicità, termine astratto e generale. Questa distinzione si è conservata: si inserisce un annuncio ma si fa della
pubblicità.
19
Cf Historique, cap. III, La Réclame sous Louis-Philippe.
20
Altri esempi di questi medesimi termini in Balzac: Illusions perdues, Ed. Conard, XII, pp. 236-237, etc…
15
Infine, nell’ultima parte del romanzo, si vede comparire il termine pubblicità, con un valore molto vicino a
quello moderno:
“Esso (l’olio Cefalico) trionfò grazie al famelico assalto ai giornali che produsse
questa viva pubblicità, ugualmente ottenuta dalla Miscela brasiliana e la Pasta di
Regnauld. [ … ] Incapace di misurare la portata di una simile pubblicità, Birotteau si
accontentò di dire… “ (p. 212)
21
.
Qualche tempo dopo, il nuovo senso è entrato nella lingua, e, dal 1864, Sainte-Beuve può scrivere, come lo
si rifarebbe ancora:
(oggi) “Di pubblicità ce n’è in abbondanza” (Sainte-Beuve, Nouv. Lundis., t. VII, p. 330)
Si arriva così ad una data precisa: è nel tempo della grande trasformazione del giornalismo, all’inizio del
regno di Louis-Philippe, e molto probabilmente sotto la penna stessa di Émile de Gerardin, che il termine
pubblicità si è arricchito del significato che ne fa una delle parole-chiave del linguaggio commerciale di oggi.
La riforma del 1827, non aveva introdotto alcun nuovo termine nella nostra conoscenza: si era impiegato
annuncio, come trenta anni prima
22
. È tra il 1832 ed il 1837 - e molto probabilmente nel 1834 – che
“pubblicità” ha fornito ai giornalisti francesi l’equivalente, che gli mancava, dall’inglese advertising
23
. Il
caso di RÉCLAME offre un esempio analogo di ritardo, sebbene accentuato. Anche questa volta bisogna
aspettare Littré 1875 e Acad. 1878 per trovare, alla fine dell’articolo, l’accezione moderna, - ed anche questa
è fornita da Acad. 1878, come “Figurata e familiare”:
“Fig. e fam. : fare la réclame, fare delle chiamate rumorose alla pubblicità
24
, cercare
con tutti i mezzi di attirare l’attenzione del pubblico.”
Or dunque, il termine, con questo valore, sembra leggermente più antico. È chiaramente dal linguaggio
tecnico delle tipografie che deriva l’uso che ci interessa
25
. La réclame è, all’origine (il termine è
21
Bisogna precisare una questione cronologica. César Birotteau è stato pubblicato nel 1837, ma l’azione del romanzo si
svolge tra il 1818 ed il 1823. Va dunque da se che la data da considerare, per la terminologia che ci interessa, è il 1837,
tanto più che si tratta di una frase dell’autore e non di osservazioni di uno dei suoi personaggi.
22
Cf. Th. Gautier, prefazione di Mademoiselle de Maupin (1834), una critica spirituale degli annunci dell’epoca. Si
ritornerà allo stesso modo a F. Verneuil, La quatrième page des journaux (1838).
23
Questa affermazione è data, sia chiaro, solo nei secondi usi in materia di lessicologia: degli altri ricercatori daranno
probabilmente degli esempi più antichi.
24
Si noterà che Acad. 1878 ammette già la sinonimia tra réclame e pubblicità. L’aggiunta dell’epiteto rumoroso fornì
comunque una precisione di sfumature interessante.
25
Réclame, sostantivo verbale del verbo réclamare, appariva dapprima nel 1611, come termine di falconeria; è perché
ricorda lo sparviero. Il termine in francese è maschile poiché sostituisce l’antico francese reclaim, ancora attestato
16
ordinariamente datato al 1672) un termine di tipografia, designante l’azione dello stampare, a titolo di
chiamata, sotto l’ultima linea di una pagina, il primo termine della pagina seguente. Da qui le espressioni di
mestiere: indicare la réclame, verificare la réclame, ossia assicurarsi che non ci siano, dal passaggio di una
pagina all’altra, né omissioni né doppioni
26
. Con questo impiego, il termine – in una data e con un processo
semantico che non si è tuttavia potuto determinare in maniera esatta – è passato al senso nettamente attestato
intorno al 1840, da:
“un piccolo articolo che viene inserito nel corpo del giornale, con le notizie ed i fatti
di cronaca, e che contiene ordinariamente l’elogio pagato di un libro, di un oggetto
d’arte, di cui il titolo è inserito negli annunci” (Bescherelle, 1846).
È insomma quello che il giornalismo moderno chiama la pubblicità redazionale, opposto agli annunci
propriamente detti. Tale è il significato del termine nella maggior parte dei dizionari del tempo, ed è il senso
principale che fornisce ancora Acad. 1878:
“Si dice, nel giornalismo, di un piccolo articolo inserito nel corpo di un giornale, e
che ha come scopo quello di attirare l’attenzione su un libro, una merce, un
medicinale, ecc. , maggiormente che da un annuncio ostentatamente pagato:
Réclame laudativa, costosa, gratuita”
Si noterà che quest’uso si impiega principalmente ai libri. Gli esempi a riguardo lo provano:
“Le più cattive opere hanno ottenuto delle réclame Laudative” (Acad.,
Complement, 1845.)
“Le più cattive opere hanno ottenuto delle réclame Laudative” (Littré 1875)
“Lo sciocco autore di uno sciocco libro, finalmente riesci a farti pubblicare, e così
ovunque, con annunci e réclame, come un genio ti si proclama, nella letteratura ti si
chiama il sole.”
(Lachambeaudie, Fables, 1844, L. II, fable 7, Le Maquignon,
L’Ane et le Bœuf, p. 54)
all’inizio del sec XVII, e che sussiste nel dialetto della Contea Franca (reclin, che designa il richiamo). Un’ altra
accezione di réclame si riferisce al canto gregoriano, fornito ancora da Littré.
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Questo senso tipografico è il solo (fatta eccezione del termine Falconeria) fornito da Acad. 1762. È scomparso poco a
poco assieme all’uso che se ne faceva, e Acad. 1932-35 lo antepone alla fine dell’articolo, e inoltre viene menzionato
solo al passato: “si diceva… “
17
Ma, a causa di una espansione inevitabile, il termine lascia il valore della libreria e acquisisce un valore più
generale (articolo lusinghiero a favore di qualsiasi cosa o di qualunque persona):
“Il ciarlatanesimo della réclame corrisponde a quello dell’annuncio.”
(Acad. Complément, 1845 e Bescherelle, 1871.)
“Vernon gli avrebbe fatto dei reclami” <à la Torpille>, Balzac, Splendeurs et
Misères des Courtisanes, 1838 (1844), Ed. Conard, t. XV, p. 17).
Di questo valore concreto – che si manifesta, in molti esempi precedenti, con l’impiego del plurale – il
termine passa velocemente (“per estensione”, dice Littré) ad un valore astratto: la réclame in generale,
grossomodo sinonimo di pubblicità:
“l’arte di scaldare un successo: questo autore intende la reclame.” (Littré, 1875)
Questo senso, non è stato sottolineato ne in Balzac, ne negli scritti di Girardin (almeno ai suoi inizi), ne nello
sviluppo che Eugène Hatin ha consacrato alla questione delle origini dell’annuncio ed all’inizio della
Stampa
27
. Ma eccolo, nettamente attestato e pittorescamente presentato, nel passaggio di Sarcey al quale noi
abbiamo costruito il nostro epigrafo:
“il termine réclame è così recente che non si trova ancora nel Dizionario de
l’Accademia nel senso che gli si attribuisce oggi. È pertanto un termine molto ben
fatto. Significa letteralmente: grido ripetuto. La réclame non è altra cosa. La
Rivoluzione dell’89, donando a tutti i commerci ed a tutti i mestieri la libertà di
lavoro fece nascere la concorrenza, ed essa espanse contemporaneamente il circolo
del pubblico al quale ci si dovette rivolgere. Bisognò gridare per farsi sentire,
gridare forte e spesso; gridare ovunque e sempre… “ Fr. Sarcey: Le Mote et la Chose
(1863), Art. Réclame, pp. 224-25
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Sembrerebbe dunque che si possa, approssimativamente, datare l’utilizzo moderno di réclame dalla metà del
secolo XIX , e poi precisamente dai primi anni del Secondo Impero. Non è che sensibilmente più tardi
(ultimo quarto di secolo), secondo Oscar Bloch (Dizionario Etimologico), che si produce l’incontro tra il
termine francese réclame e l’inglese d’America reclaim (dal verbo to reclaim, attirare l’attenzione, termine
dell’antico francese), incontro che doveva rinforzare il significato generale e astratto del primo.
27
Eug. Hatin, Bibliographie de la Presse périodique française, 1866, pages LXIII-LXV e 396-397
28
Passaggio riprodotto da A. Darmesteter, De la création actuelle de mots nouveaux dans la Langue française, Parigi,
Vieweg, 1877, t. I, p. 52.